LA GENESI DEL ROMANZO |
In una lettera a Tommaso
Grossi del 20 aprile 1821 il Manzoni scriveva:
"Ho preso una grande e grave risoluzione; voglio scrivere un
romanzo.
Non avrei mai pensato di divenire romanziere, giacchè le mie
facoltà intellettuali sono troppo limitate e deboli, forse
tenterò indarno l'arringo in simile genere di letteratura".
La lettera prosegue accennando al vecchio autografo di un
secentista - un'invenzione dello scrittore - che Manzoni racconta
di aver ritrovato, concependo così l'idea di usare l'antico
foglio per modificarne lo stile e sostituirlo con uno scritto che
narri la medesima storia con un linguaggio più moderno.
Quella del manoscritto è una invenzione, ma Manzoni pensò
davvero di dedicarsi allo studio delle fonti prima di scrivere il
suo romanzo. Quello del romanzo storico è, del resto, un
problema che lo assillò durante tutta la sua carriera di
scrittore.
Ad esso dedicò un saggio, Del
Romanzo storico e, in genere, dei componimenti misti di storia e
d'invenzione in cui affermava che non è possibile
conciliare nel romanzo la verità storica con le invenzioni
letterarie.
Già all'epoca della composizione delle tragedie Manzoni si era
soffermato sulla questione del rispetto dello scrittore per la
verità dei fatti accaduti, ma allora era giunto semplicemente
alla conclusione che l'autore non deve rinunciare, pur riportando
i fatti in modo quanto più possibile aderente al reale, a
proporre l'ideale cristiano.
Nei Promessi sposi
la sua concezione del "vero" si modifica. Esso non
corrisponde più ai fatti accaduti, ma si identifica piuttosto
col verosimile, cioè con ciò che è possibile che accada nel
contesto sociale e politico dell'epoca che lo scrittore sceglie
come sfondo per la sua storia.
La prima stesura del romanzo si intitolava Fermo e Lucia e divenne
in seguito "Gli Sposi promessi". La prima versione
testimonia della genesi polemica che ebbe il romanzo, il cui
intento di fustigazione dei costumi è soprattutto evidente
nell'episodio della Monaca di Monza, già presente in questa fase
della composizione.
In seguito, questa edizione venne privata degli elementi più
vistosamente volti a colpire la fantasia popolare ed a
raccogliere il consenso con l'effetto, per divenire un testo più
equilibrato nello sviluppo della trama e nel carattere dei personaggi.
L'edizione definitiva, che venne pubblicata col titolo "I
Promessi Sposi" nel 1827, si presentava in tre tomi.
A questo punto sorse più urgente alla coscienza letteraria del
Manzoni il problema della lingua.
Il linguaggio usato per l'edizione del romanzo del 1827 gli
sembrava poco conforme a quel dialetto toscano che egli riteneva
dovesse essere la base di un buon italiano letterario.
Si recò allora in Toscana e durante il suo soggiorno a Firenze
frequentò il gabinetto Viesseux, dando inizio ad un'opera di
approfondimento dello stile che sarebbe durata quindici anni.
La seconda edizione del romanzo, che seguiva "la
risciacquatura dei panni in Arno", venne pubblicata in
fascicoli, tra il 1840 ed il '42.