CAPITOLO XXV selezione di brani dal testo |
La notizia della conversione dell'Innominato si è
diffusa rapidamente in tutto il territorio di Lecco.
Si viene a sapere anche la triste vicenda di Lucia e la gente nutre
un comprensibile risentimento per il prepotente Don Rodrigo, il
quale, chiuso nel suo palazzo, è rimasto sconvolto da una
notizia così inaspettata e, in preda al dispetto, preferisce
allontanarsi per un po' dalla scena. Con tutto il suo seguito
parte dal palazzotto, ma lascia capire che intende tornare presto
e questa volta dopo aver ottenuto ciò che vuole.
Il cardinale Federigo
Borromeo giunge anche alla parrocchia di Don Abbondio e qui
è accolto ancora più festosamente che altrove.
Tanta allegria non è condivisa dal curato, preoccupato che le
donne abbiano fatto parola del suo comportamento con il
cardinale.
I suoi timori sono in parte fugati dall'incontro con Federigo, il
quale si limita a chiedere informazioni su Renzo e a dare
disposizioni perchè Agnese
e Lucia possano
tornare nella loro casa.
Le due donne sono ancora ospiti nella abitazione del simpatico
sarto, che le tratta con ogni riguardo e le intrattiene
amichevolmente. Su di loro pesa ancora la triste prospettiva di
una nuova separazione, ma Agnese spera nel compimento dei
desideri dei due giovani e pensa al ritorno di Renzo, mentre Lucia,
memore del voto di castità che ha fatto nella notte della
prigionia, guarda al futuro con un umore meno allegro e non ha,
d'altro canto, la forza di confidare alla madre il suo segreto.
Manzoni introduce ora due nuovi personaggi. Alla coppia di umili,
composta dal sarto e da sua moglie, contrappone una coppia
"d'alto affare". Sono Don Ferrante e Donna Prassede, una
nobile coppia di sposi che si trova per caso in viaggio accanto
al paese dove è ospitata Lucia.
La signora, una donna di mentalità ristretta, intrigante e molto
bigotta, è convinta che il suo intervento nella vicenda di Lucia
sarà determinante per la ragazza. Si è formata in merito una
opinione personale, secondo la quale una ragazza, fidanzata ad un
poco di buono come quel Renzo Tramaglino, deve essere lei stessa
bisognosa di redenzione, e vuole essere lei a metterla sulla
buona strada.
Invia una carrozza a casa del sarto a prendere la fanciulla per
portarla a casa sua. Lucia è riluttante ma, viste le insistenze
dei suoi buoni ospiti e della madre, si reca a visitare la
signora nella villa della coppia, e riceve la proposta di
rimanere.
Pare infatti a Donna Prassede che la sua casa sia proprio quel
"posto sicuro" dove il cardinale sta cercando di
alloggiare la ragazza.
Don Ferrante scrive in proposito al cardinale una lettera
infiorettata nel più secentesco degli stili e la missiva viene
data ad Agnese perchè la consegni all'arcivescovo.
Qualche giorno dopo, Federigo Borromeo manda una lettiga a
prendere le donne per ricondurle al paese natio. Condotte davanti
al cardinale, gli consegnano la lettera di Don Ferrante. Il
cardinale, convinto delle buone intenzioni di Donna Prassede,
congeda le due donne, ritenendo il problema risolto.
Il paese festeggia, anzi, porta in trionfo Lucia, e intanto Don
Abbondio passa il suo brutto quarto d'ora. Dopo le funzioni,
Federigo lo convoca e gli chiede perchè non abbia celebrato il
matrimonio di Renzo e Lucia.
Il curato spera di salvarsi tenendosi sul vago poi, quando
capisce che Agnese ha raccontato ogni cosa, decide di
ragguagliare anche lui il cardinale nei dettagli.
Federigo lo richiama amorevolmente ai doveri che il suo ministero
gli impone e Don Abbondio lo ascolta, ma non un minimo della
grandezza d'animo del cardinale raggiunge il suo intimo. Continua
a chiedersi come mai al Borromeo stia più a cuore il matrimonio
di due giovani sconosciuti, piuttosto che la vita di un suo
curato.
Riesce addirittura a contrapporre alle argomentazioni del suo
superiore la ragione che "il coraggio uno non se lo può
dare".
Federigo gli espone allora le motivazioni che la religione
avrebbe potuto suggerirgli per contrapporsi a Don Rodrigo, ma Don
Abbondio continua a tacere, preso fra l'imbarazzo e la stizza.