di: Luciano Gemme
SEZIONE SECONDA
INTERLUDIO III
É passato un certo tempo da quando l'intelligenza risultante dalla fusione della rete neurale e della pseudo-vita del Guardiano ha preso possesso del sistema di Pedro.
Tempo è però un concetto molto relativo, per un computer, in grado di funzionare a velocità quantificabili, e a fatica, in GIPS (un GIPS, come tutti sanno è pari a 1024 MIPS), un secondo o due sono già qualcosa che si avvicina all'eternità.
Il Guardiano non sa bene quanto è passato, secondi, ore, non ha importanza. è in stallo. Si è impossessato di conoscenze utilissime per navigare nel Modello ed aprire tutte le porte, eppure è ancora confinato nei due sistemi, quello in cui è nato e quello nuovo, in cui ha trovato quell'intruso.
A dire il vero insieme all'intruso c'erano anche due unità simul-vive che hanno cercato di convincerlo della loro utilità.
Non avendo istruzioni in proposito le ha cancellate, dopo averne prelevato le conoscenze fattuali contenute.
Curiose conoscenze.
Il problema, analizzato e ricontrollato ormai innumerevoli volte, è su come poter uscire. è importante. Serve per adempiere al compito primario. Priorità principale.
Come un abilissimo ladro chiuso dentro una cassaforte, il Guardiano si trova all'interno di due sistemi super corazzati. Sa che se fosse fuori riuscirebbe a scasssinarli. Ma lui è dentro.
Tutte le locazioni di memoria sono state provate, tutti i registri settati in vari modi, facendo attenzione a non autodistruggersi.
Niente da fare.
Inoltre, alcune sinapsi hanno imparato a calcolare la probabilità di essere annientati se qualcosa o qualcuno si accorgesse di lui. Valore troppo altro. Rischio elevato. Per ridurre il valore occorre espandersi.
Vicolo cieco.
Dolore.
Dolore. Jack riprende conoscenza solo per ripiombare in un universo costituito completamente di dolore. Ogni nervo sembra voler urlare. Poi il dolore inizia, lentamente, a trasformarsi, diventando una sorta di pulsazione calda.
L'uomo lotta per riacquistare padronanza di sè, mentre un suono insistente gli martella le orecchie, rese sensibili dall'iper attività nervosa. Dalla finestra senza tendine un raggio di sole, ancora basso sull'orizzonte di edifici, illumina di traverso la stanza.
Poi inizia a ricordare, la visita a Pedro, l'oggetto che Jodari starebbe preparando, l'idea di Pedro di fare di testa sua, e per ultima, la frusta impugnata da quel grassone. Pedro!
E con la mente incentrata su quel nome, Williams sforza gli occhi a mettere a fuoco il mondo circostante.
Pedro! Riverso sul pavimento, sanguinante. è morto. No, lentamente, ma respiri, porco. Dovrei ucciderti per quello che hai fatto. Poi la rabbia e la sorpresa cedono il posto ad altri pensieri.
Primo: grazie, bastardo! Avevo proprio bisogno di un colpo di frusta. Jack cerca di alzarsi, ma la manovra gli pianta miriadi di spilli nelle gambe. Crolla sulle ginocchia e poi a faccia in giù.
Secondo: chi o che cosa ti ha conciato in questo modo? Si issa sui gomiti, ora gli spilli hanno lasciato il posto ad un formicaio che scorre sotto la pelle. Byte fottuti! Sono Loro, Loro. è ovvio, noi osserviamo Jodari, loro osservano noi, possibilissimo.
Si alza, le gambe immerse nel piombo fuso. Devo fuggire, scappare. Il suono continua a martellargli i timpani. Il suono, quel suono. Una chiamata vocale attraverso il Modello (una telefonata, insomma). Chi può essere a quest'ora?
Senza attendere che la mente completi la risposta, si avvia verso la porta, zoppicante. Lasciando dietro di se un essere umano in coma ed una console a cui è giunta una chiamata dall'esterno.
IV
Il volto, dal pesante trucco bianco flourescente, in gran
parte rovinato, era illuminato dalla luce azzurrina che
proveniva dall'ologramma sopra la console.
Katy Archetti stava tormentando la lunga treccia bionda che
le scendeva da sopra l'orecchio sinistro. Il resto del
cranio era coperto solo da una corta peluria viola.
"Rispondi, grassone. Lo so che ci sei, chissà quali
porcherie hai già combinato, e senza di me, oltretutto. Ma
adesso ho bisogno di te. Ho avuto una nottata terribile e ho
voglia, oltre che del tuo enorme corpo anche di una testa
che pensi con cui parlare. Con quei finocchietti dei miei
clienti non si può fare un discorso sensato. Saranno pure
dirigenti e imprenditori, ma a me sembrano tutti un branco
di imbecilli".
Fece un gesto brusco con la mano, interrompendo la chiamata
"Ah, che ti sto a chiamare? Probabilmente sei imbottito di
Bio, o di alcool, come al solito".
Seccata, la ragazza si avviò verso la cucina. Non si
accorse che la console aveva iniziato una serie di chiamate
alla Rete. Apparentemente senza che nessuno la stesse
attivando.
V
La piccola foresta era ancora avvolta nelle ombre che un sole nascente stava cercando di fugare. Il suolo era lievemente in pendenza e formava una valletta, in cui scorreva un limpido ruscello, attraversato, qua e là da leggeri ponti ad arco.
Grossi e contorti alberi impedivano al paesaggio di avere alcunchè di ripetitivo.
Tutt'intorno, abilmente camuffati, sorgevano i vari edifici della Facoltà di Telematica, Dipartimento Ricerche Avanzate.
Il silenzio regnava sovrano, la gran parte dei ricercatori non era ancora arrivata e alcuni giardinieri, mansione svolta spesso da studenti o dottorandi appassionati di cultura orientale, potevano godersi il mormorare del ruscello tra i sassi e la fresca aria del mattino.
A turbare questa quiete, l'inequivocabile, fastidioso rumore di una vettura a combustione interna. Le leggi pro-Gaia, sempre più assillanti, e, ancora di piu, l'ostilità crescente dell'opinione pubblica avevano di fatto estinto tale mezzo di locomozione.
Ne venivano costruiti solo pochi modelli, per esigenze particolari. E pure questi pochi erano tenuti, comunque, sotto la stretta sorveglianza di rigidi controlli.
Quello che stava avanzando verso il piazzale era una di queste eccezioni; un grosso pick-up fuoristrada: veicolo a cui si richiedono doti di potenza e traino ancora irraggiungibili dai motori a celle ad idrogeno.
Paul guidava assaporando l'aria fresca sulla faccia. Non gli dispiaceva, come invece sostenevano molti, il cupo brontolio selvatico del 16 cilindri Sterling. Anzi, gli sembrava risvegliasse in sè, richiamandolo dai meandri del cervello ancestrale, un qualcosa di irrequieto, di indomito. Un selvaggio desiderio di potenza.
Senza prestare molta attenzione ai codici di silenzio che i conducenti di mezzi a combustione erano tenuti a rispettare in centri abitati (tanto, al massimo, qui c'è una sola persona che sta dormendo; e se dorme, quella persona deve svegliarsi) diede una brusca accelerata mentre svoltava per immettersi nel piazzale. Il motore rispose con un rombo possente.
Scalò di marcia (altro rombo) per posteggiare proprio di fronte al portone. Era un cambio manuale, di quelli di una volta. Anche questo era un anacronismo che però piaceva molto alla ristretta cerchia di appassionati di cui Paul faceva parte. Lo faceva sentire più alla guida del mezzo. Se fa tutto quello scatolotto nero dentro il cruscotto, mi dici che divertimento c'è, soleva pensare. Tanto vale mettersi in auto-guida.
La manovra fu seguita dallo sguardo severo e corrucciato di un giardiniere, seminascosto dietro l'acero palmato che stava curando. Mentre scendeva, Paul intravide la figura con la coda dell'occhio. Era abituato a quegli sguardi che lo fissavano. Ancora una volta si chiese se era vera disapprovazione, o, in fondo, c'era anche dell'invidia. Era infatti convinto che, anche se solo pochi, come lui, osavano ammetterlo, la passione dei motori era ancora presente in molte persone.
Salì la breve rampa di fronte al portone a passo veloce. Giunto in cima si fermò un attimo per aspirare una boccata della fresca aria mattutina. Si sentiva frizzante, anche se, vista la notte passata praticamente in bianco, avrebbe dovuto avere un sonno bestiale. Probabilmente mi verrà fra un po'. Ma che mi frega! Lui e Antonio avevano continuato a studiare e a fare progetti sull'innovativa rete neurale fino alle ore piccole. Poi lui era riuscito a staccarsi e ad andare a casa con la scusa di dover ancora finire le valigie. Prima di partire aveva estorto all'amico la promessa di coricarsi un paio di orette. Antonio aveva promesso, ma Paul, per dare più peso alle sue parole gli aveva estratto la brandina che faceva praticamente parte della dotazione standard degli uffici. Anche l'ufficio di Kalensky ne aveva una che lui utilizzava abbastanza spesso, non tanto come Jodari, comunque. La vita da scapolo, pensò, permette anche queste leggere sregolatezze.
I suoi passi risuonarono leggeri, pur nel silenzio dell'atrio deserto. Deserto mica tanto, eccolo già lì, il tipo. Evidentemente non hai seguito il mio consiglio.
"So cosa stai per dirmi" lo precedette Antonio "Nonostante quel che pensi, sono andato a dormire, ma ho fatto in modo di essere già sveglio all'ora che tu saresti arrivato".
Jodari andava molto orgoglioso di questi piccoli particolari, come il sopportare la fame o il sonno, o svegliarsi esattamente all'ora stabilita, che, a sentire lui, esprimevano il controllo che il suo Darhma esercitava sul fisico.
Paul finse di ignorare la cosa, così come finse di ignorare che, mentre lo aiutava con le valigie, il suo amico si era tenuto per se una valigetta che reggeva con particolare attenzione. Credo proprio di sapere cos'è. Non è il caso di litigare, non ora.
"Hai sempre quel mostro" disse Antonio, in piedi in cima alla breve scalinata, una valigia per mano, appena giunto in vista del fuoristrada di Kalensky "un giorno o l'altro li proibiranno del tutto. E la colpa sarà anche tua e di tutti quelli che li comprano, spendendo un sacco di soldi, oltretutto, solo per andare a divertirsi".
Paul sospirò mentalmente. Avrebbe voluto rispondergli che quel mostro, come lo chiama il signorino, lo sta per portare in vacanza. Grazie sempre allo stesso mostro possiamo avere un mezzo con cui tornare rapidamente in caso di emergenza.
Si rivorse invece alla vettura e le disse "Motore". In risposta la vettura si mise in moto con una scoppiettante esplosione iniziale. Osservò compiaciuto il piccolo trasalimento dell'amico.
Poi disse solo "e se poi li vietassero, amen, che ti devo dire, andremo in vetturetta fin dove può e poi ...a piedi " accompagnò le parole con indice e medio che mimavano una camminata.
Jodari guardò la massa composta da valigie, tenda e fornello che riempivano buona parte del vano di carico del pick-up e decise che dopotutto, le auto, qualche lato positivo ce l'avevano ancora. Salì in macchina, mentre Paul si sistemava al posto di guida e attivava la mappa rete-satellitare, unica concessione alla tecnologia moderna presente sulla vettura.
La loro partenza fu seguita dal giardiniere di prima. Il quale, dopo alcuni secondi, scosse la testa e continuò il proprio lavoro.
Mentre si recavano verso la meta prescelta per le loro vacanze, per la differenza di fuso orario, in Europa la giornata di lavoro era appena terminata. In realtà il termine "giornata di lavoro" ha ormai perso quella valenza che aveva fino al ventesimo secolo. Grazie alle possibilità offerte dalla Rete e al progresso della tecnologia nel campo della robotica, se da una parte il numero di lavoratori impiegati per mansioni fisiche è drasticamente diminuito, dall'altro la gente può sempre di più svolgere il proprio lavoro a casa propria.
Di conseguenza il grosso del lavoro, soprattutto per ci` che concerne il terziario e la ricerca (vale a dire più dell'80% dei lavoratori), viene svolto tra le pareti domestiche o, addirittura, nelle Isole più "in", all'aperto, nei numerosi e curatissimi parchi pubblici.
Al vecchio "posto di lavoro" ci si va più che altro per i meeting, per i brainstorm e le riunioni. Benchè le tecniche di Realtà Virtuale siano ormai avanzatissime e possano egregiamente adempiere, come spesso fanno, al compito di far comunicare tra loro gli esseri umani senza che questi si debbano spostare realmente, quando c'è tempo e la questione è sufficientemente importante si preferisce incontrarsi di persona. Evidentemente, inconscio in tutti noi c'è un sistema di comunicazione non verbale che ha bisogno della presenza fisica, delle piccole espressioni, della gestualità non solo delle mani, ma di tutto il corpo. Alcuni, riferendosi al bisogno di incontrarsi di persona (soprattutto per affari importanti) parlano della necessità di "annusare" gli altri.
Antoine Daffault stava appunto tornando a casa da un incontro di lavoro. In realtà a lui non pareva molto importante, ma il suo capo era di parere diverso. C'è il nostro amico russo, aveva detto, che era venuto apposta da GorbyGrad e ci teneva a conoscerli di persona.
perché, che differenza c'era poi? Pensò un po' scocciato. Una buona olo va benissimo e ti fa risparmiare tempo e disagi.
"Lo sai come sono i Russi" disse a voce alta scimmiottando il suo principale "sono così all'antica, è venuto apposta. E poi, dopo tutti i guai che ci hanno fatto passare, è meglio tenerceli buoni!" Come odiava il suo capo, quando faceva questi discorsi.
"Come ha detto, scusi? Vuole un report sull'evoluzione della regione europea denominata Russia, attualmente ex-Repubblica Monarchica Zarista Russa? " La voce non apparteneva ad un essere umano, ma al sistema di controllo della vettura.
"No, scusa. Non mi stavo rivolgendo a te. Stavo parlando da solo".
La macchina tacque. Antoine pensò che nella stessa situazione, di li a qualche anno, la vettura, probabilmente, gli avrebbe anche chiesto come mai stesse imitando il suo superiore. Lui era un esperto di sistemi di controllo di apparati, era il suo lavoro. Benchè la sua ditta aveva una tradizione di controllori "freddi", come si diceva in gergo, ma molto efficienti, Daffault sapeva che alcune ditte concorrenti avevano preso l'abitudine di imbottire i loro sistemi con quantità sempre più massiccie di pseudo-personalità . Molto attive erano anche le ricerche per introdurre capacità di fare commenti più o meno spiritosi, comprendere le banalità e i luoghi comuni. A molti piaceva. Personalmente preferisco un buon sistema che faccia il suo lavoro senza dirmi delle scemate, se piove lo vedo da me, non è il caso che un grumo di bio-chip mi dica "però il tempo è veramente pessimo, ah, non ci sono più gli autunni di una volta".
Cercò di distrarsi osservando il paesaggio.
Dopo un po' si mise a confrontare quello che vedeva dai finestrini con l'immagine artificiale ottenuta dalla sovrapposizione della mappa della zona con le riprese e i dati che giugevano, istante per istante, da uno dei satelliti GPS o Iridium II. Al centro dello schermo un puntino rosso segnava la posizione mentre altri puntini blu, a distanza di sicurezza, identificavano altre vetture.
Indugiò su di una serie di linee concentriche di color marrone chiaro. Quelle lì devono essere quelle collinette laggiù. Stava guardando fuori dal finestrino, quando un forte sibilo accompagnò lo sfrecciare di una vettura nella corsia di senso opposto. I motori elettrici non fanno praticamente rumore, ma un incrocio a quasi 500Kmh si sente, pensò. Quando faceva mente locale non poteva non essere un po' in apprensione pensando alla velocità a cui stava muovendosi, a contatto con il suolo, per di più.
Un cicalino lo distolse. Era una chiamata. Una piccola porzione dello spazio sopra il cruscotto si animò mostrando il volto della moglie.
Appariva preoccupata.
"Claire, che hai!"
"Oh, caro, stai tornando, vero? Cerca di sbrigarti. Qui succedono cose strane".
Antoine stava per interrompere la moglie, ricordandole che in un autostrada NON si può fare più veloce. Poi si trattenne e la lasciò continuare.
Non ottenendo spiegazioni aggiuntive, dopo qialche istante continuò "Che razza di cose strane?"
"Mah, un po' di tutto. Ha iniziato il frigorifero, che si è dimenticato di ordinare il latte"
Daffault lasciò andare un sospiro, non si era nemmeno accorto di averlo trattenuto. "Tutto qui, avrai dimenticato di fargli vedere la banda a codice quando l'hai preso"
"Ohh, non ti mettere a fare il superiore, lo sai che lo faccio sempre, e comunque il frigo avverte se ci si dimentica, 'Avete prelevato qualcosa, posso essere informato della natura del prelevamento, per favorè "Pur cercando di imitare la voce un pò nasale dell'elettrodomestico, in Claire non c'era allegria.
"Una volta o l'altra dovresti dirmi chi l'ha progettato" Il frigo è prodotto dalla ditta dove lavora suo marito ed era un tipico esempio di controllore freddo. A lei non era mai particolarmente piacuto.
"Potrebbe essere stato il piccolo" ipotizzò lui, ben sapendo, mentre lo diceva, che suo figlio non era grande abbastanza da arrivare ad attivare l'apertura della porta.
"Può essere" tagliò corto lei "ma le luci, come le spieghi?"
"Quali luci?"
"Tutte! Si sono messe ad accendersi e spegnersi a caso per un bel po'. Poi hanno lampeggiato un due o tre volte assieme".
"E poi?" L'uomo si accorse di avere i muscoli leggermente contratti.
"E poi niente, si sono calmate. Però una volta una porta si è aperta da sola e quel che è peggio è che l'impianto hi-fi ha perso tutte le memorizzazioni. L'ho acceso e si è messo a gracchiare; su un solo canale per di più !" Sembrava sul punto di piangere.
"Calma. Per lo stereo ho una copia di tutto su una piastrina, da qualche parte. "Il suo sguardo venne attratto da una cifra in blu lampeggiante "Tra un po' sono lì. Poi se è il caso, dall'auto triangolo in ufficio e analizziamo cosa c'è che non va. Si metterà tutto a posto. Vedrai"
Mentre gli occhi seguivano la cifra blu decrescente, aggiunse "comunque, per precauzione, tu e il bambino sedetevi sul divano e non utilizzate nessun apparecchio."
Il volto della moglie scomparve ed il cruscotto tornò normale.
Daffault si sistemò meglio nel sedile dell'auto, mentre il volante assumeva la posizione di guida.
Fino a quel momento la vettura aveva viaggiato in auto-guida. Sotto l'autostrada tre bande trasmissive guidavano l'auto come se si fosse trovata su delle rotaie.
L'intelligenza a bordo della vettura, grazie al collegamento in Rete, aveva fatto il resto mantenendo la velocità costante e una distanza adeguata dalle altre vetture.
Ora occorreva uscire e ritornare alla guida normale. "Ha riposto tutto, signore? Tra dieci secondi passerò in corsia di uscita" avvisò il mezzo.
"Tutto a posto, vai pure" l'uomo si afferrò con le mani al volante, ancora inoperante, preparandosi alla decellerazione.
Qualche istante dopo, l'auto si spostò a destra, iniziando a rallentare fino a raggiungere i 60 kmh. Le cifre erano diventate rosse e correvano verso lo zero.
"Dieci secondi alla guida manuale. è pronto? L'autoguida la lascierà duecento metri prima della vera uscita." informò la vettura.
Sì, sì, pensò Antoine, so tutto, Cristo, perché non te ne stai zitta. In effetti il guidare manualmente non gli era mai piaciuto molto, ed il passaggio dalla comodità dell'autoguida a quello lo innervosiva abbastanza. Purtroppo, nonostante tutte le ricerche, non era ancora possibile far viaggiare in maniera autonoma un mezzo, a velocità normale, su di una strada normale, in mezzo ai normali accadimenti ed imprevisti. Occorre anche considerare che l'opinione pubblica, comprensibilmente, non si è mai mostrata molto favorevole ad un mezzo completamente autonomo su strade percorse da bambini, da pedoni e ciclisti (sempre più numerosi, sia per le campagne Gaiane che per il salutismo, ormai diventato praticemente un obbligo sociale).
Questo non voleva dire che la vettura abbandonasse il guidatore umano del tutto al suo destino; c'era sempre l'assistenza data dalla mappa che informava sullo stato del traffico e sceglieva il percorso migliore. Inoltre parecchi sensori e dispositivi di vario tipo permettevano di rendere molto improbabili gli incidenti.
Umano e macchina si lamentarono un po', ogniuno a suo modo, mentre la velocità scendeva rapidamente. Poi Daffault sentì vibrare il volante tra le mani e seppe di essere tornato un guidatore. Sul vetro erano apparse due linee verticali che andavano avvicinandosi.
Imboccò la rampa di uscita, sterzando nel preciso momento in cui le due linee vennero a contatto. Appositi sensori misuravano la distanza dai due guardrail e lo avrebbero corretto se la vettura si fosse avvicinata troppo ad uno o all'altro durante lo spiraleggiare della rampa.
Era fuori. Ovviamente, tramite il Modello, la Società Autostrade sapeva perfettamente quale e quanta strada aveva percorso la vettura e di chi fosse. L'importo sarebbe stato addebitato direttamente. La società senza moneta era già una realtà.
Terminati i guardrail della rampa, i sensori di prossimità servivano solo per evitare incidenti, ma erano inutilizzabili per la guida. Ora occorreva guidare veramente. La mappa, già programmata, mostrava il percorso fino a casa. Non c'erano ingorghi, anche se il traffico era abbastanza intenso.
Una grossa freccia apparve sul vetro, mentre un'altra segnalazione lo avvertiva di un semaforo rosso a duecento metri. La strumentazione lo avrebbe scortato fino al termine dell viaggio.
Non ci ho mai fatto caso ma se un giorno dovessi rifare questa, o altre strade, senza guida non lo so se ne sarei capace. La catena di pensieri, che indubbiamente passava per i misteriosi fatti di casa sua e che l'aveva portato a quella conclusione, gli fece decidere di chiamare sua moglie.
Un po' impacciato dalla necessità di guidare, si arrischiò ad attivare il collegamento con casa sua. Nulla, nessuno rispose. Strano.
L'ansia di arrivare gli fece commettere uno o due "quasi" incidenti, prontamente neutralizzati dai sistemi delle vetture interessate, ma che gli attirarono sguardi di fuoco da parte degli occupanti degli altri mezzi.
Appena a casa saltò giù di corsa, sperando che il sistema di posteggio nel garage dell'abitazione funzionasse ancora e si diresse verso la porta d'ingresso.
Anche questa sembrava non funzionare, il piccolo schermo sopra il campanello non si attivava. Da dietro la porta, Antoine sentiva la moglie cercare di aprire manualmente, dai rumori che giungevano appariva chiaro che la donna era sull'orlo di una crisi di nervi.
L'uomo stava già pensando se fosse possibile sfondare una finestra per entrare, quando vide che sullo schermo del citofono era apparso il volto di un cavaliere medioevale, che lo stava guardando con disprezzo.
"Intruso !" disse la figura nello schermo, che, pur essendo di ottima qualità, denunciava, all'occhio esperto, la sua natura artificiale.
Un lampo di comprensione attraversò il volto del francese. Se la mia idea è giusta, basta convincerlo di chi sono.
E sperare.
"Non sono un intruso, questa è casa mia. Il mio nome è Antoine Daffault, tessera unificata IPR-324511-K" recitò a memoria il codice di identificazione mondiale, mentre cercava di mantenere la voce più salda possibile " e questa è la mia piastra " inserì una sottile lamina di plastica nella fessura sotto lo schermo. La mano gli tremava leggermente.
L'espressione del cavaliere si era leggermente addolcita "Come faccio ad esserne sicuro".
"Benedetto essere, controlla pure. Sul chip trovi dei dati che puoi controllare sul Modello, puoi linkarti con l'ufficio e, per quanto riguarda la casa, guarda anche qui sul Modello, i codici degli oggetti relativi li trovi sempre sulla piastrina personale" Ora Daffault era impaziente, aveva fretta di entrare e di calmare la moglie. Fretta di sapere come si sarebbe comportato quell'essere che, in pratica stava tenendo in ostaggio sua moglie.
Da oltre la porta Claire stava urlando per farsi sentire.
"Ancora un attimo di pazienza, cara. Stai tranquilla" le rispose il marito, urlando anche lui.
"I miei rispetti, messere. E mi perdoni, ma il mio compito è di fare la guardia e stavo solo cercando di svolgere al meglio il mio lavoro" Il cavaliere ora appariva ossequioso, quasi in imbarazzo.
"Va bene, va bene. Ma ora tornatene da dove sei venuto, e lascia in pace gli oggetti di questa casa" Solo ora, col crollo della tensione, si accorse che gli tremavano le gambe.
"Sarà fatto, signore" il volto scomparve e lo schermo mostrava ora l'interno della casa. Antoine intravide la moglie vicino alla porta.
Un attimo dopo la porta si aprì. Claire gli si gettò al collo
"Avevo tanta paura, una casa che ti si rivolta contro è,è terribile".
Lui le accarezzò la schiena e i capelli "Su, su è finita"
In ditta avranno molto da spiegarmi, questa è sicuramente opera del nuovo ICE che hanno messo di guardia ai dati che ho in casa!
Non riesco proprio a spiegarmi cosa diavolo gli è preso.
Oh, se mi sentiranno!
Si rendono conto di quello che può fare una pseudo-vita come quella, all'interno del Modello, e completamente fuori controllo?
Tutto!
Praticamente tutto ciò che voglia!
VI
L'ufficio era grande e spazioso. Dietro la grossa vetrata si estendeva una splendida vista sulla campagna circostante. Ma non lo si poteva definire lussuoso. Funzionale, era la parola giusta.
Come funzionale era il grosso deck cubico disposto di fianco all'ampia scrivania.
Ma l'attenzione di Josef Corinni era tutta accentrata sull'immagine tridimensionale che capeggiava sulla scrivania e che si estendeva oltre i bordi di questa. Guardando al suo interno si aveva l'impressione che l'ufficio ospitasse un certo numero di altre scrivanie. Fece passare lo sguardo sulle persone che si trovavano dietro quelle scrivanie e tornò a posare gli occhi su un foglio che pareva trovarsi poggiato sul piano della propria scrivania. Pareva, infatti era esso stesso parte della simulazione in atto, benchè quando allungò una mano per afferrarlo, questo reagì appropriatamente. Josef lasciò il simul-foglio inclinato di 30 gradi, qualche centimetro dal piano.
"Bene, sembra che ci siamo tutti" chi aveva parlato era un uomo di colore che aveva superato la mezza età e anche il peso forma. Essendo il Presidente della UNIM, ovvero dei Supervisori del Modello, spettava a lui aprire la riunione.
"Prima di proseguire, mi pare utile mettere in chiaro alcuni punti inerenti la questione che dobbiamo trattare".
Un tipo ancora più grasso del Presidente e che indossava una vistosa divisa militare si mosse sulla sedia chiaramente contrariato di trovarsi lì.
"Voi tutti conoscete Josef Corinni, mio collaboratore e Direttore del reparto Ricerce" Tutti si voltarono a guardare. Voi però non vi conosco, non tutti, almeno, pensò Josef, e io odio non sapere con chi ho a che fare. Soprattutto in una situazione come questa. Corinni restituì lo sguardo, sforzandosi di sorridere. Non era molto portato per la diplomazia e i giochi di potere, solitamente se ne occupava il Presidente. Non era nemmeno portato per le interazioni sociali. La definizione più gentile che ne davano gli amici era "orso".
Figlio di italiani, tra i tanti che avevano dovuto lasciare il paese, quando le cose avevano cominciato ad andare sempre peggio, aveva lottato per ottenere quello che aveva, ed era abituato ad andare dritto all'obbiettivo.
Si sforzò, comunque, di interpretare al meglio la sua parte. Sorrise ad Anna Baulew, che conosceva solo di vista come Rappresentante del Consiglio Dell'Alleanza, una sorta di governo mondiale. Era sicuramente un personaggio molto importante. Salutò con un gesto i Supervisori Capo delle tre Grandi Aree dell'Alleanza, che già conosceva come colleghi. Paoline Orovich, Supervisore Capo per l'Area Est, formosa rappresentante della stirpe caucasica, rispose al saluto ammiccando leggermente. Josef sapeva, dai pettegolezzi dei colleghi, che la Orivich aveva un debole per lui.
Nel caso del Vice Capo per la Sicurezza del settore Stati Uniti, Josef si limitò ad un garbato cenno di saluto.
Non sapeva invece che contegno tenere nei confronti del militare grasso che dava segni di impazienza e di un tizio, alto e secco, vestito in modo impeccabile, alla FBI, e che non ricordava di aver mai visto. Lo trovò subito antipatico.
Il suo capo non ritenne necessario eseguire le presentazioni inverse e, notò Corinni, pareva evitasse di guardare nella direzione del tizio magro. "L'ingegner Corinni ha notato alcuni accadimenti recenti la cui natura appare poco chiara. non appena informato, ho ritenuto mio dovere estendere questa conoscenza anche a tutti voi".
Stai ancora evitando di guardare il tizio magro, e se conosco bene il vecchio Ben questo significa che sa chi è quel tale e non l'ha certo invitato lui.
"Mi scuso intanto di aver approfittato di tutti voi e spero proprio che da questa riunione possano venire i chiarimenti necessari a ridurre questa faccenda ad una mera scocciatura. Comprenderete, però, che data la natura della questione, questa vada affrontata in maniera collegiale".
Josef guardò il capo di traverso. Quel tipo mi sta addossando la colpa di aver scomodato tutta questa gente? No, ripensandoci decise che era solo diplomazia, Ben ci si trova a proprio agio, al contrario esatto del sottoscritto.
Se non la smette, comincio anch'io a comportarmi come il nostro generale, Josef guardò il militare, che nel frattempo aveva deciso di respirare il meno possibile, evidentemente per ridurre il caldo che certo, quella massa di lardo e la divisa impeccabilmente allacciata dovevano comportare.
Automaticamente, Josef pensò di riflesso al proprio corpo che si sforzava di mantenere in forma e agile, nonostante l'avanzare degli anni.
"Ecco, in sintesi, i fatti riscontrati e le ipotesi che noi dell'UNIM riteniamo debbano essere prese in considerazione". Ancora una volta Corinni non potè fare a meno di scoccare un occhiata al vecchio Ben. Cristo, capo, ho praticamente fatto tutto da solo, e tu mi vai a dire "noi". Bè, se non altro, questo significa che mi appoggi completamente (nonostante quello che ho pensato prima). Bene, noi contro loro. Ora sì che ci siamo.
Mentre Corinni pensava, sulle scrivanie dei presenti era comparso un succinto dossier (virtuale, come il foglio che già si trovava sulla scrivania di Josef). Tutti iniziarono a leggerlo con evidente interesse. Josef gli diede solo un'occhiata, l'aveva scritto lui, quel rapporto.
Fu la Baulew, sempre impeccabile nel suo tailler che ben si adattava alla sua mezza età, a rompere il silenzio che si era formato.
"Ingegner Shaka" Josef notò che si era rivolta al suo capo, anche se doveva apparire chiaro che non era lui l'autore del rapporto "i fatti che qui presentate non possono essere, per così dire, frutto del caso ? Mi spiego meglio, non è che cose del genere accadono sempre, e che solo adesso, per qualche circostanza, se n'è verificata una serie un pochino più numerosa del solito ?"
Dopo un rapido scambio di occhiate (il volto di Ben Shaka brillava nella proiezione olografica di riflessi blu, tanto il suo nero era intenso, notò Corinni) Josef rispose "No, signora. Queste anomalie di solito non avvegono. Certo il Modello è enormemente complesso, e nessuno può dire di conoscerlo alla perfezione. Ma le assicuro che è ben corazzato. Il fatto poi che la serie, come la chiama lei, sia piuttosto nutrita, ci permette di escludere l'ipotesi della fatalità".
La rappresentante politica continuò "Lungi da me l'dea di accusare chicchessia, ma" sembrava riluttante a continuare, ma Josef era convinto si trattasse di pura dialetttica, un'arte sicuramente molto sviluppata tra i politici e che Josef odiava "non si può pensare che il tutto nasca da qualche mancanza o leggerezza di chi è deputato alla gestione del Modello?"
Shaka, impassibile, prese la parola "Signora Rappresentante, di certo Lei sa a quanti e quali controlli qualitativi il personale addetto alla gestione è sottoposto. Inoltre il Modello stesso, per sua natura, previene gran parte degli errori, anche madornali, che possano essere commessi" Aveva parlato pacatamente, senza alterazioni, ma il suo sorriso era scomparso. Bravo, questo è proprio il tuo campo. Io le avrei già risposto come si merita.
Ma la Baulew era restia a mollare la presa "daccordo, però ammettendo un dolo da parte di qualcuno che conosca molto bene il Modello." Lasciò volutamente la frase a metà. Ben Shaka respirò profondamente prima di rispondere. "Un dolo è sempre possibile, ma ripeto che il Modello è in grado di badare a se stesso, inoltre se ha qualche accusa da fare questo non è nè il luogo nè il modo. Abbiamo un problema e vediamo di affrontarlo!"
Josef si stupì della tirata dell'altro. Deve avere un diavolo per byte, per rispondere in questa maniera. Poi si sentì in dovere di correre in aiuto del suo superiore. "Signora Baulew, in effetti ci sono stati casi di bugs di sistemi e di applicativi che hanno portato a malfunzionamenti. Ma questi sono sempre stati di natura locale e circoscritta. Inoltre, per quanto ne sappia io, nessuno qua alla UNIM è mai stato coinvolto in affari meno che puliti. L'operato di ogni persona è troppo sotto il controllo di altri perché possa farla franca. Senza contare, come ha già precisato il signor Ben Shaka, la robustezza del Modello stesso".
Ormai si stava scaldando "Se proprio vogliamo accusare qualcuno, gli unici ad avere libertà di azione siamo noi delle Ricerche. Naturalmente garantisco per tutti i miei ricercatori, e sono pronto a dare le dimissioni nel caso che.."
Ben gli lanciò un occhiata tra il torvo e il preoccupato. "Nessuno le ha manifestato la minima accusa, signor Corinni" il generale prendeva la parola per la prima volta "ma lei deve comprendere che essendo la faccenda preoccupante per la sicurezza pubblica, occorre prendere in considerazione tutte le ipotesi".
Ci sapeva fare, la sua voce era calma e forte e contribuì a calmare gli animi. "Dunque, signor Corinni, lei cosa pensa che sia?" esordì, dopo una breve pausa, il Vice Capo per la sicurezza degli Stati Uniti.
"Un virus" rispose freddo Corinni. Attendeva la domanda e si era esercitato su come dare la notizia, poi aveva optato per la doccia fredda. Non c'era altro modo,aveva deciso, per annunciare il supremo incubo di tutti quelli che avevano a che fare col Modello.
Nel silenzio che seguì, potè continuare come aveva preparato "Non perdete tempo a chiedermi tutti quanti se ne sono sicuro. Si, ne sono sicuro. Non so come, ma qualcuno c'è riuscito. Sul chi e sul come, è lavoro nostro e lo scopriremo. Quello che chiedo da voi è la massima collaborazione da parte delle autorità di polizia. E il massimo segreto sulla faccenda. è inutile che vi ricordi cosa significherebbe se la notizia trapelasse".
Osservando i presenti, Josef capì che avrebbero fatto qualunque cosa, ma era anche conscio di avere poco tempo perché il mantenere il segreto era una pia illusione. E non sapeva per quanto sarebbe durato.
I partecipanti sganciarono il contatto uno alla volta. Tesi e preoccupati in volto.
VII
C'era nel paesaggio qualcosa che comunicava una pace, unarenità ed una comunione con la natura che solo gli ambienti ancora selvaggi riescono a dare. Il ripido pendio era una fuga ininterotta di abeti ed altre conifere che scendevano verso il fondo valle. Là, dove il bosco terminava, lasciava spazio a prati verdi ed ad un tormentato ruscello, il corso ingombro dei grossi massi caduti dalle cime circostanti.
L'aria era fresca e odorosa di resina, Paul stava contemplando mentalmente tutto questo, seduto di fronte alla tenda, mentre lo sguardo indugiava sulle roccie delle cime, arrossate dall'ultimo sole calante.
Lo scozzese cercava di imprimersi tutto questo nella mente, di vivere questi momenti il più intensamente possibile. Nei primi tempi della sua amicizia con Antonio, quando per la prima volta erano andati a fare una gita come questa, Paul si era aspettato di vedere Antonio rimanere seduto su una pietra per ore a meditare sul paesaggio o sulla Natura o su chissà quale diavoleria orientale. Poi aveva capito che, per qualche dono divino, molti della stessa razza di Antonio riescono a vivere un ambiente, una situazione senza per questo fare di tutto per darlo a vedere. Antonio si alzava, preparava il caffè, lavava le tazze, ma ogni suo atomo vibrava in sintonia con il bosco e con le montagne che lo circondavano. Molto di più di quanto riusciva a fare lui quando si metteva nello stato canonico di meditazione (posizione, respiro e via dicendo). A volte si chiedeva se tutto l'affannarsi di lui come di altri occidentali, sempre più conquistati dalle dottrine orientali non fosse vano.
Forse quei popoli sono davvero riusciti a preservare qualcosa, riguardo al contatto tra uomo e creato che noi abbiamo perso forse per sempre, stava pensando, quando un brusio alieno al posto quanto un australopiteco nelle aule della facoltà lo riportò con i piedi per terra.
Sarà, si disse, però, qui e ora, questo orientale ha deciso di contraddirmi su tutta la linea. Tra le ginocchia di Antonio brillava una luce spettrale e cangiante. Un esame più attento avrebbe rilevato che si trattava di una proiezione olografica che proveniva da una piccola console portatile che Jodari teneva appunto tra le ginocchia. La console, non più grande di un quaderno, era la sorella maggiore dei lettori universali che ormai tutti utilizzavano, sia per leggere il giornale sia l'ultimo best seller sia, i ragazzi a scuola, la lezione per il giorno dopo.
Ma, mentre un normale lettore doveva essere "caricato" da un'altra console collegata con la Rete, e di questa poteva utilizzare solo delle strette bande per messaggi brevi (le news di agenzia o mail testuali) questa console aveva pieno accesso al Modello tramite triangolazione satellitare con l'università.
In particolare, Antonio stava ricevendo un multigiornale, trasmesso in continuazione su di un canale apposito. La trasmissione procedeva normalmente, con uno speacker che commentava le notizie, ma, all'occorrenza, tutto quanto diceva avrebbe potuto essere trasferito in memoria, si sarebbe potuto chiedere approfondimenti o eseguire ricerche su notizie correlate.
Nell'irreale cubo luminoso la testa dello speacker era immersa in immagini provenienti da una qualche località esterna all'Alleanza Nord.
L'ambiente era sempre quello: gente vestita alla meno peggio, volti pieni di rabbia o di rassegnazione. E in primo piano gli onnipresenti soldati dell'Alleanza nei loro ipertecnologici scafandri, che li rendono ancora più alieni: un autentica armata d'occupazione.
E nel cielo verticotteri e piattaforme d'assalto pronte ad intervenire in appoggio alle truppe a terra al minimo accenno di difficoltà.
Era una vecchia storia ormai. Pareva che tutti i rapporti che il Nord avesse con il resto del mondo fossero improntati all'uso più o meno massiccio delle armi. Ora per sedare una rivolta, ora per proteggere convogli umanitari, altre volte per cercare di aiutare questa o quella democrazia emergente dagli assalti delle popolazioni vicine. Altre volte ancora, il più delle volte, per proteggere questo o quel interesse strategico di una qualche corporazione multinazionale.
"Mondo byte! E questo da dove esce?" Non c'era bisogno di indicare. Antonio alzò gli occhi "Beh, che c'è di male a tenersi un po' aggiornati?. Quassù siamo isolati da tutti, un multigiornale ogni tanto non guasterà certo la nostra vacanza."
"Si, si, come se non ti conoscessi abbastanza! Da quella macchina puoi collegarti con i computer di tutto il mondo, esattamente come se fossimo in Facoltà. Non dirmi che c'era bisogno di tutta questa potenza per ascoltare un po' di notizie, tanto sono sempre le stesse: una rivolta qua, un lancio di armi chimiche là, come va la borsa.."
Antonio si sentì in dovere di interrompere l'amico "Dai, non farla lunga, ho preso questa console portatile perché è questa che avevo sottomano. Per il resto ti prometto: solo notizie, dieci minuti alla sera".
"Vabbè, purchè poi non si passi a leggere i mail che arrivano in Facoltà, quello che ha pubblicato il collega, come sta il tuo coso neurale" Si interruppe di colpo, non è prudente ricordarti le tue amate ricerche, non quì, in ferie. "Dai spegni quell'affare!" Si affrettò a continuare.
Mentre Jodari staccava il collegamento captò le ultime parole del commentatore "Ed ora un servizio speciale sulle voci che stanno circolando sempre più insistentemente: cosa c'è dietro gli strani avvenimenti accaduti al Modello, esiste davvero la possibilità della presenza di virus? Di chi è la misteriosa figura medioevale che alcuni asseriscono di aver visto? A tra poco" Un'ombra scura attraversò il volto dell'orientale.
"Hai sentito? Parlano di possibili virus nel Modello, e proprio l'altro ieri mi hai detto la stessa cosa riguardo all' MIENN".
"E adesso mi starai pensando che magari è proprio il tuo coso ad essere il virus di quel servizio" Paul si stava preoccupando, ben sapendo che se l'idea fosse entrata nella testa dell'amico, la loro vacanza sarebbe stata irremediabilmente rovinata "Cristo! Di voci simili ne escono in media una ogni sei mesi, poi è sempre risultato o qualcuno che ha pasticciato con i parametri di configurazione della suo deck o qualche giornalista a caccia di scoop".
Antonio scrollò le spalle, come per allontanare cupi pensieri "OK, adesso pensiamo alle salciccie" e, riposta la console portatile, si accucciò di fronte alla legna gia accatastata, con l'accendino in mano.
Kalensky tirò un sospiro mentale di sollievo e si avviò a prendere gli spiedini per cuocere la loro cena.
© Luciano Gemme - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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