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( Estratto dalla rivista ARPA - n. 14 )
Ars tua, vita mea
L'elaborazione concettuale di una città ideale, utopica, è un fenomeno tipicamente rinascimentale.
La prima proposta urbanistica è quella del Filarete, compresa nel "Trattato di Architettura": La Sforzinda, o città dedicata dall'autore a Francesco Sforza, aveva pianta stellare ad otto punte - secondo uno schema cosmologico medievale - e doveva organizzarsi secondo una distribuzione gerarchica degli edifici, basata su un sistema radiocentrico. In parole povere, oggi non è cambiato niente, se pensiamo che una casa in centro ha maggior valore di un'abitazione in periferia.
Vent'anni dopo, anche Leon Battista Alberti sviluppa il tema urbanistico - "De re aedificatoria", 1485 -, che però resta senza realizzazione pratica. Medesima è la differenziazione gerarchica.
Ma è con Francesco di Giorgio Martini - tra l'altro probabile autore delle vedute della Città Ideale - che la geometrizzazione teorica della città riceve un importante contributo. Secondo lui, la città dev'essere tracciata "a guisa del corpo umano", avendo cioé alla base un modulo antropomorfo. L'immagine riprodotta a fianco rappresenta uno studio di proporzioni per una cattedrale, pubblicato nel "Trattato di Architettura civile e militare" (1481).
Sul finire del '400 Leonardo avanza le sue proposte urbanistiche "ideali", incentrate su due aspetti principali: il primo riguarda la strutturazione a scacchiera della città, in cui è lasciato grande spazio alle vie di comunicazione idriche; il secondo, invece, concerne il decentramento della popolazione, realizzabile attraverso piccoli nuclei urbani. Come a dire che le città-satellite sono state teorizzate molto prima di quanto comunemente si pensi.
Scorrendo il secolo successivo vediamo come molti trattati si occupino del problema della città ideale, perdendo però i significati simbolici quattrocenteschi, per limitarsi a formulazioni grafiche progettuali, di maniera.
Tra questi spiccano i progetti del Peruzzi, del Cordiani, allievo di Bramante, e di Fra Giocondo, che elabora una soluzione a planimetria circolare, circondata da due cinta murarie concentriche. Dalla piazza centrale si diparte a raggiera il reticolo stradale.
Nella seconda metà del Cinquecento compaiono poi nuove preoccupazioni sociali e civili, riflesso della trattatistica politica. Nei "Quattro libri dell'architettura" di Pietro Cataneo l'aspetto nuovo è dato dalla casistica dei tipi di edifici civili e religiosi, che rileva un nuovo interesse per il problema sociale.
Alla fine del secolo quest'aspetto diviene ancora più evidente e viene attuata una scissione tra architettura civile e militare: nell' "Architettura militare" di Francesco De Marchi, l'architetto urbanista collabora ormai con una vera e propria équipe di tecnici (medici, igienisti, ingegneri, tecnici di materie agrarie, astrologi).
L'ultimo trattato cinquecentesco è quello di Giorgio Vasari il Giovane, "Nella città ideale".
Nei secoli successivi al '500, il problema della città, visto come alternativa fantastica ad una certa realtà da modificare, perde di consistenza. Le proposte successive riguardano ormai la storia dell'urbanistica.
(...continua...)
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