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(    Estratto dalla rivista ARPA - n. 7    )

Le tre rivoluzioni.

Ovvero quelle che hanno modificato profondamente il mondo della comunicazione: la rivoluzione chirografica (dal greco kheir = mano + graphon = scritto), avvenuta nel quarto millennio a.C.; la rivoluzione gutenberghiana, verso la metà del quindicesimo secolo, con l'avvento della stampa; la rivoluzione elettrica ed elettronica, la più recente, che annovera invenzioni come il telegrafo, la radio, la televisione.

Negli ultimi sei millenni si sono quindi distinti quattro tipi di cultura: la forma più antica è la cultura orale, seguita poi dalla cultura manoscritta, dalla cultura tipografica e infine da quella dei media elettrici ed elettronici.

3 - La cultura tipografica

Il libro dei libri, la Bibbia, di cui si è parlato nel numero precedente, fu presumibilmente la prima opera ad essere stampata, con la tecnica dei caratteri mobili di Gutenberg.
La storia della tipografia ha inizio a Magonza, verso la metà del Quattrocento, quando un orefice, Johannes Gensfleisch, cominciò a fare i primi tentativi di stampa, utilizzando un comune torchio a vite, un inchiostro tratto dall'olio di lino e una serie di caratteri mobili, che aveva ottenuto dalla fusione a ripetizione di piombo fuso in una matrice.
Quando ebbe trovato le leghe della durezza giusta, ma sopratutto i finanziamenti - da Johannes Fust, ricco avvocato - Gensfleisch, alias Gutenberg, stabilì non solo il principio della stampa tipografica ma introdusse anche in Europa la teoria dei "pezzi intercambiabili", alle basi della moderna produzione in serie. Ma il destino non fu subito benevolo con l'invenzione della stampa: nel 1455 Fust chiese a Gutenberg la restituzione della somma prestata, più gli interessi. Non potendo restituire il denaro, dovette consegnare gran parte dei torchi e dei caratteri della sua bottega.
Fust si associò allora con Peter Schoeffer, uno studente apprendista da Gutenberg. Andando via, si portò anche una dozzina di Bibbie stampate, che Fust cercò di rivendere alla Sorbona. Ma la potente corporazione del libro di Parigi - la Confriere des Librares, Relieus, Enlumineurs, Ecrivains et Parcheminiers - preoccupati da un intruso che possedeva una simile straordinaria abbondanza di libri preziosi, avvertirono la polizia, considerando che soltanto il diavolo in persona poteva possedere quel tesoro, e Fust fu costretto a scappare per salvare la pelle.

La censura, che pure era in auge con la cultura manoscritta (i filosofi furono i primi a farne le spese), rimase tuttavia un fenomeno molto ridotto fino all'invenzione della stampa, quando la tipografia si rivela strumento capace di influenzare massicciamente l'opinione pubblica. Così, il primo ufficio laico di censura fu istituito a Magonza nel 1486, e il primo "Index librorum prohibitorum" fu promulgato dalla Chiesa nel 1559. Se la censura ecclesiastica mirava a reprimere i testi eretici, la censura politica colpiva le opere che criticavano i detentori del potere o fomentavano la gente a sovvertire l'ordine delle cose. L'elusione della censura fu svolta dagli stampatori con svariate tecniche, a partire dalla soscrizione falsa, fino all'omissione del nome della tipografia.
Gli autori utilizzavano pseudonimi o rimanevano nell'anonimato.

Ma il nodo centrale della rivoluzione gutenberghiana fu sicuramente la radicale trasformazione delle figure dell'autore e del lettore. "Il plagio divenne un reato, la parola una merce e il pubblico un mecenate". L'anonimato, pratica diffusissima nella cultura manoscritta, viene mantenuto in epoca tipografica solo per proteggere la propria incolumità. Nel Medioevo si era indifferenti all'identità dello scrittore, né gli stessi scrittori si preoccupavano di indicare le fonti da cui traevano informazioni. Il plagio viene ora riconosciuto come un reato: "nell'età del manoscritto - scrive H.J.Chaytor - copiare e mettere in circolazione l'opera di un altro poteva essere considerato un atto meritorio; nell'età della stampa la stessa cosa avrebbe come conseguenza una causa legale e il risarcimento dei danni".
E anche il lettore cambia: con l'avvento della cultura tipografica la lettura diviene silenziosa. Prima i testi venivano scritti senza spazi tra le parole, né punteggiatura, né venivano usate le maiuscole. Dunque si doveva svolgere un'operazione di decodifica molto lunga e faticosa. Ad esempio, un testo si presentava così:

inoltreillettoreperaccederealloperadovevafareunlungoviaggiodopo
averchiestopressolebibliotechedivariconventidovepotevatrovarla

E leggere non significa più esibirsi in pubblico, con una performance pari al cantare o al ballare, ma diventa un atto privato, esteso a un numero enormemente maggiore di persone, sopratuttto a partire dal diciannovesimo secolo (sino alla metà del Settecento, infatti, gli uomini possedevano ben pochi libri).

(continua... - "Verso il villaggio globale")

Paco SIMONE

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