Pochissimi sono i quadri d'arte religiosa dipinti da Manet. È fuor di dubbio che per l'esecuzione di questa tela due siano le opere dalle quali ha tratto l’ispirazione, una del Veronese e l'altra del pittore spagnolo Ribalta, che ha avuto occasione di vedere nelle “Storie dei pittori” di Charles Blanc (l'opera che Zola tiene in mano nel suo ritratto) e che evocano il medesimo tema.
Nel vedere questa tela, esposta al Salon del 1864, ognuno si lascia andare ai propri commenti. Mentre Courbet, a cui non piace molto la pittura di Manet, gli chiede “Hai visto gli angeli, per sapere se hanno il culo?”. Degas esclama con ammirazione: “In questo Cristo con gli angeli, vi è un disegno! E che trasparenza d'impasto! Ah briccone!”. I critici, invece, Théophile Gautier ad esempio — si scatenano denunciando la volgarità del corpo dipinto da Manet: “In lui la lividezza della morte si mischia a mezze tinte sozze, ad ombre sporche e nere che la resurrezione non potrà mai cancellare, ammesso che un cadavere in uno stato così avanzato possa risuscitare”.
La composizione della tela si situa in una piramide delimitata dai due angeli, sui due lati del Cristo, e dal lenzuolo sul quale è appoggiato. L'anno seguente, Manet riproporrà un tema religioso con Gesù Cristo insultato dai soldati, il cui successo non sarà superiore al precedente, e che scioccherà sia il pubblico, sia una critica piuttosto astiosa.