IL CONTE DI CARMAGNOLA (1816-1819)

La tragedia Il Conte di Carmagnola venne scritta fra il 1816 ed il 1820.
Inevitabile è paragonare le tragedie di Manzoni con quelle dei suoi più illustri predecessori, Alfieri e
Monti.
Le differenze, oltrechè sostanziali, sono anche nella struttura dell'opera.
Manzoni si attiene al principio romantico che non prevede il rispetto, da parte del tragediografo, delle unità di tempo e di luogo.
Nella prefazione del
Conte di Carmagnola egli spiega nei dettagli le motivazioni che lo inducono a questa scelta, sottolineando che ritiene la regola delle unità inutile e dannosa.
Sullo stesso argomento Manzoni sarebbe tornato e si sarebbe più a lungo trattenuto nella
Lettera a Monsieur Chauvet, composta nel 1820 e pubblicata nel 1823.
Innovativo è anche il modo in cui Manzoni, nelle sue tragedie, si accosta alla storia, fino ad allora considerata solo un repertorio di spunti liberamente rielaborabili dallo scrittore, che può giocare con essa componendo e scomponendo, aggiungendo ed ampliando e, perchè no, anche stravolgendo i fatti, come spesso ha fatto l'Alfieri.
Intento di Manzoni è quello di rispettare invece per quanto possibile la verità storica. Per questo la nascita delle sue tragedie è preceduta da un lungo lavoro di studio e di analisi delle fonti.
Questo metodo di lavoro, seguito anche con i Promessi Sposi, è quello che determina il sorgere di opere storiche in parallelo a quelle poetiche e narrative.
Manzoni si attiene ai fatti, e quindi non interferisce con la sequenza degli eventi e con i personaggi, ma infonde nuova vitalità all'azione, esprimendosi attraverso i cori, che interrompono lo svolgersi dei fatti e che, "riserbando al poeta un cantuccio dov'egli possa parlare in persona propria, gli diminuiranno la tentazione d'introdursi nell'azione e di prestare ai personaggi i propri sentimenti, difetto dei più notati negli scrittori drammatici."
L'argomento de
Il Conte di Carmagnola deriva da un episodio della guerra tra Venezia e Milano che aveva avuto luogo nel primo Quattrocento.
Francesco Bussone, detto il Carmagnola, un capitano di ventura, era passato al servizio dei veneziani dopo aver militato per il duca di Milano ed aveva sconfitto a Maclodio, nel 1427, i suoi precedenti alleati.
Ma, secondo l'uso delle compagnie di ventura, aveva lasciato liberi i prigionieri ed era stato accusato per questa ragione di tradimento dai veneziani e infine condannato a morte.
Manzoni presuppone l'innocenza del Conte, così come lo studio dei fatti gli ha suggerito, e, adottando una prospettiva religiosa, incentra sulla persona dell'innocente ingiustamente condannato la prospettiva di una vita terrena in cui ogni cosa è provvisoria, ogni conquista labile ed ogni fortuna passibile di trasformarsi in una disgrazia per chi la possiede.
Il Conte, nella sua potenza e nella sua vittoria, sembrava inattaccabile, eppure il destino lo colpisce. E l'ironia della sorte sta nel fatto che anche gli uomini che lo condannano sono persuasi di essere nel giusto e non sono colpevoli, ma seguono soltanto le procedure previste dalla legge.
Al motivo etico ed alla riflessione religiosa si unisce in questa tragedia la meditazione sul triste destino degli stati italiani, perennemente in conflitto.