CAPITOLO XXXIV selezione di brani dal testo |
Renzo, giunto a Milano dalla direzione di Porta Nuova, se
ne sta per un po' incerto accanto alle mura, poi nota un falò di
roba che arde e giunge alla porta nel momento in cui i monatti
stanno portando via il capo dei gabellieri.
Getta del denaro ad una guardia, ed entra rapidamente, fingendo
di non sentire l'altolà di un gabelliere. Si avvicina ad un
passante per chiedergli dove sia la casa di Don Ferrante, ma
questi lo tiene a distanza, puntandogli contro il bastone. La
città delira di paura al pensiero degli untori.
Adirato, Renzo si dirige verso il centro, ma lungo la via si
sente chiamare da un balcone.
E' una donna circondata da bambini
piccoli che lo prega di avvertire qualcuno perchè, dopo
la morte del marito, ella è stata dimenticata chiusa in
casa. Renzo pone in un paniere che la donna cala dalla finestra i pani che ha comprato a Monza e promette di avvertire chi di dovere. Nella piazza di San Marco vede una macchina di tortura disposta lì per punire coloro che vengano sospettati di essere untori, poi, appresso ad un apparitore, vede avanzare una serie di carri carichi di cadaveri. Impietosito, Renzo prega per quei morti sconosciuti. In Borgo Nuovo nota un prete che sta confessando in piedi presso un uscio socchiuso. Quando questi ha terminato, Renzo si avvicina, tenendosi però ad una certa distanza, e gli chiede il nome della strada dove abita Don Ferrante. Il prete gli dà le sue indicazioni. |
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A lui Renzo raccomanda la donna chiusa in casa.
E' colto dall'ansia mentre si avvicina alla casa dove saprà la
sorte di Lucia e
intanto raggiunge il carrobio di Porta
Nuova, abbandonato dai suoi abitanti.
Sono interi quartieri di desolazione, in cui l'unico suono è il
campanello degli apparitori ed il grido dei monatti.
In tanto squallore, tre volte al giorno le campane invitano a
recitare le preghiere ordinate dall'arcivescovo.
Renzo e' già
avanti sulla via per la destinazione, quando vede quattro carri
fermi, sui quali i monatti caricano i cadaveri come sacchi vuoti
al mercato.
Mentre allunga il passo per allontanarsi, è colto da un'immagine
pietosa. Fra i corpi ammonticchiati spiccano delle chiome
femminili. E' una giovane madre che si dirige verso il carro
sostenendo una creatura morta fra le braccia, mentre l'altro
piccolo giace moribondo nella casa deserta. E' evidente che ella
stessa è malata e vicina alla fine, ma scende dall'uscio verso
il carro con una sorta di dignità e di bellezza che sono rimaste
intatte anche dalla malattia. La bambina che porta in braccio ha
circa nove anni, ma è agghindata e adorna come per una festa. La
donna bacia il cadaverino, poi lo pone sul carro e rivolge alla
piccola le ultime parole. Rientrata in casa, la madre compare
alla finestra con in braccio un'altra bimba più piccola, viva ma
segnata dalla malattia.
Quando il carro si muove, si ritira in casa.
Renzo ha appena distolto gli occhi da questa immagine, quando gli
si para davanti una scena ben più squallida. Un gruppo di
ammalati è sospinto verso il lazzaretto. Sono persone che
imprecano, fuori di sè, o fanno coraggio ai parenti ed ai
bambini.
Un uomo in coda al corteo gli dà le ultime e più certe
indicazioni della casa di Don Ferrante, al cui uscio, poco dopo,
Renzo dà "un picchio risoluto".
Si affaccia alla finestra una donna che, alle domande di Renzo,
risponde che Lucia si trova al lazzaretto, poi chiude la
finestra.
Mentre Renzo si afferra al martello per picchiare di nuovo alla
porta, una donna, indicandolo di lontano, grida "Dagli
all'untore" e la gente comincia ad accorrere.
Renzo si libera col pugno dei primi arrivati, che lo ghermiscono,
poi comincia a correre e, quasi raggiunto, si ferma e dà di mano
al coltello.
Gli inseguitori si fermano, poi fanno gesti scomposti in
direzione di qualcosa che sopraggiunge dall'altra parte della
strada.
Renzo vede arrivare da quella direzione un convoglio di carri di
monatti e prende la rincorsa per trovarvi scampo.
Balza sul secondo carro, acclamato dai monatti, mentre la folla
si allontana e uno dei monatti convince i più tenaci fra gli
inseguitori ad allontanarsi sventolando un cencio lurido di
appestato.
Poi si siede ad ascoltare, mentre il carro va, i discorsi
squallidi dei monatti che, seduti persino sui cadaveri, bevono e
scherzano.
A disagio in quella compagnia, Renzo salta giù dal carro e si
dirige verso Porta Orientale, congedato da un monatto che gli
grida appresso "Va', va', povero untorello, non sarai tu
quello che spianti Milano".
Renzo si trova quasi subito davanti al lazzaretto ed entra.