IL PRESIDENTE La campagna elettorale stava per concludersi e i candidati alla presidenza della repubblica si erano confrontati senza esclusione di colpi e ormai stanchi, senza voce, erano alle ultime battute. Miranda Baudino Tamagnini © Miranda Baudino Tamagnini - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
di: Miranda Baudino Tamagnini
L'elettorato era piuttosto indifferente perché per trent'anni aveva subito un Presidente molle, senza spina dorsale, un essere lento che si era arricchito e aveva posto ovunque i suoi tentacoli, dissanguato, nel vero senso della parola, i cittadini e sempre più grasso e laido era finalmente morto, lasciando nei guai la sua polizia segreta, i suoi accoliti non certo migliori di lui, la moglie intrigante e i figli tutti sistemati in posti chiave del paese.
La sua morte era diventata una leggenda e chi raccontava che era stato divorato da un pesce-rospo e chi da un rana pescatrice in un momento che i guardaspalle erano a stripparsi di granchi e aragoste.
Era stato ritrovato sotto uno scoglio quasi privo di tentacoli, mezzo mangiucchiato e con un occhio di meno.
La fine che molti suoi concittadini gli avevano augurato, dopo anni di malefatte.
La moglie, appena saputa la notizia, aveva pagato una grossa cifra al Granchio Rosso, suo grande ammiratore e si era data alla fuga con lui attraversando di notte i mari del suo paese e abbandonando persino i figli.
Una cosa ignobile! D'altronde se fosse rimasta, l'avrebbero fatta a pezzi.
Di lei si raccontavano cose folli: la fabbrica Ferralghe era addetta esclusivamente a far scarpette per lei e ogni set, di otto, nelle forme più disparate e lussuose: da mattina, da sera o ricevimento, insomma per ogni occasione.
Tralasciamo gli abiti, a migliaia. Sete e broccati di tutti i colori.
Il commercio delle conchiglie era nei suoi tentacoli e viveva nel lusso più sfrenato.
La costruzione del castello di questa ignobile coppia era stato l'incubo del popolo.
Il lavoro obbligatorio, pagato con qualche sardina maleodorante, aveva impegnato tutte le forze e i cervelli del paese. Finito e sempre sfarzosamente illuminato, brillava nella notte con le sue mille sfaccettature di madreperla. Impossibile non vederlo perché, da una delle più alte vette sottomarine, dominava le immense distese di sabbia e alghe.
Sparita la coppiaccia presidenziale, i caporioni che si erano anche loro arricchiti con i commerci più illeciti, si allontanarono rapidamente per farsi dimenticare.
Tanto con le loro scorte potevano vivere alla grande.
Il gruppo scelto dei cavallucci marini, che avevano giurato fedeltà al dittatore, si spogliarono delle loro sgargianti divise e si confusero nella folla anonima delle aragoste e pesci di tutti i generi.
Il popolino si diceva che era meglio così, senza un governo e soprattutto senza un despota.
Aveva ripreso la sua attività tranquillo, quando un giorno saltò su il pesce-palla, gonfio di saggezza e andava dicendo in giro che vi sarebbe stata una riunione alle dieci del giorno dopo.
La maggior parte non sapendo che fare o per quell'abitudine di anni all'obbedienza, andò a sentire che cosa poteva dir loro quel tipo che fino a poco tempo prima era stato nient'altro che un professore di scienze naturali.
Senza indugio iniziò nella maniera più semplice:
"Amici, un capo dobbiamo nominarlo, non possiamo vivere nell'anarchia. La dittatura finalmente è finita ed è ora che si passi ad una democrazia moderata.
Sarà il popolo a scegliere il Presidente, il governo ecc.
I più rappresentativi formino i partiti e fra tre mesi andremo alle urne. Potremmo guardarci intorno e cercare di copiare ciò che hanno fatto negli altri mari, ma vi assicuro, non sono sistemi da imitare. La formula: democrazia = multi partitismo = elezioni, nell'Indo-Pacifico ha fatto emergere i suoi limiti e le elezioni lungi dal favorire il rinnovamento democratico, hanno innescato processi di disintegrazione."
La folla di pesci e pescetti lo ascoltava a bocca aperta dicendosi: “Ma cacchio se parla bene!"
Il pesce-palla, sereno e tranquillo, continuava: “Per dirla in parole povere sia qui che altrove c'è solo il caos. Un modello occidentale non è da imitare. Insomma ragazzi facciamo una cosa seria e votiamo a modo nostro senza scopiazzare nessuno. Non voglio scocciarvi oltre e.... vinca il migliore!"
Tutti si erano congratulati ma pochi avevano capito qualcosa.
L'indomani i partiti erano sorti come funghi e l'elettorato passava da un comizio all'altro e scogli e scoglietti si erano coperti in una sola notte di fotografie dei candidati e dei colori scelti dai partiti.
La folla si soffermava sul partito PDS e guardava il candidato che sorrideva a bocca chiusa per non far vedere la chiostra di denti famelici che possedeva.
Era infatti lo squalo bianco, carcaradon carcarias, e il suo, il Partito Democratico dello Squalo.
Per quanto promettesse "pesci per tutti", con quelle mandibole, non incantava nessuno. Giusto era circondato da tipetti della sua razza, altri mangioni da niente!
C' era il PDD(Partito Democratico Delfini) e il candidato era un allegro giocherellone, il Delfino rosato, sempre pronto a ridere e ad aiutare i pesci in difficoltà.
Sin dal primo giorno ebbe un gran seguito ma soprattutto di pesci poco seri, come lui.
La Cernia, l'Ombrina e il Dentice formarono la coalizione COD e al grido di "Ostriche per tutti", cercavano di convincere i più abbienti.
La massa dei pesci le andava ad ascoltare soprattutto attratta dai labbroni sensuali della cernia.
Ma la più scatenata di tutti era la Murena Maculata che, sinuosa, faceva promesse poco convincenti, dati i suoi occhietti cattivi e i denti velenosi. Sempre accompagnata dalle amiche, era una figura enigmatica dalla quale ci si poteva aspettare qualche sorpresa.
Persino le aragoste avevano formato un loro partito con gamberetti, granchi e ostriche. Erano stati i più colpiti durante il passato regime perché sempre presenti sulla tavola di Ministri e Ambasciatori in visita.
Speravano di rimediare almeno un posto da sottosegretario per poter essere lasciati in pace.
Il capo partito era un'aragosta che da poco aveva avuto la muta e sfoggiava la nuova veste agitando le sue lunghe antenne.
I mangiatori di corallo, pappagalli e napoleoni, promettevano "rocce e coralli" per tutti ma il seguito era scarso perché nessuno aveva il loro robustissimo becco che potesse sgranocchiare cibi di quel genere.
Inoltre il sindacato dei coralli aveva fermamente protestato minacciando uno sciopero generale.
Polpi, seppie e calamari, quasi tutti piuttosto compromessi col vecchio regime, se ne rimasero tranquilli e anzi, cercando di farsi notare il meno possibile.
I Leaders dei due partiti più seguiti, il PDS e il COD, erano arrivati quasi alle ultime battute coadiuvati dalle mogli che avevano dato il meglio di se stesse.
Chi prometteva ai vecchi pesci ricoveri in lussuose case di cura nelle grandi tridacne, chi medicine gratis per tutti, maggiorazione delle pensioni, creazione di milioni di posti di lavoro, ripresa dell'economia e riduzione dell'inflazione.
Gli elettori non erano molto convinti perché i leaders di questi partiti, tutto sommato, appartenevano a una razza padrona ed erano muniti di larghissime bocche e denti formidabili.
In un giorno di luce sfolgorante, precedute dall'allegra fanfara dei pesci-trombetta, tutti bene allineati e fieri nelle divise azzurre, ecco arrivare le balene con i loro sbuffi d'acqua rumorosi, i salti fino al cielo, le pancione pesanti, creando intorno un gran rimescolio .
utti uscirono dalle loro tane, dalle madrepore, dai cespi dei coralli rossi, dai buchi degli scogli.
Quelli che passeggiavano per i sentieri fra le alghe corsero a guardare gridando "sono tornate, venite a vedere che meraviglia, che simpatiche! Erano forse trent'anni che non venivano a trovarci!"
Persino le conchiglie, le Olive variegate, i Murìcidi che vivono in fondali melmosi, i grandi Strombìdi che all'interno, ogni tanto, nascondono perle, le maculate Cipree, le stelle marine e tutto ciò che di bello il mare può contenere, si era radunato a gioire di quel ritorno.
La balena più grande disse: "Domani andrete alle urne. Non prometto niente. Io e la mia famiglia vi vogliamo bene e avremo cura di voi. Abbiamo, è vero, bocche larghe e enormi pancioni ma ci nutriamo di solo plancton, se non altro sarete sicuri di non essere divorati.
E poi viaggiamo continuamente da un oceano all'altro e non abbiamo molto tempo per impicciarci degli affari altrui".
Finito il discorso lanciò un altissimo getto d'acqua che, per poco, non buttò giù un pellicano di passaggio.
Fu così che una balena divenne Presidente col 99% dei suffragi.
Del palazzo presidenziale, scintillante di madreperla, fecero un museo perché una balena, con la sua mole, non ci sarebbe mai potuta entrare, e vissero tutti insieme felici e contenti non rimpiangendo mai la loro scelta.
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