ÁNIME DANZÁRE
di: Paco Brin
Era notte inoltrata a Gran Canaria, e percorrevo pigramente quelle tipiche stradine di montagna che collegano poche case smaltate di bianco, dalle imposte dipinte di un verde vivo, ad altre abitazioni, dimore di pastori e contadini, o a qualcuno dei numerosi allevamenti di cammelli dal pelo spesso e umido.
Mi trovavo nel mezzo di un barranco, una valle circondata da rocce scoscese e montagne rossastre, qua e là chiazzate di cespugli e di cactus. Non c'era la luna, ma lo stupendo cielo stellato illuminava la fitta vegetazione della piccola oasi ai piedi della montagna, e la morbida spuma di un fiumiciattolo che scorreva placidamente. Sentivo, in lontananza, il mormorìo del ruscello, e le canne di bambù che, mosse dalla brezza notturna, ogni tanto, come grilli, risuonavano della melodia della natura. A volte, un timido fruscìo delle frasche smuoveva quel piccolo mondo dal "silenzio" tranquillo creato dal ruscelletto.
Il lento movimento delle fronde delle palme copriva molte luminose stelle, e faceva immergere e sprofondare le ombre nella terra. La soffice e molle ghiaia, compressa dai miei piedi, lasciava orme sul mio cammino, cancellate di lì a poco dal passaggio di furtive lepri selvatiche. Si distinguevano le sagome nere delle cime e delle rupi, scavate, granello per granello, dall'acqua, e rivestite dalla lava scura dei vulcani ormai spenti.
Sulla mia destra scorgevo, sul costone di una montagna, le ombre di innumerevoli rocce vulcaniche, disposte ordinatamente da un intelletto divino.
Era lì che sorgevano i tumuli di pietre rosse, dimore, per l'eternità, dei Guanchos.
Era in quelle tombe, perfette nella loro semplicità, che povere e stanche menti di un popolo vissuto per secoli nella pace, e poi straziato d'improvviso, riposavano di un torpore esausto.
Le loro ossa, color avorio, giacevano e si consumavano inesorabilmente, fino a diventare polvere.
É stato lì che ho visto anime danzare.
Dalle figure diafane e limpide, e dai riflessi densi e argentati, coi loro sinuosi movimenti e la loro scia evanescente, ispirate dalla luna, disegnavano forme ignote e proibite agli uomini.
Paco Brin
© 1994 Paco Brin - © 1998 ARPA Publishing. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
La violazione del copyright e/o la copia illecita del materiale riprodotto in queste pagine, la diffusione non autorizzata dello stesso in qualunque forma contravviene alle normative vigenti sui diritti d'autore e sul copyright.
Per inserire i tuoi testi nel sito ARPANet, clicca qui!