Dopo la pubblicazione sulla "Biblioteca Italiana"
dell'articolo di Madame
de Stael intitolato "Sulla maniera e la utilità
delle traduzioni"- che, uscito nel gennaio del 1816,
scatenò una forte polemica, dato che accusava gli scrittori
italiani di essere ancorati ad una cultura classica e retriva,
oltre che convenzionale e lontana dai movimenti letterari
contemporanei, - gli uomini di cultura si sentirono in dovere di
rimeditare il loro atteggiamento verso le lettere e, soprattutto,
verso le nuove influenze rappresentate in questo campo dalle
opere straniere del movimento romantico.
La Stael invitava a conoscere gli autori stranieri e ad esaminare
le innovazioni da loro introdotte. Le reazioni furono
contrastanti. Ad alcuni sembrò che venissero dette cose ovvie e
che la cultura italiana venisse troppo denigrata da un giudizio
così reciso, ad altri parve che le osservazioni fossero giuste.
Nell'insieme l'articolo provocò una revisione della letteratura
che doveva essere attuata da tempo, senza per questo mettere in
discussione le grandi glorie del passato.
Gli Italiani si schierarono, com'è ovvio, pro e contro il
Romanticismo ma, fatto poco sorprendente, la frangia dei
classicisti contava molti sostenitori.
Fra i favorevoli al nuovo movimento, colui che scrisse
l'intervento più interessante fu Giovanni Berchet
che, nella sua "Lettera semiseria di Grisostomo",
riuscì a sintetizzare il portato della cultura romantica facendo
una certa ironia nei confronti dei classicisti.
Al suo gruppo aderirono Ludovico di Breme, che, nello scritto
"Intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari
italiani", accettava una impostazione romantica ma a sfondo
nazionalistico, e Pietro Borsieri (1786-1852). Questi fece
pubblicare, nel settembre 1816, le "Avventure letterarie di
un giorno o consigli di un galantuomo a vari scrittori",
divise in nove capitoli ed introdotte da una prefazione
dialogica.
L'opera conteneva una analisi polemica di tre giornali letterari
che si gloriavano di fare il buono ed il cattivo tempo
nell'ambito della cultura letteraria italiana.
Nel metterne allo scoperto gli errori e nello smascherarne le
mistificazioni, Borsieri illustrava allo stesso tempo le proprie
idee ed i propri gusti.
Gli argomenti principali trattati, in polemica con la cultura
conservatrice ed accademica, consistono nell'esame del problema
linguistico (che si traduce nella difesa dell'uso del dialetto),
nello studio del problema delle traduzioni e nella difesa del
genere del romanzo, ritenuto altamente educativo.
Fra gli interventi dei classicisti più moderati è da ricordare
quello di Pietro Giordani, con la sua "Lettera di un
italiano", che venne pubblicata sulla "Biblioteca
Italiana" nell'aprile del 1816.
Questo testo è la prima risposta di carattere metodologico
all'articolo della De Stael e, pur schierandosi decisamente a
favore di una cultura classicista, ammette le carenze della
letteratura italiana contemporanea. In particolare, riconosce la
decadenza del teatro e l'invadenza della mitologia nella
letteratura a scapito della poesia.
Carlo Botta, in una lettera al Di Breme pubblicata solo nel 1826
sull' "Antologia", è invece decisamente contrario al
Romanticismo, di cui condanna le "novità" che, a suo
parere consistono in espressioni insolite e in mancanza di
misura. Botta ritiene inoltre che il nuovo movimento sia
espressione di un atteggiamento servile dal punto di vista
intellettuale e politico.
Carlo Giuseppe Londonio, nei suoi "Cenni critici sulla
poesia romantica", conduce anch'egli un deciso attacco al
Romanticismo, sostenendo che i suoi principi portanti non hanno
nulla di nuovo, mentre quanto vi è in esso di originale è
negativo per la letteratura e troppo lontano dal sentimento degli
Italiani.