UNIVERSALITA' DI CONCEZIONE

Manzoni aveva una concezione sufficientemente dualistica della storia, che gli derivava forse dal suo contatto con le idee giansenistiche cui si era avvicinato tramite la moglie, ma anche dalla sua naturale impostazione di pensiero.

Il romanzo tratteggia quindi una vicenda incentrata sulla lotta fra bene e male, che si sviluppa e si risolve in accordo con i principi della morale cristiana.
I
personaggi che stanno dalla parte del bene non ricorrono mai alla violenza, anche se sarebbero tentati di farlo.
Solo in un caso, quando viene assalito dalla folla che lo ha preso per untore e vuole ghermirlo, Renzo estrae il suo coltellaccio e minaccia gli assalitori
§ e ogni volta che, esasperato, egli esprime propositi di vendetta, Padre Cristoforo è pronto a redarguirlo § e, a volte, come avviene al lazzaretto alla conclusione della vicenda, a rimproverarlo aspramente §.
Le donne, atterrite dalle sue furie, cercano sempre di seguire una via non violenta. La furbizia
Agnese, la semplicità e la rettitudine Lucia-§.

Nel dare un quadro della società del seicento il proposito manzoniano è quello di raffigurare gli intrighi, i soprusi, le ingiustizie che sono caratteristici delle relazioni umane in qualsiasi epoca e che in questo frangente storico risultano più evidenti perchè sono esasperati dalla crudezza degli avvenimenti storici - guerre, carestie, invasioni di eserciti stranieri- e dalla difficoltà di far applicare la legge.
Ma il contrasto sociale fra ricchi e poveri, in cui di regola Manzoni parteggia per i più umili, è tratteggiato nella sua drammaticità, quando non è descritto con amara ironia.
Quando l'autore è meglio disposto, c'è la contrapposizione che lo fa risaltare, come avviene tra le due coppie, quella umile e quella "d'alto affare", la prima composta dal
sarto e sua moglie e la seconda formata da Don Ferrante e Donna Prassede-§. In questo caso l'atteggiamento manzoniano si risolve in un approccio ironico verso gli ultimi due personaggi, lui espressione di una cultura vuota e farraginosa, lei bigotta ed invadente.
Ma quando Manzoni vuole rendere il contrasto più drammatico, si ha un quadro come quello della mensa al palazzotto di
Don Rodrigo, in cui i nobili sono descritti come arroganti circondati da uno stuolo di vili adulatori, insensibili ai problemi sociali, anzi disposti soltanto ad affrontare i mali dell'epoca con una spiccia violenza che non cerca neanche di comprendere la natura dei problemi (all'idea della carestia i commensali si limitano ad addossare la colpa all'incettazione ed ai fornai, che hanno accumulato la farina, e propongono di impiccare incettatori e gestori di forni, commentando, d'altro canto, come si vive bene al palazzo, dove le restrizioni della carestia non giungono).§

I ministri della giustizia, quelli del seicento - ma probabilmente il discorso manzoniano vuole estendersi ad ogni epoca - si stringono accanto a questi potenti e fanno parte della loro corte.
Azzeccagarbugli, personaggio comico, ma con un suo risvolto ambiguo, è l'emblema di questi amministratori della legge, che fanno dei provvedimenti legislativi emanati con le gride uno strumento in più per opprimere gli umili.

Anche alcuni religiosi, come Don Abbondio, sono, per passività o per viltà, uno strumento di oppressione del potente, per quanto il Manzoni veda i religiosi come uno dei pochi elementi positivi di quest'epoca di sopraffazione.
Sembra che i più poveri trovino effettivamente la loro sola consolazione nella fede e nella idea di un premio oltre la vita terrena.
Essi guardano ai fatti della loro epoca con una sorta di consapevole rassegnazione, che si esprime in esclamazioni come quella , ricorrente nel romanzo, di "Così va il mondo..." o come il commento di
Agnese quanto alle accuse rivolte a Renzo che "I poveri ci vuole poco a farli apparire birboni"§.
I personaggi protagonisti sono latori del messaggio morale.
Padre Cristoforo, Renzo, Lucia sono l'emblema del concetto che la sopravvivenza dei deboli in un mondo di sopraffattori sta nella loro rettitudine, nella loro forza morale e nella loro dirittura d'animo, anche nella sofferenza.
Alla consapevolezza della umana miseria si unisce la fiducia nel bene supremo, che giunge a sollevare e consolare gli umili.

Il romanzo insiste sui due elementi dell'amore e della sofferenza. Come ribadisce il cappuccino che predica nel lazzaretto ai sopravvissuti alla peste § ,la sofferenza è inviata da Dio a purificare ed è, nella conclusione, un elemento trasformante.
Così si potrebbe affermare che Manzoni, nella stesura dei
Promessi Sposi, sia stato attento ad ambientare il romanzo nel secolo diciassettesimo, a verificare la storicità dello sfondo e dei fatti che accompagnano la vita dei protagonisti, ma che, nel descrivere gli eventi umani, egli abbia considerato la gente sub specie aeternitatis, nella sua verità eterna e nei suoi eterni problemi, non solo politici e sociali, ma anche etici.


Storia del romanzo