IL LINGUAGGIO |
"La ricerca di un proprio linguaggio narrativo non si
presentava all'autore dei Promessi Sposi
sotto il segno dell'astrazione. Non si trattava di inventare, o ,
in senso più concreto, liberare una forma di linguaggio di
predeterminata struttura letteraria, bensì di entrare in
possesso di una vastissima gamma di possibilità espressive che
consentissero la piena assunzione in poesia delle varie
"occasioni" narrative. Ad esempio: il paesaggio, oppure
il ritratto psicologico, o anche la vicenda storica.
Per il paesaggio il Manzoni ha bisogno di un linguaggio altamente
liricizzato, ma di un lirismo segreto e quasi spezzato da
continue inframmettenze analitiche ("la luna, in un canto,
pallida e senza raggio, pure spiccava nel campo immenso d'un
bigio ceruleo, che, giù giù verso l'oriente, s'andava sfumando
leggermente in un giallo roseo");
e le minute cose descritte con così riposata cura vibreranno di
un rattenuto lirismo che a tratti si scopre purissimo.
Nel ritratto psicologico il linguaggio si "slirica" del
tutto, accogliendo una tonalità fondamentalmente riflessiva e
intima, la quale vuole di proposito tenersi lontana da ogni
inflessione appena appena realistica; la parola di questo
linguaggio tradirà l'equidistanza tra lirismo e realismo, tra
termini di limpida natura poetico-letteraria e vocaboli
caratterizzati (...); e la complessa impostazione morale
dell'Innominato conoscerà una sua forma di comunicativa col
lettore attraverso una misurata utilizzazione di termini
introspettivamente caratteristici e di immagini assai più morali
che visive.
Per converso, la narrazione storica è sorretta da un'esperienza
formale di tipo classicistico ma in quell'austera vibrazione
moralistica e in quel sereno vigore espositivo e critico che
nascevano dalla familiarità con le opere della storiografia
antica e dal lungo lavoro di preparazione alle tragedie (...). Il
linguaggio dei Promessi Sposi è, dunque,
piuttosto un coro, un concerto di linguaggi, e le leggi d'armonia
che regolano un siffatto contrappunto stilistico, vengono spesso
ricondotte in una dimensione modesta per tramite di quei
"cantucci", di quelle pause discrete e sorridenti, di
quegli ironici incisi, che graduano il paesaggio da una tonalità
stilistica all'altra in modo da evitare eccessi e sfasature.
Questa sapiente graduazione di tonalità è soprattutto
necessaria al Manzoni in quei momenti del romanzo dove si
fronteggiano situazioni e personaggi diversissimi (ad esempio nel
cap.XXIII
allorchè si trovano nella stessa stanza tre uomini, tre mondi
diversi come il Cardinale, l'Innominato e Don Abbondio; o nel cap.XIII, la scena
della sommossa, ricca di elementi così vari, dal tragico al
pittoresco, allo scherzoso, al meditativo), me è sempre in opera
nel dialogo. Studiare il dialogo è, quindi, occasione peculiare
per conoscere tutta la compagine stilistica dei Promessi
Sposi, e conoscerla non in stasi ma in
movimento." (Giorgio Petrocchi, da "La tecnica
manzoniana del dialogo")