PAESAGGI MANZONIANI |
Il paesaggio, nel romanzo manzoniano, rispecchia gli stati
d'animo dei personaggi, che spesso sono inseriti a bella posta in
un contesto naturale a loro somigliante.
Così avviene nel famoso "Addio" di Lucia al paese, la cui
prospettiva si allontana a mano a mano che la barca scivola
silenziosa sulle acque del lago. Il silenzio notturno, il
chiarore che si riflette sulle onde, rotte dall'immergersi dei
remi, è lo sfondo ideale delle tacite meditazioni della
fanciulla, che esprimono i sentimenti universali di chi si
allontana dalla casa natìa, dai luoghi dei suoi affetti, per
avviarsi verso un futuro incerto, che non promette la serenità
assicurata dalle cose e dai volti familiari.
Un paesaggio che fa "coro" con uno stato d'animo è quello di natura autunnale triste ma serena che accompagna la presentazione del personaggio di Padre Cristoforo nel capitolo quarto, una immagine luminosa che è analoga alla chiarità d'animo dell'uomo, ancora nel vigore degli anni e della mente, energico e risoluto ma reso lieto e intimamente sereno dalla sicurezza della fede §.
Un quadro tranquillo e quasi intimistico di vita domestica
e paesana è quello tratteggiato nel capitolo settimo. E' un
momento di quiete sul far della sera, in cui la gente si ritrova,
gli uomini tornano dal lavoro dei campi con gli arnesi in spalla,
le donne preparano le cucine per la sobria cena e la luce si
affievolisce a poco a poco, mentre i bambini giocano sulle
soglie.
I rintocchi della campana chiamano ai vespri ed il brusìo del
giorno lentamente si spegne §.
E' la quiete che precede la tempesta, perchè Renzo sta prendendo
accordi con due amici per combinare il matrimonio segreto e fra
poco l'azione del romanzo precipiterà in un crescendo
inarrestabile, fino alla fuga dei giovani dal paese.
Un bel paesaggio mattutino di cielo sereno si apre a Renzo la mattina in cui, sfuggito alla sommossa dei milanesi ed all'arresto come sovversivo, dopo una notte scura e fredda in cui ha viaggiato accompagnato da pensieri lugubri, si dirige verso l'Adda per attraversarlo e giungere in terra veneta. §
E' analogo al personaggio che vi dimora il paesaggio di
balzi e dirupi scoscesi, di solitudine e di asprezza selvaggia
nelle altitudini che circonda il castello dell'Innominato descritto
nel capitolo
diciannovesimo, alto e quasi irraggiungibile, isolato
e in certo modo vago come un incubo, come l'uomo feroce di cui si
raccontano tante storie, ma di cui per certo si sa solo che può
irridere altri potenti ed è in grado di comportarsi come gli
aggrada, senza tema di giudizio§.
Superbo e inarrivabile, anche dopo la sua trasformazione in
benefattore si aggira tra le solitudini di quelle rocce sul suo
cavallo come indiscusso dominatore di uomini che, dal primo
all'ultimo, sono spietati e temibili ed hanno le mani lorde di
sangue.
La desolazione della città, stremata dalla carestia e
dalla peste, è invece descritta nel capitolo trentaquattresimo,
che vede Renzo
avanzare, in uno stato d'animo incerto e turbato, alla ricerca di
Lucia, in una serie di contrade squallide, dominate dalla
presenza della morte, dalle immagini delle pire che divorano
mucchi di stracci infetti, dalle processioni di convogli carichi
di mucchi di cadaveri§;
§.
Le strade semideserte sono affiancate da case vuote e mezze
saccheggiate ed i pochi passanti si stringono ai muri diffidenti,
terrorizzati all'idea di essere assaliti dagli untori §; §. Interi
quartieri abbandonati risuonano solo del campanello dei monatti e
delle campane che, di tanto in tanto, chiamano alla preghiera in
favore dei morti e dei malati .
In questo scenario tetro, in cui sulle piazze spiccano gli
strumenti di tortura §ed
in cui la calma mortale è rotta solo dai lamenti, dalle
bestemmie e dalle preghiere, Renzo è egli stesso stravolto e,
assalito dalla folla che vuole ghermirlo come untore, estrae un
coltellaccio §.
Uno scenario di natura "malata" è quello
descritto quando il Manzoni ritrae il lazzaretto, una distesa di
luride capanne, di casupole arrangiate alla meglio con travi di
legno, di gente cenciosa distesa in terra, di portici che
brulicano di inservienti affannati intorno ai moribondi e di
monatti che trasportano via i cadaveri §.
La luce plumbea di un cielo "cupo e abbassato", la
nebbia che si condensa in grandi nuvole, i raggi fiochi del sole
che giungono a malapena fra le travi e gli stracci, sono un
riflesso dell'ansia che tormenta Renzo e del dolore di tanta
povera gente riunita a morire §.
E' famoso il grande temporale dell'epilogo, l'acquazzone
con lampi e tuoni in cui l'azione si scioglie e che sembra quasi
lavar via dall'animo di Renzo tutti i pensieri cupi.
Siamo al capitolo
trentaseiesimo. La tempesta si preannuncia quando Padre Cristoforo si
dirige alla capanna di Lucia,
appena ritrovata da Renzo nel lazzaretto, e scoppia quando ormai
la ragazza è stata liberata dal voto fatto nella notte di
prigionia al castello dell'Innominato e quando i due promessi
sono ormai certi della loro felicità futura§.
Renzo, rassicurato, parte per raggiungere Agnese e darle la
buona notizia e l'acqua già gocciola e saltella in rivoli e
pozzanghere, come a lavare il mondo ed il suo cuore, stanco di
tanto patire.