IL TEMA DEL FAVOLOSO

Il favoloso fa il suo ingresso nei Promessi Sposi con l'arrivo di Frà Galdino alla casa di Lucia. Il suo racconto ad Agnese è un dialogo narrativo che, a differenza degli altri, non si lega al filo principale dell'azione e neppure ne incrementa l'aspetto sentimentale o gioca un ruolo nell'accrescere l'esperienza dei protagonisti.
E' tutto in forma diretta e arresta la progressione della storia agendo come intermezzo.
Frà Galdino mostra una sua competenza oratoria che è quella popolare della saggezza trasmessa di bocca in bocca ed ha un suo risvolto colto, se il frate si vanta di poter distinguere fra una predica "a braccio", inventata sul momento per pescatori e contadini, e un sermone scritto "per i pulpiti delle città".
Galdino è un esperto di oratoria e teatro sacro e sa come presentare un fatto in modo da interessare il suo uditorio.
Il racconto
§, tratto dalla fantasia popolare, accompagna le avventure degli umili, ed è il loro modo di reagire ad un universo che presenta a volte segni misteriosi ed eventi inquietanti, cosicchè il favoloso è una presenza quasi costante nel romanzo.

Ad esempio, il Griso sceglie per la sua spedizione notturna un casolare isolato, dove i contadini non si avventurano per via delle streghe che vi si raccolgono per le loro magie. Ma lui, coraggioso, non prende sul serio queste "ubbie" finchè non giunge il sabato, giorno in cui anche ad un bravo è concesso di essere guardingo § .
Dopo la notte degli imbrogli, tutto il paese fa le sue supposizioni a proposito del "pellegrino veduto da Stefano e da Carlandrea". Di lui si dice si tratti di "un'anima del Purgatorio, comparsa per aiutar le donne" o anche di "un'anima dannata d'un pellegrino birbante e impostore".

Renzo non è affatto immune da certe fantastiche elucubrazioni. Mentre cammina nella deserta campagna notturna, ormai vicino al confine, viene colto dal pensiero di "certe immagini, certe apparizioni, lasciatevi in serbo dalle novelle sentite raccontar da bambino" e per liberarsi di questi tetri fantasmi recita per via le "orazioni dei morti" §.

La stessa magica suggestione coglie Lucia prigioniera al castellaccio. Nella notte più fonda, ella è presa da un "sentimento confuso, simile all'immagini sognate da un febbricitante" e, quando viene a sapere chi la tiene così prigioniera, rammenta le tante fantastiche dicerie del popolo su quel signorotto, perchè, come ha già detto il narratore, la vita dell'Innominato "era un soggetto di racconti popolari; e il suo nome significava qualcosa d'irresistibile, di strano, di favoloso" §.

La peste con i suoi orrori alimenta nella gente le fantasie più fosche e ridesta ricordi irrazionali dell'infanzia. Tadino, protomedico di Milano durante la famosa peste del 1630, riferisce che "due testimoni deponevano d'aver sentito raccontare da un loro amico infermo, come, una notte, gli eran venute persone in camera, a esibirgli la guarigione e danari, se avesse voluto unger le case del contorno; e come, al suo rifiuto, quelli se n'erano andati, e in loro vece, era rimasto un lupo sotto il letto, e tre gattoni sopra" §.

D'altro canto il Ripamonti fornisce una seconda favola riguardante l'arrivo in piazza del duomo di "un tiro a sei, e dentro, con altri, una gran personaggio, con una faccia fosca e infocata, con gli occhi accesi, coi capelli ritti, e il labbro atteggiato di minaccia" fino alla visita del palazzo in cui l'invitato, in compagnia del diavolo, vede stranezze, caverne e sale e in queste fantasmi che confabulano §.

Renzo stesso a un certo punto diventa una figura leggendaria agli occhi di quel cittadino che, dopo averlo incontrato e tenuto alla larga col bastone, poi è corso a casa a raccontare la sua avventura."..raccontò che gli s'era accostato un untore, con un'aria umile, mansueta, con un viso d'infame impostore, con lo scatolino dell'unto, o l'involtino della polvere (non era ben certo qual de' due) in mano, nel cocuzzolo del cappello, per fargli il tiro, se lui non l'avesse saputo tener lontano" §.

Questa attrazione del Manzoni per le superstizioni popolari, per i fantasmi creati dal "povero senno umano" è ben comprensibile se si pensa all'importanza che i romantici lombardi, dopo la "Lettera semiseria" del Berchet, attribuivano alle leggende popolari.


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