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di: Simone Nuzzo

"Zjxbkvsf?!"
"Cosa hai detto?"
"Leggi quell’insegna, Lara."
Camminavano costeggiando il corso d’acqua che tagliava la città arrossato dagli ultimi spasmi del sole morente, mano nella mano.
"E’ ungherese, Sacha?"
"Cosa....."
"Ti ho chiesto se è scritto in ungherese o in qualche altra lingua del genere."
"No, non l’insegna. Guarda lì, di fianco alla porta d’ingresso....."
"Oh merda! Cos’è?" proruppe Lara tra il divertito e il disgustato.
"Beh, secondo me hanno comunque l’aria di divertirsi molto," sbottò Sacha lanciando un’occhiata maliziosa alla sua giovane amica.
A pochi metri dalla sponda opposta del canale un bell’esemplare di levriero afgano stava costringendo a terra un’altrettanto splendida femmina di siberiano di un bianco immacolato. "Dai Lara, avviciniamoci. Senza spaventarli, però." Le strinse la mano e la tirò verso il ponticello alla loro sinistra.
"Fermo!" obiettò lei in una stridente voce bitonale.
"Che cosa ti prende? Si stanno solo accoppiando. Non dirmi che ti scand....."
"Non è quello - lo zittì Lara continuando a fissare la scena sbigottita - è.....innaturale."
Sacha seguì la direzione del suo dito e la mascella gli cadde senza peso, lasciandolo letteralmente a bocca aperta.
Semplicemente non poteva essere.
Quello che era sbagliato era la testa del levriero: non poteva trovarsi di fronte al muso della sua compagna. Non fosse stato per il collo, lungo e sinuoso.
"E’ pazzesco, Lara" proferì Sacha in un soffio. Deglutì rumorosamente e si diresse al ponticello.
Lara lo guardò allontanarsi per un breve attimo con un’espressione di sincero sbigottimento appiccicata al viso, indecisa se seguirlo o meno eppure fortemente convinta che fosse il caso di farlo.
"Ehi, aspettami almeno" gli strillò dietro ridestandosi dal momentaneo torpore mentale.
Attraversarono rapidamente il ponticello a cavallo del canale passando sull’altra sponda. "Non fare movimenti bruschi," sibilò Sacha all’orecchio della ragazza. "Non voglio spav.....". Lo zittì l’atterrito sgranarsi degli occhi verdi di Lara, fissi nel punto in cui fino a pochi attimi primi erano parcheggiati i due cani.
"Sacha....."
"Dove sono andati?" la interruppe lui voltandosi di scatto in direzione del suo sguardo. La frescura del tramonto sembrò improvvisamente farsi più pungente e una leggerissima brezza li avvolse in uno spettrale abbraccio.
"Si è voltato a guardarmi, Sacha."
"CHI?"
"Il levriero. Ghignava." Poi esplose in un pianto bambino.
I due animali erano spariti, rapiti dalle prime timide tenebre fumose che permeavano l’aria e le poche persone al di là del canale erano ormai solo ombre indefinite. Abbarbicati l’uno all’altra si portarono sotto l’insegna. Era in legno, con le lettere profondamente incise e dipinte di rosso. Dal locale giungeva attraverso la porta socchiusa una fievolissima cantilena. "Entriamo a bere qualcosa, Lara."
L’interno era a dir poco grottesco: un’ altissima volta a stella sovrastava una decina di tavolini in legno neri come l’ebano e vecchi almeno quanto la donna dietro al bancone: le sedie erano state impagliate da mani probabilmente inesperte. La calma irreale che li circondava era opprimente e non ci misero troppo a notare che i pochi presenti avevano sospeso le loro azioni e che i loro occhi si erano messi a seviziarli con disincantata malizia. Anche l’orchestrina aveva smesso di suonare.
Il silenzio era gelido.
Lara arpionò la mano di Sacha affondandogli le unghie nella carne e costringendolo a mordersi le labbra mentre i loro occhi saettavano per ogni dove, colmi di sgomento e di smania di fuggire via. Invece si diressero sorridendo stupidamente verso la donna che li osservava da dietro al bancone: aveva i palmi delle mani rivolti verso l’alto, con profonde cicatrici all’altezza dei polsi. Le dita erano perlopiù rostri arrugginiti. Il pannello alle sue spalle indicava probabilmente il prezzo delle consumazioni, ma le lettere e i numeri erano stati appiccicati a casaccio, senza nessun senso. La porta della toilette alla loro destra portava in alto la scritta"jfdlqla" e sul bancone era stato scarabocchiato da mani tremanti il prezioso avvertimento "Djxzfwf, sdhcbfvk!". Si fiondarono fuori urlando di raccapriccio, incuranti delle risa roche alle loro spalle: spalancarono la porta sulla notte nera e deserta, sul corso d’acqua ricoperto di poltiglia bluastra, sui topi grossi come cani nell’incessante andirivieni lungo le sponde, sulle due lune alte nel cielo.
Li attendeva una lunga, lunga, lunga notte.....

Simone Nuzzo

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