Per capire la musica indiana bisogna innanzitutto amare l'India, esserci stati, aver fiutato l'aria che si respira in questo paese sterminato e complesso e magari averci lasciato il cuore. Le idee che stanno dietro alle sue sonoritα sono spesso intimamente connesse a concetti filosofici e religiosi, anche perchΘ c'Φ la tendenza ad attribuire l'invenzione di qualsiasi forma antica di arte a una delle tante divinitα ind∙. Cos∞ la risultante sintesi di mito e leggenda diventa veritα. La musica indiana arriv≥ in Occidente negli anni '60 grazie alla collaborazione tra i Beatles e Ravi Shankar, il virtuoso del sitar: a partire da quel momento questo strumento sarebbe stato ampiamente utilizzato per impreziosire svariati album delle star del rock internazionale.
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Oggi ha raccolto il testimone la figlia diciassettenne Anoushka, una musicista classica che suona il sitar e il piano da sempre e, come ha detto George Harrison, "Potrebbe suonare anche il banjo e non farebbe differenza. PerchΘ lei Φ la musica".
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Ci≥ che colpisce un occidentale Φ il legame spirituale tra il maestro e l'allievo, anche se spesso la musica si tramanda di padre in figlio, di famiglia in famiglia. Come Φ capitato a Nusrat Fateh Ali Khan, figlio di un musicista, che ha iniziato a suonare a 9 anni ascoltando il padre, ha continuato a fare musica nella band dello zio, fino a diventare l'equivalente indiano di Luciano Pavarotti. Di origini pakistane, Φ stato l'icona della musica sufi, cioΦ della poesia religiosa musulmana cantata: il qawwali in cui il canto estatico si intreccia con le voci di accompagnamento e il ritmo serrato Φ scandito dal battere delle mani e dalle percussioni, rappresenta l'aspetto mistico dell'Islam in cui la ripetizione del nome di Dio in musica ha la funzione di risvegliare l'estasi divina, una sorta di trance che fa raggiungere la consapevolezza spirituale. Questo ha tentato di provocare Fateh con le sue numerosissime composizioni, che a partire dall'89 la Real World di Peter Gabriel ha iniziato a pubblicare anche da noi.
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In particolare Mustt Musst (91), a cui ha collaborato il compositore d'avanguardia Michael Brook, ha ottenuto un buon successo di pubblico, tanto che i Massive Attack hanno remixato poi la canzone d'apertura trasformandola in un hit. Stessa cosa Φ accaduta per le colonne sonore in cui Φ intervenuto il cantore del sufi, Natural born killer e Dead man walking, in cui cantava con Eddie Vedder. Nusrat Fateh ci ha lasciato il 16 agosto del '97 proprio mentre stava ultimando la sua raccolta di best, Star Rise, reinterpretati dai guru della dance music britannica. Oggi tra gli interpreti pi∙ apprezzati della musica hindi segnaliamo Sheila Chandra, indiana nata e cresciuta a Londra, e Shiv Kumar Sharma, suonatore di santoor, "il liuto dalle cento corde" secondo la sua traduzione dal sanscrito. Il suo ultimo disco Φ Sampradaya, che contiene Raga Janasammohini, un solo brano di oltre 66 minuti: un placido raga della sera, di trasparente bellezza.
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Per chi volesse intrapprendere un viaggio in cd c'Φ invece The raga guide, un box set di 4 cd con allegato un libro di 184 pagine che vi trasporta per 5 ore fino alla radice del primo raga, quello della devozione, della pace e della santitα. Se preferite i crossover non perdetevi invece l'ultimo lavoro dei Joi, One and one is one, esperimento sonoro di due giovani bengalesi cresciuti a Londra che hanno centrifugato dance occidentale e hip hop con musica tradizionale asiatica. Una bomba...
