Il giovane pittore mette piede a terra il 13 giugno del 1849, dopo sette mesi di viaggio. Come previsto partecipa nuovamente al concorso della Scuola navale, ma viene bocciato per la seconda volta. Il padre, allora, è costretto a cedere e autorizza il figlio a realizzare il suo sogno: fare il pittore. Manet entra nell'atelier di Thomas Couture.
Tra Manet e Couture, arrogante e pieno di sé, che crede di essere il maggiore pittore vivente, mentre gli altri sono solo dei pittorucoli, i rapporti non sono facili.
Tanto più che Manet, come al solito, avrà sempre la risposta pronta e uno spiccato senso dell'ironia. Fin dal primo giorno si ribellerà al maestro e criticherà il suo gusto per l'accademismo. Fortunatamente, il Louvre è ancora aperto dopo le ore d'atelier e Manet vi si reca volentieri per copiare i quadri italiani, olandesi e fiamminghi. Diversi viaggi all'estero, finanziati dal padre, lo condurranno a visitare i musei, in Olanda nel 1852, poi, come ogni pittore che si rispetti, in Italia, dove poi ritornerà regolarmente, in Germania e nell’Europa centrale.
Oltre alla pittura, Manet ha anche altri interessi. A Parigi ha incontrato un'olandese di due anni più grande di lui, Suzanne Leenhoff, che dà lezioni di piano ai suoi fratelli. A soli diciassette anni, il giovane pittore s'innamorerà della ragazza che, nel 1852 metterà al mondo un bambino, Léon-Edouard Leenhoff, avuto certamente da Manet ma che quest'ultimo non riconoscerà mai ufficialmente. Tuttavia lo ritrarrà sovente, in vari stadi dell'infanzia.