CAPITOLO VIII
selezione di brani dal testo

E' il capitolo della "notte dei sotterfugi", in cui si concentra tutta la drammaticità della prima parte del romanzo ed in cui culmina l'azione.
Don Abbondio sta leggendo in tutta tranquillità un panegirico di San Carlo. Manzoni ci informa che il curato legge un pochino ogni giorno, più per svago che per farsi una cultura, e che non ha una sua biblioteca, ma legge i libri che un suo vicino prete gli presta.
Ignaro di quanto si trama contro di lui, si arrovella per scoprire chi è un certo Carneade, a cui San Carlo viene paragonato. Proprio in quel momento, entra
Perpetua per introdurre Tonio, che viene a restituire un vecchio debito.
Quando la donna si fa avanti ad aprire al giovane, compare
Agnese, che la coinvolge in un discorso per lei molto toccante, quello dei suoi falliti matrimoni.

Perpetua, ansiosa di esporre tutto per filo e per segno, si fa portare da lei fino alla svolta. Renzo e Lucia colgono il momento per sgattaiolare nella canonica non visti.
Intanto, Tonio ed il fratello
Gervaso entrano nella stanza del curato, mentre gli sposi si stringono al muro, restando fuori.
Manzoni si sofferma, a questo punto, a parlare dell'abbigliamento di Don Abbondio, la cui immagine risalta per comicità fra tutto quel "vecchio" e quel "folto" di barba, capelli e sopraccigli.

Mentre Don Abbondio scrive per Tonio la ricevuta della somma che gli ha restituito, ad un segnale entrano Renzo e Lucia, cosicchè, quando il curato alza gli occhi, si trova dinanzi la scena inaspettata di tutta quella gente convenuta nella sua stanza.
L'azione, che finora si è andata costruendo lentamente, ora precipita e diviene concitata. Don Abbondio reagisce in modo scomposto, balza dalla sedia, urla e chiama Perpetua. Poi si rifugia nella sua camera, continuando a gridare e, visto che gli assalitori non demordono, apre la finestra e chiama aiuto.
Tutti si agitano, tranne Lucia, che è rimasta coperta dal tappeto gettatole addosso dal curato quando gli sposi hanno tentato di pronunciare davanti a lui le fatidiche parole, e se ne sta immobile come una statua di cera.
Il narratore fa una riflessione. Renzo, in mezzo a quel parapiglia, in casa di Don Abbondio, parrebbe essere lui l'oppressore, invece è proprio la vittima del prete.
Ambrogio, il sagrestano, svegliato dalle grida del curato, corre al campanile e suona a martello la campana più grossa. I paesani accorrono e la confusione mette sul chi vive i bravi che, all'insaputa di tutto, si sono introdotti nella casa di Lucia per rapirla e l'hanno trovata vuota.
Proprio quando il
Griso è sul punto di entrare con un lanternino nella stanza della ragazza, e quando i bravi hanno già messo sottosopra ogni cosa, si sente la sequela dei rintocchi e risuona l'urlo di Menico, che, inviato da Padre Cristoforo, giunge ad avvertire le donne del tentativo di rapimento e viene abbrancato sull'uscio da uno dei bravi.
Gli sgherri si lasciano prendere dal panico, solo l'autorità del Griso può indurli a ritirarsi compostamente.
Nel frastuono, Perpetua è corsa indietro alla canonica seguita da Agnese, mentre gli altri quattro, sposi e testimoni, scompaiono rapidamente. I fidanzati incontrano
Agnese e vengono raggiunti da Menico, che può finalmente recapitare il suo messaggio, poi di corsa si nascondono nei campi.
Sulla piazza la gente si è raccolta e comincia a commentare. Si vocifera che a casa Mondella dei bravi si sono riuniti per ammazzare un pellegrino.
Vista la casa vuota, si giunge alla conclusione che le donne sono state rapite. Poi si diffonde la voce che sono in salvo. La gente si sparpaglia e torna a casa sua.
I giovani promessi fuggono verso il convento, dove vengono accolti da
Padre Cristoforo e dal sacrestano, frà Fazio.
Ricevono allora la triste notizia che vuole Lucia ormai in pericolo nel suo paesetto e, con essa, le lettere di presentazione necessarie a fuggire altrove e ad essere accolti in altri conventi di cappuccini.
Dopo aver pregato insieme, si congedano dal buon Padre Cristoforo.
Sulla barca che si allontana dalla riva del lago, in un irreale silenzio notturno, rotto solo dal tonfo dei remi nell'acqua,
Lucia è invasa da un cupo dolore e piange segretamente.

Manzoni descrive liricamente i moti del cuore della ragazza nel passo famoso dell'"Addio", che riflette l'agitarsi di sentimenti confusi, di incertezza e di speranza, che domina i pellegrini mentre si allontanano dalla loro casa.

Le letture di Don Abbondio
Agnese invita Perpetua a parlare dei suoi matrimoni falliti
Testimoni e fidanzati si introducono da Don Abbondio
Comicità della figura di Don Abbondio
Renzo e Lucia entrano nella stanza - La scena del matrimonio a sorpresa
Riflessioni di Manzoni su oppresso e oppressore
Don Abbondio grida aiuto dalla finestra
I bravi penetrano in casa di Lucia Mondella
Menico sorprende i bravi
I bravi spaventati dai rintocchi di campana
Continua il discorso di Agnese con Perpetua
Incontro dei fidanzati in fuga con Menico
Don Abbondio si scusa con la gente accorsa
Come la folla reagisce alla notizia dei bravi entrati in casa della Mondella
Renzo, Agnese, Lucia e Menico fuggono dal paese
Incontro dei fuggitivi con Padre Cristoforo
I fuggitivi si imbarcano sul lago - L'"Addio ai monti"
La seconda parte dell'"Addio"

La trama in dettaglio