CAPITOLO XI selezione di brani dal testo |
Le ultime righe del capitolo precedente ci hanno riportato
nel palazzotto di Don
Rodrigo, dove il signorotto, stizzito ancora dalla
requisitoria di Padre
Cristoforo, attende l'esito della spedizione che ha
organizzato per rapire Lucia.
Deluso, vede i suoi bravi ritornare a mani vuote e sfoga tutta la
sua rabbia sul Griso.
Sospetta che in casa ci sia una spia che lo ha tradito, ma non
viene a sapere nulla del vecchio servitore che ha portato il
messaggio a Padre Cristoforo.
Il mattino seguente, Don Rodrigo incontra il cugino Attilio, che, con
atteggiamento canzonatorio, gli ricorda la scommessa fatta
riguardo a Lucia, che scade il giorno di San Martino. Poi,
vedendolo seriamente contrariato, e preoccupato che in paese il
fatto di quella notte possa aver sollevato dei sospetti, Attilio
inveisce contro il frate cappuccino, di cui vede lo zampino in
quella faccenda, e rassicura il furibondo cugino, promettendogli
di parlare della vicenda al potente Conte zio perchè
intervenga e di rivolgersi al podestà perchè metta tutto a
tacere.
Per il momento sono rassicuranti le parole del Griso, il quale,
di ritorno dal paese, dice che la gente non si è accorta del
tramestio di quella famosa notte dei sotterfugi.
Manzoni introduce qui il suo
commento. Le persone coinvolte negli eventi della nottata
sono troppe per essere tutte d'accordo a tacer tutto. Perpetua non racconta come è stata gabbata da Agnese, ma si fa scappare qualche parola quanto all'incidente occorso al suo padrone, Gervaso si sente finalmente importante, coinvolto com'è in una storia che sa di criminale, Tonio confida la storia alla moglie, la quale "non è muta", e Menico dice tutto ai genitori. |
---|
Alla fine diviene cosa nota che i fuggitivi sono nascosti a Pescarenico.
La gente è concorde nel riferire la ragione del malanno
alla persona di Don Rodrigo, ma non sa come.
Tutte queste informazioni arrivano al signorotto. Questi decide
di mandare il Griso a Monza per raccogliere informazioni su
Lucia, ma il bravo esita, perchè a Monza è troppo noto.
Alla fine, parte con due compagni, lo Sfregiato ed il Tiradritto.
Don Rodrigo rimugina anche su come far scacciare Renzo dallo
stato, magari esagerando lo scherzo del matrimonio clandestino, e
non sa che, nel frattempo, Renzo sta facendo il suo gioco.
Il giovane, separatosi da Lucia
e da Agnese,
si sta dirigendo verso Milano, triste in cuor suo per aver dovuto
abbandonare le cose più care, e indignato con Don Rodrigo per le
prepotenze subite, quando scorge di lontano la mole del Duomo.
Entra a Milano dalla Porta Orientale e si avvia verso il convento
dei padri cappuccini, per i quali ha una lettera di presentazione
di Padre Cristoforo.
La strada è deserta ma, di lontano, si sente un brusio.
A questo punto il giovane nota in terra delle strisce di farina,
poi, poco più avanti, vede, ai piedi di una colonna, delle
pagnotte. Avanzano verso di lui i primi rappresentanti dei
tumulti di Milano. Sono un uomo ed una donna che hanno svaligiato
un forno e camminano seguiti dal figlio, con le braccia cariche
di farina e pani freschi. Sono figure caricaturali, e appaiono
sbuffanti e ridicoli per lo sforzo.
Entrato in città, Renzo arriva al convento e parla con il frate
portinaio, ma decide di non lasciare a lui la lettera, perchè
vuole consegnarla nelle mani del padre Bonaventura, cui è
destinata.
Gli viene consigliato, in questa giornata "fuori
dall'ordinario", di recarsi in chiesa ed aspettare là, al
sicuro, ma il giovane nota un movimento in fondo alla strada e,
incuriosito, si avvia in quella direzione.