UMORISMO NEL ROMANZO

Il sorriso del lettore è originato innanzitutto dal contrasto fra l'io narrante e certe posizioni dell'anonimo creato dal Manzoni, che è espressione di una cultura secentesca cui lo scrittore nega ogni valore come cultura reale.
Ma, oltre che in questo artificio narrativo, l'umorismo del Manzoni si esprime in tutta la gamma di atteggiamenti che può dettare ad un uomo credente ma disincantato la visione di un mondo che spesso coltiva valori non veri e che egli intende demistificare con l'acutezza dell'intelligenza.

Il suo sarcasmo colpisce i personaggi d'autorità, come Don Gonzalo, Ambrogio Spinola e il Conte zio e si esprime, anche linguisticamente, nella ironia che caratterizza l'episodio in cui compare Antonio Ferrer, con un uso del linguaggio - lo spagnolo misto all'italiano - dal quale risultano effetti di comico realismo.

E' un umorismo che si trasforma in satira tagliente quando si parla di Donna Prassede, descritta da Manzoni come una donna chiusa in un bigottismo che è la trista parodia del cattolicesimo.
Ci sono, poi, i personaggi ai quali lo scrittore guarda con un sorriso di comprensione, come il
sarto letterato, che vorrebbe esprimere in una frase al Borromeo la propria cultura e la propria ammirazione, e non riesce, e continua a dispiacersene.
A queste figure, buffe senza essere patetiche, lo scrittore è vicino e la sua distaccata ironia si smorza, per trasformarsi in divertita partecipazione.

Il tono umoristico di certe parti della narrazione rafforza inoltre la drammaticità dei momenti più intensamente tragici, come certi stralci della storia di Gertrude e dell'Innominato.
L'ironia manzoniana, spesso descritta dalla critica come sorridente, ha invece, tutto sommato, un fondo amaro, perchè gioca e scherza su fatti - il disastroso atteggiamento dei governanti, la loro inettitudine, la loro noncuranza quanto ai problemi reali, ma anche l'impenetrabilità della società a certi valori positivi del cattolicesimo - che colgono nella sua interezza la negatività della storia, in cui prevalgono sempre la violenza e la menzogna.

Con le parole di Renzo alla conclusione del romanzo §, Manzoni smaschera il falso luogo comune di una storia che sia "magistra vitae". I poveri e gli onesti non hanno altro scampo in questo mondo di valori provvisori e precari, che la loro forza interiore e la speranza in un premio divino.


Storia del romanzo