SUPERCARWASH Azionò i tergicristalli alle prime gocce del mattino uggioso di gennaio, nel malumore di una nottata insonne e di una giornata impegnativa, che lo avrebbe portato a Padova, allassemblea triveneta dei piccoli imprenditori. Prese a sinistra, verso lautostrada, superò sulla destra le prime auto mattiniere, che già intasavano la corsia verso la zona industriale, accostò in prossimità della piazzola, in vista del distributore dellautolavaggio e del bar annesso. Parcheggiò, entrò nel piccolo locale, ancora sporco dalla sera prima. Comperò il giornale, lo sfogliò svogliatamente avvicinandosi al banco, ordinò un caffè doppio. © Loris Dalla Rosa - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
di: Loris Dalla Rosa
Il cameriere era un giovane ciarliero, dallaria innaturale nella giacca attillata, camicia linda e farfalla, abbigliamento più consono alla sera, degno di un locale di maggior pretese. "Hai letto la notizia?". L'imprenditore alzò gli occhi, risentito per limprovvisa confidenza; poi si accorse che la domanda non era rivolta a lui, ma all'uomo dalla tuta blu, che puliva un angolo del locale. "Una medaglia. Una medaglia gli dovrebbero dare a quello lì!", rispose luomo con voce imperiosa. Erano le 7.19 e fuori il traffico singrossava. "Eh già", diceva il cameriere, "spero proprio che non lo prendano!". Limprenditore calcolò che poteva fare tutto con comodo: non era segnalata nebbia sulla A22, massimo in due ore sarebbe stato a Padova, anche tenendo conto dei rallentamenti dellora di punta. Saccomodò ad un tavolino, estrasse una calcolatrice tascabile, fece alcuni conti. Doveva trattarsi di una decina di milioni; ma prima doveva chiedere conferma al suo commercialista, sapere il reddito imponibile preciso, poi trovare una soluzione adeguata e rientrare nello scaglione fiscale immediatamente inferiore. Richiuse la calcolatrice, sorseggiò il caffè con calma. Entrò una coppia, marito e moglie in tute da sci sgargianti, con un figlioletto sui sei anni dallaria ancora assonnata. Luomo attraversò il locale con passo deciso, battè il giornale sul banco, con gesto allegro e vigoroso, ordinò tre colazioni, "Spero proprio che in montagna non piova, altrimenti settimana bianca rovinata!", disse rivolto al cameriere, che sembrava conoscere. "Come va, caro Giovanni?", chiese senza attendersi risposta. Poi diede uno sguardo al giornale, "Extracomunitario travolto da auto. Il pirata della strada è attivamente ricercato", lesse a voce alta. "Ma dovè successo?", si informò. "Tre chilometri qui sotto, al cavalcavia dellautostrada", rispose il cameriere, sciorinando poi tutto ciò di cui era a conoscenza. Non si sapevano i particolari, perchè il fatto era successo verso le dieci di sera, ma luomo era quellafricano già noto alla polizia, spacciatore di droga, presunto responsabile della morte di Lucia Moretti, la diciottenne morta di overdose sei mesi prima, se lo ricordava il fatto? "Ma adesso sono le sette e mezza. Dovrebbero dire qualcosa". Accese la radio, la sintonizzò sullemittente locale. Si era appreso che luomo era morto dissanguato, il pirata della strada non era stato ancora rintracciato, cera la conferma che si trattava di Antoine Kalima, il senegalese già noto alle cronache locali. "Ah beh, allora poco male!", disse luomo in tenuta da sci. "Papà, cos'è un senegalese?", chiese il bambino dalla tuta rossa, che la curiosità aveva improvvisamente risvegliato. "Beh..., una specie di marocchino", farfugliò il padre. "E un marocchino è un uomo come noi?", riprese il bambino. "Dai, dai. Che la neve ci aspetta!", tagliò corto spazientito luomo, sospingendo con decisione il figlio verso luscita. Si alzò anche limprenditore, pagò, uscì nellaria umida e pungente. Era ancora presto per chiamare il commercialista e volle occuparsi personalmente della pulizia dellauto. Data lora e la pioggerella, che adesso era più fitta, non cera nessuno allautolavaggio rapido. Accostò allaspirapolvere, piegò con cura il cappotto color cammello e lo depose sul sedile posteriore, asportò la polvere interna, le tracce di fango della sera prima. Poi guidò allimbocco del tunnel di lavaggio, pagò in anticipo alluomo dalla tuta blu che era sopraggiunto, lasciandogli una buona mancia.
Rimase in auto, allentò il freno a mano, fu risucchiato dagli spazzoloni che rombavano sui fianchi della carrozzeria, sul tettuccio, sotto lo scroscio della pioggia artificiale. Cercò un appiglio, una distrazione dal leggero senso di claustrofobia che linvadeva, lanciò uno sguardo al giornale sul sedile di fianco. Sì, poteva essere buona lidea di unelargizione al centro sociale "Nelson Mandela", lassociazione locale che si occupava di immigrazione. Una decina di milioni, quel tanto che bastava per scaricare il più possibile dalle tasse. Volle utilizzare quei minuti morti per contattare il commercialista, ma lì sotto non cera segnale telefonico. Allora lo colse improvviso il sottile panico dessere solo con se stesso, penetrò nel buio del tunnel e in quello non ancora rimosso della sera prima, in balia di un meccanismo inarrestabile e della dinamica oscura della sua coscienza.
Usciva dal tunnel poco dopo il casello dellautostrada, lo accostò una vecchia mercedes bianca, strombazzando impaziente; lautista, sorpassandolo, imprecò qualcosa e lo minacciò col pugno chiuso. Procedette per un paio di chilometri, col cellulare preannunciò il suo arrivo a casa, la moglie lo informò che aveva telefonato il dottor Rossi, il commercialista; lui disse che era molto importante, perchè non lo aveva fatto chiamare? Lo richiamasse subito, lo tirasse giù dal letto se necessario, ma gli dicesse di chiamarlo immediatamente sul cellulare! Oltrepassò il cavalcavia, chi era quellimbecille che aveva posteggiato in curva? Riconobbe la mercedes bianca e vide in tempo luomo, che si era fermato ad orinare. Ma in quellattimo provò il sadico piacere di fargliela pagare con un bello spavento, di insegnargli leducazione. Quello doveva essere ubriaco, perchè non si scostò di un centimetro e limpatto lo scaraventò nella scarpata. Scese dallauto, si chinò sul corpo; lafricano dal viso insanguinato lo fissava con grandi occhi spalancati, ma non era ancora morto. No, quegli occhi grandi, imploranti, non erano di un innocente. Ma lui non lo sapeva, ieri sera, e il negro si aggrappava alla sua cravatta grigia, lo tirava a sè con la sua mano sporca, biascicava qualcosa: secù, socù, qualcosa del genere.... Poi squillò il cellulare.
Ora sintravvedeva la luce lattiginosa del giorno in fondo al tunnel, gli vennero incontro i fohn, con scatti metallici e potenti soffi ad asciugare la carrozzeria. Che cosa diceva il negro? Forse una richiesta daiuto, forse una minaccia, che importanza aveva? A nessuno avrebbe dovuto renderne conto, se non alla petulanza della sua coscienza. Nessun tribunale, nessun giudice serio lo avrebbe condannato per quanto avvenuto. Per non parlare della sua reputazione, delle responsabilità verso la famiglia , la ditta, il lavoro suo, dei suoi 15 operai, i loro figli. No, quegli occhi non erano innocenti: avrebbe voluto sentirlo il parere della madre di Lucia, dei genitori di quei giovani disperati, sotto il ponte del cavalcavia. "Ah beh, allora poco male!", "Una medaglia. Una medaglia gli dovrebbero dare a quello lì!".
Era quasi al termine del tunnel, ripulita lauto e la coscienza. Ora le porte a soffietto saprivano con scatti automatici rassicuranti, comparve luomo dalla tuta blu, che si mise a lato. Il meccanismo di trascinamento si arrestò, mentre laddetto pareva perplesso, guardava con aria interrogativa un punto, sul fianco destro della carrozzeria. Allora scese e guardò anche lui: quella macchia rossa, quel sangue raggrumato, appena sotto il paraurti, non andava proprio via. "Un cane...", mormorò a giustificazione, allargando le braccia, rassegnato a non essere creduto. Ma luomo dalla tuta blu staccò la pompa dalla parete, rifinì il lavoro in fretta. E abbozzò un impercettibile sorriso.
La violazione del copyright e/o la copia illecita del materiale riprodotto in queste pagine, la diffusione non autorizzata dello stesso in qualunque forma contravviene alle normative vigenti sui diritti d'autore e sul copyright.
Per inserire i tuoi testi nel sito ARPANet, clicca qui!