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LA CODA DEL DRAGO
di: Loris Dalla Rosa

Di fatto, intorno all'anno 1550, la conquista spagnola dell'America Latina era già consolidata e Magellano aveva da tempo dimostrato, in modo tragico e definitivo, la sfericità della Terra. Nello stemma di Carlo V le Colonne d'Ercole affiancavano l' aquila bicipite e il motto "Plus ultra", che la sovrastava, più che un ambizioso imperativo, esprimeva ormai l'orgogliosa certezza dell'impero universale, sul quale realmente non tramontava mai il sole.

Fedele al suo imperatore, alla sua sincera fede cattolica e al motto "Ir a valer mas en las Indias", proprio della sua condizione di hidalgo, Diego Fernandez era giunto a Ciudad de los Reyes, nella Nuova Castiglia, con un pugno di uomini bene armati, un rappresentante della finanza reale e un frate domenicano al seguito. Dopo il fallito tentativo di Diego de Almagro, Fernandez unì il suo contingente alle forze di Pedro de Valdivia, lanciate alla conquista del Cile. Dilagati nel Sud-Ovest del continente, fu quando sulle alture andine incontrarono le ultime tenaci resistenze che le forze si divisero e Fernandez puntò ancora più a Sud, verso l'interno. Avanzarono per sei giorni, finchè i mastini fiutarono la presenza degli indios, un villaggio di non più di duecento Araucani, in una vasta radura ai limiti di una foresta di conifere. Li sorpresero all' alba del giorno seguente, travolsero le difese improvvisate, bruciarono molte capanne, ma dovettero lottare a lungo, prima di avere ragione del gruppo di guerrieri più tenaci, che si fecero trucidare ma non si arresero. Quando il villaggio fu in loro possesso, penetrarono nelle capanne superstiti, ne estrassero vecchi, donne e bambini, che concentrarono tutti al centro dell'abitato, al cospetto di Fernandez e del frate con la grande croce in mano. Furono trascinati lì anche un vecchio, che dalle vesti doveva essere il capo, e una giovane donna che pareva essere sua figlia. Ortiz, il frate domenicano, mostrò la croce, disse alcune parole in latino, Fernandez li fece inginocchiare a forza e quegli omuncoli conobbero, per la prima volta, la luce della redenzione. Poi i soldati si diedero alla razzia, allestirono banchetti, scacciarono l'odore del sangue con quello del vino, si presero le donne. Fernandez, per assicurarsi la sottomissione e infondere il timore di Dio in quella gente ostinata, incatenò il vecchio capo, fece preparare la graticola e quella notte prese la giovane donna, tra i lamenti del padre agonizzante, che si udivano per tutto il villaggio. Fernandez ottenne il suo scopo e gli indios si dimostrarono presto rassegnati e domi, così potè iniziare l'opera di cristianizzazione. Fece costruire una chiesa, fuse il bronzo di un cannone ricavandone una campana, ricostruì il villaggio con criteri razionali. Chiamò il paese San Sebastian, fece battezzare in massa quei selvaggi e finalmente essi assunsero, ai suoi occhi, le sembianze umane. La sua donna, dopo qualche mese, pareva aver dimenticato l'assassinio del padre e si rivelò ubbidiente e remissiva, dimostrò un'intelligenza pronta e vivace, imparò presto la sua lingua, ed egli la chiamò Isabel e la elevò al rango di moglie. Col tempo la presenza di donna Isabel al suo fianco divenne preziosa. Lei, appena la padronanza della lingua lo permise, gli parlò a lungo della sua gente, gli raccontò delle antiche credenze degli Araucani, gli svelò il mistero della loro apparente rassegnazione e del coraggio dei loro guerrieri. Gli spiegò che, secondo il loro atavico animismo, ognuno aveva dentro di sè un suo doppio, che, al momento della morte, andava ad abitare nella foresta; in essa avrebbe dimenticato la sua vita precedente e di lì, un giorno, sarebbe ritornato per viverla di nuovo. Gli parlò di questo e di molti altri segreti di quei luoghi. Ma quella terra, oltre alla coltura delle menti, di pochi cereali e all'allevamento degli alpaca, non offriva molte possibilità di sviluppo ed era avara di metalli preziosi. Allora in Fernandez si risvegliò la sete di avventura e di conquista, decise di penetrare e sottomettere i luoghi misteriosi al di là della Cordigliera, per la maggior gloria di Dio e del suo Imperatore.

Affidò temporaneamente i suoi diritti di signoria direttamente al rappresentante dell' hacienda real e, con metà dei suoi uomini, donna Isabel e il frate Ortiz, puntò audacemente ad Est, scavalcando la Cordigliera in un punto relativamente accessibile. Penetrò nelle vallate impervie, perse quattro uomini e sette cavalli nei dirupi scoscesi, dovette abbandonare i due cannoni. Ma non trovò altre ostilità, oltre a quelle naturali dei luoghi, e giunse sul versante opposto della catena montuosa, poco più a Sud del Neuquén, agli inizi di giugno. Pose l' accampamento sulla riva destra del fiume e mandò esploratori a perlustrare i dintorni. Nella sua tenda Fernandez fece il punto della situazione. La carta nautica, di cui disponeva, non era certo precisa e nemmeno aggiornata alle ultime scoperte di Magellano. Su di essa erano tracciate, in modo sufficientemente rigoroso, le coste occidentali del continente fin sotto l'odierna Santiago, ma ad Est il tratto scendeva sottile e impreciso e si fermava all'altezza di Buenos Aires. Vuoto l'interno dei territori, ben evidenziata, invece, la maggior parte della catena andina, con disegno a rilievo, che faceva assomigliare il tutto all'enorme spina dorsale di un drago, dalle proporzioni ancora indefinite. Del resto la mente di Fernandez non era ancora sgombra dai fantasmi del passato, cosicchè le suggestioni di un Medioevo ancora recente, i suoi terrori, i suoi miti e le sue nebbie, non gli consentivano una visione limpida nè del mondo nè dell'universo. Sapeva quello che indicava la carta, un immenso continente tra l' Atlantico e il Pacifico, ma non sapeva quanto ancora si estendesse a Sud e come si configurasse al di sotto di Buones Aires. Immaginò un territorio ancora immenso, interminabili terre di conquista, innumerevoli pianure fertili e specie d'animali e piante, montagne ricche d'oro e d'argento, climi vari, popoli diversi e numerosi, da assoggettare all'Impero santo e universale. D’altra parte l'imprecisione degli strumenti gli avevano segnalato una longitudine inesatta ed egli credette di avere percorso, verso Est, molte più miglia di quante fossero in realtà. Lì, dunque, sarebbe sorto un nuovo stato, decise che si sarebbe chiamato Nuevo Horizonte e cominciò scrivendo quel nome sulla carta.

Quando tornarono gli esploratori, gli riferirono di un territorio disabitato e brullo, assai peggiore di quello che avevano lasciato. Quella notte donna Isabel, intuendo le sue speranze e i suoi timori, gli ricordò le antiche credenze della sua gente e, parlando per enigmi, gli disse ciò che ancora non sapeva. Dopo la morte l' anima si rifugiava nella foresta dell' oblio, per quanto tempo non si sapeva ancora, ma i segni sarebbero stati chiari. Un grosso e lungo serpente sarebbe giunto dal mare e la terra avrebbe tremato al suo passaggio; terribile e vorace avrebbe divorato tutti gli animali sul suo cammino, fino all'ultimo alpaca. Allora il condor sarebbe volato in cerchi sempre più alti, ma lui l'avrebbe raggiunto nel nido e stritolato tra le sue poderose mascelle. Ma, alla fine, spinto dalla sua insaziabile fame e non avendo più nulla da mangiare, si sarebbe avvolto nelle sue spire, avrebbe ingoiato la sua coda e divorato se stesso. Solo allora le anime della foresta sarebbero tornate allo scoperto, totalmente immemori della vita precedente, e la terra si sarebbe ripopolata di uomini, di condor e di alpaca, e tutto sarebbe ricominciato, in un nuovo ciclo di vita e di morte.

Di tutte le superstizioni sentite, dal serpente piumato degli Aztechi in poi, questa a Fernandez sembrò la più balorda e rise a crepapelle, alla fine del racconto. Ma donna Isabel lo guardava seria e con uno strano scintillio negli occhi. Allora lui le chiese perchè non ridesse di quelle sciocchezze e, irritato dal suo ostinato silenzio, dovette picchiarla per ricondurla alla ragione.

Il giorno seguente Fernandez decise che il fiume era un ottimo confine naturale tra il già noto e gli immensi territori ignoti. Tracciò approssimativamente sulla carta il passaggio tra i monti appena percorso e proseguì lungo la riva destra del fiume. Per lunghe settimane seguirono il Rio Negro, discesero le balze di un paesaggio desolato ed arido, senza incontrare anima viva. Infine giunsero alla foce del fiume, al brusco scalino della costa. Allora Fernandez piegò a Sud, verso il cuore dell' inverno e il deserto freddo della Patagonia, lungo le coste alte e senza approdo, tra ciottoli ed aride sterpaglie. Uccisero i maiali e finirono le scorte di cibo, si cibarono della carne insolita dei nandù, non incontrarono nessuno, se non la molesta curiosità del guanaco. Ad Ortiz, che gli chiese con cautela se non era il caso di tornare indietro, rispose con un secco e semplice "plus ultra!", nè lo sfiorò mai il sospetto che i rozzi miti araucani fossero, in sostanza, assai più adeguati dei suoi alla realtà del mondo come andava delineandosi. La verità è che lui, e l' Impero stesso, altro non erano se non quel cieco e interminabile andare oltre. Poi finirono anche i pascoli magri e il freddo si fece più pungente, guadarono fiumi sempre più rapidi e meno navigabili. Allora Fernandez capì che la terra si restringeva, che erano sulla coda del drago, e fu come se crollasse l' orizzonte. Sulla carta tracciò con rabbia la linea che doveva chiudere il continente e, deluso e amareggiato, si rassegnò a tornare verso Nord, piegando verso la Cordigliera. Ripresero a salire e a guadare i fiumi. In uno di questi Fernandez rischiò la vita, lo salvarono, ma perse la carta nautica e i suoi strumenti di rilevazione. Procedettero per molti giorni, orientandosi alla meglio, a marce forzate per sfuggire al freddo e ai confini del mondo. Ortiz cercò di consolare gli animi, di restituire un senso alle loro sofferenze e alla folle impresa; ma anch' egli non poteva nascondere lo sconforto e le sue parole non sapevano dissimulare l' orrore di quelle lande desolate e si perdevano vuote, nel vento freddo che spirava dal Nadir del mondo. La loro fame aumentò, non più placata dai pochi guanacos che incontravano lungo il cammino e dovettero mangiare ad uno ad uno i loro cavalli.

Era di nuovo primavera, quando Fernandez decise di scavalcare al più presto le Ande, contro il parere di donna Isabel, che consigliava di ritrovare il valico da cui erano arrivati. Imboccarono una valle larga e in apparenza agibile, la risalirono per due giorni, salendo in quota fino al confine delle nevi, ma all'improvviso essa si chiuse in un imbuto senza via d'uscita e dovettero tornare indietro. All'imbocco della valle qualcosa di nuovo doveva essere avvenuto, perchè i mastini superstiti, che guidavano l'avanguardia, fiutarono qualcosa e in essi nuova inquietudine si aggiunse a quella ormai abituale della fame. Fernandez si fermò e mandò esploratori: selvaggi sconosciuti, un piccolo gruppo di cacciatori nomadi, si erano accampati poco più a Nord della valle, una decina in tutto. Prepararono le armi e si avvicinarono alle rozze capanne, fatte di pelli stese sulle lance infisse nel terreno. Attaccarono all'improvviso, quando i selvaggi erano in cerchio attorno al fuoco, li massacrarono tutti e diedero i corpi in pasto ai cani. Proseguirono verso Nord ancora per una settimana e, infine, donna Isabel riconobbe il valico. Si fermarono tre giorni all'imbocco della valle, per riprendere le forze prima di affrontare le montagne, poi Ortiz benedì quelle terre inospitali, Fernandez piantò una lancia e una bandiera, in segno di possesso di quell' ultima contrada, in nome del Papa e dell' Imperatore, e iniziarono a valicare le Ande.

Erano ormai giunti sul versante del Pacifico e già vedevano, in basso, la foresta oltre la quale sorgeva il loro villaggio, quando tra i soldati si diffuse un malessere fisico generale, accompagnato da chiazze rosse sparse per tutto il corpo, sintomo di una malattia che non seppero identificare. Dovettero fermarsi e si accamparono in prossimità della foresta. Si ammalò anche donna Isabel e la assalì una febbre ostinata, che a poco a poco le rubò le forze. Ma, mentre la forte fibra degli uomini debellò la malattia in una settimana, il corpo di Isabel, non avvezzo a quel morbo straniero, non riusciva a reagire. Fernandez volle attendere ancora qualche giorno e parlò con lei come non aveva mai fatto, con un senso di rassegnazione. Le parlò della sua amarezza, le disse che ormai non c' era più senso a rimanere lì, che l' avrebbe portata in Spagna, attraverso mari a lei sconosciuti e in terre meravigliose che non aveva mai visto, che avrebbe voluto dei figli da lei. Ma Isabel, che conosceva il marito più di quanto Fernandez conoscesse se stesso, rispose, con gli occhi lucidi di febbre, che ormai il tempo del serpente era venuto, che non serviva cercare nuove terre, quando le antiche sarebbero apparse come nuove. Fernandez non si adirò per quel rifiuto, perchè lo attribuì al delirio della febbre, ma sospettò che lei non lo avesse mai veramente amato, che non gli avesse mai perdonato la morte del padre, che avesse nascosto, ma mai rinnegato, la sua profonda radice selvaggia. E provò risentimento e un senso di distacco verso quella donna, che non dimostrava riconoscenza nei confronti di chi l' aveva presa per moglie, elevata al suo livello, strappata a una condizione inumana.

Intanto gli uomini, risanati e rinfrancati, mordevano il freno, pronti a ripartire. Fernandez li mise sull'avviso, avrebbero affrontato la foresta l' indomani all'alba. Essi gioirono, fecero i primi preparativi, l'inventario delle munizioni, pulirono le armi, come prima di tante altre spedizioni. Quando, verso le quattro del pomeriggio, la terra fu scossa da un movimento tellurico. Non forte, un lungo brivido che spaventò i cani, fece sussultare gli uomini, che riposavano sulla coda del drago, e il condor fuggì più in alto, con un volo a spirale. Poi gli uomini tornarono a ridere, a provocarsi in rudi giochi di forza, come rozzi adolescenti smaniosi di misurarsi tra di loro. Allora Isabel volle alzarsi e si allontanò dall' accampamento per un certo tempo. La sera volle preparare di persona la cena per il marito, nonostante la febbre le divorasse le forze. Arrostì l' ultimo pezzo di guanaco e lo servì con gli strani funghi che aveva raccolto vicino all' accampamento. Così Fernandez, dopo cena, piombò in un sonno profondo e quieto, simile alla morte, e donna Isabel uscì dalla tenda, eluse la sorveglianza della sentinella e, con le ultime forze, si incamminò lentamente, verso la foresta dell'oblio.

L'indomani all'alba Fernandez diede l'allarme. La cercarono per un paio d' ore, inutilmente. Allora Fernandez si sentì tradito, fu invaso da un furore distruttivo, se la prese con Antonio, la sentinella, accusandolo di essersi addormentato, lo strangolò con le sue mani. Poi si placò, in una calma triste e rassegnata, e diede l'ordine di ripartire. Penetrarono nella foresta degli spiriti araucani, senza più cibo e sogni di conquista. Rischiarono di perdere l'orientamento e, forse per la fame e la lunga dieta squilibrata, la foresta si popolò di strani fruscii, di ombre misteriose, di presenze inquiete; tanto che che le loro menti cominciarono a vacillare, persero il controllo dei nervi e, procedendo a raggiera, spesso uno sussultava all'apparire improvviso di un compagno e rischiavano di spararsi addosso l'un l'altro. E infine li prese un'insensata euforia, gettarono il cuore al di là della paura, le menti si esaltarono in un delirio collettivo, e si compì la profezia di Isabel, nel cuore dell'inferno verde. Ne furono fuori la mattina del terzo giorno e ai loro occhi si aprì improvviso un orizzonte nuovo, ampi territori di conquista e, davanti a loro, un villaggio straniero in una vasta radura. Nel delirio di Fernandez doveva trattarsi, dalla chiesa che si intravvedeva, di un insediamento portoghese o, forse, del dominio di qualche avventuriero sfuggito al controllo della Corona, posto all'inizio di territori sconosciuti, chissà quanto ampi. Allora il serpente si divorò la coda e Fernandez ritrovò se stesso, il suo coraggio e la sua innata crudeltà. Attaccarono il villaggio di sorpresa e nessuno riconobbe i vecchi compagni d'armi, nè questi ultimi riconobbero loro. La battaglia fu dura e cruenta, ma alla fine Fernandez prevalse, fece passare a fil di spada i soldati nemici che si erano arresi, bruciò le case e lasciò in piedi solo la chiesa. Poi Ortiz benedì le ceneri e Fernandez annunciò, ai pochi indios superstiti, che lì sarebbe sorto un nuovo villaggio, fedele al Papa e all' Imperatore. E lo chiamò San Sebastian.

Loris Dalla Rosa

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