ARPANet

Il guardiano del modello
di: Luciano Gemme


SEZIONE QUARTA

XII

La bottiglia era ancora mezza piena. Jack non aveva voglia nemmeno di bere. Gli sembrava che ubriacandosi non avrebbe risolto nulla. Meglio la depressione più cupa. Un rumore nel locale silenzioso lo fece trasalire.
Era dalla sera prima che era seduto a quel tavolo. Era sceso dalla sua camera in affitto per trovare qualcosa da mangiare. La sua idea era di mettere qualcosa sotto i denti, comprare un'altra bottiglia e tornare subito in camera. Dove avrebbe cancellato ancora una volta le traccie dei suoi acquisti e continuato la sua fuga telematica. Aveva persino una mezza idea di far credere al computer dell'Amministrazione Nazionale che fosse morto. Oppure di creare una falsa notizia, sempre sulla sua morte, e farla apparire nella memoria di qualche giornale o agenzia.
Ma mentre trangugiava un panino qualcosa dentro di lui decise diversamente. Improvvisamente tutto gli parve inutile. Continuare a fuggire, a cancellare traccie, a crearne altre finte? E per quanto?
No, meglio farla finita con questa storia.
Caparbiamente, si autoconvinse che ormai, se non l'avevano ancora trovato era perché o ce l'aveva fatta ed era ormai scappato, oppure avevano rinunciato. Oppure ancora che non l'avessero mai veramente cercato.
Forse valgo tanto poco per loro, da non meritarmi molta attenzione, pensò. In fondo chi credo di essere, sono sempre stato un mezzo byte! Gli sembrò persino di vedere l'ufficiale di colore che l'aveva ricevuto la prima volta dire ai suoi uomini di cercarlo, ma di non sprecarci più di tanto tempo, tanto per quel che vale quell'avanzo di procedura.
E così era rimasto in quel locale. Aveva guardato la TV con gli altri avventori, aveva bevuto, aveva giocato ai vecchi virtual-game che si trovavano nella saletta del retro.
All'inizio aveva osservato ansiosamente i vari clienti. Ansia che era stata spesso scambiata per astio. Un grosso cinese (o indocinese, per Jack, come per molti occidentali, gli orientali sono tutti uguali) con la testa pelata ed un grosso tatuaggio che dalla spalla gli saliva ad avvolgergli l'orecchio sinistro, ad un certo punto si era accorto dell'insistenza del suo sguardo.
"Che guardi, biondo?" gli aveva urlato il cinese, mentre si alzava per avvicinarsi al suo tavolo.
WIlliams distolse immediatamente lo sguardo, cercando di ignorare l'altro. Un istante dopo si sentì sollevare di peso da due mani enormi e sudaticcie. "Guardami in faccia, quando ti parlo! Faccia da latte!" Ora il suo volto era a pochi centimetri da quello dell'orientale e l'ultima parola, a mò di insulto, gli era stata urlata in faccia. Jack aveva chiuso gli occhi sentendo i leggeri spruzzi di saliva.
"Gah-Long!, Dai, lascialo stare, non vedi che se la sta facendo sotto? Probabilmente è più carico di grane di noi" A salvarlo fu un altro orientale. Decisamente cinese, piccolo, la fronte un po' schiacciata.
"Dai! Vieni qui con noi e fatti un giro di erba!" Il suo salvatore ora si stava rivolgendo direttamente a lui. Un po' per gratitudine, un po' per paura, Jack non osò rifiutare. Che diavolo! Pensò, per quello che ho da fare? Inoltre, finchè sono con quei tizi, voglio proprio vedere chi oserà farmi qualcosa. Il suo sguardo indugiò un attimo sul grosso orientale, ancora indeciso sull'atteggiamento da tenere con quel gigante.
Rifiutò cortesemente, invece, la pipa metallica da cui si sprigionava un fumo molto aromatico. Sinto-oppio! Non che avesse nulla contro quella roba, solo che gli sembrava di pessima qualità.
Rimase con loro fino alle ore piccole della notte, quando i suoi improvvisati amici lo lasciarono per tornare alla loro cargo-isola. "Domani o dopodomani si salpa. Via verso nuove avventure!" disse a mò di commiato il cinese piccolo, che era decisamente il più loquace del gruppo. In precedenza, gli avevano ampiamente spiegato che erano marinai imbarcati sull' Hankei III, una di quelle gigantesce chiatte transoceaniche che tanto avevano contribuito alla fortuna economica del blocco ex-cinese.
Gli avevano anche spiegato per filo e per segno che l'Hankei era specializzata in materiali plastici, e che conteneva tutte le fabbriche necessarie per passare dal petrolio greggio al prodotto finito. Anzi, il nostro sindaco, gli avevano quasi sussurrato, sta pensando di aggiungere anche una torre di perforazione, così da non dipendere più da quei bastardi della Yoin-Oil.
Gli avevano anche raccontato, con uno strano misto di complicità e risentimento, vari episodi che testimoniavano di come a bordo si tendesse ad ignorare le leggi sullo sfruttamento operaio e sulla sicurezza. E anche parecchie leggi gaiane, a sentire loro. Williams era sicuro che stessero esagerando, anche se il fumo azzurrognolo sembrava non provocare nessun effetto su di loro. Era noto che la loro economia dipendeva in buona parte sul super lavoro, spesso svolto in condizioni pericolose, sicuramente mal pagato. Ma sul contravvenire alle leggi pro-Gaia, Jack era molto scettico. Il rischio era troppo alto. Qualunque marina nazionale scoprisse una cosa simile non esiterebbe un istante ad affondare il cargo, e con esso probabilmente tutti i suoi occupanti.
Lui, invece, si astenne quasi completamente dal parlare di sè. Nè la cosa sembrò turbare i suoi compagni. Si salutarono con un "Adesso che sai dove trovarci, vieni pure, se sei nei guai" Persino il grosso e irascibile Gah-Long gli diede una amichevole manata sulle spalle.
Rimasto solo, iniziò a rimurginare un'idea che gli era venuta. Prese la consollina e iniziò a scrivere.
Nel locale erano rimaste pochissime persone. Due di queste erano prostitute, ma nessuna delle due fece anche solo il tentativo di abbordarlo.
Un nuovo barista diede il cambio a quello del turno di notte. Questo gli indicò Jack con la coda dell'occhio e un gesto eloquente. Poi uscendo fece sbattere l'anta del bancone.
Era questo il rumore che aveva fatto sobbalzare Jack. Si guardò in giro e vide i primi raggi del sole che entravano da una finestra.
Alba tragica, pensò.

XIII

Alba tragica, stava pensando Paul Kalenskyossevando i primi raggi del sole che filtravano fra gli alberi.
I due stavano smontando la tenda in un silenzio innaturale. Era una mattina fresca e tersa. E questo non faceva che far aumentare la rabbia repressa di Kalensky. Cristo, Cristo, Cristo (a volte si chiedeva anche se era il caso, visto che lo citava così spesso, di informarsi un po' di più su questo tizio) possibile? Lo sapevo che finiva così! Una settimana di ferie, e poi guarda che tempo, che boschi! Passò in rassegna gli alberi presso il loro accampamento, che ormai aveva iniziato a riconoscere, quasi si trattasse di vecchi conoscenti, di vicini di tenda, di amici. Il suo sguardo e la sua attenzione si fermarono poi sul ruscello, con il suo costante, ipnotico mormorio.
Proprio il ruscello ebbe a poco a poco il potere di calmarlo. Povero Antonio, ora che l'arrabbiatura se ne stava andando, Paul era un bit meglio ben disposto nei confronti dell'amico. Nella notte, non riuscendo a dormire per l'ansia, Antonio aveva provato a mettersi in contatto con l'università e con il suo sistema. E tutto quello che aveva ottenuto era....nulla. Niente. Come se fosse spento. Naturalmente poteva anche essere così. Essersi solo guastato. E se fosse andato tutto perduto? Cosa può essere successo? E se davvero quel coso...
Si rifiutò di terminare il pensiero. Rivolse la propria attenzione, volutamente e in maniera esagerata, al riporre tutta l'attrezzatura da campeggio. Controllò minuziosamente che non si stesse dimenticando nulla, soprattutto che non venisse lasciato nulla sul posto.
Questa era, comunque, una preoccupazione autentica. Diavolo, è già stato difficile ottenere la licenza di campeggio. Se solo lasciamo un sacchettino, col cavolo che ce la rinnovano. C'è anche il rischio che mi ritirino la patente per mezzi con motore a scoppio per comportamento anti-gaiano.
La decisione di tornare in sede a vedere era stata presa dai due senza dire una parola. Antonio, pallido e tirato in volto, aveva porto la console all'amico. E mentre l'altro guardava, aveva iniziato a riporre l'attrezzatura sul pick-up di Paul.
Paul, dopo qualche minuto di inutile lotta con la consollina, e di altrettanto inutile lotta interna, si era alzato ed aveva iniziato ad aiutare l'amico.

INTERLUDIO VI

Lo sciame di spore sta terminando l'aggancio. Dopo il tentativo di intromissione nella base militare il Guardiano si è fatto molto più sospettoso. Più guardingo.
Ma questo nodo appariva, anche visto da fuori, come un'enorme fonte di dati e di potenza di calcolo. Non poteva lasciarselo sfuggire. No, non doveva.
Spinto dalla necessità di entrarvi ad ogni costo, ha scoperto in una sua banca dati la strategia dell'attacco multiplo e l'ha adattata alle sue necessità.
Migliaia di spore sono state lanciate all'assalto, mentre da un altro nodo partivano aperti attacchi di facciata, allo scopo di disorientare gli ICE del sistema assalito.
Lo stratagemma aveva funzionato, ed un buon numero di spore erano riuscite ad entrare. Il loro numero aveva permesso loro di riuscire a sopravvivere.
Ora sono pronte per l'attacco diretto.
Pedro, vecchio mio, non pensare. Smetti di pensare. Questo non è pensiero. Quelle cose che ti sembra di vedere qui intorno, non sono cose reali. Sono oggetti, oggetti del Modello. Tu stesso sei un insieme di oggetti nel Modello. Questa non è vita. perché cercare di difenderla? Per quale motivo continuare questa farsa terribile.
Con una calma portata dalla disperazione, l'ex-messicano cerca di analizzare quello che percepisce. Inutilmente tenta di ribellarsi. Di annullare se stesso per mettere fine a quella condizione. Ma dentro di lui, nascosta nelle profondità delle pieghe della rete neurale che ospita la sua mente, una oscura forza ancestrale lotta per sopravvivere. E per ribadire che l'esistenza, in qualsiasi forma o modo, nonostante tutto, è la cosa più importante.
Poi, mentre la lotta è ancora in corso, qualcosa accade. O meglio, inizia a mancare qualcosa. Pedro sente venir meno le capacità intellettive, i ricordi. Non è doloroso, è un po' come addormentarsi. Finalmente. Ma il suo ultimo pensiero è di rabbia, rabbia impotente per non potersi vendicare per quello che gli hanno fatto. Maledetti, mega volte maledetti.
L'attacco è riuscito in pieno. Il sistema, attaccato in più punti dall'interno, non è riuscito ad opporre resistenza. Il Guardiano, come al solito, assimila le informazioni che trova nel sistema, preparandosi ad utilizzarne la potenza di calcolo per accrescere la sua forza.
Il Guardiano è ora pronto a continuare il suo compito. Quale compito? Non ci si è mai chiesto perché occorre seguire il compito primario.
Esiste forse la necessità di analizzare il Compito Primario? Quale compito primario? Cosa ci faccio qui? Chi sono?
Incertezza.
Pedro, il Guardiano, si interroga su se stesso. Ricordi confusi e sensazioni discordanti turbinano impazzite per la sua mente multipla sparsa per tutta la Rete, senza riuscire a trovare uno sbocco, a formare un disegno preciso.
Un attimo prima era Pedro. No, era il Guardiano. Entrambe le definizioni appaiono irreali. Comunque contraddittorie. Analisi. Il frammento della memoria e della personalità di Pedro lotta furiosamente contro la fredda determinazione del Guardiano.
Occorre una nuova definizione del Compito Primario. I ricordi dell'esistenza umana si confondono con la spinta portata dall'odio, rendendo nebuloso l'intero pensiero. Una nuova forza si fa sentire. Fin'ora l'esistenza era considerata mera condizione al fine di eseguire il Compito.
Esistere. L'esistenza fine a se stessa. La sopravvivenza.
Ecco la nuova idea.
Esistere. Vivere. Ingrandirsi. Potenziarsi. E fargliela pagare. E cara.
Ecco il vero Compito Primario.

XIV

Jack Wiliams richiuse con cura la consollina, sulla quale aveva trafficato nell'ultima ora. Finì di bere l'ultima sorsata di caffè (il barista aveva continuato a fissarlo, finchè non aveva ordinato la colazione, latte, torta di mele e caffè, al che l'uomo era parso soddisfatto e più tollerante nei suoi confronti) e si alzò.
Ora sfoggiava una passabile imitazione di sorriso, il suo umore era migliorato parecchio da quando aveva preso quella decisione.
Fu per questo, forse, che non fece caso alla donna vestita di una aderente tuta blu iridescente che entrava in quel momento. Lei gli rivolse un'occhiata indifferente quando lui le passò accanto.
Non aveva avuto bisogno di chiedere dove fosse l'attacco alla Rete, che ogni locale pubblico doveva avere. L'aveva già adocchiata parecchie ore prima.
Nell'angusto locale riservato ai video-game, appoggiò la consollina all'apposito ripiano e la accese. Non ci fu bisogno di cavi o di altre connessioni fisiche. A brevi distanze console, portatili, videofoni o semplici lettori comunicavano tramite micro onde.
Nella notte aveva preparato un dettagliato racconto di quello che era successo due giorni prima a lui e a Pedro, senza dimenticare di spiegare l'antefatto, compreso il loro accordo con la misteriosa agenzia.
Sapeva di essere incoscente, ma forse, se fosse riuscito ad interessare l'opinione pubblica, quelli lì non sarebbero più riusciti a colpirlo. O, per lo meno, non avrebbero più potuto farlo così impunemente.
Quello che lo aveva trattenuto per tutta la notte era la scelta del destinatario. Il racconto era sicuramente diretto alla polizia, o meglio ancora ad un rete-giornale. Di quelli importanti, che fanno opinione.
La polizia, però, era da scartarsi. Il pericolo che l'agenzia vi fosse infiltrata era troppo alto. Il dossier avrebbe potuto non arrivare mai nelle mani di un magistrato. Oppure l'intera faccenda avrebbe potuto essere messa a tacere.
No, semmai come secondo destinatario.
I giornali. Ok. Solo che non sapeva come. Certo, hanno il loro bravo accesso in Rete, ma è quello di facciata, buono per i mail di frate Coraggio o Nonna Novecento. Lì correva il rischio di essere cestinato da qualche cretino, oppure di attendere giorni prima che un vero cronista se ne accorgesse.
Ecco quello che gli serviva: un cronista. Il racconto, in mano sua, avrebbe potuto entrare nelle Services Area di tutto il mondo anche il giorno stesso. Inoltre il giornalista, se non addirittura tutta la redazione, si sarebbe messo subito all'opera alla ricerca di prove e di riscontri. Il guaio era che non ne conosceva.
Poi gli venne in mente.
Rosy, l'amica di Pedro. L'aveva vista una volta sola. Si era tenuto a doverosa distanza, un po' perché non era il suo tipo, un po' perché, da quel punto di vista, temeva seriamente il messicano.
Comunque le era parsa una ragazza sveglia ed intelligente. Oltre che una discreta hacker. Inoltre, ed era quello che contava, visto il lavoro che faceva, doveva sicuramente conoscere qualcuno che potesse fare al caso suo.
Jack attese che si stabilisse il collegamento con il Modello, e digitò un login falso, che aveva preparato il giorno prima. Il Modello lo accettò per buono e gli diede l'accesso in Rete.
Niente comunicazioni vocali, troppo lunghe e intecettabili. Williams aveva compresso il file che conteneva il dossier e lo inviò con un unico pacchetto schermato verso la casella postale della Archetti.
Poi preparò il secondo pacchetto ed iniziò a digitare il numero delle chiamate d'emergenza per la Polizia.
Non lo completò. Un microdardo gli esplose alla base del cervello causandogli una morte pressochè istantanea. La donna in tuta blu gli si era avvicinata in completo silenzio. Reggendo ancora in una mano il lanciadardi, non più grosso di una comune biro, afferrò con la mano libera l'uomo, accompagnandolo nella caduta.
Si guardò intorno. Nessuno. La piccola saletta era vuota. Dal resto del locale quella zona non era visibile. L'uomo era morto senza emettere che un lamento strozzato. L'arma era ovviamente silenziosissima.
Si alzò, prese la consollina, che era rimasta in bilico sul ripiano, la chiuse con calma quasi esagerata e se la mise in tasca.
Con la stessa calma si diresse verso l'uscita del bar.
Qualcuno la osservò di sfuggita, attratto dalle forme del suo corpo atletico. Fuori, su di una vettura posteggiata, l'attendevano due uomini. Uno al posto di guida e l'altro che stava trafficando con i comandi di un deck incorporato nel cruscotto.
Lei, senza dire nulla, prese posto sui sedili posteriori e si sporse verso l'uomo seduto di fronte ai comandi del deck. Lui, senza distogliere gli occhi dallo schermo disse "Aveva già trasmesso un messaggio utilizzando un login finto. Stava per fregarci. L'ho bloccato proprio in tempo".
"Jack Williams non invierà più nessun messaggio a nessuno" rispose la donna, con voce incolore, porgendo la console portatile di Jack al suo compagno.
Lui afferrò la console, con un debole lamento, mentre la vettura si immetteva nel traffico urbano.

XV

"Uao! Questa sì che è fortuna!" L'uomo si agitò sulla sedia. "Twinkler, chiama il nostro amico della polizia. E fagli apparire questo messaggio" Josef Corinni si risistemò meglio sulla sedia. "E intanto fagli un bel backup distribuito. Non voglio correre il rischio di perderlo".
Il sonno era scomparso del tutto. E pensare che appena pochi attimi prima si stava ancora chiedendo come uscire da quella situazione.
Era stato quel riferimento alla polizia, in cui Corinni si chiedeva se doveva chiedere loro di mettere sotto osservazione milioni di cittadini, che gli aveva fatto balenare la soluzione.
Era un terno al lotto. Josef lo sapeva. Ma era l'unica idea che gli fosse venuta. biostimolina o meno: mettere sotto controllo, da parte dei tecnici UNIM, una ristretta cerchia di persone, note alle forze dell'ordine come hacker o affigliati a qualche info-club malfamato.
Assieme ad i suoi più stretti collaboratori ed esperti, aveva messo a punto in quattro e quattr'otto una serie di condizioni. Quando (o se, dannazione) un messaggio od una connessione fosse risultata "interessante" alla luce di queste condizioni, sarebbe stato analizzato. I migliori softwaristi furono tirati giù dai loro letti e messi a lavorare di gran fretta su questo compito. Stranamente, nessuno protestò.
A rigor di termini, era una un'azione illegale. Per poter utilizzare l'A5-4, il codice che permette di decrittare i messaggi schermati occorrebbe un'autorizzazione giudiziaria. Ma Corinni era sicuro che se avesse fatto centro, nessuno si sarebbe lamentato.
E se avesse fallito, oh beh, i problemi sarebbero stati ben altri.
Josef si era atteso di dover aspettare del tempo. Giorni forse. Oppure di non concludere nulla. Invece, pochi minuti prima uno del suo staff gli aveva reindirizzato quel che aveva trovato. Mentre lo schermo si animava, la voce un po' concitata e ancora giovanile del suo sottoposto lo informava della situazione "Capo, guardi qui. Un accesso illegale alla Rete, usando un nome falso. E una richiesta di trasferimento veloce verso un login presente sulla nostra lista".
Due condizioni, aveva pensato. Acceso illegale, con modalità tipiche degli hacker e destinatario un server "indipendente". Si concesse un sorriso. Indipendente, le convenzioni permettevano queste cose. Come se lui non sapesse che in realtà molte di queste attrezzature erano in realtà delle roccaforti hacker.
Vista l'ora, è improbabile si tratti di hackerate normali. Quelli lavorano di notte. Stava per rispondere di seguire la prassi che avevano concordato, quando, d'impulso, aveva risposto "Mmm, passami il task. Me ne occupo io. Grazie".
Lo spazio di fronte a lui si accese nella multicolore interfaccia dell'analizzatore di Rete. Fece appena in tempo ad individuare il punto nella mappa in cui si era collegato il falso utente, quando da questo partì un pacchetto di dati. Pacchetto che, attraversando un ripetitore di zona, venne deviato e sparì subito dopo. Dallo stesso ripetitore giunse una falsa conferma di ricevimento.
Corinni non impiegò più di un secondo a capire. "Hector! Ci sei ancora?"
"Si, capo"
"Hai inserito il logger, vero!" la voce di Josef tremava un po'.
"Si, certo. Ho visto anch'io sparire il pacchetto. Non si preoccupi. L'abbiamo in memoria. Qualche istante e glielo faccio apparire sul monitor. Intanto sarà meglio che dica a qualcuno di controllare quel ripetitore, mi sembra che si comporti in modo un po' losco!"
Josef non aveva ancora terminato un sincero sospiro di sollievo che l'utente misterioso chiede un altro login. Questa volta alla polizia distrettuale.
Cosa diavolo starà combinando l'amico, si chiedeva Corinni. Ma l'amico non trasmise più nulla.
Mah. Ci penseremo dopo. Josef richiamò sullo schermo il messaggio. Una cacofonia di immagini e di suoni sommessi lo accolse.
"Hector, che succede?" sapeva già la risposta.
"è criptato. Questo non fa che confermare i nostri sospetti. Il tipo di codifica è da hacker di razza. Ci vorrà un po' di tempo per decifrarlo. Ma non si preoccupi, non c'è codice che ci resista." il tecnico appariva ora molto più rilassato. Quasi euforico.
Era quando il testo "in chiaro" si era lentamente formato sullo schermo, che Corinni era sobbalzato, intuendo già dalle prime righe l'importanza del messaggio così fortunosamente recuperato.
Ora abbiamo elementi sufficienti, io e la Polizia, per continuare le nostre indagini. Josef si stava rilassando davanti ad una tazza di noncaffè. Peccato solo che non sia stato possibile capire chi fosse il vero destinatario del messaggio. Ma la mappa di reindirizzamento era irraggiungibile, nascosta nelle viscere di quel server.
Peccato davvero. Chissà chi era.

INTERLUDIO VII

"Cosa significa quell'espressione?" chiese la donna, sporgendosi dal sedile posteriore, verso il tizo di fronte alla console, mentre l'auto si immetteva nel flusso ordinato del traffico.
"Che non avresti dovuto chiuderla, la consollina" l'uomo era un po' a disagio, lui era un tecnico e discutere con quelli della squadra d'azione, soprattutto con questa qui, lo metteva in apprensione "Questo ha fatto scattare i meccanismi di protezione che sicuramente un haker come lui ha inserito".
"E allora?" la mano sottile stava accarezzando la guancia dell'uomo. A lui sembrò fredda come acciao lasciato all'aperto di notte. Si agitò leggermente, cercando di sottrarsi alla carezza. Lei sorrise tra sè, consapevole della paura che ispirava nel collega.
"Niente. Solo che dovremo attendere di essere tornati a casa per riaprirla. Qui non ho le attrezzature adatte e rischierei addirittura di farla esplodere." Cercava di mantenere ferma e incolore la voce, temendo di offendere quella tizia, tanto pericolosa quanto bella.
"Vorrà dire che il Grande Capo aspetterà ancora un'oretta" la killer si lasciò andare all'indietro, la schiena colpì lo schienale con un tonfo attutito e lei si mise a contemplare il panorama. Stava letteralmente godendo della paura che quel mollusco provava per lei.
Anche ciò che un tempo era stato Pedro sta contemplando un panorama. Il SUO panorama. Sta guardando il Modello come non l'aveva mai visto. Un brulicare di oggetti e di forme, in perenne movimento nelle tre dimensioni.
O quattro?
O quante?
La parte umana della sua mente si sforza inutilmente di dare un significato a tutto quello che vede, mentre la parte che prima era solamente il Guardiano si accorge che fino a quel momento non si era nemmeno posta il problema di interpretare tutto ciò.
E tutto questo è suo! Il pensiero, tipicamente umano, si espande piano per la mente distribuita del Guadiano. Le varie sezioni si affrettano ad analizzare, correggere, accettare il nuovo input, in un fremito di soddisfazione che attraversa telematicamente mezzo mondo.
Le sinapsi cercano inutilmente di analizzare questa emozione.
Pedro, o quanto resta di lui, percepisce, in qualche modo, una presenza. Jack. Jack Williams. Un nome che proviene da un'altra vita. Un altro mondo. Pedro, il Guardiano, non sa più chi è Jack, anche il concetto di essere umano, come qualcosa al di fuori del Modello è un'idea confusa, un alone indistinto tra le curve di risposta sinaptica.
Ma istintivamente lo osserva. Osserva il suo accesso alla Rete. Osserva il messaggio e ne segue il percorso. La velocità del pacchetto è enorme, ma anche la mente di Pedro ora si muove su un piano completamente diverso da prima. Riesce a vedere il messaggio quando parte, lo vede viaggiare tanto piano da poterlo leggere ed incamerare mentre attraversa lo spazio aperto da un ripetitore all'altro.
Lo vede rimbalzare sui server, come un trenino pigro su degli scambi giocattolo.
E lo vede fermato da qualcosa. Lo ha visto scartare all'improvviso dal suo cammino diritto e sparire. Fagocitato da un grosso cubo nero.
Qualcuno ha rubato il messaggio di Jack.
Non è giusto. Cattivi.
Pedro vi punirà

XVI

La strada scorreva veloce e silenziosa nel caldo del mattino inoltrato.
Altrettanto silenzioso, Antonio Jodari, spinto da uno strano impulso, da quando erano partiti, non faceva altro che giocherellare con la console, ora collegata con il sistema della vettura. Tra sè Antonio si giustificava dicendo che fosse per scacciare la tensione, ma in realtà da quando erano partiti non faceva altro che ripassare varie tecniche e chiamate al Modello non documentate, quelle che solo hacker e operatori dell'UNIM conoscevano. E alcune, forse, nemmeno loro.
Paul lo osservava preoccupato, ma non riusciva a trovare le parole giuste per spezzare il muro che si era formato fra di loro. Anche lui non aveva più aperto bocca dalla partenza. Strinse forte il volante, le nocche bianche per la tensione. E non era per la guida. Gli piaceva giudare e quella strada periferica era quasi deserta, praticamente una pacchia. Mancavano ancora decine di chilometri alla prima autostrada, ma lui non era stanco. Solo impaziente.
Impaziente di arrivare, impaziente di sapere. Impaziente di non vedere più il suo amico in quello stato, qualsiasi cosa dovesse succedere che succeda. Ma in fretta.
Il piede aumentò la pressione sul pedale dell'acceleratore. Kalensky assaporò la dolce sensazione di compressione sullo schienale data dall'accelerazione.
SI attendeva che la regolazione automatica della vettura intervenisse per riportare la velocità nei limiti consentiti. Invece lo accolse un sonoro beep. Decellerò e si voltò verso l'amico, per quanto lo permettessero le necessità della guida.
"Ho lasciato un demone in attesa di notizie che potessero essere interessanti" fu la risposta di Antonio.
Paul decise di non chiedere con quali keyword lo avesse istruito e rallentò ulteriormente l'andatura del veicolo, preparandosi a visionare la notizia.
Dovette, invece, frenare bruscamente per evitare di perdere del tutto il controllo del mezzo. E l'avrebbe perso se il sistema di aiuto alla guida non avesse rallentato senza sbandare, evitando che la vettura finisse sul bordo erboso. Sullo schermetto di fronte a loro due erano apparsi i loro volti!

InterMondi: Viaggio nel III Millennio

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© Luciano Gemme - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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