CAPITOLO XXXVIII selezione di brani dal testo |
Una sera Agnese sente una carrozza fermarsi all'uscio di
casa. E' Lucia che torna al paese in compagnia della sua amica
mercantessa. Il mattino dopo arriva Renzo, che è felice di
constatare quel ritorno inaspettato. L'unica nota di tristezza
nelle ore serene che preludono al matrimonio è la notizia della
morte di Padre Cristoforo.
Renzo ritiene che sia tempo di presentarsi di nuovo al curato,
per chiedere che venga celebrato il matrimonio. Davanti al
giovane, Don Abbondio
comincia nuovamente a tentennare e ad accampare delle scuse. Renzo lo rassicura
quanto a Don Rodrigo,
dicendogli di averlo veduto lui stesso morire, pentito, al
lazzaretto di Milano, ma il curato non sembra prendere la notizia
con sollievo. Perciò Renzo gli fa la riverenza e se ne va.
Dopo pranzo si recano dal prete le donne, che ricevono tante
congratulazioni e tanti complimenti, ma sempre evitando il
discorso del matrimonio.
Mentre continua la discussione, arriva Renzo dicendo che è
giunto il marchese erede di Don Rodrigo, un bravo signore.
Quando la notizia è confermata dal sagrestano, Don Abbondio
finalmente dà sfogo a tutte le paure che ha accumulato. Dice che
la peste ha anche ripulito il mondo da tante storture e si
dispone a fare gli annunzi in chiesa per la prossima domenica.
Anzi, aggiunge che vuole chiedere la dispensa per le altre due
pubblicazioni matrimoniali.
Preso dal buonumore, si mette a scherzare sul gran numero di
matrimoni che si celebra e afferma che certamente anche Perpetua avrebbe
trovato il suo "avventore" se non fosse morta di peste.
Il giorno seguente il marchese erede di Don Rodrigo visita Don
Abbondio e gli chiede notizia dei due giovani. Il curato gli dice
che li avrebbe presto sposati e che, se vuole far loro del bene,
può acquistare la loro roba a buon prezzo, visto che i due si
sarebbero presto trasferiti e devono perciò vendere i loro
mobili.
Il curato ed il signore si recano poi a far visita a Lucia, e lungo la via
Don Abbondio suggerisce al galantuomo che può impegnarsi per far
togliere di dosso a Renzo il peso di quella grida che ne fa un
ricercato dalla giustizia.
Il marchese se ne incarica ben volentieri.
A casa le tre donne e Renzo sono riuniti e sono assai sorpresi di
quella visita, ma il marchese cortesemente comincia lui a parlare
e si fa avanti con la proposta di acquistare il mobilio offrendo
una cifra spropositata, poi invita tutti a cena al suo palazzo.
E' così che Renzo e Lucia ottengono la dispensa dalle
pubblicazioni, l'assolutoria dalla grida, ed il matrimonio,
celebrato proprio da Don Abbondio.
Alla celebrazione segue un pranzo dal marchese. Renzo se ne parte
dal palazzotto oberato dal peso dei soldi che si porta via e dal
dubbio se sia meglio investirli nell'industria o
nell'agricoltura.
Ora i due sposi pensano solo a partire ed il distacco, sia dalla
vedova amica di Lucia, che torna a Milano, sia da Don Abbondio,
è per tutti commovente.
I due protagonisti arrivano al loro
nuovo paese e vi trovano, lungi dal vivere una situazione
idilliaca, "de' disgusti bell'e preparati". La gente, dopo aver sentito tanto parlare di Lucia, pensa che sia chissà quale bellezza rara e le critiche del popolino, giunte alle orecchie di Renzo, lo rendono sgarbato con tutti. |
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Ma il giovane ha fortuna negli affari, dato che la peste ha
provocato la morte del padrone di un filatoio nei pressi di
Bergamo e Bortolo, con buon senso degli affari, considerato che
non ha soldi abbastanza per acquistarlo, propone a Renzo di fare
a mezzi.
Il giovane accetta e si trasferisce con la moglie nel nuovo
paese, dove Lucia, giungendo inaspettata, non solo non solleva
critiche, ma ottiene qualche complimento.
Gli affari vanno bene e nasce una prima bambina, che viene
chiamata Maria e "ne vennero poi col tempo non so quanti
altri dell'uno e dell'altro sesso", tutti oggetto dell'amore
della nonna Agnese.
Renzo si impegna affinchè tutti imparino a leggere ed a scrivere
ed è propenso a raccontare delle sue avventure e di quanto abbia
imparato da esse.
Lucia un giorno ha l'ispirazione di ribattere "e io cosa
volete che abbia imparato, io non sono andata a cercare i guai:
son loro che sono venuti a cercar me". Renzo rimane
imbarazzato da questa affermazione, poi, insieme, giungono alla
conclusione "che i guai vengono spesso, perch'è ci si è
dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non
basta a tenerli lontani; e che quando vengono o per colpa o senza
colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una
vita migliore".