SOLUZIONI ORIGINALI
di: Oscar Bettelli
Come vengano stipati nel cervello una miriade di ricordi raccolti in una vita intera senza giungere a saturazione è veramente un mistero, senza contare che ci ricordiamo anche dei sogni e delle fantasticherie ad occhi aperti. Occorre, a questo proposito, menzionare che il cervello, oltre a ricordare, è anche in grado di dimenticare. Il calcolatore è in grado di memorizzare parecchi dati relativi ad una mole notevole di informazioni e lo fa, a differenza del cervello, con una precisione notevole; conosciamo quale tecnologia ci consente di ottenere questo risultato e sappiamo anche che la memoria del calcolatore può esaurirsi. Il processo di memorizzazione del cervello confrontato con quello del calcolatore è estremamente diverso, sotto molti aspetti; in particolare, il dato che viene memorizzato dall'elaboratore rimane tale e quale, mentre il cervello elabora il dato, lo modifica e lo interpreta. Da qualche tempo la scienza degli elaboratori sta riconoscendo l'importanza dell'elaborazione del dato al momento della memorizzazione, per migliorare le prestazioni funzionali della macchina in fase di elaborazione. Esistono sofisticati modelli di Data Base che mettono in risalto come non solo occorra considerare il dato in sé, ma come sia pure fondamentale considerare le relazioni reciproche tra i dati memorizzati.
Un calcolatore che "dimentica" dei dati verrebbe considerato stupido e in ogni caso non affidabile. Noi desidereremmo che la macchina facesse qualcosa di più che trattare le relazioni tra i dati in fase di memorizzazione, noi vorremmo che fosse anche flessibile in fase di elaborazione. Se si dà un compito ad una persona, questi, prima di desistere dall'incarico, tenterà varie strade e diversi modi per risolvere un determinato problema, non si arrenderà al primo tentativo fallito, e soprattutto non insisterà perennemente nel ripetere lo stesso errore, cosa che invece una macchina tende a fare. Se un elaboratore, con il proprio corredo di programmi, non riesce in un intento, si arresta e occorre intervenire, modificando il programma in questione, per risolvere il caso anomalo che si è presentato; come procedere per far prendere un po' di iniziativa a tale macchina affinché non si arresti di fronte alla prima difficoltà?
Il problema, in altri termini, consiste nella capacità di generare autonomamente soluzioni originali relativamente ad un determinato compito definito precedentemente. Non è difficile programmare un calcolatore affinché vagli una certa gamma di strategie alternative e, magari casualmente, sceglierne una in particolare. Il punto è: a quale livello semantico dobbiamo spingere le nostre previsioni di percorsi alternativi, in modo da essere convincenti sulla effettiva flessibilità della macchina rispetto al compito che le abbiamo assegnato?
In altri termini, non possiamo instaurare un colloquio ad un certo livello semantico con la macchina e poi pretendere che essa, da sola passi, automaticamente ad un altro livello di significato, se tutto ciò non lo abbiamo esplicitamente previsto; qualcuno mi dirà: "l'uomo, tuttavia, riesce bene in questo compito"; "certo - si potrebbe rispondere - ma l'uomo è già programmato a livello di discorso".
Prendendo ad esempio la parola cavallo, riferendomi ad un uomo, denoto e comunico tutta una collezione di esperienze e ricordi legati al cavallo, che lo situano in una ben precisa condizione semantica: una persona sa che il cavallo è un quadrupede; un calcolatore invece non sa nulla di tutto ciò, se non viene esplicitamente istruito, ed alla parola cavallo non associa altro che stringhe di bit senza significato; se, invece, opportunamente programmato, anche al calcolatore fosse possibile accedere, relativamente alla parola cavallo, ad una costellazione di registrazioni che si riferissero ad una entità corrispondente nella rappresentazione interna del calcolatore, allora, anche la macchina potrebbe accorgersi che il "cavallo alato" non è presente nelle proprie configurazioni di cavallo, e dimostrare perciò un comportamento più intelligente esibendo una perplessità del tipo: "Ma esiste il cavallo alato? e se esiste che cosa è?".
Da questo punto di vista le relazioni da memorizzare sono troppe ed è più semplice far fare alle persone il giusto metro interpretativo, non interessa molto che il calcolatore capisca in un qualche senso di aver a che fare con cavalli, l'importante è che memorizzi fedelmente la parola cavallo; è molto più semplice, ci pensano gli esseri umani a comprendere di che cosa si sta parlando, alla macchina manca una vera e propria rappresentazione interna legata al significato della parola cavallo, ma questo non vuol dire che non si possa realizzare, è solo che al momento non interessa più di tanto. Molto spesso la struttura logica dei programmi è governata da criteri di semplicità e di ottimizzazione; una stessa funzionalità logica può essere implementata in vari modi, alcuni tenendo conto delle analogie con il cervello umano, altri optando per caratteristiche tipiche della logica procedurale dell'elaboratore elettronico. Questo approccio pragmatico fa sì che analizzando il metodo risolutivo se ne ricavi un'impressione di profonda diversità tra le potenzialità delle macchine e il procedere del ragionamento umano, diversità che appare qualitativa e non solo quantitativa. Eppure è possibile programmare un calcolatore per imparare in maniera statistica a riconoscere immagini, con un metodo che ha molte analogie con quello che si pensa avvenga nel cervello umano: è possibile programmare una macchina in maniera che impari dall'esperienza; la macchina sembra acquisire la capacità di riconoscere alcuni tratti caratteristici delle fotografie.
Sono stati realizzati esperimenti in questo senso, con risultati non così buoni da farne un sostituto dell'osservazione e dell'apprendimento umani, ma il semplice fatto che il metodo funzioni non è facile da capire in quanto la macchina opera senza ricevere istruzioni particolareggiate dal suo progettista. Questa macchina, soprannominata Whirling Dervish è un esempio importante di apprendimento statistico e suggerisce notevoli analogie nello studio del funzionamento del cervello umano. Molto si conosce sulla struttura del cervello e sui modi in cui risponde agli stimoli dell'ambiente, ma gli specialisti di chirurgia del cervello e gli psicologi sono concordi nel ritenere che esso sia un organo talmente complesso, e così difficile da studiare, tanto dentro quanto fuori del cranio, che le conoscenze attuali non sono altro che una piccola isola in un mare di ignoranza. Il calcolatore elettronico è la sola macchina tanto complessa da poter imitare il cervello e che possa essere utilizzato per mettere alla prova le teorie sul funzionamento del cervello. Secondo alcune di queste teorie il cervello, nel riconoscere la realtà esterna, utilizza contemporaneamente molti milioni di cellule nervose e costruisce le proprie conoscenze sulla base di esperienze successive; all'inizio, si suppone, che le connessioni fra le cellule siano in gran parte casuali, mentre il processo va avanti certe connessioni si rafforzano altre invece si attenuano: così si genera un po' alla volta uno schema di connessioni adatte a riconoscere elementi significativi del mondo esterno e lo schema all'interno del cervello finisce per accordarsi con quello di osservazioni e stimoli che provengono dal mondo esterno. Per verificare questa teoria possiamo cominciare con un calcolatore le cui connessioni inizialmente casuali vengano rafforzate o attenuate da informazioni che vengono fornite in ingresso. Quando lo schema delle connessioni si è stabilizzato presentiamo al calcolatore una domanda relativa al compito che ci siamo prefissi, per esempio il riconoscimento di oggetti.
La macchina di cui sopra, che assomiglia a un proiettore cinematografico con attaccato un calcolatore, osserva una fotografia attraverso una serie di fotogrammi con configurazioni di linee casuali. Dietro alla pellicola si trova una cellula fotoelettrica che traduce in corrente elettrica l'intensità della luce che proviene dalla fotografia passando attraverso il fotogramma. Per ogni fotogramma si ha un diverso valore dell'intensità di corrente che dipende dal grado di coincidenza fra i motivi della luce nella fotografia e la configurazione delle linee sul fotogramma. La macchina ha così un certo numero di osservazioni eseguite sulla fotografia esaminandola attraverso linee tracciate a caso. Naturalmente la macchina impiega metodi di correlazione statistica nell'analizzare le fotografie, il risultato finale è un "criterio di classificazione" risultato riassuntivo di tutte le correlazioni scoperte dal calcolatore sulle somiglianze e le differenze tra le diverse osservazioni eseguite sulle fotografie. La macchina viene dunque addestrata, ad ogni nuova fotografia la macchina impara nuove correlazioni classificandole sotto un particolare voce, per esempio fotografie di "strade su ponte". Con lo stesso procedimento è possibile generare un nuovo criterio di classificazione per esempio "strade su diga". A questo punto scegliamo una fotografia di una strada su ponte che la macchina non ha mai visto prima e sottoponiamola al calcolatore, per la macchina è allora possibile stabilire, servendosi di metodi di correlazione, se la configurazione emersa ha le caratteristiche più affini al criterio di classificazione per "ponti" o al criterio di classificazione per "dighe". L'identificazione non è mai sicura e la macchina commette degli errori ma le sue identificazioni sono esatte in più dell'ottanta per cento dei casi.
Che cosa dimostra questo? In primo luogo che è possibile un processo di apprendimento basato su osservazioni inizialmente casuali, ciò non dimostra che i cervello funzioni effettivamente in questo modo, ma mostra che ciò è possibile almeno in linea di principio. In secondo luogo mostra che le macchine possono operare in modo apparentemente "intelligente" senza usufruire di istruzioni minuziose fornite da un operatore umano. Un'analisi minuziosa del processo di decisione della macchina non è accessibile, e rimane un mistero il verificarsi della correttezza della percezione della macchina stessa; non possiamo far altro che riconoscere che una macchina può mostrare un comportamento che imita stranamente l'intelligenza umana, e che può farlo con istruzioni molto astratte, ben lontane dai programmi espliciti usati solitamente dagli elaboratori elettronici.
La macchina descritta coglie solo alcuni aspetti tipici del riconoscimento di oggetti, in particolare correlazioni statistiche utilizzate per estrapolare quali sono gli aspetti simili in diverse configurazioni del dato sensoriale specifico. Probabilmente esistono, nel cervello, livelli intermedi di elaborazione, in parte di tipo statistico e in parte di tipo logico che si applicano a stratificazioni differenziate del livello di astrazione. Le similarità possono riguardare dati strettamente sensoriali oppure concetti astratti ricavati dall'esperienza ad un livello più elevato, applicati a configurazioni complesse di livello superiore.
In tutti questi tentativi di simulazione esistono delle linee guida comuni a tutti i rami di ricerca, per esempio il riconoscimento di oggetti, o di forme, implica studi relativi alla comprensione del parlato poiché gli spettrogrammi sono immagini, e a loro volta i robot necessitano di sistemi di visione e della capacità di comprendere il linguaggio naturale. Abbisognano anche di un sistema di deduzione per poter eseguire correttamente le istruzioni che vengono loro impartite dagli esseri umani. La comunicazione tra persone avviene in forme diverse, spesso combinate tra loro in maniera complessa: Oscar Bettelli © 1997 Oscar Bettelli - © 1998 ARPA Publishing. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
- parole, suoni
- movimenti del corpo
- contatto fisico
- testo scritto
- schizzi, immagini
Attivare tutti questi canali di comunicazione in una macchina è un compito estremamente arduo. La comunicazione con i calcolatori è ancora basata principalmente sul testo scritto in un linguaggio molto ristretto se paragonato al linguaggio naturale.
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