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UN UOMO NEL BUIO
di: Claudio Pellegrino


CAPITOLO SESTO

I

Bob entrò spingendo violentemente la porta contro la parete celeste. La sua figura copriva quasi completamente la luce fioca tra gli stipiti. Cercò al buio l’interruttore della luce, aiutandosi, oltre che con le dita sporche, anche con qualche colorita bestemmia. Chiamava in causa molto spesso tutti i santi del cielo e in particolare il loro ... capo spirituale, nonché figlio prediletto di quel Dio che lui tanto odiava.
Sbatté più volte le scarpe infangate e si scrollò di dosso la neve che aveva raccolto sulle spalle nel percorso dal bar a casa: circa cinquecento metri di imprecazioni contro il mondo intero. Era stata una serata schifosa: era andato al bar per riguadagnarsi i soldi che aveva perso qualche sera prima con un negro.
"Si è fatto ammazzare per non giocare più con me!!"
aveva gridato a una coppia che stava entrando nel locale per scaldarsi un po'. E così per non sprecare completamente la serata, si era ubriacato, non riuscendo comunque a scrollarsi di dosso quella rabbia che lo stava bruciando dentro. Anzi il whisky non aveva fatto altro che decuplicare la sua frustrazione.
Gettò le chiavi sul tavolino dell’entrata e rinchiuse la porta con forza: tutti, nel palazzo, dovevano sapere che lui era tornato a casa e che era molto incazzato. Percorse i pochi metri che lo separavano dal bagno barcollando e appoggiandosi alle pareti.
Si guardò allo specchio ma non riuscì a mettere subito a fuoco la sua faccia grassa: ci riprovò e questa volta fu più fortunato. Si passò la mano sul sopracciglio destro e la fitta che ne seguì gli ricordò che il tassista aveva picchiato duro.
Naturalmente quel tipo aveva tutte le ragioni, ma lui era ubriacato fradicio. Aveva attraversato la strada senza guardare e aveva costretto il tassista ad una brusca frenata. L’auto immediatamente dietro non era riuscita a fermarsi in tempo e aveva tamponato il taxi. E quando il tassista lo aveva rimproverato animatamente per la sua bella idea di buttarsi in mezzo al traffico , Bob aveva risposto prendendo a calci la portiera gialla. Ne era nata una piccola rissa limitata a lui e al tassista, in quanto nessuno dei presenti ebbe il coraggio di dividerli: in due superavano abbondantemente i due quintali. Ma neppure in quella circostanza Bob riuscì completamente a sfogarsi perché sul più bello sentirono in lontananza una sirena e subito dopo videro i lampeggianti rossi e blu della Polizia.
Così, visto che aveva qualche precedente, diciamo non ancora chiarito, scappò a gambe levate, non appena riuscì a liberarsi da quelle manacce che parevano pinze...
Fece scorrere un po' d’acqua e si inumidì il sopracciglio sanguinante. Scoprì anche un taglio sul labbro superiore, semicoperto dai baffi folti. Avvertì anche un gonfiore alla mano destra: provò a chiudere le dita ma non riuscì a completare l’operazione perché le nocche gli dolevano. Certo quel tassista doveva proprio avere una testaccia dura.
Si sedette sull’orlo della vasca da bagno e cercò una sigaretta. Sopportando il dolore al labbro se l’accese, tirando nervosamente.
Sentì qualcuno muoversi nella stanza di fronte. Una luce si accese. Bob pregustò in cuor suo la lite con la moglie. Sorrise soddisfatto. Betty, infatti, da qualche tempo aveva incominciato a difendersi e a rispondere alle sue sberle e questa novità gli rendeva il gioco ancora più divertente. Inoltre anche la sua coscienza, se ancora ne aveva una, ne traeva vantaggio in quanto per lui era un combattimento ad armi pari: lui picchiava, lei picchiava. C’era naturalmente una differenza abissale, ma per Bob questi erano solo dettagli.
La porta della camera da letto si aprì. Sua moglie apparì in pigiama. Aveva ancora un bel corpo e Bob ogni tanto si ricordava ancora che con una donna, oltre che litigare e picchiarsi, si poteva anche fare l’amore. Lei diceva "far l’amore" lui diceva "scopare". Comunque quella sera gli venne una gran voglia di farsela. Anzi, se per caso lei non era tanto d’accordo, meglio ancora! l’avrebbe costretta con la forza e la cosa gli avrebbe procurato un piacere immenso.
"È il caso che tu faccia tutto questo casino? Sveglierai Manuel!"
"A casa mia faccio cosa voglio!!!"
Urlava sempre, ma quella sera gli venne decisamente meglio. Betty capì che sarebbe di nuovo finita male. Avrebbe già dovuto essersene andata via con suo figlio: nessun tribunale le avrebbe impedito di farlo. Eppure era restata, sempre, sperando in cuor suo di poterlo cambiare. In effetti, quando non beveva, riusciva ancora a farlo ragionare, a parlare un po' con lui, a fare anche qualche progetto, ma non quando era ubriaco: infatti perdeva completamente il controllo e diventava veramente pericoloso. E purtroppo per lei quella sera era ubriaco fradicio.
Bob si alzò barcollando e si avviò verso di lei, tenendo tra le labbra tumefatte la sigaretta ormai spenta. Betty, istintivamente, indietreggiò rientrando in camera da letto. Lui iniziò a sorridere in modo inequivocabile. Ne aveva voglia, come un cane in calore. Lei ebbe paura, ben sapendo che un suo "No" avrebbe scatenato la sua violenza. Ma neppure sarebbe di nuovo riuscita a non reagire lasciandolo fare: ormai non ne poteva più.
Cercò di distrarlo:
"Cosa ti è successo? Stai sanguinando..."
Ma lui non la sentì neppure. Invece di rispondere le sussurrò a denti stretti:
"Togliti quella roba di dosso, mogliettina!"
Lei accennò un timido "No" ma il fiato doveva ancora finire di uscire completamente dai denti che già un violento ceffone la colpì in piena faccia e gliela girò dalla parte della stanza dove c’era una foto inquadrata del giorno del matrimonio. Le scapparono due lacrime più per la rabbia che per il dolore.
"Ti prego, Bob, lasciami stare. Non sto bene!"
"Balle, sono tutte balle! Non mi freghi. E poi lo sai che se sono un po' bevuto rendo di più!!"
Quella frase lo divertì tantissimo e scoppiò in una sonora risata. La buttò sul letto e iniziò a slacciarsi la cinghia dei pantaloni, sempre guardandola dritta negli occhi, anche se continuava ancora ad avere difficoltà nel mettere a fuoco le cose. Fu in quel momento che lei raccolse tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo e reagì. Gli sferrò un calcio nel bassoventre ma, per sua sfortuna, la violenza del colpo fu attutita dalla coscia. Per un attimo Bob parve desistere.
Poi scomparve il sorriso e lo sguardo diventò duro: si tolse velocemente i calzoni e le fu addosso. Afferrò la giacca del pigiama e gliela tolse, nonostante le sue resistenze. Poi afferrò il reggiseno e lo strappò provocandole leggere escoriazioni sulla schiena. Poi fu la volta dei pantaloni del pigiama: si aiutò con un paio di schiaffi e qualche strattone. Betty si ritrovò completamente nuda... disperata, vulnerabile. Cercò di respingerlo con calci e pugni, ma non riuscì a far altro che farlo inferocire ancora di più.
Le allargò le gambe: era al culmine dell’eccitazione. Sentì il sangue affluirgli al bassoventre in modo quasi violento. Cercò di penetrarla. Al primo tentativo lei avvertì un dolore acuto: scoppiò in lacrime, lacrime di disperazione e rabbia. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, non poteva più sopportare oltre. Gli conficcò le unghie in quella faccia tanto odiata e gli strappò brani di carni.
"Brutta stronza!!"
Bob le sferrò un pugno in pieno viso, facendola sanguinare.
"Papà!"
La vocina terrorizzata veniva da dietro. Si voltò. Il piccolo Manuel era sulla porta della camera da letto e lo stava osservando, angosciato:
"Cosa stai facendo alla mamma?"
Stava per piangere: aveva capito che mamma e papà non stavano giocando, come già altre volte gli era stato detto.
"Tu vattene a letto!!"
Manuel era in lacrime, ma trovò il coraggio di scagliarsi contro suo padre nel vano tentativo di proteggere sua madre. Betty si sentì stringere il cuore, avrebbe voluto abbracciarlo forte. Ma c’era ancora quel bestione sopra di lei. Approfittando di quell’attimo di disattenzione cercò di liberarsi. Ci riuscì. Cercò la giacca del pigiama e si coprì. Si buttò istintivamente su Manuel per difenderlo col il suo corpo ma arrivò tardi. Bob aveva appena mollato un ceffone sul faccino bagnato di lacrime. Le cadde fra le braccia.
"Questa volta paghi per tutto, bastardo!!"
Corse in cucina con il bambino in braccio, ancora intontito per il colpo ricevuto dal padre. Lo posò sulla sedia e cercò nel cassetto il più grosso coltello che aveva. Lo impugnò nervosamente e si scagliò contro Bob. Lui la evitò facilmente. La afferrò per i capelli. Non vedeva più una donna, sua moglie, ma un essere estremamente fastidioso. Le afferrò la mano che impugnava il coltello e gliela torse fino a renderla inoffensiva. Lei si girò per morderlo. Lui le prese il volto con una mano e le fece sbattere la testa contro la parete, ripetutamente. Quando la sentì scivolare verso il pavimento fu soddisfatto. Si scordò completamente del figlio, impietrito sulla sedia della cucina. Tornò in camera e raccolse i pantaloni: era proprio una serata di merda. Aveva ancora voglia di bere: la lotta gli aveva di nuovo messo sete. Andò in cucina per cercare del whisky. Vide suo figlio bianco come un cencio, rannicchiato sulla sedia, che singhiozzava. Notò la sua guancia rossa, quasi viola.
"Con te faccio i conti dopo!!"
Si lasciò cadere sulla sedia e si versò da bere.
"Dov’è la mamma?"
"La mamma dorme!"
Si scolò il bicchiere d’un fiato. Gli dava fastidio quel moccioso, sempre curioso, sempre attaccato alle gonne di sua madre. Non lo sopportava. Chissà perché poi aveva fatto un figlio. Lei lo voleva tanto. Già, lo voleva lei.
"Sei un rompicoglioni!!"
Buttò il bicchiere nel lavandino. Andò in mille pezzi. Si alzò, urtò il tavolo e bestemmiò di nuovo. Manuel ebbe paura, si nascose la testa tra le ginocchia, aspettando da un momento all’altro la reazione di suo padre. Ma non ci fu.
Sentì invece i suoi passi allontanarsi. L’ultimo rumore che udì quella sera fu la porta di entrata sbattere. Si sentì rilassato e felice e le lacrime si fermarono. Restò comunque ancora rannicchiato e in cuor suo pregò Gesù’ che suo padre non tornasse mai più. Ma quasi subito si pentì: gli avevano insegnato che bisognava voler bene ai genitori, anche al padre, e che bisognava ascoltarli. Ma lui non riusciva affatto ad amarlo. Lo picchiava sempre. Anche gli altri genitori ogni tanto picchiavano i figli, ma forse c’era una ragione. Lui invece non riusciva proprio a capirla, questa ragione. E poi picchiava anche sempre la mamma...
"Mamma!!" gridò.
Saltò giù dalla sedia e corse nel corridoio. La vide per terra, insanguinata. Forse per la prima volta in vita sua odiò suo padre con tutto se stesso, e gli venne il desiderio di fargli del male, di farlo piangere come lui aveva fatto tante volte con loro.
Betty riprese i sensi. Aprì lentamente gli occhi e vide il volto tumefatto del suo bambino. Fu invasa da una tenerezza sconfinata. Si tirò su a fatica e lo strinse forte. Piansero tutti e due di gioia...finalmente. Non avrebbero più rivisto quella bestia. Betty questa volta l’avrebbe fatto, avrebbe ricominciato a vivere. A mille miglia di distanza.
Si precipitò in camera da letto e cercò la valigia. Doveva fare in fretta, aveva paura che tornasse Bob. La riempì con qualche paio di jeans, maglioni, felpe... Poi cercò qualcosa per Manuel. Si fermò un attimo per riordinare le idee: cosa le poteva servire? "Soldi" si disse.
Era riuscita a nascondere qualche centinaio di dollari facendo un po' di cresta su quello che le passava Bob per la spesa. Potevano bastare per andare via. Avrebbe trovato un lavoro, una casa...Forse sarebbe andata da sua madre nel Texas, forse...
Chiamò Manuel: la stava già aspettando nell’entrata. Anche lui non vedeva l’ora di andarsene per sempre da quell’inferno. Stropicciò i soldi nella tasca dei jeans e prese il figlio per mano. Uscirono, finalmente.

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