CAPITOLO XXIV selezione di brani dal testo |
Lucia si è da poco risvegliata e chiede alla vecchia che le fa da
carceriera notizie dell'Innominato,
che l'ha visitata la sera precedente, quando giungono alla porta
Don Abbondio e la donna che il cardinale Borromeo ha inviato
per accompagnarla indietro al paese.
Quando vede Don Abbondio
sull'uscio, non crede ai suoi occhi. E ancor più sorprendenti le
sembrano le parole dell'Innominato, che le si accosta con gli
occhi bassi per chiederle perdono.
Sulle prime Lucia
ha un moto di ribrezzo, poi, a vedere l'attitudine nuova del suo
rapitore, riconosce la trasformazione che è avvenuta in lui.
Don Abbondio vuole trattenersi in quel posto il meno possibile e
il gruppetto prende la via del ritorno.
Lungo la strada, la buona donna inviata dal cardinale cerca di
confortare Lucia e non le fa domande indiscrete, ma la circonda
invece di tenerezza.
Come in altre circostanze, emerge anche ora il carattere vile del
curato.
Egli teme i bravi,
teme che la mula caschi in un precipizio, teme che la conversione
dell'Innominato scateni la reazione dei suoi soggetti, e infine,
giunto quasi in salvo, pensa che Don Rodrigo vorrà
rifarsela con lui dello smacco subito.
Non ultima preoccupazione, teme di dover dare al cardinale un
resoconto dell'accaduto.
Con suo sollievo, il gruppo giunge in paese quando le funzioni
religiose sono terminate ed il curato, balbettando delle scuse,
si avvia frettolosamente a casa.
Lucia ritorna a poco a poco in sè in casa del sarto, di cui la buona
donna che l'ha accompagnata è moglie. Qui, dopo aver mangiato ed
essersi riordinata alla meglio, le sovviene il voto, fatto
durante la notte di non sposarsi più se si fosse salvata, e
viene presa dallo sgomento.
Ma il suo dispiacere le sembra blasfemo, e si affretta a
riconfermare la sua promessa.
Il sarto ritorna dalla chiesa con i
suoi bimbetti e durante il desinare mostra a Lucia tutta
la sua simpatia, anzi, tenta anche di fare uno sfoggio di
cultura. Per lodare il cardinale, dice che egli ha "letto tutti i libri che ci sono" e riferisce in termini entusiastici alcuni passi dell'omelia, mentre i ragazzini, nella foga delle nuove impressioni, lo interrompono continuamente. |
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Non passa molto tempo che giunge sul luogo Agnese, ancora
sconvolta dal pericolo scampato da Lucia e reduce da un incontro
con Don Abbondio, il quale ha cercato di darle istruzioni perchè
non parli con l'arcivescovo del matrimonio fallito e,
soprattutto, della sua parte nella vicenda.
Intanto il cardinale Federigo si intrattiene a tavola con l'Innominato, al quale
esprime il suo desiderio di visitare la casa del sarto dove è
ospitata Lucia, nonostante il curato lo sconsigli, visto il suo
rango, di recarsi fra gente tanto umile.
Borromeo esce, seguito da una piccola folla, e si reca, come
aveva preannunciato, a far visita a Lucia.
Alla sua vista, Agnese e la figlia, rimaste sole nella stanza a
pian terreno, restano di sasso per la meraviglia e la vergogna,
ma presto Agnese, rianimata dal contegno del cardinale, dà voce
al suo scontento contro Don Abbondio, tacendo però del
matrimonio a sorpresa, del quale invece parla sinceramente Lucia.
Federigo promette che chiederà ragione dell'accaduto al curato e
Agnese insiste, affermando che egli ha un carattere per cui,
ripresentandosi l'occasione, si sarebbe comportato certamente
allo stesso modo.
Quando si viene a parlare di Renzo,
Agnese scopre che il cardinale è già al corrente della
"versione ufficiale" della sua storia e quindi si
meraviglia di come un uomo simile possa essere il promesso di
Lucia.
Ma la ragazza prende le difese del fidanzato, spalleggiata da
Agnese, che soggiunge "I poveri, ci vuol poco a farli
comparire birboni".
Il cardinale promette di informarsi meglio sul conto del giovane,
poi raccomanda le due donne al sarto, perchè le ospiti ancora
per qualche giorno.
Decide di ricompensare l'uomo pagando tutti i debiti che i
paesani poveri hanno contratto con lui.
L'Innominato, tornato al castello, ha intanto raccolto la sua
gente e sta tenendo un discorso in cui afferma che non pretende
di convertire tutti i suoi soggetti, ma che spera che quanti
restano al suo servizio seguano il suo esempio.
Il potente signore conserva ancora intatta la sua autorità ed il
suo piglio imperioso, tanto che la sua schiera lo vede, sì, come
un santo, ma "un di que' santi che si dipingono con la testa
alta, e con la spada in pugno".
Congedati i suoi, egli torna nella sua stanza, si accosta al
letto in cui la notte precedente non aveva potuto dormire, recita
le preghiere che ha imparato da bambino e si addormenta.