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GM: General MIDI, estensione del MIDI che, codificando
con precisione i numeri di programma MIDI corrispondenti ai vari
strumenti rende possibile la corretta riproduzione dei file Midi
su qualunque strumento Midi Gm. Ormai tutti gli Expander e le tastiere
Midi sono compatibili Gm, così come tutte le schede audio
per Pc. Il grande limite del Gm è che codifica solo 127 strumenti,
che non coprono tutte le possibilità musicali.
Gm2: evoluzione del General Midi, il General Midi
2 è frutto di un accordo tra i produttori legati agli standard
Gs ed Xg, tra loro incompatibili, per superare le limitazioni dello
standard Gm mantenendo la compatibilità su tutti gli strumenti
Midi. Il Gm2 è incompatibile con Gs ed Xg, ma compatibile
all’indietro con il Gm1. Invece di supportare solo 128 suoni,
supporta sino ad un massimo teorico di 128 banchi da 128 suoni,
per un totale di 16.384 suoni, ma al momento la maggioranza degli
strumenti Gm2 usa 256 suoni. Inoltre aumenta la polifonia minima
da 24 a 32 note e migliora vari tipi di parametri e messaggi Midi.
Yamaha e Roland, dopo che per anni hanno cercato di imporre gli
standard Xg e Gs, hanno recentemente siglato un accordo per promuovere
la creazione e la riproduzione di musica Midi migliorando la compatibilità,
accordo che include il sostegno attivo dello standard Gm2, l’apertura
degli standard Xg e Gs, e lo sviluppo di prodotti software e hardware
in grado di supportare tutti e tre i formati: Gm2, Xg e Gs.
Ciò dovrebbe favorire gli utenti, che potranno sfruttare
il meglio delle tre tecnologie senza problemi di compatibilità.
GS: “General Standard”, ideato dalla
Roland per superare le limitazioni del Gm rimanendo con esso compatibile.
Aggiunge il concetto di “variations” in modo che ad
ognuno dei 127 strumenti Gm si possano affiancare altri strumenti,
sino ad un totale di 65.000, più che sufficiente per coprire
le necessità dei vari stili musicali. Se un file Midi Gs
viene eseguito su uno strumento Midi Gm invece dei suoni delle “variations”
verranno utilizzati i 127 suoni principali, perdendo la timbrica
particolare ma non l’effetto generale, in quanto gli strumenti
delle variations appartengono sempre alla stessa famiglia (ad esempio
fisarmonica italiana e bandoneon, clavicembalo e clavicordo).
Hard disk recording: indica la registrazione di
audio in tempo reale su disco rigido. Il semplice campionamento
di un file audio su computer è una forma embrionale di hard
disk recording, ma il termine è nato nel mondo professionale
per indicare la registrazione di più tracce audio contemporaneamente
alla riproduzione di altre tracce audio, in modo da poter usare
il computer al posto dei registratori audio multitraccia a bobine,
usati sino ad una decina di anni fa negli studi di registrazione.
Oltre a costosi software dedicati, l’hard disk recording è
oggi possibile con molti software sequencer, a patto di utilizzare
un computer abbastanza potente.
Master Keyboard: tastiere “mute”, ovvero
prive di suoni interni, pensate per controllare altre tastiere dotate
di suoni, expander Midi esterni, o per registrare brani Midi tramite
collegamento ad un computer dotato di software sequencer. Oltre
ai costosi modelli professionali ad 88 tasti ne esistono modelli
economici a 4-5 ottave, pensate specificamente per il collegamento
al pc e dotate anche di interfaccia Usb.
Mid: estensione che identifica un file Midi. I
sequencer registrano come dati Midi le pressioni dei tasti musicali,
e possono memorizzandole sotto forma di file Midi standard (SMF)
la cui estensione è appunto “.mid”. I vantaggi
dei file Midi sono le piccole dimensioni e la portabilità:
un file Midi standard è infatti eseguibile correttamente
su qualunque computer o tastiera compatibile General Midi, e ormai
tutte lo sono.
Un tempo ogni strumento ed expander Midi seguiva una sua numerazione
proprietaria per la gestione dei suoni, dunque non era possibile
eseguire automaticamente un brano registrato da un altro utente
perché si rischiava di ascoltare un clarinetto al posto di
un pianoforte o un trombone al posto della batteria. Con la nascita
dello standard “General Midi” (GM), fu deciso di standardizzare
la numerazione dei suoni, ed in questo modo i file Midi, che se
compatibili GM assumono appunto il nome di “file Midi standard”
(SMF), sono diventati un veicolo immediato per la fruizione della
musica.
I file Midi sono molto più piccoli rispetto ad un file audio
(e a quel tempo non esisteva l’Mp3!), possono essere modificati
tramite sequencer (trasposizione, aggiunta di nuove parti musicali),
e le varie parti possono essere stampate come partitura tradizionale.
Gli svantaggi sono la variabile qualità dei suoni, che dipendono
dalla qualità degli strumenti Midi usati da chi ascolta il
brano, e l’impossibilità di riprodurre la voce umana.
Il formato Midi si è infatti imposto principalmente sotto
forma di “basi”, che riproducono la parte strumentale
di una canzone, sulla quale possiamo cantare.
MIDI: “Musical Instrument Digital Interface”,
ovvero “interfaccia digitale tra strumenti musicali”.
Nasce nel 1982 per consentire il collegamento tra strumenti musicali
elettronici tramite un cavetto pentapolare. Sino ad allora non era
possibile suonare una tastiera elettronica e far emettere i suoni
anche da una seconda tastiera (a parte qualche esperimento tra tastiere
della stessa marca, come gli “OBX di Oberheim di fine anni
’70). Il Midi ha avuto un successo globale, e si è
evoluto assieme alle necessità degli esecutori ed alla potenza
degli strumenti, diffondendosi anche nel mondo dei computer.
MiniDisc: dischetto delle dimensioni di un cd
“singolo” (3”1/2 invece di 5”1/4), incompatibile
con i normali lettori cd ma registrabile. Il successo dei masterizzatori,
in grado di incidere cd audio standard compatibili con tutti i normali
lettori, ha rapidamente messo in ombra questo formato, nato per
rendere la registrazione digitale accessibile a tutti. Comunque
il successo non era mai arrivato, anche perché la compressione
effettuata per far stare i brani su un supporto più piccolo
rendeva la qualità sonora inferiore a quella cd.
L’algoritmo di compressione del MiniDisc si chiama “Atrac”
(Adaptive Transform Acoustic Coding), e suddivide l’audio
in qualità cd (44,1 KHz e 16 bit) in 52 sottobande i cui
dati vengono compressi con perdita di informazioni diversa a seconda
della frequenza, in base a calcoli psicoacustici sulla reale percettibilità
delle varie frequenze. In questo modo l’occupazione è
ridotta ad 1/5 rispetto ai normali cd, ma l’orecchio allenato
può chiaramente percepire la differenza in termini di minore
profondità e definizione dell’immagine sonora.
MP3: estensione che individua i file omonimi.
Il nome completo del formato Mp3 è “Mpeg-1 Layer 3”,
facente parte dello standard Mpeg, nato per comprimere i file video
ma rivelatosi utile per comprimere le tracce audio di un cd, che
occupano circa 10 Mb per ogni minuto di musica, in file che occupano
solo 1 Mb per minuto (con bitrate 128k). Il “miracolo”
viene ottenuto sia comprimendo le sequenze di bit ripetute, come
lo Jpeg fa con i file grafici, che eliminando le combinazioni di
frequenze ed intensità che secondo algoritmi derivanti dalla
fisiologia dell’orecchio non sarebbero comunque udibili.
La qualità di un Mp3 è sempre inferiore all’originale:
con bitrate elevato (128-256k) le differenze sono percepibili solo
all’orecchio allenato, mentre con bitrate basso (da 64k in
giù) sono evidenti a tutti. Le differenze consistono in perdita
di definizione, profondità e pienezza dei suoni, ed “artefatti”
percepiti come vere e proprie modifiche del timbro degli strumenti
o introduzione di suoni “gracchianti” non esistenti
nell’originale. L’entità del degrado qualitativo
non dipende solo dal bitrate, ma anche dalla qualità dell’algoritmo
di codifica (Codec).
Patch: detto anche Preset, nel gergo MIDI indica
il suono di un particolare strumento. A ciascuno dei 16 canali Midi
può infatti essere assegnato uno dei 128 patch definiti dal
General Midi, di cui ciascuno corrisponde ad uno strumento: chitarra,
pianoforte, organo ecc. Tramite un messaggio di “Program Change”
è possibile cambiare lo strumento assegnato ad un canale,
anche durante l’esecuzione di un brano, per la massima versatilità.
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