UN UOMO NEL BUIO
di: Claudio Pellegrino
I
Olson entrò nella stanza, pensando ancora alla sorpresa che avevano riservato a Kate. Ne avrebbe parlato con l’amico Wuang: forse voleva solo sentirsi dire che lui se lo sentiva che c’era qualcosa di malefico in tutta quella storia, che magari lo avrebbe di nuovo accompagnato dal suo vecchio connazionale. Ma tutte le sue speranze si dissolsero come una bolla di sapone quando lo vide sprofondato sulla poltrona con un volume in mano e con lo sguardo perso nel vuoto.
Si avvicinò a lui senza parlare, ma facendo qualche rumore, sperando che i suoi movimenti lo destassero da quello stato di catalessi. Fu, però, tutto inutile. Allora si decise a salutarlo, ma neppure il suono della sua voce ottenne qualche risultato. Dovette scuoterlo per avere risposta.
"È morto per questo..."
Pronunciò quelle parole senza distogliere gli occhi dalla parete di fronte. Olson si fermò, stupito:
"È morto chi?"
"Quo Weng La. L’hanno ucciso perchè aveva capito!"
Olson si riebbe dalla sorpresa e cercò di capire:
"Adesso calmati e cerca di raccontarmi tutto dall’inizio"
Wuang Li riferì i fatti di quel pomeriggio, cercando di ricordare anche i minimi dettagli, anche se la cosa gli riuscì abbastanza difficile. Olson, mentre il cinese stava ancora parlando, telefonò alla Centrale e li avvertì dell’omicidio. Si raccomandò la massima cautela e attenzione nel rilevare eventuali indizi. Gli eventi stavano precipitando: era chiaro, anche se difficilmente dimostrabile, che quell’assassinio era da ricondurre alle indagini che stava svolgendo, anche se differiva dai precedenti per il modo con cui era stato consumato. Si rivolse nuovamente all’amico che nel frattempo aveva finito il suo racconto.
"Perchè, secondo te, è stato ucciso?"
"Per questo libro..."
Il cinese indicò ripetutamente il libro con mano tremante:
"La setta esiste da centinaia d’anni, e lui l’aveva scoperto chissà dove..."
Olson gli strappò il libro dalle ginocchia, cercò una sedia e si sistemò sotto la lampada, si accese una sigaretta e lesse attentamente per più di mezz’ora. La setta era nata intorno all’anno mille: leggende e profezie si intrecciano intorno a quella fatidica data, considerata da molti come la fine del mondo. Alcuni monaci invasati, accusati di eresia e scacciati dalla Chiesa di Roma, avevano predetto che dopo mille anni di Cristianesimo ci sarebbe stato l’avvento del Distruttore, Satana, che avrebbe sterminato le moltitudini di credenti in Cristo e avrebbe onorato i suoi fedeli.
Durante le loro farneticanti messe nere in suo onore, stabilirono che la strada per l’avvento della Bestia doveva essere preparata con sacrifici umani, dieci per l’esattezza, per vanificare l’influsso benefico che i Dieci Comandamenti, dati da Dio agli uomini sul Monte Sinai, avevano avuto sul mondo per mille anni. La terra doveva essere purificata e loro erano i prescelti per questa preparazione. La narrazione del cronista dell’epoca proseguiva con una dettagliata descrizione del rito che culminava con il sacrificio umano. Olson lesse con stupore tutti i particolari che ben conosceva: le croci incise sul petto, le candele disposte ai quattro angoli dell’ipotetico rettangolo che conteneva la vittima prescelta. Tutto combaciava alla perfezione.
Tutto questo però accadeva quasi mille anni addietro. Com’era possibile che, dopo quasi dieci secoli, qualcuno avesse avuto la bella idea di riprendere le teorie di quella setta e farne propri i propositi? Eppure doveva essere successo: dieci cadaveri negli ultimi giorni glielo confermavano. "Dieci sacrifici...Dovrebbero fermarsi adesso!" pensò Olson a voce alta. Gli affiorò un filo di speranza. Forse quel massacro era cessato. Ci pensò Wuang Li a farlo riflettere.
"Sono solo nove, amico mio, solo nove. Quo Weng La non c’entra. Per due motivi: il rito non è stato compiuto, non c’erano né croci né candele e soprattutto il vecchio saggio non era cristiano. Quindi o li fermi o uccideranno ancora!"
Olson quasi lo maledisse per la sua fredda razionalità. Comunque aveva ragione. Quo Weng La era già stato coinvolto in quella storia e forse quella sceneggiata a cui aveva assistito non era stata una messinscena, forse era stato veramente un avvertimento. Olson non poteva certo comprendere il significato del ciondolo incandescente, la paura e il terrore che gli lesse negli occhi. Aveva scoperto il libro, aveva capito il nesso e chissà cos’altro aveva visto o saputo su quella maledetta accozzaglia di fanatici. Quindi era stato eliminato. Ma se era vera quella sua tesi allora anche Padre Edward era stato ucciso per gli stessi motivi. Se così era le vittime sacrificali erano otto e non nove. Ancora due innocenti dovevano essere massacrati? Ebbe paura di quella sua conclusione. Si sforzò allora di ricordare i particolari che aveva visto nella sacrestia: tutto quadrava, erano nove le vittime. Restava ora da risolvere un altro problema: chi era la decima vittima? Per un attimo la domanda gli parve ridicola, ma poi la risposta gli arrivò improvvisa:
"Kate!!"
Prese il telefono. Tre minuti dopo una pattuglia partiva alla volta della galleria d’arte.
Wuang Li avrebbe ancora voluto raccontare ad Olson dei rumori che aveva sentito attraverso il pavimento della sua cantina, ma il tenente non gliene diede il tempo. Lo salutò frettolosamente:
"Il libro lo tengo io. Mi faccio sentire presto. Se hai dei problemi sai dove trovarmi"
Stava già uscendo quando aggiunse:
"È superfluo che te lo dica, ma... sì, insomma... sta attento, mi raccomando. Non voglio perdere l’ultimo amico che mi è rimasto"
Lo lasciò solo con la sua paura e i suoi dubbi.
Il cinese si alzò dalla poltrona e iniziò a misurare la stanza con passi regolari. In cuor suo recitò una orazione funebre per il suo vecchio connazionale: non riusciva più a scacciare il senso di colpa che lo affliggeva. Non avesse mai accompagnato Olson quel giorno! Forse il cinese sarebbe ancora vivo. Almeno fosse servito a qualcosa, il suo sacrificio! Ma Wuang Li ebbe la sensazione che quel libro sarebbe servito a poco: la soluzione era ancora lontana.
II
Era nel suo studio, solo, con il suo brandy preferito. Stava giocherellando con una penna d’oro, ricevuta in regalo da chissà chi. Stava sorridendo e godendo del momento che stava vivendo: Il Signore delle Tenebre lo avrebbe ricompensato per i suoi servigi e soprattutto per la sua devozione. Era sul punto di raggiungere il suo sogno più nascosto: il potere assoluto sulle cose e sulle persone, quel potere che sempre lo aveva ossessionato, fin da quando era solo un bambino e godeva nel vedere sottomessi i suoi compagni di giochi. Il risultato migliore non l’aveva raggiunto con la violenza ma con la paura. Riusciva infatti a spaventare a tal punto i suoi coetanei che essi nutrivano una sorta di venerazione nei suoi confronti. "Io conosco il Diavolo!" diceva loro guardandoli con occhi pieni di odio. Dapprima lo avevano deriso e lo schernivano: divenne oggetto dei loro scherzi più crudeli e lo fecero soffrire molto. Ma lui non si perse mai d’animo. Infatti, col passare del tempo, il suo carattere schivo e tenebroso, accompagnato da un’intelligenza fuori dal comune, ottenne qualche risultato, fino a che non finì per convincerli. Non è che capissero veramente cosa lui intendeva dire con "Io conosco il Diavolo", ma la loro fantasie e, soprattutto, la loro inquietudine erano alimentate involontariamente dai loro stessi genitori che consideravano maledetta la sua famiglia. Infatti quasi tutti i suoi parenti più stretti erano morti di morte violenta, e spesso in circostanze inspiegabili.
Lui, però, riuscì a vederci un messaggio per la sua vita futura: erano tutte persone mediocri, così schifosamente normali. Neppure i suoi genitori si salvarono da quel destino: morirono infatti in un incidente stradale.
Passarono gli anni e nella sua mente di adolescente inquieto c’era molta confusione. Sentiva che doveva fare qualcosa per elevarsi al di sopra della massa. Non trovò soddisfazione in nessuna teoria politica o filosofica, in nessuna ideologia. Solo di una cosa era certo: la religione in quel Dio che predicava la fratellanza e l’uguaglianza era la vera rovina di quel mondo così piatto e abulico. Crebbe in lui l’odio profondo per tutto ciò che veniva definito sacro, e provava disgusto per tutte quelle persone che si definivano credenti. Anche lui, a dire il vero, sentiva la necessità di credere in un’entità superiore, ma non certo in quel Dio debole e insignificante. Forse l’ antitesi di quella fede lo avrebbe aiutato e un giorno trovò finalmente la risposta a tutti i suoi interrogativi.
Ricordava perfettamente quella scoperta favolosa. Era un pomeriggio piovoso. Era nella biblioteca di Boston e stava cercando un testo che lo aiutasse in una ricerca per l’università, quando gli capitò fra le mani un libro dal titolo "Le sette sataniche del primo millennio". Fu come rapito da quel volume e lo fissò per alcuni istanti, prima di decidersi ad aprirlo. Lo lesse di getto per ore fino a che il responsabile non lo invitò ad uscire.
Bevve un sorso del suo brandy. Sorrise: tutto stava per compiersi. I segni si vedevano sulle pagine dei giornali, alla televisione, per la strada: la violenza stava dilagando e tutto il messaggio di quel Cristo si stava rivelando anacronistico e vano. La gente odiava la gente, gli uomini si stavano distruggendo: violenze, stupri, soprusi, corruzione... Era un mondo finito. Ecco a che cosa avevano portato la pace, la fratellanza, l’amore predicato da religiosi che nessuno ormai stava più a sentire. Non avevano il coraggio di credere ai loro occhi: stava finendo tutto e Satana era alle porte. Lui era pronto. Mancavano solo due sacrifici e poi avrebbe terminato con diligenza il suo compito: Satana gli avrebbe riservato un posto d’onore nel suo Regno e il potere, quel potere desiderato in tante notti di solitudine, stava per essere suo.
Si concesse un sigaro cubano. Gli venne quasi da ridere, ripensando a quel prete...come si chiamava...Padre Edward che voleva raccontare a tutti che aveva conosciuto un ragazzino, un po' strano e introverso che andava in giro a dire che conosceva il Diavolo, e che era diventato ricco e famoso e che probabilmente era il responsabile di tutto quel massacro. Gli spiaceva solo una cosa: non poteva essere considerato un sacrificio perchè non era stato un suo discepolo a compiere il delitto. Purtroppo quella era terra consacrata: mai un suo seguace avrebbe potuto compiere un simile sacrificio.
Si alzò. Era l’ora: la nona vittima stava aspettando di essere immolata a Satana. Consultò l’orologio. Gli restavano ancora un paio di minuti e volle godersi il panorama. Si fermò di fronte alla vetrata e osservò la città sotto di lui. Sarebbe diventata sua, un giorno. D’altra parte nella vita quello che contava veramente era essere il numero uno: non era sufficiente per lui aver partecipato con impegno. Poco importava se, per raggiungere questo obiettivo, doveva passare attraverso una serie di omicidi. Era un prezzo che stava pagando volentieri e senza alcuno scrupolo, essendo la sua coscienza imprigionata in uno spazio infinitesimale da un oceano di malvagità ed egoismo.
Pensando però a quella che ben presto sarebbe diventata la decima vittima sentì qualcosa che non aveva mai provato prima di quel momento: si stava chiedendo se era inevitabile sacrificare proprio lei e non un’altra donna qualsiasi, che non gli avrebbe senz’altro provocato quei dubbi fastidiosi. Forse il fatto che la conoscesse, e non solo, che la stimasse e la ammirasse per la sua intelligenza e capacità, lo stava condizionando. Ma allora, si chiese, la sua freddezza e determinazione nell’ordinare gli altri sacrifici era solo dettata dal fatto che non li conosceva e che erano persone mediocri? Ecco dov’era tutta la sua fede in Satana!
Si sentì improvvisamente debole e per un istante vennero meno tutte le sue convinzioni. Eppure conosceva anche il pittore e con lui non aveva certo provato pietà, anzi si era accanito con lui e con la sua famiglia: era stata una grande prova di fede! E anche la nona vittima non era proprio un estraneo... Ma allora perchè proprio con lei doveva farsi tutti quei problemi?
Finalmente ritrovò la determinazione che per qualche istante era venuta meno. Si diresse verso la scrivania e tirò fuori dal cassetto un libro rilegato elegantemente in pelle nera. Lesse ad alta voce alcuni brani e li ripete mentalmente per due, tre, quattro volte fino a che non si sentì di nuovo forte e deciso.
Si rese finalmente conto che era lei la prescelta per aprire definitivamente le porte alla Bestia. Pazienza, anche lei doveva essere sacrificata. D’altra parte ci volevano fede e devozione in Lui. Le possedeva entrambi, in abbondanza.
© Claudio Pellegrino - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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