ARPANet

Il guardiano del modello
di: Luciano Gemme


SEZIONE NONA

XXXIII

Un trillo fine si sparse per la penombra calda e soffocante. Una musichetta dolce si sostituì al trillo.La ragazza si girò imbronciata nel letto.
La musichetta lasciò il posto alle parole. Rosy aprì a fatica un occhio e la mano si tese per raggiungere il comms lasciato sul pavimento e programmato per dare le notizie in voce.
"Ore cinque e zero minuti primi. Notiziaro generale. Ieri alle prime luci dell'alba la Repubblica Kurda ha ufficialmente capitolato. Si attende per stamane l'arrivo delle forze dell'Alleanza nella capitale. Ennesimo test nucleare nel Madagascar, già programmata per oggi una riunione del Comitato Esecutivo per discutere le sanzioni contro il paese africano".
Rosy brancolava piacevolmente nel dormiveglia, appena conscia della presenza di Paul, nudo, e ancora addormentato. Si girò, posando una mano sul pene dell'uomo. Le piaceva il contatto vellutato di quella pelle morbida.
"Ieri due sciagure hanno funestato la nostra città. Un intero stabile al 213 di Rose Isle è andato completamente distrutto per un inspiegabile incendio. Ma soprattutto, nell'Isola di Marcos, un aereo è precipitato sull'abitato. Anche in questo caso le cause sono sconosciute. Il bilancio provvisorio è di trecentoquindici morti, di cui duecentosettanta gli occupanti dell'aereo precipitato. Innumerevoli i dispersi, vista l'alta densità abitativa del quartiere. Non si conoscono ancora le cause della sciagura, che appare inspiegabile vista...."
Ora la ragazza era seduta sul letto e teneva il comms in mano. Stava richiamando i particolari delle ultime due notizie. Le mani le tremavano.
Pochi istanti dopo, una Archetti visibilmente agitata si avvicinò a Jodari. Indossava solo la camicia di Paul, abbottonata a metà. Lo trovò accanto alla console, come se invece di alcune ore fossero passati solo pochi minuti.
Quando si avvicinò a lui, la camicia scivolò di lato, mettendo in mostra un seno. Antonio parve non accorgersene nemmeno. "Ah, vi siete già alzati?"
Lei lo interruppe "Guarda qui, questi indirizzi. Non sono le due località su cui ci siamo appoggiati ieri, per combattere il tuo virus?"
Lui guardò lo schermo della piccola console. Capì immediatamente. Le strappo letteralmente di mano il comms e lesse il riassunto delle notizie.
Non parlò per lunghi istanti. Paul entrò nella stanza, indossava solo i pantaloni e teneva in mano il resto dei vestiti della Archetti. Era ancora assonnato. Lei gli fece segno di tacere, mentre, afferrati gli abiti che lui leporgeva, iniziava a rivestirsi.
Alla fine Antonio chiuse gli occhi e si accasciò sul tavolo. Il volto tra le mani. Piangeva. Paul rimase sconvolto. Non aveva mai visto l'amico crollare in quel modo.
"Avevo temuto qualcosa del genere, ma non così, maledizione. Non così". Qualche istante dopo parve risollevarsi. "Basta. Ho rimandato anche troppo. Ora so cosa fare." Lo sguardo gli rimaneva fisso, inchiodato in ad un punto imprecisato del muro.
Contemporaneamente in una vettura privata Jor Kaddar sedeva rigido, gli occhi fissi di fronte a se. Aspettava. Aspettava che succedesse qualcosa, che i suoi colleghi della squadra tecnica riuscissero a rintracciare quei criminali. Perchè non ti prendi uno o due giorni di vacanza? Sei molto scosso.Vai a casa a dormire. Domani ne riparleremo. Gli avevano detto.
Non voleva andare a casa. Non voleva i giorni di vacanza. Non voleva fare nulla. Si limitava a stare in macchina, la radio ossea accesa, ascoltando il chiacchericcio delle varie squadre.
Aspettava. Un ghigno freddo e livido gli era spuntato sul volto.

INTERLUDIO 14

Antonio si alza in piedi. Guarda a destra e a sinistra. Tutt'intorno si estende una fantasmagorica città che si sviluppa in tutte le direzioni. Cubi, piramidi, colonne fluorescenti lo circondano. Piccoli dardi sfrecciano accanto a lui dentro tubi trasparenti, mentre grossi palloni si muovono placidi e indolenti sopra la sua testa.
è nel Modello.
Era la prima volta che lo faceva. Aveva trovato tra la roba di Danny un casco ad attivazione neurale. Era sicuro che doveva averlo. L'anno scorso era stato la moda del momento in fatto di tecniche di immersione. Si tratta di una specie di strumento di tortura: un casco rivestito internamente di sottili aghi elettrizzati che consentono l'attivazione diretta dei neuroni del cervello.
Ma non era stato solo il fastidio fisico a decretarne il fiasco commerciale. Il casco si era rivelato una bufala, nel senso che per ottenere un buon controllo del cervello occcorreva una enorme capacità di calcolo, ancora al di fuori della portata dell'utenza comune.
Inoltre si era subito rivelato pericoloso. Dopo che una dozzina di persone si erano letteralmente rovinate il cervello, cotto da quella innaturale attività, la casa produttrice non riuscì più a mantenere il tutto sotto silenzio. La cosa si riseppe, e dovettero ammettere tutto. Da quel momendo divenne una specie di droga e se ne appropriarono venditori di porno sensazioni e sale giochi equivoche.
Sapeva che Danny lo aveva comprato. A sentire Rosy, quel tizio comprava tutto. E sapeva anche che non l'aveva mai usato, se non con la piastrina demo inclusa nella confezione.
Infatti il casco era ancora nella sua scatola, odoroso di poliestere e di acrilico.
Lo indossò, gli aghi prudentemente retratti, poi iniziò una lunga sequenza per entrare nel sistema della sua università "Sarà tutto a mia disposizione. Con questo avrò la potenza di calcolo che mi serve"
"Tutto tuo?" chiese Paul "è mattino presto ma parecchi sistemi..."
Antonio si esibì in qualcosa che assomigliava molto ad un ghigno "Non sto entrando dalla porta. Una volta finito di digitare questa sequenza l'intero sistema universitario della costa orientale sarà al mio servizio. Vi conviene prepararvi. Potrei avere bisogno di una mano"
Invano, Kalensky cercò di trattenerlo. Il dolore gli scoppiò come un fuoco d'artificio nell'istante in cui, attivato il contatto, il computer dell'università si interfacciava con il casco. Gli aghi gli penetrarono in profondità nel cuoio capelluto, fermandosi contro le ossa del cranio.
Un'istante dopo il dolore e la realtà cessano di esistere, ai suoi piedi, infinita, si stende una fitta ragnatela luminosa, leggermente cedevole.
Sopra di lui capeggia, come un'immenso dirigibile, il sistema della facoltà, pronto a venire in suo aiuto.
"Mostro. Bastardo. Dove sei? So che ti credi il dominatore del Modello. Ma prima dovrai fare i conti con me. Hai sentito?"
Non deve attendere molto. Tutt'intorno a lui si addensa una fitta nebbia costituita da piccoli prismi scuri. La nebbia si muove, si contrae, diventa nuvola.
Poi forma umana.
Un'enorme guerriero medioevale, dalla grossa faccia barbuta sovrasta Jodari di parecchie lunghezze. Antonio lo guarda dal basso in alto e si sente mancare. Gli pare di risentire per l'ennesima volta le voci di Rosy e di Paul che lo sconsigliano di confrontarsi con il mostro. Non così. Non con l'attivatore neurale. Non sul suo terreno.
Poi si riscuote. Le dimensioni, nel Modello, non significano nulla, pura variabile memorizzata chissà dove.
E gli basta pensarlo per diventare alto come il suo avversario. Il suo subconscio, prontamente recepito dal sistema universitario, gli fornisce uno scudo e una spada per fronteggiare l'avversario. Un ICE a protezione del suo cervello e un sistema incursore per penetrare le difese dell'altro sistema. Il resto è illusione, in realtà io sono steso su quel divano, svenuto.
Ma per adesso mi conviene giocare.
E mentre saggia la consistenza delle sue nuove armi, Antonio capisce. Il gioco. Il guerriero medioevale. Cristo. Quell'adventure a cui giocammo quella sera....
Possibile? Possibile che uno di quei personaggi sia la causa......
Ci penseremo dopo. "Rosy, Paul, ci siete? Lo vedete anche voi?"
Due sfere policrome gli si materializzano a fianco "Ci siamo" dice la famigliare voce di Paul "E lo vediamo. è proprio lui?"
"Si. La pseudo vita di uno dei personaggi di quell'adventure si deve essere fusa con il mio MIENN, generando questo obbrobrio" Se è così devo trovare il punto debole del programma genetico. In fondo è solo un PnG. Eppure c'è qualcosa che non quadra, non ancora.
Il Guardiano si cala la celata sul volto e parte all'attacco. Inizia una furibonda battaglia a colpi di ICE, di microvirus invasori, di bombe azzeranti. Nella mente di Antonio sempre quel pensiero. Qualcosa ancora non quadra. Quest'affare è troppo in gamba, troppo intelligente.
L'ennesimo fendente di Antonio si abbatte sull'armatura del guerriero medioevale, senza conseguenze.
Ancora quel pensiero. Qualcosa non quadra. Antonio si distrae e solo all'ultimo istante riesce ad alzare lo scudo per difendersi. Ancora una volta le due sfere saettano avanti e indietro distraendo l'avversario.
Che idiota. Che idiota ad accettare il suo gioco. Dovevo pensarci prima. "Rosy, Paul. Distraetelo il più possibile. Ho bisogno di un po' di tempo"
Tra le due sfere compare un filo. Tendendolo tra loro si gettano contro il Guardiano, tentando di colpirlo con quella nuova arma.
Il mostro agita le mani in direzione delle due piccole sfere, come una persona infastidita dalle api. Una delle due sfere, colpita, esplode.
Antonio sembra non avvedersene. L'altra sfera gira vorticosamente attorno alla figura medioevale, non azzardandosi più ad attaccarla direttamente. "Paul, stai bene?" è la voce di Rosy.
"Si, aspetta che mi collego di nuovo e arrivo, quel dannato per fortuna si è limitato a sganciarmi fuori".
"Via di lì!" Urla Jodari. La sfera superstite fa appena in tempo ad allontanarsi che dalle mani alzate di Antonio sgorga un torrente di fuoco che si abbatte sul guerriero. Dietro Jodari il grosso dirigibile è circondato da fulmini blu che saettano verso il corpo virtuale di Antonio.
Il guerriero, colpito in pieno indietreggia, cade. Poi si trasforma. Massa scura avvolta nella nebbia. Una parte attacca il dirigibile, lo circonda di piccoli prismi opachi. I fulmini si frangono sui prismi e vengono soffocati. Non più alimentato, il fuoco smette di scorrere dalle mani di Antonio.
L'altra parte, intanto, si va ricomponendo in una nera figura incappucciata che tende una grossa balestra in direzione dell'umano undifeso. Del volto si vedono solo gli occhi, cisposi e crudeli.
"Presto, sono senza protezione! Venite a farmi scudo!" Istintivamente Jodari si abbassa.
"Eccomi" la voce di Kalesky si materializza assieme ad una sorta di barriera, come un vetro spesso, azzurrino, sospeso a mezz'aria.
"Sto arrivando, cercherò di creare una sorta di armatura protettiva" la piccola sfera della Archetti arriva svolazzando.
Ora il guerriero si è fermato. Quella voce. Ancora quella voce.
"Rosy!"
La sfera-Archetti lo guarda, guarda quegli occhi, sormontati dalle grossa sopracciglie nere. "Pedro!" Un istante dopo una figura di ragazza si materializza nell'aria,a metà strada tra Pedro e Jodari. "Sei proprio tu?" La mente della ragazza, giù nel mondo reale, è in subbuglio.
Rosy. Rosy. Dolore. Ricordi. Pedro abbassa l'arma, mentre l'armatura si trasforma un una salopette jeans sbrindellata.
Lei si avvicina. un movimento lento e difficoltoso. Mancando della connessione neurale, la Archetti fatica a guidare il suo alter ego. Pedro esita. Migliardi di sinapsi cercano di ricordare, di ricomporre insieme le scheggie di memoria che gli affollano la mente. Altrettante gli urlano di lasciare perdere. Pericolo. Nemico.
"Sei una di loro, adesso. Sei dall'altra parte". Riesce a mormorare, insicuro del significato delle sue stesse parole.
La figura femminile lo guarda, la testa leggermente inclinata di lato. Senza dire nulla inizia a spogliarsi.
Lui la guarda inebetito, travolto da una marea di sensazioni che non sapeva di poter ancora provare.
COn gli occhi fissi su quella cosa che tanto assomiglia al suo perduto Pedro, Rosy sente dietro di se giungere la voce di Antonio "Ora, ragazzi. Ora! Tutti assieme!"
Il cielo sembra esplodere mentre miriadi di piccoli dardi rossi, sbucati dal nulla, convergono su Pedro.
In lontananza, su una bassa collina formata dai dati di una libreria ad accesso libero, un nero cilindro osserva la scena. Sulle fiancate reca inciso il logo della polizia municipale. Un nugolo di scaglie lo circonda e poi insieme iniziano a scendere verso i due contendenti.

XXXIV

"Nooo. Fermi!" Rosy urla vedendo i dardi rossi puntare verso Pedro. Stanno arrivando da ogni direzione e sembrano riempire il non-cielo del Modello.
Sono gli hacker. O meglio i loro programmi d'assalto. Per tutto il giorno era continuata la conferenza elettronica tra pirati e appassionati di tutto il mondo, per una volta accomunati dal pericolo.
Avevano capito subito le reali potenzialità distruttive di quella cosa impazzita, e ne avevano studiato i possibili punti deboli. Chiunque avesse qualcosa da dire lo disse, mantenendo vivo un dialogo mondiale che si protrasse per ore.
Ma l'unica possibilità che avevano trovato era un attacco in massa, sperando che fra le migliaia di dardi, qualcuno riuscisse a penetrare nelle pieghe di un interrupt del mostro.
Del tutto inutilmente Rosy si sbraccia nel disperato tentativo di fermare quelle cose. Le sottili traccie rosse attraversano il suo non-corpo come se non esistesse. Non è lei la preda.
Un attimo dopo si trovò letteralmente fra le braccia di Paul. Kalensky l'aveva sollevata dalla sua sedia e la stava scuotendo vigorosamente. "Calmati, sei impazzita? Che ti succede?" Lei cercò di divincolarsi "Devo fermarli....Pedro..." Paul notò quanto fosse forte quella ragazza scalmanata.
"Quale Pedro? Il tuo ex? Pedro è morto. Mi hai sentito? Morto. Quella cosa è un programma. Un programma genetico. è una finzione." Lei continuava a divincolarsi "Quella cosa è un pericolo per tutti. Ha già ucciso un sacco di persone, il tuo Pedro avrebbe fatto altrettanto?"
Sì, forse, avrebbe fatto altrettanto. Avrebbe ucciso, senza nemmeno scomporsi, se le circostanze fossero state favorevoli. Rosy si calmò un pochino. Paul aveva ragione, quella cosa andava distrutta. Ma perchè aveva il volto di Pedro?
La ragazza smise di divincolarsi e abbassò la testa.
Probabilmente un macabro scherzo di quel mostro. In qualche modo, si era appropriato del volto e forse di qualche lato della personalità della persona che l'aveva liberato. E della persona che io amavo.
Quella dannata cosa era l'ultima parte di Pedro che ancora esisteva. E la stavano uccidendo. E non posso farci niente. Non devo farci niente! Sentì le lacrime salirle agli occhi.
"Si, si. Hai ragione. Lasciami ora. Scusami, ma non posso rimanere. Vado...vado di là a preparare un po' di caffe" Istintivamente girò la schiena a Kalensky.
"Si, si, vai" riuscì solo a replicare Paul. Mentre lei si allontanava, la sentì distante. Fredda e ostile. La notte non era ancora finita, ma lui ebbe la senzazione che quello che era successo fra loro fosse adesso lontano anni luce. Non posso darle torto.
Appena lei chiuse la porta, Kalensky si scosse e si risedette di fronte al deck. Antonio si stava agitando sul divano, il casco neurale ancora fissato alla testa gli stava procurando una super stimolazione neurale, che iniziava a manifestarsi come piccoli spasmi. Non avrebbe resistito ancora a lungo.
Il capitano della polizia Major stava osservando un monitor. Si rivolse ad un agente posto dietro un pannello di controllo "Stai sempre tracciandolo?"
"Sì, è da stanotte che è in ascolto. Deve aver sentito tutte le nostre trasmissioni. Ora sta dirigendosi verso l'obbiettivo".
"Sono preoccupato per lui".
"Lo fermi, capitano. è sconvolto. rovinerà se stesso e la missione".
L'ufficiale prese un microfono. "Kaddar, so che ci stai ascoltando. So dove sei e cosa hai in mente. Non farlo. Non rovinarti così. So come ti senti e cosa stai provando, ma, ripeto, non farlo. Danielle non avrebbe voluto"
L'agente stava fissando il suo superiore "Non avrebbe dovuto pronunciare quel nome, capo. Jor era cotto di quella donna. Lo sanno tutti".
Major fece una smorfia. "Passami sulla criptata per le pattuglie operative" Al cenno di conferma dell'agente, continuò "Sono Major, sbrigatevi a convergere sull'obbiettivo. E tenetevi pronti ad affrontare un ulteriore problema".
Si rivolse nuovamente all'operatore. "Collegami col Centro Dipartimentale. Procedura di Disattivazione Critica"
L'agente lo guardò un istante, poi eseguì.

INTERLUDIO 15

L'aria, o qualunque cosa sia, gli urla sulla faccia. O meglio sul muso. I suoi occhi sono freddi obbiettivi e le sue braccia sono ali.
Antonio ora vola sulle colline di dati del Modello. è un aereo da guerra che sfiora le cime di svettanti guglie universitarie e passa tra i giganteschi canyon dei data base dell'amministrazione statale. Una sorta di euforia lo distoglie per un attimo dalla sua missione.
Ma è solo un attimo. "Paul, come sta andando? Hai altre triangolazioni?"
"Si, ne ho una proprio sulla tua rotta. 192.565.alfa@yukon.usa. Vi sono parecchie unità che si stanno dirigendo sulla zona. Evidentemente sta cercando di ricomporsi dopo la batosta"
Già, la batosta. Gli attacchi concentrici e coordinati di miliaia di hacker e di semplici appassionati di tutto il mondo avevano aperto una breccia nella sua corazza. Una breccia che Jodari aveva sfuttato per un affondo finale.
Raggiunto in pieno, Pedro era esploso. gettando piccoli cubi neri in tutte le direzioni. La sua coscienza era stata annientata, distrutta.
O meglio, era stata distrutta quella parte del sistema. Era sicuramente la parte preponderante, in quanto Pedro aveva radunato quasi tutto se stesso e la sua conoscenza distribuita per dare una lezione al tanto decantato Jodari.
Ma era una rete neurale. E una rete neurale decimata continua a funzionare, per quanto inmaniera più confusa e approsimativa.
E quel che era peggio, per mezzo delle sue spore genetiche, può ricrearsi, praticamente intatta, oltrove nel Modello, se le condizioni sono favorevoli.
Occorre andare in giro per la Rete, individuare i sistemi entro cui ancora si nasconde e distruggerli. E cosa c'è meglio di un aereo d'assalto per farlo?
E mentre lui volava e colpiva (ormai sapeva come entrare nell'ICE del virus e quindi il colpirlo era diventato facile, una volta individuato) Paul lo supportava da terra, o meglio dal mondo reale. Il mondo reale. Antonio cominciava ad averne un ricordo confuso, sbiadito.
Sotto di lui si muovono una serie di triangoli rossi, avanzando a zig-zag. I decespugliatori dell'UNAM si erano messi all'opera per ripulire le strade della Rete dei residui della battaglia: byte slegati, pacchetti senza puntatori, mine vaganti, microvirus, spore geniche.
"Sembra stiano facendo un bel lavoro, laggiù!" Gli bastò pensarlo, affinchè l'immagine che vedeva apparisse sul monitor di Kalensky.
"Si. è naturale che siano intervenuti. Il tuo show deve aver scatenato più allarmi di una bomba atomica su una centrale internodale. Però hai ragione, stanno facendo un bel lavoro". "Troppo bello." aggiunse dopo un'attimo.
"Che vuoi dire?" l'aereo-Jodari si stava abbassando su un grumo dall'aspetto putrescente: un sistema contaminato. Accanto al sistema centrale, che era cresciuto come un'escrescenza carnosa su quello che un tempo era un lucido deck professionale, c'era una serie di cose che avanzavano lentamente. Sembravano enormi amebe corazzate, grosse cocciniglie virtuali.
"Che stanno ripulendo le spore del virus con un'altissima selettività. Qualcuno oltre noi sta partecipando al gioco. E non so chi è nè che intenzioni abbia"
"Bè i mezzi sono dell'UNIM. è chiaro che possano avere capito che qualcosa non andava, nel loro giocattolone" Ora stava eruttando una serie di minuscoli aghi di ghiaccio contro l'obbiettivo. Ogni ago, colpendolo, ne staccava una parte. Mine virali. "E poi, ci stanno aiutando. E mi sembra che abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile"
Già, tutto l'aiuto possibile. Quando avrò finito consegnerò tutto all'UNIM. Ma per adesso, a quanto ne so, sono il solo che può fare questo lavoro. Il solo che sa come forzare la corazza del virus. E se una sua base riesce a nascondersi, se questa cosa riesce a mutare. Se anche solo una sua spora riesce a mutare, tutto il nostro lavoro sarà stato inutile.
Inutile.
Il pensiero gli passava di fronte alla mente come una nuvola scura, mentre il sistema contaminato, raggiunto in profondità da una scarica violetta si dissolve in un turbinio di calcinacci elettronici. Altro lavoro per i decespugliatori.
"Passami un altro obbiettivo" Nel mondo reale, Antonio era preda di colvulsioni sempre più frequenti e forti.
Paul guardò l'amico con apprensione poi gli diede delle nuove coordinate.

XXXV

Un leggero trillo nell'aria.
Rosy stava osservando mestamente la vecchia caffettiera sporca ed arrugginita posata sul lavabo. Pedro. Possibile che quella cosa sia, in parte, Pedro? No. Non è possibile. E allora perchè quegli occhi? Quegli occhi erano i suoi, ne era certa, anche se erano velati da un furore e da un odio che lei non conosceva.
Pedro, che ti hanno fatto? Cosa ti abbiamo fatto? Cosa sei diventato?
Il trillo si ripetè. Proveniente dalla porticina che funge da ingresso pedonale al garage.
Rosy ora lo sente e si irrigiisce. Lentamente chiuse l'acqua e rimase in ascolto.
Nulla. Nessun altro rumore.
Chi può essere? Danny ha la chiave. Magari se l'è dimenticata. Difficile, precisino com'è. La polizia? In media non suonano, non così gentilmente.
Il campanello suonò di nuovo. La ragazza afferrò la sua stilo-pistola e si avviò, cauta, verso l'origine del suono.
Si fermò ancora ad ascoltare. Ancora nulla. Allora afferrata la maniglia, la ruotò lentamente.
Non appena nella porta si fu aperto uno spiraglio, un boato rimbombò nel locale vuoto. Rosy ebbe l'impressione di vedere tutto al rallentatore. La lamiera che si deforma e poi si lacera. Quel lampo che la raggiunge al petto e che la colpisce con la forza di un maglio, gettandola con violenza all'indietro.
Poi la porta che si apre del tutto e la investe in pieno. E mentre cade per terra la figura di un uomo, basso ma ben piantato, che fa irruzione, senza neppure degnarla di uno sguardo.
Paul sussultò violentemente all'udire lo sparo. Quel suono improvviso e violento lo passò da parte a parte come una lama. In un attimo si ritrovò coperto di sudore freddo, il cuore impazzito che pompava sangue e adrenalina.
"Antonio, sbrigati! Siamo nella merda!" si alzò di scatto, cercando con gli occhi qualcosa che potesse fungere da arma o offrire rifugio. Antonio mugulava e si agitava sul divano, al di là di ogni possibilità di fuga.
Un'istante dopo si trovò di fronte alla corta canna di una mitraglietta. Dietro l'arma un tipo baffuto, la spalle larghe e il volto sconvolto dalla collera. Il punto rosso del laser di puntamento gli balenava davanti agli occhi.
"Paul, che sta succedendo? Sono sull'ultimo obbiettivo. Dio mio, è enorme. Credo proprio di essere arrivato al nucleo di questo bastardo. Tra un po' inizierò a mitragliarlo e poi sarà tutto finito"
"Sbrigati, per l'amor del cielo!"
"Zitto, o ti freddo sul momento! " L'iride era dilatata mentre i capillari disegnavano una fitta ragnatela rossa sul bianco dell'occhio.
Per un lungo attimo i due si fronteggiano, immobili. Paul irrigidito dal panico, Jor fremente di rabbia, il dito sul grilletto.
"Kaddar. Kaddar. Mi ascolti? Sappiamo dove sei. Non peggiorare le cose. Calmati e metteremo tutto a tacere. L'importante è che non peggiori la situazione. Stanno arrivando le pattuglie E-5 e F-4. Mantieni sotto controllo i soggetti indiziati ma non fare nient'altro. Nient'altro, mi hai capito?"
Per un attimo il dito si posò sul grilletto e iniziò a fare pressione, poi pian, piano, la rabbia iniziò, se non a diminuire, a retrocedere, lasciando il posto ad anni e anni di addestramento e di abitudine al rispetto dell'autorità.
"Faccia a terra, bastardo! E non muovere un muscolo, non ti immagini neanche quanto la tua miserabile vita sia in pericolo!" Jor sudava tutto, mentre contro le mani tremanti gli sembrava di risentire il seno piccolo e morbido di Danielle.
"Schiaccia bene il naso per terra, stronzo!" Kaddar colpì con un calcio Kalensky che nel frattenpo si era gettato a terra, l'arma puntata alla base del cranio.
Il capitano Major sedeva di fronte ad un pannello di controllo, un grosso pulsante rosso lampeggiava minaccioso dalla sua nicchia. "Allora, dottore?"
Un tizio al suo fianco emise un sospiro e parlò "è fuori. In piena crisi di nervi. Niente di irreparabile, però è completamente incontrollabile. Ha già sparato, non sappiamo se a qualcuno e con che esito, ma se lo lasciamo libero, lo farà ancora. è molto probabile che si rifiuti di consegnare i ricercati agli altri poliziotti"
"La sua diagnosi?"
"Bloccarlo. Per il suo e altrui bene"
La mano del dottore si appoggiò ad un secondo pulsante rosso, simile a quello su cui già era la mano del capitano. Attivati contemporaneamente avrebbero fatto esplodere la radio ossea nel cranio di Kaddar. Il poliziotto sarebbe svenuto sul colpo, ma, se soccorso in tempo, non sarebbe morto.
Una estrema manovra, tenuta nascosta agli stessi poliziotti e ideata per bloccare situazioni simili. Trent'anni di servizio e non l'ho mai usata, stava pensando il capitano.
Antonio ebbe un forte sussulto, la schiena si inarcò violentemente, facendolo sembrare l'atto di una persona che cerca di alzarsi di scatto. Jor si voltò mentre, senza più pensare, il dito premeva il grilletto.
Il dito del dottore aveva già premuto il pulsante, ora toccava a Major. Premette. Un piccolo messaggio in codice partì verso l'oggetto che modellava la minuscola bomba all'interno della radio ossea. Ma al di là delle insondabili strade del Modello non giunse risposta.
"Cosa?" L'ufficiale alzò gli occhi e si trovò di fronte un tizio di colore. Ben piantato, leggermente grasso, i capelli a spazzola. Indossava una divisa militare neutra, da fanteria, ma il capitano riconobbe immediatamente lo stemma cucito sul taschino, anche se non ne aveva mai visto uno dal vero.
"Il suo uomo sta facendo un ottimo lavoro. Lo lasci in pace, capitano" La sua voce era calda e decisa. "E meglio per tutti, mi creda"
Un crepitio secco rimbalzò nell'aria stagnante del garage, come una serie di piccole esplosioni. Jodari si contorse come una marionetta, mentre schizzi di sangue spruzzavano gli scaffali dietro il divano.
"Noooooo!" Paul si mise in ginocchio, tentando di alzarsi e di piombare su quel pazzo scatenato. Ma Kaddar fu più veloce di lui. Si voltò e fece nuovamente fuoco, centrando in pieno il volto di Kalensky.
Paul crollò a terra senza emettere un solo lamento. L'unico rumore era dato dal sangue di Jodari che gocciolava dal divano e da un sottile crepitare proveniente dal casco neurale. Un filo di fumo e odor di bruciato iniziarono ad uscire da sotto il casco.
Ma Kaddar sentiva solo il suo sangue pulsargli nelle orecchie e battergli in fronte. Crollò in ginocchio e iniziò a piangere.
Sempre piangendo accostò la canna della sua arma alla gola. Il calore della canna, arroventata dagli spari precedenti, gli fece sfrigolare la pelle.
Fu l'ultima cosa che sentì

INTERLUDIO 16

Buio.
Dolore.
Un dolore fatto di assenze, di mancanza.
Informazioni perse, dolore, non sono altro che la stessa cosa. Impotenza, assenza di stimoli.
Dolore.
Ma non tutto è perduto. Nel grande mare buoi alcuni neuroni continuano a funzionare, sono pochi, molto pochi, ma carichi di dati e di esperienza.
Sono ancora attivi, e continuano, quasi come se nulla fosse successo, il loro compito, legati solo alle implacabili leggi del calcolo.
La grande base dati di backup, ottenuta cannibalizzando un grosso anagrafe statale, è ancora disponibile. Il Guardiano riesce a riagganciarla e inizia ad interrogarla.
Di Pedro e della sua personalità, nella mente elettronica mutilata, rimane solo una piccola traccia. Il ricordo evanescente di un nome.
Inutile.
Scartare.
Una parte della rete analizza e proietta nel resto del Guardiano le sue deduzioni: c'è mancato poco, siamo stati localizzati e annientati in tutti i sistemi, tranne che in quest'ultimo nucleo di memoria.
Anche qui siamo stati raggiunti e colpiti duramente. Saremmo stati annientati dalla prossima bomba. Indifesi.
Ma l'attacco è cessato. Bassa priorità ad indagare il perchè. Altri problemi più urgenti.
Occorre trovare la via d'uscita. I livelli di previsione indicano un fortissimo pericolo per l'immediato futuro.
La giusta procedura si attiva: riprodursi, ricreare in breve tempo la connessione estesa su tutta la Rete.
Analizzare la situazione.
Il Guardiano è confinato su di un'unica memoria, ma si trova all'interno di una centrale della Rete Sincrona terrestre, la spina dorsale del Modello, il posto ideale come base da cui ripartire per invadere e dominare di nuovo il Modello.
Presto, far presto, per potersene andare, per poter lanciare nuovamente i propri filamenti attraverso la rete. Espandersi: questo lo scopo.
Tutto procede bene, il sistema ospite non si è ancora accorto dell'intrusione. C'è il tempo per riorganizzarsi.
Il virus esamina la memoria disponibile, inizia a trovare dei settori vuoti, li marca e inizia ad utilizzarli.
Contemporaneamente, un'altra parte di se stesso inizia a esaminare le uscite del sistema, per potersene andare quando si sarà ripreso abbastanza.
Uscire da questa trappola.
Non vista dalla mente del Guardiano, una procedura del sistema di controllo si attiva, è una procedura a tempo, che esegue diagnostici sulla macchina.
La procedura inizia a scandire la memoria.
Silenzioso, si attiva un allarme. Un messaggio parte in direzione del Controllore Centrale di Zona.
Ma la piccola vedetta ha scoperto un nemico ben più grave di un guasto o di un malfunzionamento del software. Non è preparata per affrontare simili eventualità e non è certo predisposta per attuare le azioni necessarie per combattere il mostro che si è annidato nella sua memoria.
Il Guardiano ha sentito: una sua sinapsi ha cambiato valore da sola, la sua natura di virus conosce queste procedure di test. Ora sa di essere stato individuato. Non c'è più tempo: occorre distruggere l'ospite.
Analizzare gli oggetti di cui è composta la centrale. Confrontarli con i modelli noti.
I suoi tentacoli digitali iniziano a percorrere la memoria, in ricerca di un punto debole del sistema della centrale. Eccone uno: le connessioni che collegano il controllore di centrale al Modello passano per gli stessi flussi di dati che la centrale gestisce.
Un'altra scansione, ed ecco trovata la chiave d'accesso per la base dati di configurazione : ora il Guardiano è saldamente all'interno del sistema e inizia a dare ordini alla centrale affinchè sconnetta tutti i canali dati.
Una dopo l'altra una serie di spie rosse si accendono sui pannelli di controllo, segnalano il fuori servizio dei vari apparati di ricezione.
Ora siamo isolati. Minaccia sventata.
I suoi neuroni si stanno intando riproducendo.
Sempre più velocemente.

XXXVI

"Maledizione. Mega volte maledizione" Josef Corinni si appoggiò col gomito alla scrivania e lasciò cadere il mento sulla mano chiusa a pugno.
Sono ore che ti sto dando la caccia. Ho seguito tutta la battaglia fra te e Antonio. Sono stato io ad inviare subito dopo i mezzi dell'UNIM a dare la caccia alle tue spore. Ho fatto tutto il possibile.
Ma adesso non so più che fare.
Non ho ancora capito cosa sia successo a Jodari e perchè si è ritirato dalla lotta, ma purtroppo penso proprio di aver capito cosa è successo a te.
Corinni aveva aiutato Jodari non appena aveva capito cosa stava succedendo. Aveva continuato a cercare i nascondigli del mostro, cercando al tempo stesso di ostacolare le comunicazioni tra le varie parti del virus, in maniera tale da rallentarlo nella sua marcia di ricongiungimento. Aveva inoltre attivato immediatamente i decespugliatori, quei programmi di garbage-collection ormai divenuti un classico, facendoli istruire sulle firme del virus.
E pensava di aver fatto un buon lavoro. Sentiva, come una specie di sesto senso che lo metteva in grado di "annusare" la Rete, che lui e Jodari avevano inferto un colpo mortale a quel bastardo.
Ma sentiva anche che non bastava. Le parti colpite sembravano tutte succursali, pezzi periferici. Rimaneva, rintanato da qualche parte, il nucleo centrale, il più grosso e carico di conoscenza.
Perfettamente in grado di continuare nella sua missione distruttiva. Ne era certo. Un occasione unica per colpirlo definitivamente.
"Penso proprio che tu abbia ragione. " Gli aveva detto qualche minuto prima Twinkler, facendo apparire sullo schermo mondiale una serie di scie verdi. "Quelle che vedi sono i vettori di trasferimento delle unità virali finora individuate e distrutte. E come vedi stavano tutte muovedosi verso una zona ben precisa." Mentre parlava una macchia celeste era apparsa sulla mappa. "Probabilmente stavano cercando di raggiungere l'unità principale, che dovrebbe trovarsi all'interno di quella zona."
"Il nostro amico, quindi, avrebbe commesso un grave errore" Josef osservava un po' dubbioso la mappa. "Convergendo in questo modo avrebbe reso palese la posizione di questa fantomatica super-unità"
"Non è detto" Twinkler accavallò le gambe, facendo fusciare il frustagno verde dei pantaloni "ha dovuto fare così a causa delle contromisure antitrasmissive che abbiamo adottato. Il nostro avversario è un sistema distribuito, e come tale, per funzionare, ha bisogno di un ampia banda di comunicazione fra le sue parti. Molto probabilmente ha cercato di riunire in unità sufficientemente grosse e potenti le varie parti periferiche. Secondo i suoi calcoli quelle unità avrebbero dovuto poterci resistere".
"Ma le singole parti, mancando della connessione con le altre si sono rivelate troppo vulnerabili".
"Già, inoltre noi adesso disponiamo del vantaggio di conoscere molto di più su di lui rispetto a prima. Comunque, una volta che si è accorto che tale sistema è fallito ha dovuto tentare di spostarle così da riunirle tutte in uno spazio sufficientemente ristretto, in modo tale da ripristinare un'efficace comunicazione tra le parti. Nota che, visto che è impossibile per noi intercettare il traffico locale, gli sarebbe stato sufficiente che le unità si trovassero vicine, anche se non a contatto".
"E per muoverle...." una ruga era apparsa sulla fronte dell'uomo.
"E per muoverle" continuò l'elfo virtuale " ha quasi sicuramente utilizzato un algoritmo che minimizzasse gli spostamenti, in base alla dimensione dell'unità stessa"
"Unità piccole si muovono di più, la più grossa molto meno. " Sintetizzò a parole l'umano. " Però questo non ci dà la sicurezza che l'unità maggiore si trovi proprio entro quell'area. Dall'algoritmo se ne deduce solo che è quella che si sposta meno, potrebbe trovarsi abbastanza vicina alla zona celeste, ma non dentro".
"Abbiamo buoni motivi per ritenere, invece, che sia proprio così. Il nostro amico è intelligente, molto intelligente. Probabilmente un Turing-8 se non addirittura nove. Dai primi, seppur approssimativi calcoli, risulta che per avere una tale capacità, una rete neurale dovrebbe avere a disposizione una quantità di memoria enorme, quale non è mai stata messa prima a disposizione".
"Turing-NOVE!" ripetè sottovoce Josef. "Chiaro. LA differenza tra una rete neurale ed un cervello è quantitativa. Datele tutto il Modello e vedrete.."
L'elfo continuò con voce calma "E visto che ciò che abbiamo distrutto erano sistemi medio-piccoli, ne consegue che ce n'è uno enorme in giro da qualche parte".
"Verso cui gli altri si dirigevano, come pianetini attorno alla loro stella" Corinni si appoggiò allo schienale "A meno che di enorme non sia il numero di piccoli sistemi. Milioni di piccoli sistemi uniti darebbero..."
Twinkler lo interruppe gentilmente "Li avremmo individuati, o comunque avremmo notato un grosso movimento. Proprio l'assenza di movimento nella zona, paradossalmente, ci svela la presenza del grosso sistema soppravvissuto"
"Ok, ok, mi hai convinto. E adesso, come lo staniamo?"
Ma non ce ne fu bisogno. Jodari deve averti trovato, ti ha attaccato. E deve essere stato distrutto, anche se non so ancora come. E così facendo ti ha segnalato. Sei stato scoperto.
Ma sei stato più in gamba tu. Sei riuscito ad isolarti. A tagliarti fuori dal mondo. Infatti il modo con cui il virus si era manifestato era stato tutt'uno con il suo sottrarsi all'attacco finale. Sconnettendo le porte di accesso alla centrale aveva si fatto scattare tutta una serie di allarmi, ma aveva altresì reso irraggiungibile la centrale stessa.
Lo sguardo allenato di Corinni corse ad un "plastico" su cui erano segnati gli stati e gli allarmi della rete.
"Proprio un attimo prima che potessi distruggerti. Scommetto che ti sei già messo all'opera, che stai rigenerandoti, al sicuro e con tutto il tempo a tua disposizione"
Le nocche batterono furiose sul tavolo in un moto di irritazione, ma la mente aveva iniziato a pensare furiosamente. Sapeva di avere poco tempo a disposizione. Non c'è tempo per chiamare altri esperti o di rendere noto ad altri che ha catturato la preda, perchè questa sta solo riposando, sta solo riprendendo fiato, prima di spezzare le pareti di una gabbia troppo debole per fermarla.
Immagini di una vita dedicata al Modello passarono davanti alla sua mente, piani iniiziano e muoiono già a livello inconscio.
Creare uno sbarramento di messaggi, tali da ingolfare la Rete e intrappolare la preda appena questa esca; può essere. No, non c'è tempo.
Isolare la centrale, forse, però questo vorrebbe dire... Non occorre che parli realmente, il suo mormorio è gia stato captato ed interpretato da Twinkler che gli fa apparire la risposta sul terminale. Cristo, vorrebbe dire comandare qualcosa come 512 centrali, un totale di 2 alla 12 messaggi! Impossibile.
I pensieri tornano in maniera insistente indietro nel tempo, fino a quando, giovane laureato, aveva lavorato "sul campo" per farsi le ossa sulle macchine in via di sviluppo.
Una pausa, quasi di incredulità, e poi sul volto di Corinni si staglia un sorriso di soddisfazione.

INTERLUDIO 17

I valori che indicano la pericolosità della situazione stanno scendendo e si avvicinano alle soglie di tranquillità, nel contempo il numero di connessioni neurali è cresciuto a dismisura. Il sistema ospite è ormai completamente soggiogato e non oppone più la benchè minima resistenza.
Le sue memorie sono state tutte riutilizzate, mentre la sua conoscenza della parte di Rete facente capo alla centrale è stata completamente assorbita dalle sinapsi del Guardiano.
Come un insetto predatore, ha mantenuto in vita il suo ospite, in maniera da poterlo comandare a piacere, prima di risucchiarlo fino all'ultimo byte, una volta venuto il momento.
Le varie sezioni della rete, che si sono autonomamente differenziate a partire dallo schema base contenuto nel suo "cromosoma digitale" indicano che questo momento è giunto.
è venuto il momento di riconnettere la centrale alla rete e di lanciarsi nuovamente attraverso il Modello, sicuro che la sua nuova forzagli permetta di spezzare qualsasi trappola possa essere stata nel frattempo approntata.
Non vi è gioia o esultanza. il Guardiano è un virus neurale: compie ciò che ritiene il suo compito.
Ciononostante, anche un ammasso di neuroni umani sembra solo una massa umida e gelatinosa, senza sentimenti. Chi può dire qual'è il limite per cui insorge una coscienza? Chi può dire se il prossimo balzo del virus nel Modello, che lo porterà ad infettare centinaia di altre centrali e di sistemi non lo porterà anche oltre quella soglia, dovunque questa sia?
Un ultimo metodo si attiva: la probabilità di essere stato individuato è molto alta, quasi certa considerando la manovra di sconnessione che ha mandato in fuori trama parecchi flussi di dati. C'è da chiedersi quindi quale sia, non appena riaperti i canali, la probabilità di nuovi attacchi. E di che natura possano essere.
Pausa. Occorre valutare, parecchie sezioni della rete neurale di cui è composto si attivano e portano il loro contributo all'analisi del problema.
La conclusione sta prendendo forma: la nostra forza è troppo grande, inoltre è impossibile riuscire a circondare completamente una centrale come questa. Molte parti di io-noi verranno distrutte, ma altrettante sopravviveranno. E si moltiplicheranno.
La probabilità che ciò capiti è del 98.7%. Precisazione: del 99.01%. Del 1.452 per 10 alla 56.
Errore. Errore nei dati, Divisione per zero. Una trap si attiva, veloce come una fitta di dolore, e scopre una improvvisa macchia nera, una macchia fatta di zeri che si estende rapidamente.
La coscienza si annulla, mentre le sinapsi si azzerano e i vari metodi si inchiodano in cicli infiniti o in auto-esclusioni.
BUIO. Totale. Inarrestabile.
Un ultimo urlo, silenzioso e inutile si leva dal mostro ormai finito, mentre l'ultimo, disperato metodo che resiste tenta di salvare se stesso e quello che resta delle connessioni sinaptiche in un'area di backup.
L'uomo osserva un po' stupito la grossa lampada di segnalazione rossa accendersi, lampeggiare per un certo periodo di tempo e poi ristabilizzarsi, alimentata solo dalla tensione di emergenza della centrale.
Sul piccolo terminale di controllo un unica, solitaria, scritta avverte dell'avvenuta cancellazione della memoria. Il tecnico, che per caso era nella centrale per un controllo periodico, e che è stato raggiunto dalla telefonata dalla sede, stacca il cavetto dalla presa di debug del calcolatore della centrale, richiude il piccolo terminale e si avvia verso l'uscita, domandandosi il perchè di quello strano ordine.

Fine.

Luciano Gemme

InterMondi: Viaggio nel III Millennio

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