ADELCHI (1820-1822)

Le tragedie manzoniane, che non rispettano le unità classiche di tempo e di luogo e si attengono strettamente ai fatti storici - ricostruiti da Manzoni con un attento lavoro di ricerca sulle fonti -, si incentrano su quell'attenzione per l'evento reale e per lo sfondo storico che fu fra le principali caratteristiche del Romanticismo.
Ma il concetto di "vero" storico subì un'evoluzione nel pensiero manzoniano.
Per il Manzoni dell'epoca delle tragedie, il vero è ancora tutto da identificarsi con la aderenza ai fatti accaduti, e costituisce quindi una severa limitazione per lo scrittore che, per quanto fedele ai fatti, ha comunque il compito di proporre attraverso di essi le proprie idee e, soprattutto, la propria fede religiosa.

Sia Adelchi, sia Il Conte di Carmagnola sono drammi dominati dal sovrannaturale e dalla convinzione che la superiore giustizia di Dio è la sola in cui si possa trovare consolazione. Il dolore che i protagonisti patiscono è, per essi, uno strumento di purificazione.
Adelchi venne scritta tra il 1820 ed il 1822 e, per il suo contenuto storico, Manzoni si ispirò alla fine del dominio longobardo in Italia, causato dalla sconfitta del re Desiderio da parte di Carlo Magno, avvenuta nel 774.
Adelchi, figlio di Desiderio, re dei Longobardi, tenta invano di convincere il padre ad evitare di estendere il suo territorio ai possedimenti della Chiesa.
L'azione bellicosa del re induce papa Adriano I a chiedere l'intervento dei Franchi. Carlo Magno, che ha ripudiato Ermengarda, figlia di Desiderio, manda al re longobardo un "ultimatum".
Desiderio non desiste e Adelchi, pur contrario alla guerra, si prepara a combattere.
Contro il re longobardo congiurano anche i suoi stessi duchi che, istigati dal nobile Svarto, si accordano col re franco.
Carlo, giunto all'ingresso di un valico alpino, è sul punto di abbandonare l'idea della guerra e tornare indietro, quando il diacono Martino gli offre di rivelargli una via a lui solo nota per arrivare, non visto, in Italia.
Carlo giunge, così, inatteso addosso al nemico e lo sbaraglia.
Adelchi è sorpreso a Verona dai Franchi e combatte fino ad essere ferito a morte.
Condotto in fin di vita alla presenza di Carlo, invoca, prima di morire, clemenza per il padre, che è caduto prigioniero.

La figura di Adelchi

Adelchi è un nobile cuore che anela al bene e alla giustizia, desideroso di combattere e di sacrificarsi per questo ideale nella lotta generosa contro ogni forma di male. Ma a lui rimane precluso e incomprensibile che la vita non è primariamente lotta del bene col male, ma lotta d'interessi vitali, che sono di qua dal bene e dal male e nei quali ciascuno si trova direttamente e personalmente impegnato nella situazione in cui la natura e la storia lo hanno posto.(...)
Si combatte per la famiglia, per la patria, per il partito al quale per tradizione o per adesione si appartiene e che non si vuole abbandonare; o anche rinunziando alla famiglia per la patria, alla patria naturale per una patria adottiva, al partito di prima per un altro diverso ed opposto. Ma sottrarsi a questa determinatezza storica del dovere sarebbe, peggio ancora che viltà, follia, e praticamente è impossibile.(...)
Non è vero dunque che egli (Adelchi, n.d.r.) non partecipi all'azione, chè anzi partecipa ad ogni momento di essa, fin alla morte in combattimento.
Ma in altro senso non vi partecipa: egli "obbedisce biasimando" come è detto nella tragedia; obbedisce col braccio e non con l'anima. Nel suo animo è tristezza e desolazione e dolore per quel che fa e che pur sente il dovere di fare, ma che di continuo l'offende. L'offende la politica, di cui il padre conosce e accetta la necessità, e il dissimulare e il far buon viso agli infidi e traditori; non intende come si possa, nel combattere, guardarsi "dall'uom che ti combatte al fianco". Gli sembra assurdo che il Cielo possa aver dato la vita dei migliori all'arbitrio dei rei, e pensa in qualche istante che ciò non sia vero, e che non è in mano di costoro "ogni speranza inaridir, dal mondo torre ogni gioia".
Ma prevale sempre in lui la sfiducia e la disperazione.
(Benedetto Croce,
Il sentire di Adelchi)