CAPITOLO I selezione di brani dal testo |
Il romanzo si apre la sera del 7 novembre 1628, e si
conclude due anni dopo, verso la fine del 1630.
L'"incipit" è una descrizione di luoghi, il ramo del
lago di Como sulle cui sponde si estende il paesello di Renzo e Lucia, nel territorio
di Lecco.
Ironicamente, Manzoni accenna all'onore che ha il borgo di
ospitare una guarnigione di soldati spagnoli con il loro
comandante, poi passa a descrivere il suo primo personaggio.
E' Don Abbondio,
curato del paese, che torna verso casa dopo la sua passeggiata
serale.
Alzando lo sguardo l'uomo, giunto ad un bivio, vede di essere
atteso da due bravi,
di cui vengono descritti il contegno spavaldo e le armi.
Il narratore si sofferma a parlare di questa categoria di
gentaglia, pagata dai signorotti per seminare il terrore, e degli
sforzi vani compiuti dal governo con le sue "grida" per
sopprimerla.
Il curato, timoroso, conserva però la calma e ossequia i due
che, comprende, aspettano proprio lui.
Nel colloquio che segue, Don Abbondio perde sempre di più in
dignità e alla fine appare come una figura ridicolmente disposta
alla più pedissequa obbedienza al potente. Ciò che sembra
convincerlo del tutto è la menzione di Don Rodrigo, il
signorotto dei luoghi, di cui i due rappresentano la volontà.
Il curato, "animale senza artigli e senza zanne",
sopravvive in tempi difficili applicando la tattica del quieto
vivere e, per conservare la sua tranquillità, è anche disposto
a cedere su alcuni punti di ordine morale.
Don Abbondio si fa, così, senza eccessive difficoltà, complice
del prepotente.
Cionondimeno, l'impressione ricevuta dall'incontro con i due
bravi è forte. Più morto che vivo, arriva a casa e chiama Perpetua, la sua
governante, una donna di campagna pronta a difendere il suo
padrone in ogni modo, che sembra trovare la soluzione più
ragionevole, quella di scrivere all'arcivescovo.
Ma don Abbondio teme anche questo rimedio e, tutto dolente, sale
in camera sua raccomandando alla donna il più assoluto riserbo
sulla questione.