Il Giansenismo

Il giansenismo fu una delle più importanti eresie cristiane nei secoli XVII e XVIII.

Prese il nome da Cornelio Giansenio il cui libro "Augustinus", già attaccato dai gesuiti mentre ne era in corso la stampa, venne condannato con un decreto dell'Inquisizione nel 1641 e quindi nuovamente da Urbano VIII e da Innocenzo X.
La condanna si riferiva a cinque proposizioni relative alla grazia ed alla redenzione.
Giansenio, portando all'estreme conseguenze il pensiero di Agostino, sosteneva che, dopo il peccato originale, l'uomo non è più in grado di compiere il bene con le sue proprie forze. Tutte le azioni umane quindi, anche se ubbidiscono ai precetti divini, sono solo apparentemente buone.
Il sacrificio di Cristo concede all'uomo di salvarsi solo perchè dopo di esso agisce la grazia, senza la quale l'uomo non può muovere verso la fede e verso il buon volere, e questa grazia viene data soltanto a coloro che Dio ha predestinato, indipendentemente da ogni previsione di meriti.
La grazia non è concessa quindi a tutti i battezzati, ma solo a coloro che Dio ha scelto particolarmente.
E soltanto la grazia rende l'uomo libero di scegliere fra bene e male, perchè allo stato naturale l'uomo è libero di fare soltanto il male.
Essa rende chi la possiede incapace di peccare e agisce senza fallo.