VIII
Solo.
La solitudine è quanto sono riuscito a conquistare. La massima espressione intellettuale, esposta durante il tragitto razionale di un percorso eseguito, vissuto.
I lunghi viali sono sempre stati lì, soli, mentre io solo potevo immaginare quanto la mente percepiva, addizionali e riflessioni su vite passate, voglie mai esternate, sogni non realizzati.
Impulsività e spontaneità annientata.
La violenza della ragione, questo mi rimane, mentre continuo a sorseggiare del the, serenamente, mentre la vita incide sullo scorrere del tempo. Il ritmo è solo una componente, sono solo io che lo comando.
Troppe volte sono stato da lui obbligato, al dolore virtuale voluto, goduto. Non respinto.
Masochismo sfrenato materiale, sadismo irreale sognato. Non voluto.
Il ricordo attanaglia il ventre, lo stomaco e lintestino, simulando la peggiore malattia gastrica. Dolore reale, non finzione del viaggio, ricordi sbiaditi vividi.
Pellicola in bianco e nero, presa di posizione e coscienza che mi isolano da tutto il resto.
Io sto bene, e merito la solitudine.
Violenza vera scaturisce dalla mia ragione. Mai realizzata, falsità impregnata dodio e passione, sadica nei confronti del prossimo, dritta verso il mio corpo.
Installazioni non reali fanno parte del mio, simulazioni mentali, pensieri e sogni, nessun corpo estraneo entra nel mio corpo che sente dolore ugualmente, e forse più. Multimedialità che vivo normalmente, perché sono ormai normale, perché odo, vedo, sento e parlo, tatto.
Il dolore della solitudine, la non persona che vuota osserva intorno senza poter smuovere alcuna cosa. Egoismo.
Rivivo quanto successo, riflessione violenta e critica nei miei confronti, alla ricerca della ragione, dellequilibrio che non cè. Esiste la vita, intrinseca al corpo, comandato dalla mente.
Il cielo continua ad essere scuro, non posso certo vedere colori vivaci, la ragione non assicura continuità serena, ma solo vita.
E quante persone camminano giù in fondo alla strada, sorridono, ignari. Ignoranza che permette loro benessere, non pensare e ragionare vuol anche dire star bene, vivere in pace con quanto ci circonda. Non conoscerlo, fermarsi allapparenza, al pregiudizio, non capire, ma vivere.
La perdita della memoria, voluta, ha fatto di me un vegetale che continua a cercare la ragione, lessenza dellessere in ogni qualcosa, non fermandosi allapparenza e scavando tunnel nel profondo dellanima, fino a perdere coscienza, ricordare principio e meta, conoscere il motivo del viaggio e ripartire dallinizio. Follia.
Folletto impavido tra i meandri cerebrali, metto in ordine cellule e membrane, matrici e protezioni, scardino e percuoto alla ricerca della pura conoscenza, lesatto sapere.
Raggiunto ciò, poco rimane da vivere, tutto è capito. Non cè differenza tra lo stare soli in mezzo ad una stazione, tra treni e vagoni grigiastri, e soli sulla spiaggia anchessa ibrida.
Il mare ritrovo. Il mare ha un suo ritmo.
Spontaneo, istintivo.
Amore.
© Paolo Carta - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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