CAPITOLO XV selezione di brani dal testo |
Renzo, con la mente annebbiata dalla
sbornia, è nella stanza dell'osteria della Luna piena,
sul punto di coricarsi e il furbo oste non è riuscito
ancora a cavargli di bocca nome e cognome. Il giovane paga in anticipo il conto e crolla addormentato. L'oste, da parte sua, si dirige immediatamente al palazzo di giustizia, per denunciare lo sprovveduto che ha parlato tanto e non ha voluto obbedire alla grida che vuole qualificati dai dati personali gli ospiti delle locande. |
Monologando fra sè sulle grida e sulla correttezza del
proprio comportamento, l'oste giunge alla sua meta e parla col
notaio preposto a queste faccende di Renzo, a proposito del
quale il sedicente compagno di strada e di cena Ambrogio Fusella, una
spia, ha già detto alle autorità il vero e inventato il falso.
I poliziotti sono alla ricerca di qualche colpevole da punire
esemplarmente per tutti. Il notaio rivolge domande insidiose
all'oste, il quale bada comunque a non compromettersi ed a non
mettere nei guai i suoi avventori.
All'alba, Renzo è svegliato dagli sbirri, che lo traggono
semisvestito giù dal letto.
Renzo, pur frastornato, presta orecchio ad un brusio che viene
dalla strada e capisce che il caso gioca a suo favore.
Il notaio, intanto, vuole convincere il giovane con il suo fare
paterno e fa il sollecito ed il gentile. Renzo, per niente
ingannato da quella commedia, mira a tirarla per le lunghe.
Mentre il giovane scende scortato in cucina, dopo essersi fatto
restituire i denari e la lettera di Padre Cristoforo dal
notaio, è ammanettato dalle guardie e portato in strada.
Un gemito di Renzo, a cui gli sbirri stringono le manette,
richiama l'attenzione della folla ed egli, pronto, dice che lo
portano in galera per aver gridato "Pane e giustizia".
Minacciati dalla gente, gli sbirri fuggono, il notaio si
allontana preso a male parole e Renzo di corsa si trae fuori dal
parapiglia.