Tonio e Gervaso |
Sono due fratelli compaesani di Renzo, diversi per
attitudini e per comportamento.
Manzoni li fa entrare in scena quando Renzo
sta cercando due testimoni per il suo matrimonio clandestino.
Tonio, di intelligenza sveglia e vivace, descritto come gran
mangiatore, è invitato dal giovane promesso all'osteria, per
apprendere i dettagli del progetto davanti a una buona cena §; §. E' lui che si
offre di trovare un secondo testimonio nel fratello Gervaso,
stupidotto ma buon uomo.
Tonio ha un vecchio debito con Don
Abbondio e questa sarà la scusa con la quale i due si
introdurranno in casa del curato.
Perpetua li fa entrare
senza sospetti, ed è mentre il prete firma la ricevuta che,
alzando gli occhi, si trova davanti improvvisamente anche Renzo e
Lucia §; §.
Fuggito dal paese, Renzo non ha più occasione di incontrare i
due amici. Quando, dopo le avventure vissute nella sommossa di
San Martino, torna a casa, guarito dalla peste, Tonio è la prima
persona che incontra per strada. Scamiciato, gettato in terra,
egli è ridotto ad una figura magra e macilenta e sembra aver
perso del tutto la ragione §. Renzo lo
scambia dapprima per il fratello Gervaso, che fin dall'inizio
rappresenta lo "scemo del paese", poi riconosce in lui
l'intelligente Tonio, uscito di senno.
LA MATRICE DI TONIO IN "WAVERLEY"
"L'invenzione del folle inebetito, preso dapprima per
Gervaso e identificato subito dopo nel fratello Tonio, può
intanto servire come prova indiziaria del rapporto genetico che
sembra sussistere tra il viaggio di Renzo e un episodio di
"Waverley", di nuovo nel museo letterario dello Scott,
tale da spiegare forse alcuni dei restauri manzoniani, per quanto
la lor ragione profonda resti sempre alla fine il movimento
variato, il ritmo fluente e disteso dell'insieme, che non si può
mai ridurre a una somma diacronica di segmenti o di temi.
Nel romanzo di Waverley, per l'appunto, s'incontra un gruppo di
tre capitoli (...) dove si narra il ritorno del protagonista,
Eduardo Waverley, a Tully-Veolan, in mezzo alle rovine della
guerra, per avere notizie dei vecchi amici del tempo di pace, e
prima di tutti, di Rosa Bradwardine. Fra le persone in cui egli
si imbatte, secondo un intreccio che vedremo di qui a poco una
volta discusso il punto che ora ci interessa, figura anche un
povero scemo, Davie Gellatlay, l'innocente, il fool del paese, il
quale, riconosciuto dalla canzone scozzese che sta cantando,
quantunque sembri "l'ombra di quel che era", riconosce
a sua volta il giovane gentiluomo e alla sua domanda su quanti
siano morti risponde con una triste enumerazione di nomi, siglata
dal doppio ritornello di "tutti morti e andati".
Il personaggio che oltretutto emerge "tra le rovine di una
specie di pergolato" ha molte affinità con il "povero
Tonio", e quasi decisivo si può considerare poi il fatto,
in quanto prodotto da una reazione a catena, che così come si
apprende all'inizio di Waverley che Davie aveva un fratello a
cui, a detta del popolo, il Cielo aveva dato un genio speciale
quasi a compenso dell'infermità dell'altro, anche Tonio nei Promessi
Sposi, ma non nel Fermo e Lucia,
dichiara, quando è ancora sano, d'avere "avuta anche la
parte di cervello" di Gervaso."
(Ezio Raimondi, Il romanzo senza idillio)