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Capitolo 273.   Hacker: le streghe del secolo XXI

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Ogni periodo storico ha le sue «streghe» e anche il secolo XXI non ne è esente, purtroppo. Sapere è potere. L'informatica, se usata male, può essere un arma, data la complessità degli strumenti attuali, che può consentire il controllo da parte di pochi su molti.

L'«arma» politica del secolo XX è stata l'informazione di massa, con la quale si potevano e si possono ancora condizionare le opinioni di chi non ha già una fonte alternativa per le notizie. Oggi, questa arma è meno efficace, perché Internet consente a tutti, tecnicamente, di comunicare e di rendere pubbliche le proprie opinioni (indipendentemente dal fatto che nel proprio paese questo sia legale o meno), così come consente facilmente di acquisire informazioni da fonti alternative.

L'arma politica del futuro è il controllo dei sistemi informatici, attuato sia «legalmente» che «illegalmente»; non ha molta importanza stabilire chi sia colui che potrebbe sfruttare tale possibilità e per quali fini.

L'informazione di massa alterata può essere ostacolata dalla cultura delle persone, ma soprattutto dalla presenza di gruppi di cultura differente rispetto allo standard comune. Nello stesso modo, l'efficacia di un controllo dei sistemi informatici può essere limitata attraverso una preparazione adeguata da parte dei singoli, ovvero, attraverso la diffusione di una «cultura informatica», ma se poi tale cultura rimane uniforme, ciò non può bastare a escludere il pericolo.

Oggi, l'informazione di massa tende a confondere la conoscenza pratica e l'abilità informatica come qualcosa di negativo. Colui che studia e approfondisce il funzionamento di un sistema operativo o di un software particolare, è considerato come un criminale potenziale, perché con la sua conoscenza superiore alla media potrebbe colpire un sistema informatico. Ma questa idea è sbagliata, perché qualunque attività umana onesta può servire per scopi criminali.

Nel vocabolario informatico non mancano le parole adeguate per definire e delimitare correttamente i fenomeni: hacker è lo studioso di informatica, senza precisare le sue motivazioni, benigne o maligne che siano; cracker è il criminale, ovvero colui che usa quella preparazione per danneggiare. L'insistere, anche in buona fede, nell'utilizzare il termine hacker per identificare colui che nell'ombra prepara le sue armi informatiche, serve solo a creare la strega del nuovo secolo, cioè un'idea confusa di un nemico da eliminare per quello che è, non per quello che fa; in pratica, da eliminare perché fa paura.

Soltanto gli esperti che studiano l'informatica «reale», scoprendo i difetti e le anomalie del software e di ciò che viaggia attraverso la rete, sono le persone che possono impedire l'uso improprio degli strumenti informatici. Le relazioni umane si basano sulla fiducia, ma questa non può essere imposta istituzionalmente. L'hacker è colui che di fatto mette in discussione la teoria e di conseguenza mette in discussione la fiducia cieca.

Oggi, le leggi che proteggono il software puniscono la decompilazione; in pratica impediscono di cercare di scoprire cosa fa esattamente il programma, del quale di solito non viene fornito il sorgente. Sarebbe come se venisse vietato di smontare il motore della propria auto. Smontare un motore non ha molto senso, perché poi potrebbe essere molto difficile rimontarlo, ma è anche poco probabile che questo possa nascondere qualcosa di oscuro o pericoloso. Al contrario, il software può nascondere di tutto. Per quale motivo ci si deve fidare?!

Di hacker c'è bisogno. Se l'informatica non venisse messa in discussione quotidianamente da queste persone, la libertà umana nel futuro sarebbe completamente compromessa.

273.1   Riferimenti

Appunti di informatica libera 2000.07.31 --- Copyright © 2000 Daniele Giacomini --  daniele @ swlibero.org

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