Vincenzo Monti

Monti è l'uomo di cultura in cui meglio si riflettono le contraddizioni e le crisi della società italiana, negli anni che videro il passaggio dalla rivoluzione francese alla egemonia napoleonica, fino alla Restaurazione.
Nato ad Alfonsine, in Romagna, nel 1754, nel ventennio che visse a Roma si immerse in un entusiasmo archeologico che ben corrispondeva alla fortuna del neoclassicismo e compose poesia celebrativa, lirica e anche epica (la "Basvilliana" venne da lui dedicata alla morte di Ugo di Basville, rappresentante della Francia rivoluzionaria ucciso a Roma nel 1793).
In questa fase le sue prove letterarie più riuscite si legano forse alla mitografia classica. Monti è infatti un poeta che tende a mediare la sua visione della realtà attraverso quella dei modelli classici.
Nella seconda fase della sua attività Monti si fece poeta giacobino e compose versi inneggianti ai miti della rivoluzione. Sono componimenti dal linguaggio aspro e teatrale che riflettono il momentaneo stato d'animo di gruppi rivoluzionari della società milanese.
Il poeta attraversò quindi un momento di tendenze moderate, contraddistinto dalla stesura della tragedia "Caio Gracco", ispirata alla vita di Plutarco.
In questo lavoro si schierò a favore del progresso democratico, ma si pronunciò anche contro la violenza della demagogia libertaria.
Anche la "Mascheroniana", scritta in morte del matematico e poeta Mascheroni, denuncia certi aspetti confusionari e facinorosi della vita politica milanese.
A Napoleone Monti dedicò vari componimenti, fra cui "Il bardo della Selva nera" e "La spada di Federico II", in cui manifesta un sincero sentimento di ammirazione per il grande soldato, accompagnato, nella forma, dalle prime sperimentazioni di gusto romantico.
Nella sua ultima fase creativa Monti perde gradualmente la sua tendenza alla poesia encomiastica, per avvicinarsi ad una vena più intima e raccolta.
Sono di questa fase la poesia "Nel giorno onomastico della sua donna" e il poema di evasione "Feroniade".
Il poeta, famoso oggi soprattutto per le sue traduzioni dal greco, fra cui quella dell'"Iliade", che ebbe eccezionale fortuna, morì a Milano nel 1828.
Nella polemica classico-romantica, pur non essendo contrario a molte istanze dei romantici, si schierò a favore del classicismo.
Difese i valori della lingua letteraria contro alcuni esponenti del
Caffè, che si erano pronunciati in favore dell'uso di una lingua lombarda.
Scrisse nel periodo fra il 1817 ed il 1820 la "Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca".


L'eredità illuminista ed i modelli letterari