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(    Estratto dalla rivista ARPA - n. 15    )

L'anti-utopia di Orwell.

Tra il 1935 e il '40, sotto la minaccia della guerra, del fascismo, e dei grandi sconvolgimenti sociali, molti romanzieri inglesi distolsero la loro attenzione dallo studio della psicologia e dei sentimenti umani, per esaminare problemi sociali e politico-morali.
All'interno di questa produzione a carattere sociale, l'opera di Eric Blair, alias George Orwell, resta al di sopra di qualsiasi ideologia, documentando con lucidità ossessiva le realtà politiche e sociali dell'epoca.
Gli scritti autobiografici, per esempio "Down and out in London and Paris" ("Senza un soldo a Parigi e a Londra"), "The road to Wigan Pier" ("La strada per Wigan Pier"), e anche, direi, "Homage to Catalonia" ("Omaggio alla Catalogna", pubblicato postumo), evidenziano scomode verità che sia i conservatori sia i progressisti preferivano ignorare.
Queste opere sono caratterizzate dalla stessa onestà che contraddistinse l'esistenza dello scrittore: egli infatti preferì sempre osservare sul posto e documentarsi di persona sulle vergogne che avrebbe denunciato nei propri scritti.
Anche nei suoi romanzi riconosciamo tale temperamento: "Keep the aspidistra flying" ("Fiorirà l'aspidistra", del '36) narra con feroce arcasmo la storia di un tentativo di sfuggire alla corsa frenetica verso il denaro, tentativo fallito, che si concluderà col protagonista preso in trappola e finalmente sereno e soddisfatto.

"Animal farm", una delle opere più famose di Orwell, è un'allegoria politica dove lo scrittore ci mostra come una rivoluzione riuscita finisca per tradire gli idealisti che l'avevano attuata. Per descrivere la scalata al potere dei sadici, dei corrotti e dei profittatori, l'autore si avvale di personaggi animali. É naturale pensare che egli, scrivendo il romanzo, facesse riferimento soprattutto alla Russia e a Stalin. Nello stesso tempo, però, il libro si pone come allegoria universale sulle rivoluzioni, sugli uomini che le attuano e su coloro che ne approfittano.
Col passare del tempo lo scrittore divenne sempre più consapevole della vulnerabilità della sinistra al tradimento da parte dei suoi avversari, qualora essi si servano del suo stesso linguaggio.
"1984", pubblicato nel 1949, potrebbe sembrare un'opera derivata dagli incubi di una mente sconvolta: è una sorta di anti-utopia, in cui lo scrittore descrive con masochistica minuzia la distruzione di ogni valore umano, in una società futura che esiste solo per "stampare" individui e mantenere in vita il meccanismo creato per fabbricarli con diabolica perfezione. La società rappresentata usa sempre, tuttavia, le formule propagandistiche della sinistra: l'incubo gli appare perciò tanto più terribile in quanto tale mondo futuro risulta il prodotto finale di una società non fascista ma socialista.
Orwell aveva infatti la chiara consapevolezza che la distruzione totale di ogni sentimento umano potesse prendere l'avvio da ogni luogo, anzi, soprattutto da quella parte in cui meno la si aspettava. Lo scrittore stesso era socialista, di più, trotskista, ma questo non gli impedì mai di disprezzare i luoghi comuni, le semplificazioni demagogiche, gli slogans mistificatori di tutti i partiti progressisti.

Paco SIMONE

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