di: Luciano Gemme
SEZIONE OTTAVA
XXIX
Di nuovo l'alba. Annunciata solo da un bagliore proveniente da una minuscola finestrella, poco più che uno spioncino.
Paul e la Archetti sono soli, di fronte al terminale. Danny è tornato a casa.
"Non preoccupatevi" aveva detto "mia madre è abituata al fatto che spesso, anche di notte, vengo qui a trafficare. L'importante è che al mattino mi trovi a casa per il rito della colazione. Bleah!"
Tornerò più tardi, appena posso, aveva concluso.
Antonio era invece crollato sul divano e stava dormendo. Aveva resistito ancora un paio d'ore, poi non ce l'aveva più fatta.
Paul dal canto suo era prossimo a seguirlo. Ma prima voleva finire una cosa.
Durante quella notte avevano preparato la trappola proposta da lui. Ma il risultato era stato deludente. Nulla. Come se il virus nemmeno esistesse.
"Evidentemente se ne sta rintanato da qualche parte. Chissà dove" aveva detto Paul.
"Chissa perchè? è questo che mi fa paura" Jodari era chino sulla sua consollina e stava scrivendo qualcosa rapidamente.
"Occorre studiare qualcos'altro" aveva aggiunto "la tua trappola va bene, ma prima occorre capire cosa sta succedendo" La frase terminò con un grosso e lungo sbadiglio.
Aveva fatto in tempo ad esporre a Paul la sua idea per realizzare un sistema-segugio che cercasse e colpisse il virus, ovunque si trovasse. Finalmente siamo ritornati sul terreno solido, pensò Kalensky. Questo è un sistema degno d'articolo. Solo che, anzichè due o tre mesi, dovremo farlo in una giornata!
Poi Antonio si era trascinato fino al divano. Per un attimo, Paul aveva temuto che l'amico si schiantasse a terra. Ma il cinese aveva troppo controllo di sè. Comunque appena coricato si addormentò.
Katy gli mise sopra un plaid che era lì vicino, sicuramente facente parte della dotazione del posto. Paul sorrise tra sè all'indirizzo del ragazzo, ora assente. La tua amichetta sta usando il tuo plaid. Non proprio come vorresti, ma è già un inizio.
Poi si diede da fare. Cercò di sviluppare l'idea di Antonio e di tracciare una passabile analisi del sistema. La Archetti l'avrebbe poi sviluppato. Non sapendo qual'era il livello di conoscenza della ragazza, all'inizio Kalensky la prese molto larga.
"Non trattarmi come una povera scema! " Gli aveva detto dopo poco "Non sarò una delle tue studentesse bionde e carine, ma non sono ritardata. Le so, queste cose. E ho capito il concetto. Fidati e andiamo avanti"
Non commise più quell'errore e procedette più speditamente. Dopo qualche minuto si accorse che lei era ora molto vicina. Lui si allontanò d'istinto. Rosy, sbuffò tra sè. Ancora? Ma non sarai un po' checca? Guarda che la prendo come una sfida, aveva pensato la ragazza.
Finalmente anche Paul accettò di dormire un po' mentre lei imbastiva il sistema. Più che di sonno vero e proprio si trattò di un dormiveglia. E nel dormiveglia, a Kalensky sembrò di vedere Rosy che si alzava dalla sedia e che lo baciava sulla fronte.
L'uomo era visibilmente scocciato. Mise giù i piedi dal letto e si alzò. "Finalmente! Perchè ci hai messo tanto tempo, AE? Vabbè me lo spieghi dopo, ora che abbiamo l'autorizzazione dei dottori, non voglio rimanere in questo ospedale un minuto di più"
"Calmati" Danielle era seduta su una sedia, li vicino "calmati. Adesso ce ne andiamo. è mattina, sai? Non è che abbiamo perso molto tempo, in fin dei conti".
"Lo so, ma ho fretta di tornare là fuori. Ho fretta di riprendere la caccia, e, possibilmente, di farla pagare cara a quei bastardi!" Sul suo volto una tensobenda lo faceva sentire con la faccia dentro il cemento. La capsula anestetica che gli avevano impiantato lo salvava dal dolore delle ferite e della frattura alla tempia. Ma non dalla rabbia e dalla vergogna.
La voce di AE si fece sentire nelle loro orecchie, insolitamente ossiequiosa: "Hai ragione. Ho impiegato un po' più del tempo strettamente necessario, ma inseguendo una traccia promettente sono finito in una simulazione ludica. E temo proprio che le mie istruzioni siano inadeguate per quelle situazioni"
Danielle si chiese cosa si nascondesse dietro quella reticenza. Era strano che AE si comportasse così. Qual'era la traccia che stavi seguendo e perchè non ce lo dici? Poi si voltò e vide Kaddar che si stava cambiando.
Era nudo dalla cintola in giù e lei non potè fare a meno di guardarlo. Se solo ti lasciassi un po' andare con me, vecchio bestione, invece di limitarti a guardarmi e sospirare.
Lui si voltò , la camicia del pigiama lo copriva parzialmente. Ebbe un attimo di esitazione. "Se..se puoi uscire un attimo, ti raggiungo subito".
Lei invece avanzò verso di lui, lo abbracciò e mentre lo baciava, una mano scivolò in basso, verso il suo sesso.
Nemmeno mezz'ora dopo erano alla locale stazione di polizia. Kaddar aveva la mente in fiamme. Danielle appariva tranquilla, come se niente fosse. "Consideralo un regalo per un amico malato" gli aveva detto. Di fronte a loro una proiezione del loro capo dipartimento.
"Evidentemente avevate fatto centro. Quella Archetti deve essere un personaggio importante, se qualcuno ha organizzato quell'azione diversiva per farla fuggire. Purtroppo abbiamo perso le sue traccie".
Jor aveva altre idee su quell'aggressione. Il capo continuò "Ora abbiamo le prove che quella tizia è implicata in un grosso affare di pirateria. E che stanno preparando qualcosa di grosso. Il vostro AE è riuscito a trovare in Europa, una prova fondamentale. I nostri tecnici informatici ora hanno una firma. Quando quei bastardi si muoveranno li troveremo. Per il momento siete in libertà. Trovatevi alle 16.00 per il turno serale." L'immagine sparì senza dare tempo a Kaddar di protestare.
"Come, in libertà? Con tutto quello che c'è da fare!"
"La vuoi piantare una buona volta?" La voce di Danielle era calma, come una mamma che tenti di far ragionare il figlioletto discolo "A te hanno appena incollato un paio d'ossa della testa. Ed è da ieri mattina che siamo in ballo. Hai sentito,no? Li hanno persi, e aspettano che la "info" li ritrovi per loro e per noi"
"Gli info. Buoni quelli. Giocano a fare i poliziotti dietro i loro computer luccicanti. "Cavalcare il Modello" lo chiamano!" Si avviò verso l'uscita. "Ok, socia. Ci vediamo più tardi. Andrò a farmi una dormita. Queste capsule anestetiche sono tremende".
Tornare a casa gli costava sempre più fatica. Quella vecchia casa, la moglie, con quel suo patetico vivere, i tre figli che significavano sempre meno, ogni giorno che passava. E poi, dopo quello che è successo poco fa. Ho bisogno di tempo.
"Allora, che si fa?" Disse lei. Lui la guardò. Avrebbe voluto chiederle di stare ancora assieme, magari con la scusa del lavoro. Sapeva che avrebbe accettato. Lo capiva. Sarebbero andati a casa di lei. Invece si limitò a dirle "Bè, hai sentito il capo. Troviamoci qui per le quattro".
INTERLUDIO XII
La fitta arriva improvvisa e inaspettata. Pedro sente come se un brandello di cervello gli venisse strappato da una pinza ardente.
"Arggg!" La coscienza richiamata gli mostra, sovrapposta all'immagine dello studio medico, gli infiniti piani del Modello, su cui egli si dirama come una pianta rampicante.
Con il volto contratto dal dolore, punta un dito contro lo psichiatra e questo, istantaneamente, si scompone in una miriade di cubetti colorati. Un istante dopo, la stessa sorte capita a Parry. Il resto della stanza arretra, tremola e svanisce come nebbia colorata.
Lui stesso abbandona la messinscena corporale e lascia che il suo corpo immateriale si fonda con la Rete. La coscienza ed i ricordi umani retrocedono, mentre il Guardiano prende il controllo del sistema.
Vede la traccia di fuoco che l'ha colpito, distruggendogli un banco di neuroni. La vede flettersi attraverso le strade del Modello e prepararsi ad un nuovo attacco.
La segue fino al punto di partenza. Vede il sistema da cui è partita, un tetraedro leggeremente evanescente.
Lo distrugge con un semplice pensiero. Il tetraedro si dissolve in una piccola pioggia scintillante.
Poi si volta e ricomincia la sua corsa attraverso il modello.
XXX
I tre erano riuniti di fronte alla luce lattiginosa del terminale.
"Accidenti, per fortuna abbiamo utilizzato quel server temporaneo. Lo ha spazzato via come fosse di carta".
"Già" Antonio era pensieroso "ho sottovalutato la capacità di quell'affare. Purtroppo per noi il vostro sistema è stato fin troppo potente. Lo ha risvegliato da quella specie di torpore e ora è di nuovo in giro. Ferito, forse, ma non distrutto".
Paul e Rosy si scambiarono un occhiata mesta.
"Non fate così" continuò Antonio "mica è colpa vostra. Lo abbiamo colpito. Ora sappiamo come si fa e soprattutto sappiamo che non è invincibile. Non pensavate certo di distruggerlo al primo colpo!" Ancora una volta gli occhi non seguirono il sorriso della bocca.
"Solo che occorre trovare qualcosa d'altro" Rosy stava giocherellando con la peluria che aveva sopra l'orecchio. A Paul, dopo il primo momento, quella particolare acconciatura cominciava a piacere, aveva un che di asimmetrico che non era male. "Sentite, mi è venuta un idea. Potremmo utilizzare una chiamata fantasma".
"Cioe?"
"Ci si mette su un server virtuale, come prima e, mentre uno di noi finge di chiamare qui, l'altro utilizza la connessione per portarsi da un'altra parte. In questo modo è più difficile intercettarci, visto che la connessione non è partita da qui. Anche se poi l'amico ci distrugge nuovamente il server, non ha importanza, perchè noi ci siamo già installati da qualche altra parte".
"Bello, proviamo." Antonio, come suo solito, non aveva praticamente cambiato espressione. La Archetti cominciava a trovare il suo comportamento un po' irritante.
"Ok, iniziamo. Paul, vieni qui a darmi una mano" Paul, che stava ripiombando in uno stato passivo, si spostò con la sedia per avvicinarsi a lei.
Appena le fu vicino, Rosy gli afferrò una mano e gliela strinse, a mò di incoraggiamento.
Dopo qualche minuto, Antonio disse "Ci sono. Ho installato una testa di ponte a casa di qualcuno. Di lì possiamo nuovamente partire all'attacco. Paul, aziona nuovamente il tuo cannone"
"Ma non è che rischiamo di far spazzare via quel povero sistema?" disse Paul, a mezza voce.
"Quale povero sistema?" Jodari lo guardò interrogativo.
"Quello in cui ti sei messo. Hai visto come ci ha distrutto il server, poco fa...." non terminò la frase. Contrariamente alle sue abitudini, Antonio lo interruppe bruscamente "Ma santo cielo! Stiamo combattendo contro la più grave minaccia al vivere civile degli ultimi dieci anni, e tu ti preoccupi di non rovinare l'agenda di qualcuno!"
"Va bene, calmati. Paul aveva solo espresso una perplessità" Rosy era tornata a stringere la mano di Paul, che fissava l'amico. "Ok, ora comunque riattiva quel tuo acchiappa-virus!"
Il dardo di fuoco torna a sferzare il Modello e a colpire nel segno. Un istante dopo, lunghissimo nella scala di tempo della Rete, lo schermo torna a farsi grigio di fronte a Kalensky.
"Cristo! Mi ha già trovato." Mentre parlava le mani correvano veloci sul pad. "Non riesco nemmeno più a monitorare il sistema remoto. Non l'ha solo fermato, l'ha proprio spento, stavolta".
"Non dobbiamo fermarci. Ripetiamo l'intera manovra. Ora penso di aver capito cosa ho sbagliato le volte precedenti. Devo distrarlo di più. Fargli fare un bel po' di giri ciechi. In questo modo c'è speranza che, nel tempo che lui impiega a stanarci nuovamente, riusciamo a colpirlo un po' di volte. Se riusciamo ad indebolirlo abbastanza...."
"E se utilizzassimo locazioni in giro per il mondo? Abbiamo usato un sistema qui a due passi, non è che era troppo vicino?"
Jodari guardò la ragazza come si guarda una bambina "Si dice spesso che la Rete annulla le distanze. Questo è abbastanza vero. Ma la velocità della luce non è infinita. Se usiamo sistemi troppo distanti da qui, il tempo di propagazione dei comandi ci tradirebbe immediatamente. è per questo motivo che quel coso la fuori ci ha già distrutto tre server ma non ci ha ancora rintracciati. Comunque ora useremo una serie di triangolazioni che ci porterà un po' più distante, ok?"
Rosy annuì, poco convinta.
"Forza. triplo salto mortale, stavolta!" Kalensky tornò a sedersi vicino alla Archetti, osservandone la veloce danza delle dita mentre tornava a dare istruzioni al deck. Belle mani, pensò.
All'interno del loro rifugio, non avevano sentito, o non avevano dato importanza al suono lontano di sirene.
Per Kaddar e la Willet, quel suono era un'ingombrante presenza a pochi metri di distanza. Ma neanche loro facevano molto caso alla sirena, così come non prestavano molta attenzione ai vigili del fuoco che si muovevano tutt'intorno a loro.
I loro occhi erano puntati sulla casa di fronte a loro, e sulle fiamme che si levavano da questa.
"AE, cosa diavolo succede?" Jor, già accaldato per la giornata estiva, aveva la fronte imperlata di sudore e la divisa appiccicata alla pelle. Danielle era rossa in volto. Anche a lei la divisa aderiva alla pelle, mettendo in mostra i rilievi delle spalline del reggiseno. Con loro c'era un uomo in una vistosa tuta gialla visibilmente agitato.
"Te l'ho detto. Abbiamo ritrovato quella firma. è apparsa un attimo e poi è scomparsa. Poi l'abbiamo ripresa. E la triangolazione portava a questa casa".
Visto che i suoi colleghi umani tacevano, l'alter ego continuò "Da quanto si può capire c'è stato un sovraccarico di tensione. I testimoni raccontano di aver visto saltare tutte le apparecchiature collegate alla rete elettrica".
"Maledizione! Com'è possibile? Le linee elettriche sono sicure! Non ho mai sentito che esistesse qualcosa di simile ad una sovratensione in linea! Cosa combinano i nostri tecnici in centrale!"
"Si calmi, signore" come al solito spettava a Danielle di essere comprensiva, mentre Jor pareva voler accusare tutto il mondo. "Mi stava dicendo che, comunque, non ci sono state vittime".
"No, no. Niente di grave, tranne due anziani coniugi che mancano ancora all'appello e qualche imbecille che si è scottato cercando di arraffare qualcosa prima di uscire. Il fatto è che non avrebbe dovuto nemmeno esserci questo incendio. Non solo si è verificata una cosa impossibile, ma non sono nemmeno intervenuti i soliti sistemi d'emergenza"
"Saranno stati distrutti anche loro dalla sovratensione" tentò Danielle.
"No, no. Sono protetti contro queste cose. Sono a batteria, perchè devono funzionare anche in caso di black out." mentre parlava, l'uomo agitava vistosamente mani e braccia.
"E a lei non risulta nessun altro incidente, da nessun'altra parte?"
"No. Niente di niente. è strano, molto strano..." mentre il tecnico cercava la frase più adatta a continuare il discorso, Jor afferrò la collega e la tirò da parte "Mi scusi un attimo.." ebbe appena il tempo di dire lei.
"Non è strano" disse Kaddar, appena furono abbastanza lontani. "Non per noi che abbiamo visto cadere un'auto da una rampa o morire un uomo perchè si è bloccata un'attrezzatura ospedaliera. è di nuovo opera di quel dannato qualcosa che si è intrufolato nella Rete"
Danielle annuì "Hai notato? Quel tizio non prende nemmeno in considerazione l'ipotesi che qualcosa possa essere andato storto nel Modello, dove, ovviamente risiedono i controlli sulla linea elettrica. Guai se immaginasse qualcosa di simile!" Nel suo sguardo c'era un'autentica preoccupazione.
"Sì ma il punto per noi è se là dentro c'erano i nostri amici, quella Archetti e la sua banda di orientali o meno?" Kaddar puntava il dito verso la casa in fiamme.
Danielle gli restituì un'espressione come per dire 'io ti parlo di pericoli mondiali e tu perdi tempo con una banda di piratì ma poi convenne che aveva ragione lui. Quella tizia era la chiave di tutto. "I pompieri dicono che non c'era nessuno che rispondesse alla nostra descrizione, nè hanno trovato attrezzature informatiche fuori dalla norma casalinga".
"Insomma, ci ha fregati! O è fuggita, o questo posto è un diversivo" Gli si gelò il sangue. Diversivo per cosa?
Non ebbe il tempo di comunicare questa preoccupazione. Nell'angolo in alto a destra era comparso il logo della polizia. Un attimo dopo il loro AE parlò loro "Allarme! è ricomparsa la firma misteriosa. è stata rinvenuta in ben quattro siti diversi. Stiamo terminando i calcoli ma il baricentro sembra situarsi su un isola di questa città"
Jor e Danielle corsero verso la loro vettura, congedando il tecnico dell'energia elettrica con un "Resti a disposizione. Se avremo ancora bisogno di lei ci faremo vivi".
Mentre entravano in auto Jor disse "Non è che ci fai andare a vuoto come l'altra volta? Cos'è questa storia del baricentro?"
"Non so essere più preciso. Ma i tecnici della sezione informatica hanno un idea. Per loro è in atto una guerra all'interno del Modello"
"Una guerra?" La vettura si mise in moto, mentre il traffico veniva bloccato per farli passare.
INTERLUDIO XIII
Il veloce sciame di scaglie colorate si avvicina ad un grosso cubo su cui spiccano grosse luci rosse lampeggianti. Un oggetto allarmato. Il folletto sosta un attimo. Lo osserva. Ma non c'è più niente di interessante.
Uno dei trigger che ha lasciato in giro per il Modello lo avverte: un banco di memoria si è annichilato. Segnale giallo. Evento inatteso. Indagare.
Grazie ai suoi sensori, il folletto ha una visione molto ampia del Modello. Ma non può vedere tutto. Ad esempio non fa caso alla veloce e multiforme freccia che modellizza il volo di linea DJ-550
Sul volo DJ-550, nel mondo reale, il comanante Yuri Odherdoff sta osservendo con leggera preoccupazione il colorato cruscotto sinottico di fronte a lui.
Il cruscotto, che in realtà non è altro che uno schermo HUD che il sistema dell'aereo provvede a cambiare, in maniera tale da visualizzare sempre le informazioni più pertinenti o più importanti, sta mostrando la traiettoria prevista per l'imminente atterraggio.
Odherdoff guarda fuori dal finestrino e poi ancora lo schermo. "Controllo. Qui DJ-550 in arrivo dall'ex-monarchia bulgara, settore orientale, Europa, potreste fare un controllo telemetrico sui dati del mio aereo?"
"Qualche problema?" Un angolo del cruscotto si è trasformato in un piccolo schermo televisivo, su cui campeggia l'immagine di un uomo con un visore 3D sugli occhi.
"Mah. Non so. Faccio spesso questa linea e mi sembra di essere un po' fuori rotta: L'ultima virata mi è sembrata troppo lunga. Ma gli strumenti dicono che tutto è ok"
"Un attimo" il controllore esegue, poco convinto che potesse trattarsi di un guasto "No. tutto regolare anche da qui. Si rilassi, sta andando tutto bene"
Un attimo dopo il cupo brontolio dei motori si smorza in modo vistoso. La prua dell'aereo inizia a tendere verso il basso.
Mantenendo a stento la calma, il comandante indica una zona del cruscotto. La piccola finestra grafica si espande, mostrando un maggior dettaglio delle informazioni.
"Motore destro: 8500 gpm tutto ok, motore sinistro: 8501 gpm tutto ok" Yuri legge ad alta voce i dati "Tutto ok un corno, qui stiamo perdendo quota, e molta! Controllo! Avaria! Stiamo perdendo potenza"
"Negativo, ripeto, negativo. Tutti i sistemi sono go. Siete perfettamente in corridoio. Ripeto: non si rileva nessuna anomalia"
"Fanculo! Henrich, dammi il controllo manuale di questo benedetto apparecchio. E fammi apparire in 3D il percorso di atterraggio"
Henrich Faswood, secondo pilota, si muove rapidamente. Il suo volto ha un sobbalzo. Riprova. Ora è scuro e teso "Non ci riesco. Il sistema non risponde ai comandi"
"Sgancia tutto. Spegni il sistema di controllo. Uccidilo, fracassalo. Dobbiamo portare giù quest'affare a vista!" Diavolo, non avrei mai creduto di dover fare una cosa simile! Dannazione, un conto è simularlo, un atterraggio a vista, un conto è farlo realmente.
Con un tuffo al cuore, Odherdoff e il suo secondo si rendono conto che l'aereo sta lentamente virando sulla sinistra.
Da solo.
XXXI
Si stava di nuovo facendo sera, evento praticamente ignorato dal gruppo formato da Antonio, Paul e Rosy. Danito si era nuovamente unito a loro.
Il morale era basso. Anche se colpito, il loro avversario era riuscito a sventare i loro attacchi nel giro di pochi minuti.
"Però lo abbiamo colpito ben bene stavolta." Paul sembrava il più allegro dei tre, ad esclusione di Danny, troppo preso dall'avventura in sè per preoccuparsi del suo reale significato. Kalensky sedeva a fianco di Rosy e ora era lui che le teneva la mano appoggiata sulla gamba.
"Si, penso proprio che gli abbiamo assestato un bel colpo. Se riuscissimo a mantenere l'attacco focalizzato più a lungo..." Rosy era demoralizzata, anche se era conscia di quella mano sulla sua gamba. Vedi che ci riesco sempre, quando voglio?
"è questo il punto. Questa volta proprio non capisco come abbia fatto a disconnettere il nostro ospite" Antonio guardò un attimo Paul "Eppure lo avevamo corazzato ben bene".
"Non lo ha disconnesso. Non lo ha neppure spento. Lo ha proprio cancellato. Quel bastardo ha probabilmente trovato il modo di agire sull'alimentazione o cose simili"
La voce era rimbombata nelle orecchie di Kaddar "Pericolo, pericolo. Aereo in avaria. Allontanarsi dalla zona. Ripeto: allontanarsi il più possibile dalla zona"
Kaddar aveva alzato lo sguardo, giusto in tempo per vedere il muso del velivolo che sembrava puntare direttamente su di lui. Vicino. Troppo vicino.
"Danielle, Danielle! Dove sei? Via! Andiamo via!" Si mise a correre mentre il rombo dell'aereo si faceva sempre più vicino.
"Si, hai ragione. Dobbiamo riconsiderare la strategia d'attacco. Dobbiamo fare in modo che non riesca proprio ad individuare da dove lo stiamo attaccando" Aveva assentito Jodari.
Dopo di che tutti e quattro si erano messi all'opera. Danito aveva notato il comportamento di Paul e di Rosy Contrariamente a quanto lui stesso credeva, scoprì che non gliene importava poi molto. Per la verità era abituato a questi comportamenti della ragazza, sapeva che se c'era un uomo nei dintorni, lei era restia a farsi vedere troppo amichevole nei suoi confronti. Il fatto era che adesso c'era lui, Jodari. Il maestro, il più grande.
E fu per questo che permise di essere praticamente buttato fuori, solo quando Antonio, comprendendo l'ammirazione che il ragazzo aveva per lui, gli affidò un compito.
"Si tratta di sviluppare una specie di sentinella, che possa avvertirci se il virus si aggira nei paraggi"
"Ma posso anche lavorare qui con voi" si era lamentato, quando Antonio insistette perchè tornasse a casa sua.
"Lo so. Ma, vista la situazione è meglio dare nell'occhio meno possibile. Tornerai qui domani mattina. E, mi raccomando. cerca di comportarti il più naturale possibile. Magari esci un po' con i tuoi amici"
Sia pur a malincuore, Danito uscì.
"Uff... Temevo di non riuscire a convincerlo" gemette Jodari. "Non è un cattivo ragazzo. Solo che è così..."
"..appiccicoso" Terminò la Archetti per lui.
"Ma non sarà pericoloso per noi? Non mi sembra il classico giocatore di poker. Se vede degli amici, quelli glielo leggeranno in faccia che sta nascondendo qualcosa"
"Certo, mio caro amico. Se uscisse. Ma penso di aver capito che tipo è. Se ne starà in casa tutta la notte a lavorare su quell'inutile compito che gli ho affidato" Gli altri due non poterono fare a meno di sorridere.
Tutt'intorno era caos. Edifici in fiamme, ambulanze, vigili del fuoco. L'odore acre del fumo di materiale plastico, e persino di carne umana avvolgeva il poliziotto. Ma il suo mondo era limitato alla barella di fronte a lui.
Danielle aveva ricevuto i primi soccorsi, solerti infermieri le avevano tolto di dosso la divisa inzuppata di sangue e le avevano tamponato la grossa ferita.
Ora stavano prestando uguali cure ad altri feriti, in attesa che arrivassero ambulanze per tutti.
Kaddar, inginocchiato accanto a lei la guardò, i capelli quasi completamente bruciati, una grossa ustione sulla fronte contrastava con il pallore del volto, dovuto alla perdita di sangue. Non era un bello spettacolo, ma Kaddar la vedeva bellissima.
"Jor.." Il sedativo che le avevano somministrato iniziava a fare effetto, e il volto contratto dal dolore, iniziava a rilassarsi.
"Non parlare" Jor si abbassò su di lei e la baciò. Sentiva che anche lei rispondeva, sia pur debolmente. Il poliziotto infilò la mano sotto la copertina della barella e le accarezzò il seno.
Smise solo quando si accorse che lei si era addormentata, col sorriso sul volto.
XXXII
Erano distesi sul materasso, vestiti. Paul guardava ora il soffitto crepato ora la ragazza stesa al suo fianco.
Dopo aver convinto Danito a sloggiare, i tre avevano continuato a lavorare alla ricerca di una nuova idea. Si era fatta notte e la stanchezza cominciava a pesare.
Tranne Jodari, il quale, quando era 'in caccià riusciva a dimenticare il mondo esterno. Era stato lui a pregarli di andare a riposarsi, dicendo loro che stava inseguendo una nuova teoria, che forse era un buco nell'acqua, ma che doveva controllare. Paul sapeva che quando l'altro faceva così era inutile insistere. "Vieni" disse a Rosy "Andiamo"
"Si, bravi. Magari verso l'alba mi date il cambio" li aveva salutati Antonio, senza nemmeno voltarsi.
E così si erano stesi su quel materasso, lasciato lì con finta distrazione da Danny, certamente con l'intenzione di usarlo, una volta o l'altra.
"Uffa che caldo!" Paul aveva la camicia appiccicata alla pelle. Anche se arredato, quel posto rimaneva un garage, e la ventilazione era molto limitata. In più quella specie di camera non aveva finestre nè areazione di sorta.
"Beh, spogliati, se proprio non riesci a dormire" disse Rosy, dando anche il buon esempio, sfilandosi i pantaloncini e rimanendo in maglietta e slip.
Paul, un po' goffamente, si tolse camicia e pantaloni.
Nella penombra della camera, Paul non riusciva a staccare gli occhi dal corpo della ragazza stesa al suo fianco. Ne osservava il ritmico alzarsi e abbassarsi dei seni che tendevano la stoffa della maglietta, mentre una ridda di pensieri gli affollavano la mente.
Poi si girò verso di lei e le posò una mano sul fianco, all'altezza delle ultime costole. Sentì le ossa sotto uno strato di pelle morbida e calda. Dorme, pensò.
"Finalmente" disse lei aprendo gli occhi, e lo abbracciò attirandolo a sè.
© Luciano Gemme - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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