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JP3

tre

Al risveglio, l’unico senso attivo era l’udito. Questo mi permetteva di parlare, ma per il resto ero una macchina senza alcun altro sentore. La vista era offuscata, gli altri sensi inesistenti. Tutto ciò era giustificato dal fatto che il sistema globale centralizzato alle cellule cerebrali, aveva bisogno di tempo prima di poter riconoscere e scrivere le direttive sul silicio, per poi averle automatiche ad ogni ritorno. Insomma era come se il mio cervello stesse scrivendo la vita tra le sue pagine. Una volta scritto, tutto ciò era automaticamente memorizzato. Totale e per sempre. Nessuna dispersione, solo upgrade e controllo in scansione. Ottimizzazione.

Di ora in ora crescevo, e le pupille di Risk diventavano sempre più grandi, gioiose e vogliose.

Urla e urla di gioia ad ogni risposta positiva, sensi riacquistati in meno tempo del previsto, immagini sempre più nitide, occhio elettronico al plasma perfetto, dati, protezioni ed energia attiva.

Il controllo approfondito, tramite scansioni della memoria interna connessa a quella cerebrale, aveva dato solo riscontri negativi, tutto funzionava bene ed il bench interno aveva in ritorno picchi positivi di acquisizione nemmeno lontanamente immaginati prima. Avevo riacquistato il totale controllo delle mie facoltà fisiche e cerebrali nella metà del tempo preventivato, con risultati eccelsi e nessuna controindicazione, bloccaggi del sistema, dispersione d’energia. Ritmo costante.

DNA perfetto. Esperimento riuscito.

Mentre il tardo pomeriggio va a tramutarsi in sera e buio, sul mio letto, di ritorno a San Paz, vivo le prime esperienze di un uomo mutante, grazie a installazioni meccaniche digitali, velocità di esecuzione, controllo a distanza, memoria espandibile illimitata grazie ad acquisizione dati da dischi ottici sottilissimi, on block proprio sotto la nuca, feritoia locale, installazione umana vivente, cultura digitale applicata.

InterMondi: Viaggio nel III Millennio

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© Paolo Carta - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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