DELL'INVENZIONE

Il dialogo Dell'Invenzione risale al 1850 e subisce l'influsso delle idee del Rosmini. In esso Manzoni nega che l'artista possa creare autonomamente il proprio oggetto di scrittura. Infatti, oggetto dell'arte non sono le cose, che ciascuno può combinare a proprio piacimento, ma le idee, che hanno una propria esistenza assoluta e che l'artista può solo trovare ("Invenire") e non creare.
Egli deve cercarle, ma è affidato all'ispirazione divina che egli le trovi o non le trovi.
Il "vero" dell'oggetto trovato consiste nel fatto che esso porta su di sè i segni della ricerca e quelli dell'ispirazione. Quest'ultima è sempre, per l'artista, dramma e, insieme, certezza.

 

Dal dialogo "Dell'invenzione"

SECONDO
Ma era dunque un'altra insidia?

PRIMO
Sono le care insidie della verità. E insidie proprio nel senso primitìvo della parola; perché la verità, quando si vuole scacciarla fuori dalla mente, ci s'appiatta, insidet, finché venga l'occasione di saltar fuori. Ma sempre per far del bene: come vedete che ha fatto ora, col mantenere a quel povero artista la sua idea, indecomposta e indecomponibile, come dianzi immutata e immutabile.

SECONDO
Prima che mi ci cogliate un'altra volta!

PRIMO
Ogni volta che in un'idea vorrete trovare le condizioni delle cose reali, siate pur certo che ci rimarrete colto. Sicché dipende da voi. Il tutto sta nell'intendere che l'idee non sono cose. Ma, come sapete, :il peggio passo che sia è sempre quello dell'uscio. Lo so per esperienza, vi dico. Intanto potete convincervi che quella vostra osservazione - l'artista non avrebbe potuto ideare il suo fiore se non avesse mai visto fiori, o almeno forme corporee - non conclude nulla: al nostro proposito speciale, s'intende; ché, alla teoria della cognizione, eccome conclude Ma al nostro proposito speciale non conclude, perché noi non cerchiamo quali siano gli antecedenti necessari affinché l'artista potesse ottener l'idea di quel fiore possibile; cercavamo se questa avesse avuto origine da un'operazione dell'artista, e, in questo momento, da una sua composizione. E l'esperimento ci ha detto di no.

SECONDO
Però, dicendo -fiore possibile-, supponiamo che potrebbe esistere realmente. E allora non sarebbe composto?

PRIMO
E che perciò? Vorreste forse dire che l'idea di esso sarebbe meno semplice? Siamo ancora al di qua dell'uscio. Non è per essere idea d'un meramente possibile o d'un reale, d'un semplice o d'un composto, che l'idea è semplice; è per essere idea. Il botanico che decompone realmente un fiore reale, per acquistarne un'idea più compita, e accompagna, anzi dirige coi pensiero la sua operazione materiale, sarebbe accomodato bene se, volendo paragonare la nova e più ricca idea con l'anteriore, questa non la trovasse più, perché fosse stata fatta in pezzi, e sparpagliata qua e là, insieme col fiore reale. Eh via! ingrato che siete. In vece di negare all'idea il suoi innegabili attributi, dovreste ringraziarla inginocchioni, che, rimanendovi presente, nella sua immortale semplicità, vi dia il mezzo, l'unico mezzo di riconoscere, in tanti pezzetti di materia, le parti d'un tutto che non è più. Anzi l'unico mezzo per poter dire a voi stesso: ho notomizzato un fiore.


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