CAPITOLO XXVII selezione di brani dal testo |
Mentre Renzo e Lucia vivono le loro disavventure, non lontano, nei territori di Mantova e del Monferrato, è in corso una guerra. Carlo Gonzaga, sostenuto da Richelieu, dai Veneziani e dal papa, ha invaso i ducati ed ha così forzato gli altri stati a prendere posizione sul problema della successione. |
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La Spagna appoggia, per Mantova, la candidatura di Ferrante
Gonzaga, principe di Guastalla e nel Monferrato prende le parti
di Carlo Emanuele I, duca di Savoia.
Il governatore del ducato di Milano, don Gonzalo Fernandez,
conclude con il candidato dei Savoia un accordo per la
spartizione dei territori. Intanto l'Imperatore nega a Carlo
Gonzaga l'investitura, intimandogli di restituire gli stati.
Ma questi, appoggiato dalla Francia, da papa Urbano VIII e dai
Veneziani, decide di non sottomettersi.
Mentre continua l'assedio, scoppiano i tumulti di Milano, ai
quali don Gonzalo
accorre di persona. E' lì che viene a sapere che Renzo è
fuggito a Bergamo.
Il "famigerato" Renzo Tramaglino cade poi nel
dimenticatoio, visto che il governatore è occupato da faccende
più gravi.
Nonostante questa trascuratezza delle autorità, Renzo sta sul
chi vive, ma aspetta il momento opportuno per dare sue notizie,
per quanto sia angustiato dalla necessità di trovare chi scriva
per lui e chi recapiti la missiva.
Non sapendo poi dove siano Agnese
e Lucia, fa
recapitare la lettera a Padre
Cristoforo, ma il cappuccino, che il conte Attilio ha
fatto trasferire a Rimini con l'intervento del potente Conte zio,
non si trova più a Pescarenico ed il giovane non ottiene
risposta.
Una seconda lettera giunge invece ad Agnese, ed inizia così la
corrispondenza fra i due, fatta di messaggi volutamente oscuri,
per non far trapelare notizie segrete.
Un giorno giunge a Renzo una missiva con cinquanta scudi d'oro e
con la storia dell'Innominato,
raccontata per perifrasi.
Quando Renzo legge di dover "mettere il cuore in pace",
per poco non assale la persona che legge la lettera per lui.
La risposta del giovane è che sposerà Lucia comunque e non
toccherà i denari fino al giorno delle nozze.
Lucia è lieta di sapere che Renzo si trova in salvo, ma il suo
desiderio è quello di allontanare ogni ricordo o fantasia che
possa ricordargli il ragazzo.
Il compito non è semplice, tanto più che Donna Prassede
ritiene un dovere quello di descrivere continuamente il giovane a
fosche tinte e Lucia, di rimando, non può fare che difenderlo, e
quindi l'ha sempre in mente.
Donna Prassede fortunatamente ha anche altre faccende di cui
occuparsi. Ha tre figlie monache e due maritate, e così presiede
alla gestione di tre monasteri e due case e non può angosciare
Lucia tutto il tempo.
La donna è descritta come un temperamento invadente e tirannico,
che esercita in casa a suo piacimento, fuorchè su Don Ferrante, al
quale non piace "nè di comandare nè di ubbidire".
Il padrone di casa dedica le sue giornate alla lettura nella sua
libreria, che raccoglie il fior fiore del sapere enciclopedico
del suo tempo. E' un sapere strampalato e farraginoso, che ha
tutta l'inconcludenza e la ridondanza del tempo barocco.
Fino all'autunno del 1629 tutti i personaggi restano pressappoco
in questa situazione.
E' allora che gli avvenimenti pubblici mandano all'aria i
progetti di Agnese e Lucia, che pensavano di rivedersi a casa di
Donna Prassede.
A questo punto Manzoni deve fare una larga digressione per
narrare gli eventi che si intrecciano con la storia dei
protagonisti del romanzo.