UN UOMO NEL BUIO
di: Claudio Pellegrino
V
Quando Olson mise giù il telefono dopo la seconda conversazione si sentì di fronte ad un baratro. L’uccisione di Henry Kenz nella camera di sicurezza della Centrale già gli aveva confermato una sua inquietante convinzione: non era la solita storia di ordinaria follia. C’era qualcuno che manovrava quell’uomo e quel qualcuno aveva deciso di eliminarlo ora che era diventato non solo inutile ma addirittura pericoloso. Le due telefonate che aveva ricevuto a breve distanza l’una dall’altra avvaloravano un’altra ipotesi, conseguenza diretta della prima, anch’essa costruita durante l’interrogatorio di Henry Kenz: non era affatto finita, contrariamente a quanto tutti, lui compreso, avevano creduto, o più che creduto sperato, subito dopo l’arresto.
La telefonata della ragazza, Kate, lo aveva dapprima rinfrancato: La donna diceva di conoscere l’assassino. Ma soprattutto ciò che gli aveva fatto sperare in un spiraglio nella tenebra che lo attanagliava era stato l’accenno a "qualcuno" che secondo lei tormentava Henry. Però, dopo pochi minuti, era arrivata la seconda telefonata che lo aveva preoccupato non poco: Padre Edward sembrava sconvolto. Olson non riuscì a capire che cosa veramente lo turbasse così profondamente. Al telefono il prete continuava a ripetere che quei morti sarebbero stati solo i primi di una lunga serie e che preludevano a orrori ben più grandi. Padre Edward parlava di sacrifici umani per...Satana. Olson, sia per il suo carattere freddo e calcolatore e sia per la sua esperienza decennale, aveva considerato le farneticanti affermazioni del prete poco attendibili o per lo meno dettate da una sorta di autosuggestione. In fin dei conti il prete aveva trascorso parecchi anni tra gli indemoniati o presunti tali: Olson, in sostanza, era convinto che Padre Edward vedesse diavoli ad ogni angolo di strada. Ma gli aveva accennato anche ad una importante scoperta, o meglio un ricordo riaffiorato dopo tanto tempo: il tenente allora aveva iniziato a prestare più attenzione alle sue parole e man mano che la telefonata continuava sentiva crescere in lui dapprima un disagio e poi sempre più forte un’angoscia inspiegabile. Forse anche per lui, che aveva visto cadaveri per vent’anni, quell’ultima esperienza cominciava a lasciare il segno. Non riuscì comunque, durante la conversazione telefonica, a farsi rivelare i dettagli di quella importante scoperta.
E così, anche se aveva un appuntamento con Miriam, dovette accettare di incontrarsi con lui il più presto possibile.
Parcheggiò l’auto non lontano dal sagrato. Si guardò intorno e vide in un vicolo vicino un capannello di curiosi. Decise di rimandare di qualche minuto l’incontro con il religioso.
Quando giunse in prossimità del gruppetto di infreddoliti curiosi, vide un uomo steso sull’asfalto con una evidente macchia rossastra sul petto. Chiese ad uno dei presenti se qualcuno aveva già provveduto ad avvertire la Polizia. Dopodiché disse ad alta voce:
"Sono il Tenente Olson del Distretto di Polizia. Nessuno tocchi niente!"
Si stava già quasi scordando l’appuntamento con il Padre, quando la sua attenzione fu attratta da un urlo che proveniva probabilmente dall’interno della Chiesa degli Apostoli. Un istante dopo vide una donna correre sul sagrato. Non aspettò più la pattuglia che stava arrivando. Si precipitò nella chiesa. Attraversò correndo la navata centrale e fece praticamente irruzione nella sacrestia. Il presentimento era cresciuto sempre più durante la breve corsa e si era trasformato in certezza quando aveva spalancato la pesante porta di legno. Nonostante la sua esperienza e il suo cinismo si appoggiò al tavolo di legno scuro e vomitò violentemente. Entrarono altri agenti, trascinati dalla donna che per prima aveva scoperto il cadavere. Olson si pulì la bocca con un fazzoletto e con esso cercò di coprire il mucchietto di cibo che aveva appena espulso. Si vergognò per non essere stato in grado di controllarsi. Ma un po' si consolò quando vide il sergente Mac Kinley fare la stessa cosa vicino all’armadio in fondo alla stanza.
Ritrovata la calma, si avvicinò al cadavere del povero prete e, soffocando un altro conato di vomito, cercò qualche indizio. Ma la sua delusione fu totale. Tutto si era svolto come nei casi precedenti: le croci, le candele. Ma mancava qualcosa: il disegno ai piedi della vittima. Era la seconda volta che questo particolare lo colpiva. Infatti si ricordò che neppure ai piedi di Bob Keaton non era stato trovato lo scarabocchio. Quindi quel rozzo disegno infantile era stato un tocco personale di Kenz? C’era forse stato una sorta di passaggio di consegne? Era ovvio ormai che il nuovo assassino , dopo aver eliminato lo scomodo Kenz, aveva proseguito l’opera di devastazione sui corpi di poveri innocenti. Quindi ormai, se si escludeva l’ipotesi di un folle eccitato dal rituale dei precedenti delitti e diventato emulo di quei pazzi, non restava altra spiegazione: era una setta la responsabile di quel massacro.
Gli vennero in mente le parole di Wuang Li: aveva tutte le ragioni di questo mondo ad avere paura. Quindi le vittime non erano lo scopo ma il mezzo. Questo ormai era abbastanza chiaro. Ma quale fosse il loro intento, il loro obiettivo, beh, quello era veramente un mistero. Olson si spostò per lasciare posto ai fotografi della Scientifica. Mentre usciva dalla canonica incontrò di nuovo il Coroner. Si guardarono negli occhi, sconsolati e stanchi, e nessuno dei due ebbe voglia di parlare. Si salutarono solo con un cenno del capo.
Passeggiò ancora un poco per la navata centrale. Si stava formando una piccola folla di curiosi, fotografi, giornalisti. Evitò tutti e si sedette in un banco nascosto da una fredda penombra. Sembrava tutto così ripetitivo: tuttavia, in quest’ultimo omicidio, oltre alla mancanza del disegno, c’era ancora un altro particolare che lo differenziava dai precedenti: Padre Edward non era stato scelto a caso. Stava infatti per rivelargli qualcosa di importante ed era stato ucciso per questo. Ammettendo questa ipotesi, Olson si chiese come avevano fatto a sapere di quelle informazioni che aveva raccolto. Senz’altro Padre Edward non l’aveva detto nell’omelia domenicale. Quindi...questo era un fatto molto strano. A meno che...a meno che il prete non avesse parlato con qualcuno. Con chi? Di nuovo buio assoluto. A questo punto, pensò Olson , la testimonianza di quella Kate sarebbe diventata determinante, o almeno lo sperava.
Si alzò dal banco e cercò nella sua agenda il numero di telefono della ragazza. Uscì dalla chiesa senza voltarsi. trovò una cabina pubblica e compose il numero. Rispose una voce impersonale: doveva trattarsi della segreteria telefonica. Olson si sentì impacciato quando sentì il segnale acustico. Si impappinò un paio di volte ma alla fine lasciò il suo messaggio e riappese.
Fuori, intanto, aveva ripreso a nevicare.
© Claudio Pellegrino - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
La violazione del copyright e/o la copia illecita del materiale riprodotto in queste pagine, la diffusione non autorizzata dello stesso in qualunque forma contravviene alle normative vigenti sui diritti d'autore e sul copyright.
Per inserire i tuoi testi nel sito ARPANet, clicca qui!