Manzoni intervenne a suo modo nella polemica
classico-romantica con una lettera intitolata Sul
Romanticismo e scritta al Cesare D'Azeglio, che venne
però pubblicata molto in ritardo rispetto al momento in cui
ferveva la discussione fra i letterati italiani. Lo scritto
apparve infatti dopo il 1823, anno in cui venne composto.
In questa lettera Manzoni distingueva fra ciò che il
Romanticismo rifiutava e ciò che il Romanticismo proponeva.
Naturalmente, essendo un movimento fondato sulla indipendenza
dello scrittore dai canoni, era più semplice dire quanto esso
negava che quanto veniva da esso accettato.
Negava l'uso della mitologia, l'imitazione passiva dei classici,
l'applicazione delle unità di tempo e di luogo nel teatro.
Manzoni discusse gli spunti polemici del nuovo movimento
letterario considerando con ponderatezza e serenità le esigenze
della letteratura italiana e partendo dal presupposto della
identità fra "bello" e "vero".
Lo scrittore, da parte sua, condivideva il rifiuto dell'uso della
mitologia, anche per la considerazione che l'arte non doveva
essere privilegio di un gruppo di colti iniziati, chiusi in un
aristocratico isolamento, ma doveva invece rappresentare una
fonte di insegnamento per il vasto pubblico.
Quanto al problema dell'imitazione, riconosceva la validità
dello studio dei classici e l'importanza che lo scrittore si
formasse sui loro canoni, conformi alla cultura italiana ed
entrati nella nostra tradizione, ma non accettava, così come non
l'accettavano i romantici, la loro imitazione acritica e passiva.
Anche Manzoni rifiutava, concordemente con i romantici, le regole
dell'unità di tempo e di luogo nel teatro, ma esponeva le
ragioni di questo rifiuto con grande moderazione, dimostrando che
il movimento romantico non aboliva nelle cose letterarie ogni
regola, ma, lungi dall'identificare il bello con il disordinato,
si opponeva soltanto alle leggi arbitrarie.
Per quello che attiene alle asserzioni positive dei romantici,
esse consistevano essenzialmente, secondo l'analisi del Manzoni,
nell'accogliere il vero come oggetto della poesia e nel servirsi
dell'interesse come mezzo per comunicarlo ai lettori.
Particolarmente importanti sono due asserzioni che egli fa nella
"Lettera". Innanzitutto precisa, nell'esordio, che il
termine "Romanticismo" ha nei vari paesi connotazioni
differenti, che, anzi, possono addirittura modificarsi
nell'ambito della stessa nazione.
Poi controbatte quanti sostengono che le idee romantiche sono in
realtà cose già sentite e già sperimentate dagli autori della
nostra letteratura.
Sottolinea invece il portato di idee nuove ed originali del
Romanticismo, che non consiste tanto in questa o quella
particolare asserzione, ma nel "sistema" che tutte le
idee riunisce ed organizza.