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( Estratto dalla rivista ARPA - n. 5 )
LE TRE RIVOLUZIONI: 1) La cultura orale.
Le tre rivoluzioni.
Ovvero quelle che hanno modificato profondamente il mondo della comunicazione: la rivoluzione chirografica (dal greco kheir = mano + graphon = scritto), avvenuta nel quarto millennio a.C.; la rivoluzione gutenberghiana, verso la metà del quindicesimo secolo, con l'avvento della stampa; la rivoluzione elettrica ed elettronica, la più recente, che annovera invenzioni come il telegrafo, la radio, la televisione.
Negli ultimi sei millenni si sono quindi distinti quattro tipi di cultura: la forma più antica è la cultura orale, seguita poi dalla cultura manoscritta, dalla cultura tipografica e infine da quella dei media elettrici ed elettronici.
1 - La cultura orale
Platone è il primo a comprendere che la cultura scritta si sarebbe risolta in una marginalizzazione della memoria, così come racconta nel "Fedro". L'alfabeto, sostiene, produce un falso sapere, in quanto obbliga gli uomini ad attingere solo all'apparenza della verità, a fidarsi di fonti indirette. Nella cultura orale la memoria gioca un ruolo fondamentale, e dev'essere aiutata da alcuni trucchi, come, ad esempio, i pensieri espressi in versi o in una prosa molto ritmica. Ciò vale anche da un punto di vista fisiologico: Jousse ha dimostrato l'intimo legame esistente tra modelli ritmici orali, la respirazione e la gestualità del corpo nelle parafrasi aramaiche e greche del Vecchio Testamento e nell'ebraico antico. Nell'ambito di una cultura orale primaria, il senso più importante è l'udito: Nell'Antico Testamento il verbo "ascoltare" ricorre cinque volte più frequentemente del verbo "vedere"; Jahvé si manifesta all'uomo con la voce, non mostrando il volto; il Dio della Bibbia è l'invisibile, non l'inudibile.
Il rispetto dei vecchi è un altro punto cardine di una società a cultura orale: il sapere si trasmette ad alta voce, dev'essere ripetuto e tramandato. I vecchi saggi, così, si specializzano nel conservare la memoria della propria civiltà, e sono tenuti in grande considerazione. Al contrario, invece, la scrittura estrania gli anziani da questa funzione, degradandoli, quindi, in favore dei giovani, scopritori di cose nuove.
Le società a cultura orale riuscirono a conservare una memoria collettiva associando la poesia alla musica e alla danza (aides-memoire): il tutto per un intento didattico-pedagogico: si pensi, ad esempio, all'Iliade e all'Odissea; il primo libro dell'Iliade è in sostanza un sintetico manuale sulle corrette pratiche della marineria. È facile intuire che nella Grecia arcaica il poeta esercitava un totale controllo culturale sulla società, controllo che con l'introduzione della scrittura venne via via a diminuire.
Fu sempre Platone, nella Repubblica, a scagliarsi contro il poema epico come strumento didascalico-pedagogico. Egli riteneva che la poesia fosse una semplice imitazione della realtà, che ingenerava una completa perdita di obiettività e un atteggiamento mentale decisamente acritico, paralizzando l'intelletto degli ascoltatori.
(continua...)
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