IL TEMA DELLA PROVVIDENZA

Il tema della Provvidenza è dominante nei Promessi Sposi. Si tratta di una forza superiore che agisce e interviene a determinare fatti e circostanze per volgerli al bene.
Nel suo aiuto confida
Padre Cristoforo quando è, suo malgrado, costretto ad abbandonare i suoi due protetti nel momento della difficoltà, certo che essa dirigerà gli eventi verso la giusta conclusione, la giusta pena per i cattivi ed il trionfo dei buoni.
La Provvidenza esprime la posizione di Dio nei confronti della storia. Egli non tollera a lungo il trionfo della malvagità e l'oppressione della virtù.
E' una forza agisce per vie impensate. Attraverso il vecchio servitore di
Don Rodrigo, che si avvia sulle gambe malferme ad avvertire Padre Cristoforo che Lucia sarà rapita, attraverso Menico, il bimbo che quasi fortuitamente recapita il messaggio, attraverso Lucia stessa che, con una frase, induce l'Innominato a cercare definitivamente conforto nella fede cattolica, ed a recarsi dal Cardinale Borromeo.
Pur nello sviluppo drammatico, e, a volte, tragico degli eventi, pur con una certa angolazione pessimistica nell'osservazione dei fatti, il filo conduttore dell'opera resta quello della certezza della conclusione in bene.
In questo meraviglioso equilibrio fra forze positive e negative ciò che è più sorprendente è che la Provvidenza non si sostituisce al libero arbitrio, ma agisce in concerto con esso.
La preghiera, l'azione caritatevole, il perdono, sono mezzi che favoriscono il piano provvidenziale.
Lucia, certa della protezione della Provvidenza, è apparentemente acquiescente. In realtà si affida completamente a Dio. Nel momento in cui deve abbandonare il suo paese, ella trova conforto nel pensiero che Egli non turba la serenità dei suoi protetti se non per dar loro qualche gioia più grande.

 

L'intervento divino nei Promessi Sposi

"L'intervento di Dio negli accadimenti piccoli e grandi è in ogni momento così forte che ti sembra di poterlo toccar con mano: è una presenza paterna, amorosa e severa, che palpita in ogni cosa; e il poeta l'avverte con la fede semplice e intatta dei suoi contadini, della povera gente: "quel che Dio vuole, Lui sa quel che fa, c'è anche per noi"; "lasciamo fare a Quel lassù"; "tiriamo avanti con fede, e Dio ci aiuterà". E in questo mondo basso, più triste che lieto, l'opera di Dio la senti soprattutto nelle tribolazioni, negli affanni, e in quegli spiragli di luce che s'aprono improvvisi in mezzo alle tenebre dell'angoscia e chiudon le porte alla disperazione. La "provvida sventura" del coro d'Ermengarda, il "Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola" della ode napoleonica, sono anche il filo conduttore, la trama segreta del romanzo, ma espressi in termini più semplici, familiari, popolareschi.
E' il tema che palpita nelle parole di fra' Cristoforo ai due sposi finalmente ricongiunti: "Ringraziate il Cielo che v'ha condotti a questo stato, non per mezzo dell'allegrezze turbolente e passeggere, ma co' travagli e tra le miserie, per disporvi a un'allegrezza raccolta e tranquilla." Ed era già nella chiusa dell'"Addio ai monti": "chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande".
E ritornerà anche nelle meditate conclusioni, in cui Lucia e Renzo condenseranno alla fine il frutto e il "sugo" di tutta la loro esperienza. Il pessimismo cristiano dell'
Adelchi s'è schiarito e intenerito in questo dono di fiducia e di attesa, in questa luce di 'allegrezza raccolta e tranquilla'."
(Natalino Sapegno da "
Ritratto di Manzoni e altri saggi")


Storia del romanzo