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IL SIGNORE DELLE NUVOLE
" Si allontanava sempre più dalla compagnia e guardava in basso quando un giorno si accorse che qualcuno sulla terra lo fissava insistentemente.
Al momento pensò che il tipo aveva il viso sollevato per ammirare il cielo, come fanno spesso gli umani. Invece no, era fisso su di lui e gli diceva:
"Tu eri montagna ieri, l'altro giorno avevi il profilo di un'aquila risplendente della luce del tramonto, oggi sei un incrocio tra un elefante e un rinoceronte. Ma in realtà chi sei?"
Questa curiosità gli piacque e rispose:[...] "
LA ZUNGANERA
" Lo chiamarono Mosè per dare importanza a quel bambino che di dritto aveva soltanto le gambette.
Se fosse nato in un paese "civile" gli scienziati se lo sarebbero accaparrato per studiarlo in lungo e in largo. In altri sarebbe finito in qualche "circo" tra bambini coccodrillo, con teste di capra o altre mostruosità, a soddisfare la curiosità della gente sempre in cerca di deformazioni per appagare quel gusto dell'orrido che c'è in tutti gli umani.
Invece era nato alla Zunganera: sei baracche in mattoni crudi e tetti di palme; due "ristoranti" dalle lunghe tavole lucide per strati di grasso rancido accumulatisi col trascorrere delle ere, pavimenti di sabbia nera, una piastra per le "tortillas"; una chiesetta di un solo stanzone con mura storte, intonacate e imbiancate malamente e con la scritta "Iglesia de Dio Mundial" [...] "
UN'INTESA PERFETTA
" Aveva desiderato tutta la vita d'essere grande, bianca e bella.
Era nata invece nera, piccola con un becco giallo e persino quelle della sua razza la guardavano con ironia e, schizzinose, le stavano lontano.
Era nata una ottantina d'anni prima e la sua lunga esistenza non era stata allegra.
Aveva cercato un compagno nei numerosi stormi che arrivavano da ogni parte del mondo ma nessuno l'aveva soddisfatta perché in loro vedeva i difetti che sapeva di aver lei: penne scure, voce gracchiante, zampette sottili come stecchini e quell'abominevole becco giallo [...] "
IL PRESIDENTE
" [...] L'elettorato era piuttosto indifferente perchè per trent'anni aveva subito un Presidente molle, senza spina dorsale, un essere lento che si era arricchito e aveva posto ovunque i suoi tentacoli [...] "
LA FRETTA
" [...] Un giorno all'ambulatorio. Entrando dici: "Chi è l'ultimo?" Un baffetto giallognolo alza una mano. Ti siedi vicino a lui e sfogli una rivista. Conti i malati prima di te: dieci, tu sei l'undicesima. "Farai notte."
Improvvisamente si spalanca la porta e entra una tipa spettinata, senza trucco, il cappotto slacciato e infilato mezzo storto: "Oddio mio, Oddio, come sto male, muoio, mi manca il fiato, è un' emergenza, chi è il primo?
Si è perso? Perché si è allontanato dal gruppo? Sfiorando un'onda più alta delle altre è stato travolto, si è bagnato le penne e non ha più potuto alzarsi in volo? Come ha raggiunto la riva?
Sulla spiaggia deserta spicca, figura scura, solitaria, patetica. Snoda il lungo collo e rovescia la testa. [...] "
ALTA SOCIETÀ
" Raccontavo agli amici che ieri in quella strada stretta dove c’e’ il nostro coiffeur ho abbattuto, passando, quattro o cinque specchietti delle macchinette in sosta vicino al marciapiede.
La solita Carmen si è messa a ridere "e che cacchio - ha detto - solo quattro? Gli impiegati dei negozi devono smetterla di parcheggiare lì. Farebbero meglio ad andare a piedi."
Estrella salta su: "Ma sentite questa!
Stavo affiancata con la mia Mercedes all’auto di Miriam e stavamo chiacchierando tranquillamente. Facevamo commenti sulla festa di qualche giorno fa e ci divertivamo da matti.
In meno di dieci minuti si è formata una fila che non finiva più. Giù urli, colpi di clacson, gesti osceni.
La cosa ci ha fatto ridere. Quella maleducazione andava assolutamente punita e abbiamo continuato a chiacchierare. Quando uno si è avvicinato arrabbiato nero, Miriam, occhio gelido, calma e serafica lo ha guardato con sufficienza, ha messo in moto ed è partita.
Devo prendere da lei lezioni di self control; io in quei casi alzo la voce e la frase che mi viene spontanea è "figlio di puttana". Poi mollo la macchina in mezzo alla strada e mi rifugio nel primo negozio, col pericolo, ci puoi credere, che i "subumani" mi diano qualche raschiata alla vernice.
Ha ragione mamma quando dice: "La bassa forza, mia cara, va tenuta alla larga perché è capace di qualunque cosa. [...] "
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