IL RIPOSO DELLO SCORPIONE
di: Claudio Chiaramida
- Buongiorno M.Bonet.- lo salutò la
portinaia spostandosi dal gradino che stava in quel momento stava
lavando
- Buongiorno Marie.- rispose M.Bonet con un
sorriso - Mi scusi se sono sempre il primo a sporcarle le scale.
- Questo succede solo perché lei é
sempre il primo ad andare a lavorare.- commentò la donna
che, mentre lui si allontanava, borbottò - Magari in questo
condominio tutti gli altri scansafatiche facessero così...
L'autobus s'arrestò rumorosamente alla
fermata di Rue Morbeilles. Non trovò da sedere e rimase
in piedi accanto all'uscita. Era solo questione di qualche minuto.
Dal Trocadero, avrebbe proseguito fino alla Defence in métro
che, quella mattina era praticamente deserto, com'erano quasi
deserte le stazioni intermedie nelle quali, di tanto in tanto,
esso si fermava. Ma forse sarebbe stato pretendere troppo che,
in pieno Agosto, alle sette e mezza del mattino e con quasi tutti
gli uffici della città chiusi, ci fosse più gente
in circolazione.
Una copia di colore sedeva nella parte opposta
del compartimento. Le loro mandibole erano occupate in un continuo
addentare e masticare di croissant che gli fecero venire l'acquolina
in bocca.
Scese alla Defence con una fame feroce. Forse
quel mattino il suo stomaco che, con sommessi brontolii, cominciava
già a protestare, non ce l'avrebbe fatta ad aspettare fino
al Papillon.
Dal solito edicolante, comperò il solito
giornale che, come al solito e senza leggerlo, ripose nella cartella.
La sua era una vita dove la parola più
frequente era "solito". "Solito" si poteva
definire tutto quanto egli faceva durante tutti i giorni della
settimana, per tutte le settimane del mese e per tutti i mesi
dell'anno. Tutto pareva far parte di un copione scritto da tempo;
un copione al quale però lui si era abituato e che, per
nulla al mondo, si sarebbe mai sognato di variare.
Immagino già come abbiate inquadrato
M.Bonet che, probabilmente, considerate come il "solito"
impiegato modello tutto casa ed ufficio. Insomma il classico tipo
che si alza ogni mattino di buon'ora per arrivare al lavoro con
quei dieci minuti d'anticipo che gli permettano di mettersi tutto
in ordine in maniera di poter tranquillamente cominciare il proprio
efficiente lavoro allo scoccare dell'ora.
Forse l'immaginate anche mentre alla sera rientra
a casa camminando a piccoli passi come un cinese con le scarpe
troppo strette, oppure lo vedete, lanciando di tanto in tanto
qualche espressione timida all'indirizzo delle persone che incrocia,
nascondersi in un capotto troppo grande per lui e che lo fa assomigliare
ad un fantasma sviluppato in negativo...
No. Niente di tutto questo!
Spegnete subito la vostra fantasia perché
M.Bonet ha cercato di essere la persona che avete immaginato solo
per un certo tempo, ma ora si comporta in un modo che vi istigherà
a cambiare velocemente l'opinione che erroneamente vi eravate
fatti in un primo momento su di lui. Perché? Se continuerete
a leggere questa storia, ogni vostra curiosità verrà
appagata!
Nel momento che questa storia ha inizio, egli
ha quarantacinque anni ed, anche se per poco, é stato felicemente
sposato. Dopo la prematura morte della moglie, ha un unico fine:
la felicità di Vivianne, la figlia diciassettenne per la
quale letteralmente stravede.
Ebbene, almeno fino a quel venerdì d'inizio
Agosto, le sue giornate erano girate attorno ad un circolo, che
definire "vizioso" sarebbe inopportuno, in quanto il
nostro M.Bonet di vizi proprio non ne aveva. E che tipo di vizi
sarebbero potuti essere incolpati ad uno che, alle sette e mezza
del mattino, usciva di casa per recarsi al lavoro in una fabbrica
che costruiva parti elettroniche per apparecchi telefonici, rimanendovi
fino alle cinque del pomeriggio, dopodiché, una volta tornato
a casa e cucinatosi qualcosa alla svelta, si dedicava ai suoi
pochi passatempi preferiti fino alle nove di sera e, dulcis
in fundo, alle dieci era a letto? Nessuno... questo almeno
fino a quel fatidico venerdì di metà agosto.
Vivianne viveva in uno dei migliori istituti
parigini dove studiava, mangiava e dormiva per cinque giorni alla
settimana. Il venerdì sera M.Bonet andava a prenderla,
trascorreva con lei il sabato, e la domenica sera la riaccompagnava
all'Istituto, dopo di che la sua vita riprendeva il suo solito
ritmo.
Quel venerdì sera, puntualmente alle
sei e mezza, M.Bonet si presentò all'Istituto. Vivianne
sarebbe uscita a momenti. Sedutosi sulla "solita" sedia
situata nell'androne d'entrata, prese a leggere il "solito"
giornale. Generalmente non faceva in tempo ad arrivare alla pagina
delle notizie sportive, che la figlia arrivava di corsa gettandosi
tra le sue braccia. Come d'abitudine, quelle ultime pagine non
lette sarebbero diventate il suo sonnifero avanti di coricarsi.
"... Il Marsiglia vince il campionato."
Prima rilesse il titolo dell'articolo,
quindi controllò il numero della pagina ed infine, dopo
aver scrutato l'orologio a muro dell'androne, prese ad osservarsi
attorno.
Alcune ragazze uscivano confabulando tra di
loro; ogni tanto qualcuna di esse, che oramai conosceva perché
appartenente alla cerchia delle amiche di Vivianne, gli lanciava
un veloce saluto al quale rispondeva sempre con un sorriso.
Quando l'androne fu quasi vuoto, si alzò.
- Mademoiselle Merot, ha per caso visto
Vivianne? - chiese cortesemente alla donna che stava al ricevimento.
- Ha, é lei M.Bonet? - disse la donna
sollevando il capo dal libro che aveva davanti - Pensavo che lo
sapesse...
- Cosa dovevo sapere? - chiese sorpreso.
- Sua figlia, oggi, é uscita in anticipo.-
continuò la donna - Non ne so la precisa ragione, ma ero
convinta che la cosa fosse stata richiesta da lei.
- Posso sapere che tipo di giustificazione
ha presentato? - chiese mentre, dopo aver raccolto il giornale,
si avviava verso l'uscita.
- Non saprei. Ha parlato con la mia collega...
Dopo essere uscito in strada, si diresse tranquillamente
verso casa. Non si prese molta pena per l'imprevisto; era già
successo che Vivianne, o per incontrare qualche amica o per andare
a far delle compere, avesse lasciato l'Istituto con un certo anticipo.
Sicuramente, al massimo entro un'ora, sarebbe tornata a casa e,
magari, com'era solita fare, anche con qualcosa per lui...
Ma quella sera l'ora passò senza che
essa si facesse viva.
- Forse é andata al cinema con Celine...-
borbottò tra se prima di tornare a leggere il giornale.
Un paio d'ore dopo mentre, nervosamente, passeggiava
per la stanza, il carillon della porta suonò.
- Eccola! - pensò mentre andava ad aprire
- Forse é rimasta senza soldi per il métro
ed é dovuta tornare a casa a piedi. Una bella scarpinata
da Montparnasse...
Quando aprì, si trovò davanti
due uomini.
- M.Bonet? - chiese il più anziano dei
due, un tipo sui cinquanta con pochi capelli in testa ed un fastidioso
accento marsigliese.
- Si? - rispose osservando sorpreso i due.
- Siamo della polizia.- disse il secondo mostrandogli
il tesserino di riconoscimento, quindi indicando il più
anziano, continuò - Questo é il commissario Poudrer
ed io sono l'ispettore Clossard. Possiamo entrare?
- Certamente.- rispose per nulla intimorito
di trovarsi davanti a due poliziotti.
Il condominio era abitato per la maggiornaza
da persone provenienti dai più disparati angoli del mondo,
e non era raro veder presentarsi, anche nelle ore più impensate,
quelli dell'Ufficio Stranieri alla ricerca di immigrati clandestini.
Entrarono.
Il più anziano, dopo essersi osservato
un momento attorno, raccolse dal mobiletto dell'entrata una foto
incorniciata di Vivianne.
- E' mia figlia.- disse con orgoglio Bonet
- Arriverà a momenti. Posso sapere la ragione della vostra
visita?
- Siamo quì proprio per sua figlia.-
rispose Poudrer che, dopo qualche secondo di pausa e con voce
sommessa, aggiunse - Questa sera non tornerà a casa.
- Come sarebbe a dire? - chiese arrossendo
vistosamente e chiedendosi, nel contempo, cosa potesse aver combinato
Vivianne di così grave.
- Dovrebbe seguirci...- insistette Clossars.
- Ma come mai é alla polizia? - insistette
raccogliendo la giacca.
- Purtroppo sua figlia non é alla polizia
M.Bonet, - s'intromise Poudrer - ma alla Morgue...
- Come? - chiese bloccandosi e rimanendo ad
osservarli impietrito.
- Lo so che é una tremenda notizia...-
continuò Poudret prendendolo per un braccio - ma purtroppo
sua figlia é morta e dovrebbe venire con noi per il riconoscimento.
- L'hanno trovata sull'argine all'altezza di
Pont Neuf! - disse Poudrer mentre, dopo il riconoscimento, uscivano
dal mesto edificio - Al momento é difficile definire la
precisa causa del decesso...
- Quando è stata ritrovata? - chiese
Bonet che stranamente, da quando aveva visto il cadavere della
figlia, pareva non lasciar più trasparire alcuna emozione,
cosa che lasciò non poco perplesso Clossard.
- Verso le otto e mezza. Ma non doveva essere
morta da molto.
- Siete almeno riusciti a capire com'è
successo?
- Solo in via di massima.- s'intromise Clossard.
- E sarebbe? - chiese fermandosi accanto all'auto.
- Quanti anni aveva sua figlia? - chiese Poudrer
lasciandosi sfuggire una strana smorfia.
- Diciassette...- rispose con un'incomprensibile
sorriso; quindi, dopo essersi morso nervosamente le labbra, aggiunse
- Ne avrebbe compiuti diciotto ad Ottobre.
- Sapeva che si drogava?
- Si drogava? - ripeté incredulo - Intendete
forse dire che Vivianne...
- Si M.Bonet.- continuò Clossard - Purtroppo,
dai primi accertamenti, sembrerebbe proprio che sua figlia sia
morta per overdose.
Alla centrale della Polizia cercarono di stilare
un rapporto, il più preciso possibile, sul quale, da lì
a qualche giorno, l'autopsia avrebbe cercato di chiarire i pochi
punti ancora oscuri.
Quattro giorni dopo ci furono i funerali ai
quali intervennero molte persone che Bonet, persistendo in quel
suo freddo e distaccato comportamento, quasi ignorò.
Un corriere, il giorno dopo, gli portò
tutte le cose di Vivianne rimaste all'Istituto. Lui impaccò
quanto gli era stato recapitato in tre valigie che ripose in cantina.
I libri ed i quaderni preferì metterli in bell'ordine su
uno scaffale vuoto della biblioteca.
La sua vita riprese la solita routine con un'unica
differenza: Vivianne non c'era più ed ora lui stava vivendo
per nulla... o almeno così pensava fino a quando, una settimana
dopo, non ricevette la visita di Clossard.
- Come sta M.Bonet? - chiese quest'ultimo rimanendo
impalato sulla porta - Passavo di qua, così ho pensato
di farle una visita.
- Si accomodi.- lo invitò cortesemente
- In cosa posso esserle utile?
- Non pensavo nemmeno di trovarla in casa.-
continuò l'ispettore entrando.
- Sono da un paio di giorni in ferie...- rispose;
quindi, dopo un'alzata di spalle, aggiunse - Un mese intero.
- Forse le converrebbe andare da qualche parte.
Parigi, in Agosto, é molto opprimente.
- Avevo già programmato di farlo. Ma
ora, senza Vivianne, che senso avrebbe?
- La capisco.- rispose Clossard sedendo sul
lungo seggiolo del pianoforte - Purtroppo sono esperienze tremende...
- Posso sapere la ragione della sua visita?
- chiese sedendo accanto a lui.
- Veramente ero io che volevo sapere se aveva
qualche novità.
- In che senso? - chiese sorpreso.
- Non saprei...- rispose l'ispettore facendosi
meditabondo - Forse ricordando qualcosa di insolito successo negli
ultimi giorni di sua figlia o...
- Un momento! - l'interruppe - A quanto mi
era stato detto, il caso stava già per essere archiviato...
- In via di massima, si.
- In via di massima.- ripeté - Cosa
intende dire?
- Che indagini non sono ancora del tutto concluse...
-... questo vuol dire che qualcosa non vi é
ancora completamente chiara! - aggiunse osservandolo sospettosamente
- Potrei sapere esattamente cosa?
- Sono solo supposizioni.- commentò
Clossard estraendo un taccuino da una tasca della giacca - Supposizioni
che, alla fine, potrebbero anche mostrarsi infondate.
- Sia più chiaro.
- Ci sono due coincidenze che ci hanno lasciati
alquanto perplessi e che, per questa ragione, pensiamo debbano
andar chiarite. La prima, che sua figlia aveva sulle braccia un
unico foro d'iniezione. Questo ci propende a pensare che fosse
la prima volta che si drogava ma, se così fosse effettivamente
stato, consideriamo esagerato il quantitativo di droga che le
hanno iniettato...
- Cosa intende con "le hanno"?
- Alla prima volta, nessuno é in grado
di farsi un'iniezione da solo. Pertanto, riteniamo opportuno credere
che, in quel momento, ci fosse qualcuno con lei e che quest'ultimo
le abbia erroneamente iniettato un quantitativo esagerato.
- E' tutto?
- Lo sa che lei mi sorprende? - chiese Clossard
osservandolo insistentemente.
- Perché?
- Non saprei. Nonostante tutto quanto le é
successo, continua ad ostentare una freddezza invidiabile...
- Cerco di controllarmi come meglio posso.-
rispose Bonet forzando un sorriso. Si alzò. Andò
ad estrarre dal frigorifero una bottiglia di birra. Quindi, mentre
ne versava un po', osservando la schiuma che si formava nel bicchiere,
aggiunse un - Sono per natura sono fatalista. - al quale finse
di credere pure lui.
- Beato lei.- commentò Clossard dopo
aver girato una pagina del taccuino - Ora, potrebbe dirmi se sua
figlia, negli ultimi giorni, mentre era in sua compagnia, ha avuto
qualche incidente, tipo una fortuita caduta o che altro?
- No, ma forse all'Istituto...
- Mi sono già informato ma senza miglior
successo.- aggiunse Clossard - La mia domanda é motivata
dal fatto che sul cuoio capelluto di Vivianne é stato riscontrato
un'ematoma che potrebbe risalire allo stesso giorno della sua
morte. La contusione, anche se non eccessivamente grave, sarebbe
stata sufficiente a procurarle una momentanea perdita dei sensi.
Siamo comunque propensi a credere che se la sia procurata cadendo
sul lastricato dell'argine al momento che le é stata iniettata
la droga...
- Lo crede veramente? - chiese Bonet porgendogli
un bicchiere di birra - A quanto ho potuto vedere, quelli che
si drogano lo fanno sempre seduti o stesi...
- Lei potrebbe anche aver ragione. Ma, almeno
fino al chiarimento di quanto é veramente successo, non
abbiamo ragione di cambiare il nostro rapporto.
- Intendete chiudere il caso in questo modo?
- No M.Bonet.- rispose Clossard dopo aver bevuto
un sorso di birra - Fino a quando non troveremo la persona che
stava con Vivianne al momento della sua morte e sulla quale continua
a pendere una denuncia per omicidio colposo, non possiamo archiviare
nulla.
- Contate di prenderla? - chiese con un filo
di speranza.
- Sinceramente non lo so. A Parigi ci sono
più spacciatori che cani e tra quella gente vige un'omertà
degna dei migliori mafiosi.
- Capisco...- mormorò Bonet - Capisco...-
ripeté più tardi, nuovamente solo, osservando la
foto della figlia posta sul tavolino in entrata.
Quella notte, come d'altronde aveva fatto nelle
notti successive alla morte di Vivianne, non dormì.
Il mattino successivo scese a riprendere le
tre valigie che aveva riposte in cantina. Ne controllò
minuziosamente il contenuto alla ricerca di una qualsiasi traccia
che l'aiutasse a comprendere come Vivianne avesse potuto arrivare
a quel gesto per lei fatale. Frugò senza però sapere
esattamente cosa cercasse anche tra i vestiti... Nulla! Erano
puliti e piegati con cura come essa usava sempre fare.
In tutto quanto gli passava per le mani, non
esisteva alcun segno di noncuranza o disinteresse. Più
che convincersi, provò ad illudersi che Vivianne, fino
al suo ultimo istante di vita, fosse rimasta sempre la stessa
e che pertanto anche la sua tragica morte fosse stata solo una
maledetta casualità. Insomma un qualcosa che, pur sfiorandola,
era rimasto al di fuori dalla sua volontà.
Ad un certo punto, resosi conto dell'inutilità
di quella sua ricerca, richiuse le valigie e le riportò
nuovamente in cantina.
Mentre più tardi risaliva lentamente
le scale, incontrò Marie.
- Come sta M.Bonet? - chiese la donna con un
tono di voce mesto. Lui, non sapendo che rispondere, scosse solo
la testa - Non credo che M.lle Vivianne abbia fatto quanto si
dice.- continuò la donna seguendolo a tre gradini di distanza
- Era una troppo brava ragazza.
- Purtroppo é successo.- rispose Bonet
con tono rassegnato.
- Ma "come" esattamente non si sa.-
seguitò borbottando Marie - I giornali scrivono quello
che vogliono. A volte si lasciano andare a commenti talmente particolareggiati
che ti viene quasi da pensare che abbiano copiato dal diario dell'interessato
e...
- Come ha detto? - chiese Bonet bloccandosi
improvvisamente.
- Mi scusi.- mormorò la donna arrossendo
vistosamente - Ho forse detto qualcosa che non le fatto piacere?
- Assolutamente! - rispose Bonet prendendo
a salire di corsa le scale ed imprecando, nel contempo, ad alta
voce contro la propria stupidità.
Una volta nell'appartamento, prese tutti i
quaderni di Vivianne dallo scaffale e, dopo averli appoggiati
sul tavolo, prese a sfogliarli concitatamente. Ora avrebbe finalmente
saputo se essa era veramente arrivata da sola a quel baratro,
cosa nella quale però continuava a non voler credere, o
se qualcuno ve l'aveva spinta con la forza o l'inganno.
Finalmente trovò quello che cercava:
un grosso quaderno con la copertina a quadri colorati... il diario
di Vivianne.
Notò subito come, l'ultima volta che
vi era stato scritto qualcosa, era stato proprio il giorno antecedente
la morte di Vivianne.
Giovedì, 8 Agosto.
Marielle insiste a dire che quello che ha
fatto non é nulla di grave, ma io non le credo... Domani
sera, probabilmente, andrò al cinema con Celine. Vuole
confidarsi con me...
Saltò ad una settimana addietro.
Giovedì, 1 Agosto.
Fortunatamente oggi era festa. Ho passato
la giornata con mio padre.
Seguivano altre considerazioni su di lui che,
lentamente, lo fecero sempre più convinto come tutti quei
pensieri carichi d'amore non potessero assolutamente provenire
dalla mente di una persona invischiata nel mondo della droga.
Un mondo nel quale, una volta fattovi ingresso, il resto dei valori
della vita, prima si ridimensionano negativamente ed infine cessano
inevitabilmente di esistere.
Il diario riprendeva il lunedì successivo.
Lunedì 5 Agosto.
Questa sera, involontariamente, ho scoperto
Celine e Marielle nelle toilettes che fumavano. In un primo momento
ho pensato che fumassero normali sigarette ma poi, dall'odore,
ho capito che si trattava di "erba".
Celine, piangendo, mi ha detto che era la
prima volta che lo faceva e di non raccontare quanto avevo visto
a M.me Joffo.
Martedì, 6 Agosto.
... Celine é la mia migliore amica
e mi dispiacerebbe recarle del male, ma questa sera nelle toilettes
ho percepito lo stesso odore di ieri sera. Celine non centra in
quanto é stata tutta la sera con me..."
Seguivano altre considerazioni sulle oramai
prossime ferie che essa avrebbe trascorso con lui.
Mercoledì 7 Agosto.
Marielle é una... si, insomma una
di "quelle". Questa sera, quando l'ho scoperta nuovamente
nelle toilettes intenta a fumare quella porcheria, ha avuto la
sfacciataggine di chiedermi di fumarne un po' con lei! Celine,
stranamente, mi ha dato l'impressione, anche se passivamente,
di appoggiarla.
Appena lunedì prossimo M.lle Joffo
tornerà da Lyon, l'avviserò di quanto sta accadendo...
Dopodomani, comunque, me parlerò
con mio padre. Egli saprà sicuramente consigliarmi per
il meglio."
Infine c'erano le ultime righe del 8 Agosto.
Richiuso il diario, lo ripose ordinatamente,
assieme agli altri quaderni, nello scaffale.
A questo punto, cerchiamo di prendere in considerazione
il comportamento di altre persone venutesi a trovare al posto
di Bonet.
Probabilmente la maggior parte di queste, messasi
in tasca il diario di Vivianne, si sarebbe precipitata alla polizia.
Altre, invece, avrebbero cercato di contattare Celine o Marielle
forse sperando, in quel modo, di venire a capo di quella verità
alla quale probabilmente voi state inevitabilmente arrivando.
Altre ancora avrebbero fatto nascere un pandemonio all'Istituto...
Reazioni, per quanto logiche, inevitabilmente,
singolarmente contrastanti tra di loro.
M.Bonet, continuando ad esteriorare quel guscio
di impiegato in ferie senza molte idee per la testa, prese a ponderare
la situazione in un modo strettamente personale e, nel giro di
qualche ora, arrivò ad una decisione che, per "logica",
non rientrava assolutamente tra quelle, fino ad ora, ponderate.
Si dice generalmente che meno si parla e più
si pensa. Ebbene, il nostro interprete era un tipo di poche, anzi,
pochissime parole... ma dalle cento idee. Idee che, il più
delle volte, per una ragione che più tardi comprenderete,
aveva dovuto sempre soffocare sotto una "solita" esistenza
ma che, da quel momento, lui lasciò scaturire a ruota libera
e senza alcun timore di mettere in pratica.
La sera successiva, per ironia della sorte,
un venerdì, si mise in tranquilla attesa nell'androne dell'Istituto.
- Le serviva qualcosa? - gli chiese M.lle Joffo,
con aria preoccupata, appena lo vide arrivare.
- Non si preoccupi.- rispose con un forzato
sorriso - Sto solo aspettando M.lle Celine...
- Per quale ragione? - chiese incuriosita la
direttrice.
- Vivianne aveva qualcosa da restituirle...
Evitato con una bugia l'ostacolo "Joffo",
si preparò a quello ben più difficile con Celine.
Quest'ultima arrivò poco dopo.
- Buonasera Celine.- la salutò piazzandosi
davanti a lei.
- Buonasera M.Bonet.- rispose la ragazza arrossendo
vistosamente.
- Posso parlarti un momento? - chiese facendole
segno di seguirlo verso l'uscita.
- Veramente dovrei andare a casa.- balbettò
Celine incapace di nascondere il nervosismo che l'aveva assalita
- I miei genitori mi stanno aspettando e...
- Solo un paio di minuti.- insistette.
- Mi dispiace veramente, ma...
- Penso che a M.lle Joffo non farebbe molto
piacere sapere quanto Vivianne aveva scoperto su te e Marielle.-
le sussurrò interrompendola - O forse preferisci che ne
discuta con i tuoi genitori?
- La prego M.Bonet, non lo faccia! - balbettò
la ragazza sbiancando in viso e, mentre gli occhi le si riempivano
di lacrime, aggiunse - I miei mi cambierebbero immediatamente
d'Istituto...
- Questo questo dipende solo da te.
- Dove devo seguirla...? - gli chiese abbassando
arrendevolmente il capo.
- Allora raccontami cos'è successo la
sera che Vivianne é stata trovata morta.- chiese dopo che
si furono seduti ad un tavolo della pasticceria antistante l'Istituto
- A quanto essa mi aveva raccontato avreste dovuto andare assieme
al cinema...
Preferì non dirle del diario. Avrebbe
rischiato di compromettere quell'evidente vantaggio di cui riteneva
essere in possesso.
- Ci... ci siamo state.- rispose Celine nascondendogli
malamente l'evidente bugia.
- Vivianne mi aveva accennato ad un film in
programmazione all'Odeon.- continuò Bonet perseverando
in quella commedia della quale percepiva già i primi frutti
- Penso che si trattasse di "Cenerentola". Un cartoon
credo...
- Siamo andate a vedere proprio quello.- gli
fece eco Celine come rincuorata dall'inaspettato aiuto.
- Vi era piaciuto?
- Vivianne ne era rimasta entusiasta.- rispose
la ragazza sorridendo confusa.
Bonet rimase per qualche momento silenzioso;
quindi osservandola con insistenza, le appoggiò il giornale
davanti.
- Forse lo fanno ancora.- disse fingendo di
cercarsi qualcosa in tasca - Penso di aver dimenticato a casa
gli occhiali. Ti dispiacerebbe controllare per me alla pagina
degli spettacoli?
La ragazza, dopo una leggera titubanza, aprì
il giornale e prese a cercare la pagina degli spettacoli cinematografici.
- Ho trovato! - disse prendendo a leggere -
Vediamo. Neptune... no, più avanti. Nu... Od... ecco l'Odeon!
Dunque oggi danno...- si bloccò confusa; quindi, dopo aver
alzato lo sguardo su di lui, quasi boccheggiante, mormorò
- E' chiuso tutto il mese per ferie... non lo sapevo.
- Non avresti mai potuto saperlo in quanto
tu e Vivianne non ci siete mai state - rispose inconsuetamente
tranquillo; quindi, assumendo un'espressione severa, aggiunse
- Ora le cose sono due. O mi racconti cos'è veramente successo
il venerdì sera nel quale Vivianne é morta o ti
troverai a passare dei guai molto seri.
- Ma M.Bonet...- cercò di replicare
la ragazza.
- Ascolta Celine! - l'interruppe severo - Fumare
dell'erba non é un delitto. Sei giovane e certe esperienze,
anche se sconsigliabili, rientrano purtroppo nelle impreviste
deviazioni della routine dei giovani della tua età...
Ma essere coinvolti in un omicidio é una cosa molto più
brutta.
- Omicidio? - chiese Celine boccheggiante.
- So che Vivianne non si é mai drogata
e mai l'avrebbe fatto. Pertanto ti sarò grato se eviterai
di nasconderti dietro ad altre bugie che potrebbero rivolgersi
solo contro di te e la tua famiglia.
- Io l'ho solo accompagnata fino al Pont Neuf.-
confessò finalmente - Lì Marielle e Jean, il suo
amico, hanno cercato inutilmente di convincerla...
- Convincerla a cosa?
- A non riferire quanto aveva visto a M.lle
Joffo.
- Perché?
- Se questo fosse successo, Jean avrebbe potuto
rimettendoci molti soldi...
- Siete in molte a fumare quella porcheria?
- Abbastanza.- rispose arrossendo; quindi,
con una scrollata di spalle, quasi a minimizzare il tutto, continuò
- Ma non ci droghiamo veramente. Fumiamo solo...
- Cos'è successo al Pont Neuf? - chiese
interrompendola.
- Jean... - mormorò prima di bloccarsi
con gli occhi pieni di lacrime.
- Jean... - ripeté forzandola a rispondere.
- Pensavo che le minacce di Jean rivolgeva
a Vivianne servissero solo ad impaurirla - mormorò piangente
la ragazza - ma, ad un certo punto e senza una valida ragione,
lui l'ha colpita con un pugno...
- Poi cos'è successo? - chiese Bonet
senza lasciar trasparire alcuna reazione.
- Non lo so M.Bonet.- rispose asciugandosi
le lacrime - Ma, dopo aver visto che Vivianne era stata colpita,
ho preso paura e sono fuggita.
- Capisco.- commentò dopo un profondo
sospiro.
- Mi denuncerà? - chiese Celine osservandolo
terrorizzata.
- Dipenderà da te.- le rispose pensieroso
- Voglio che mi racconti tutto quanto sai su Marielle ed il suo
amico e che mi giuri che non farai parola di questo con nessuno...
nemmeno con la polizia.
Il mattino successivo, appena alzatosi, Bonet
chiamò in ditta e nel pomeriggio vi si recò per
prelevare del materiale sul quale, spiegò al collega che
l'accompagnava, desiderava fare delle modifiche durante il periodo
di ferie. Giustificò l'insolita richiesta con il desiderio
di coprire dietro ad un po' di lavoro, il dolore che provava per
la morte di Vivianne.
Oramai abituati all'attaccamento che Bonet
aveva sempre dimostrato per il proprio lavoro, nessuno trovò
qualcosa da ridire e ne tanto meno qualcuno si accorse dell'evidente
trasformazione che, nel frattempo, era avvenuta in quell'uomo
fino a qualche giorno tranquillo e riservato.
E come d'altronde sarebbe stato possibile comprendere
le complesse trame che, come una macchia d'olio, si espandevano
sempre più nella sua mente, quando queste venivano gelosamente
occultate da un'irreprensibile comportamento degno di un automa
programmato alla perfezione?
Ma tutto questo aveva una, anche se sconosciuta
ai più, chiara spiegazione che stava nascosta nelle pieghe
del suo passato. Un passato che l'aveva visto, da prima volontario
in Marina e, successivamente, addetto alle comunicazioni nelle
NSR, un speciale corpo anti-guerriglia nel quale aveva appreso,
oltre che ad usare con una certa dimestichezza armi ed esplosivi,
anche diversi tipi di arti marziali delle quali però preferiva
dar sfoggio solo durante le settimanali sedute d'allenamento con
gli ex-commilitoni nella palestra di Rue des Pois.
Bonet, grazie alle informazioni ottenute da
Celine, scoprì facilmente chi fosse quel "Jean"
che lui oramai considerava come l'assassino materiale di Vivianne.
Attese pazientemente per diverse sere, fino
a quando non giunse quella in cui quest'ultimo, considerando gli
echi della morte della ragazza sufficientemente sopiti, tornò
a ripresentarsi all'uscita dell'Istituto.
Erano da poco passate le sette ed il quieto
traffico di Rue Wagner scorreva indolente accanto a qualche apatico
passante.
Jean, appena arrivato, cercando di non dare
eccessivamente dell'occhio, andò a sedersi su una panchina
antistante l'ingresso principale dell'Istituto.
Bonet, ostentando un'aria disinteressata, dopo
esserglisi seduto accanto, finse di mettersi a leggere il giornale
controllando, però, con la coda dell'occhio ogni suo movimento.
Non gli sfuggì il motto di disappunto che Jean s'era lasciato
sfuggire al momento che egli gli si era seduto accanto, e l'occhiata
che prontamente aveva rivolto attorno a se alla probabile ricerca
di un altro posto lontano da occhi indiscreti dove poter svolgere
i propri sporchi traffici.
- Che tranquilla che é Parigi in Agosto...-
mormorò Bonet continuando a sbirciare il giornale.
- Come? - chiese Jean volgendosi verso di lui.
- Parlavo del traffico...
- Ha.- fu l'unico commento del ragazzo che,
dopo il laconico monosillabo, tornò ad osservare l'Istituto.
- Rende bene quella porcheria che vendi?
- Ma cosa...- Jean non ebbe il tempo di aggiungere
altro. Il velocissimo colpo che lo colpì con violenza alla
mandibola, lo spedì istantaneamente nel mondo dei sogni.
Nessuno dei pochi passanti, grazie anche alla
schermatura del giornale, parve accorgersi di quanto era successo;
solo una donna anziana, notando come Jean si stesse afflosciando
come un sacco vuoto, si accostò incuriosita.
- Stà male? - chiese osservandolo.
- Il mio amico ha un brutto vizio.- la rassicurò
Bonet; quindi, dopo aver sollevato il giovane, mentre lo trasportava
verso la propria auto, aggiunse - Alcool e caldo sono un pessimo
cocktail...
Quando Jean riaprì gli occhi, il panorama
che gli stava attorno era completamente cambiato e la grande arcata
di Pont Neuf chiudeva il cielo in un nero sipario.
La guancia gli doleva da morire. Probabilmente
aveva la mascella rotta. Ma fu solo quando cercò di muoversi
che si accorse dei fini lacci di cuoio che gli stringevano dolorosamente
sia i polsi che le caviglie.
Provò a dire qualcosa, ma il grosso
cerotto che gli era stato posto sulla bocca, gli permise di emettere
solo un soffocato brontolio.
- Ben risvegliato Monsieur Trezzi...- lo salutò
la voce di Bonet.
Jean volse la testa verso il suo sconosciuto
interlocutore chiedendosi, nel contempo, dove avesse già
avuto occasione di vederlo. Quest'ultimo, sedutogli accanto, giocherellava
abilmente con due lucenti pugnali. Cercò di mormorare qualcosa,
ma tutte le sue parole si persero in un mugugnare di rabbia.
- Forse preferisce che la chiami per nome?
- continuò imperterrito Bonet - Jean... un bel nome. Chissà
come spiccherà bene sulla sua lapide... logicamente che
qualcuno riesca a riconoscerla da quel poco che troveranno di
lei. - quindi, mentre il ragazzo prendeva a divincolarsi disperatamente,
continuò - Non si muova troppo! Posso assicurarla che quei
lacci, una volta che cominceranno ad asciugarsi, le faranno ancora
più male... Ora però veniamo alla ragione per la
quale ho deciso di ucciderla. Circa tre settimane fa', lei ha
fatto l'errore più grande della sua vita. Come...? - chiese
percependo dallo sguardo terrorizzato di Jean quanto quest'ultimo
avrebbe voluto dirgli; quindi, puntandogli contro uno dei pugnale,
continuò - Non finga di non sapere nulla! So che lei ha
ucciso mia figlia e posso assicurarla che non avrebbe potuto incorrere
in peggiore errore.- e, dopo aver controllato la tensione dei
lacci che stringevano i polsi del giovane, continuò - Sono
stato sei anni in Indocina dove ho combattuto una guerra della
quale non troverà cenno in alcun annale di storia. In quel
posto dimenticato da Dio ho imparato certi metodi di tortura molto
raffinati... Non mi consideri un sadico o, tanto meno, un assassino.
E' stato lei a rimettere in moto certe mia attitudini che, per
lungo tempo, ho voluto lasciar sopite sotto una più normale
esistenza... Comunque non voglio rubarle i suoi ultimi istanti
d'esistenza obbligandola ad ascoltare la storia della mia vita
in quanto, colui che in questo momento deve parlare, é
lei.- quindi accingendosi a togliergli il cerotto dalla bocca,
con un'espressione che non prometteva nulla di buono, gli sussurrò
- L'unica cosa che posso prometterle e che, più risposte
mi darà, e meno avrà da soffrire...
Il mattino successivo due barboni fecero la
macabra scoperta del corpo di Jean steso sull'argine di Pont Neuf.
In un primo momento la polizia pensò
che il giovane, già conosciuto alla Narcotici, fosse morto
per overdose, ma solo dopo l'autopsia si scoprirono tutte le servizie
alle quali era stato sottoposto e di quanto doveva essere stata
dolorosa la sua morte.
Mentre quelli della polizia, per la verità
non eccessivamente interessati a scoprire chi si fosse preso la
briga di liberarli da quell'incomodo individuo, si facevano le
più disparate domande, Bonet, non ancora pago della sua
vendetta, continuò in quello che oramai considerava un
regolamento di conti privato tra lui e coloro che avevano condannato
a morte Vivianne.
Jean, confessandogli molto di più di
quanto potesse immaginare, gli aveva confermato come la sera di
quel fatidico Venerdì, dopo aver colpito Vivianne in un
momento di incontrollata rabbia, avesse contattato colui che gli
procurava la merce, ricevendo da quest'ultimo il perentorio ordine
di sopprimere la ragazza che, secondo lui, poteva sapere troppo.
Jean, nonostante non fosse uno stinco di santo, aveva cercato
di rifiutarsi ma, dopo le minacce del suo "datore di lavoro",
con l'aiuto di Marielle, eletta al momento aiuto-carnefice, aveva
compiuto quell'azione che in seguito gli era costata la vita.
Marielle venne ritrovata, qualche giorno dopo,
annegata nella Senna. In un primo momento, venne da pensare ad
un suicidio ma, l'illogicità di un tale gesto ed alcune
ecchimosi riscontratele sul corpo, mitigarono di molto la prima
convinzione.
Quindi fu la volta di un guardaspalle e di
due noti collaboratori di un ben conosciuto trafficante di droga
che vennero ritrovati uccisi, con colpi di arma da fuoco, in un
cassonetto delle immondizie in Rue Montresor.
La mano di Bonet pareva colpire sempre più
in alto con azioni che parevano sfiorare la perfezione... dico
"sfiorare" perché, a questo mondo, nulla é
perfetto. Ma questo lo sapeva pure lui che cercava però
di nascondere le possibili microscopiche imperfezioni dietro un'ormai
usuale inoppugnabile comportamento.
Vi sarò grato però se cercherete
di non prendere a considerare il nostro interprete come il classico
"vendicatore" che forse avete visto e letto a ripetizione.
No! Egli non era stato assolutamente accecato dalla pazzia e sapeva
bene ciò che stava facendo e quello che, a prima vista,
poteva venir considerato come un inumano comportamento, mirava
solo al raggiungimento di quanto si era interiormente prefisso:
vendicare Vivianne eliminando più persone possibili appartenenti
a quella categoria che lui definiva "mercenari di morte".
Ma è solo conoscendo qualcosa in più del suo passato,
che la ragione diventa finalmente comprensibile.
Circa vent'anni prima infatti Bonet aveva avuto
occasione di combattere personalmente i narco-trafficanti vietnamiti
e cambogiani per i quali, dopo tutto quel tempo, provava ancora
una feroce repulsione.
Quando, ad un certo punto della sua vita, aveva
conosciuto Louise, aveva abbandonato quella pericolosa competizione
dedicandosi interamente a lei e, successivamente, alla figlia
nata dal loro matrimonio.
Lentamente l'odio ed i ricordi erano stati
sopiti dall'amore per la moglie e, dopo la sua drammatica scomparsa,
da quello per la figlia. E solo per quest'ultima aveva accettato
di vivere celato dietro le parvenze di un semplice e tranquillo
impiegato senza eccessive ambizioni. Vivianne era stata come il
classico tappo del "vaso di Pandora", nel quale però
avevano continuato a vivere i fantasmi del suo passato. Un vaso
che ora però si era improvvisamente riaperto con effetti
devastanti. Era come se, quella battaglia, a suo tempo sospesa
nelle foreste asiatiche, fosse ora ripresa in quella giungla d'asfalto
e cemento che era Parigi.
Marielle era stato il secondo incentivo che
l'aveva spinto a ributtarsi ad interpretare quella parte a lungo
soppressa.
Contrariamente a quanto qualcuno avrebbe adito
a pensare, la ragazza non era stata uccisa da Bonet, anche perché
forse, vedendo in lei una coetanea di Vivianne, non ne sarebbe
mai stato capace, ma da uno dei tre scagnozzi ritrovati cadaveri
nel cassonetto di Rue Montresor. Questi ultimi avevano prelevato
Marielle all'uscita dell'Istituto obbligandola con la forza a
salire in auto con loro.
Bonet, a sua volta presente perché intenzionato
ad incontrarla per capire l'effettivo ruolo che essa aveva avuto
nella morte di Vivianne, non aveva potuto far altro che attenersi
al ruolo di spettatore. Così non gli era rimasta altra
alternativa che seguire l'auto con i quattro a bordo fino in periferia
dove, impotente, aveva assistito all'omicidio. Uno dei tre, infatti,
dopo aver colpito violentemente Marielle con un pugno, l'aveva
gettata nel fiume che scorreva sotto il ponte sul quale la loro
auto si era arrestata. A questo punto Bonet, assalito da un'incontrollabile
furia, aveva posteggiato l'auto ad una cinquantina di metri dai
tre uomini e da lì, senza dal loro tempo di avvedersi della
sua presenza, con il fucile munito di silenziatore che da giorni
portava appresso, ne aveva freddati due. Il terzo lo aveva solo
ferito, non perché avesse sbagliato il colpo, ma solo perché
necessitava di conoscere il perché di quello che avevano
fatto.
Qualche giorno dopo fu la volta di un ben conosciuto
rivenditore d'auto d'epoca che venne ritrovato morto sui sedili
posteriori della sua bellissima Bugatti, con in corpo sufficiente
droga da uccidere un elefante. Nella cassaforte dell'ufficio trovata
aperta, lo sconosciuto assassino si era limitato a rovistare tra
i documenti, senza prelevare nemmeno uno delle migliaia di franchi
in essa contenuti.
L'ispettore Clossard, incaricato di indagare
sulla lunga serie di omicidi, andò far visita a Bonet due
giorni prima che le ferie di quest'ultimo terminassero.
- A che devo la sua visita? - chiese Bonet
invitandolo ad entrare.
- Non sembra eccessivamente sorpreso di vedermi.-
disse Clossard seguendolo all'interno.
- E perché dovrei esserlo?
- E perché no?
- Non capisco...- disse confuso Bonet.
- Posso farle qualche domanda? - continuò
l'ispettore evitando di appagare la sua curiosità.
- Certamente.
- Per natura sono un tipo curioso e diffidente.-
prese a dire Clossard ostentando una mal controllata inquietudine
- Dopo la morte di sua figlia sono successi diversi omicidi che,
contrariamente alle apparenze, sembrano dimostrare un unico filo
conduttore: la vendetta!
- Non capisco dove voglia arrivare.- commentò
Bonet senza scomporsi.
Clossard tacque seguitando però ad osservarlo
con fastidiosa insistenza. La sicurezza ed impenetrabilità
di Bonet, anziché deluderlo, parevano convincerlo sempre
più che non si stava sbagliando sui propri convincimenti
- Posso dire come la penso? - chiese finalmente riponendo il taccuino.
- E' una confidenza personale o...
- Lo é.- l'interruppe; quindi, protendendosi
verso di lui, continuò - Allora, tutto questo casino secondo
me ha per piedistallo un solo e fatale avvenimento: la morte di
sua figlia. Al momento non ci é stato ancora possibile
capire se questa sia stata accidentale o voluta...- s'interruppe
aspettando un commento del suo interlocutore, ma quando si rese
conto che esso non sarebbe mai giunto, continuò - Jean
Trezzi era un piccolo spacciatore. Uno di quei pesci piccoli che,
una volta diventati scomodi, vengono eliminati. Ed é stato
proprio questo che abbiamo pensato trovandolo morto sotto il Pont
Neuf. Ma una cosa mi ha lasciato perplesso; cioè che il
suo assassino, prima di ucciderlo, per obbligarlo a parlare, avesse
usato tecniche di tortura degne di un vero professionista. E posso
spiegarle anche la ragione per la quale sono giunto a questa conclusione.
L'autopsia ha potuto appurare come, prima del colpo mortale che
gli ha spezzato l'osso del collo, la sua agonia sia stata lunga
e dolorosa. Che altra ragione avrebbe avuto il nostro uomo di
mettere repentinamente fine alle sofferenze della sua vittima
se non quella di aver raggiunto lo scopo che si era preposto?
Ficcando il naso nella vita privata di Jean, abbiamo scoperto
sia che egli frequentava assiduamente il parco antistante lo stesso
Istituto dove studiava Vivianne, come egli fosse pure l'amico
di Marielle Campi, quella stessa ragazza trovata morta nella Senna.
In un primo momento tutto pareva solo il frutto di una fortuita
casualità e, volendo essere sincero, avevo preso a pensarlo
anch'io. Ma la morte dei tre tipi trovati nel cassonetto delle
immondizie di Rue Montresor, mi ha fatto improvvisamente accantonare
quest'idea. Uno dei tre infatti, oltre che ad una ferita di arma
da fuoco alla gamba, presentava stranamente dei segni di tortura
molto simili a quelli riscontrati sul corpo di Jean ed il colpo
al collo che l'aveva finito recava l'inconfondibile firma della
stessa mano.- Clossard, dopo aver bevuto un lungo sorso di birra,
chiese - Riesce a seguirmi?
- Perfettamente.- rispose Bonet senza lasciar
trasparire alcun segno d'emozione - Solo che le sue supposizione
sembrano lasciare il tempo che trovano. Se apre un qualsiasi giornale,
nella pagina della cronaca cittadina troverà tanti di quegli
omicidi che si assomigliano che...
- Lo so.- l'interruppe Clossard - Ma generalmente
gli omicidi si assomigliano come libri allineati su uno scaffale.
E' solo aprendoli che si scoprono se esistono differenze o attinenze.
- Vuole arrivare al nocciolo?
- E come faccio? Al momento le prove sono praticamente
inesistenti.
- Quali prove?
- Che lei sia l'artefice di tutto questo casino!
- rispose Clossard pronto ad afferrare ogni reazione di Bonet.
- Magari! - commentò tranquillamente
quest'ultimo smorzando di colpo le attese del suo interlocutore
- Purtroppo non ho alcuna conoscenza di questo genere di cose
ed, oltre a quello che mi ha riportato...
- Ho parlato con M.lle Mombaerts.- continuò
Clossard.
- Chi?
- Celine Mombaerts. Era amica di sua figlia.
- Ora capisco. Mi scusi, ma la conoscevo solo
per nome...
- M.lle Mombaerts ha detto che, dopo la morte
di Vivianne, lei ha cercato di contattarla.
- Ed allora?
- Posso sapere cosa desiderava sapere?
- Nulla di particolare...
- Effettivamente, questo é quanto ha
affermato pure lei.- disse Clossard tentennando il capo - Ma qualcosa
in quella ragazza non mi ha convinto.
- Non so come poterla aiutare.- commentò
Bonet; quindi osservando con scetticismo Clossard che, nel frattempo,
aveva ripreso a spulciare il suo taccuino, chiese - Posso sapere
perché mi ha voluto inserire nella sua lista dei cattivi?
- Perché, secondo me, lei é l'unico
risultato che si ottiene sommando tutti questi avvenimenti.
- Ho impressione che lei stia peccando di troppa
sicurezza.
- Vediamo se riesco a convincerla,- riprese
Clossard prendendo a leggere incomprensibili appunti - M.lle Mombaerts
potrebbe aver detto all'artefice di questa serie di omicidi cos'è
successo effettivamente quel fatidico venerdì...
- Quando menziona "l'artefice" si
riferisce sempre a me, vero? - sortì Bonet ostentando un'espressione
divertita.
- Sta a lei rispondersi.- disse l'ispettore
con una scrollata di spalle - Comunque le sarò grato se
mi lascerà continuare nella mia pseudo-requisitoria. Come
le dicevo, accettando che la prima traccia sia partita dalla ragazza,
é logico pensare che il nostro uomo abbia scovato facilmente
Jean, probabilmente colpevole di aver iniettato, casualmente o
meno, la dose mortale a Vivianne...
- É stato veramente lui?
- Probabilmente sto solo dicendo quanto lei
conosce molto meglio di me,- commentò Clossard con sarcasmo
- vuol dire che fingerò di dettare, quanto stò dicendo,
al mio dattilografo...- quindi, mettendosi il più comodo
possibile sulla poltrona, continuò - Jean era un piccolo
spacciatore ma aveva un vizio che non gli si perdonava: parlava
troppo! Pensi che tra la gente del suo giro era conosciuto come
il "canarino". Se, come temo sia successo, é
stato costretto a parlare con la forza, deve aver spifferato delle
cose che hanno aiutato il nostro improvvisato vendicatore ad innescare
la sua carneficina. La ragazza di Jean, Marielle Campi, deve aver
visto qualcosa e, per questa ragione, é stata a sua volta
eliminata. Poi é stata la volta dei tre trovati nel cassonetto.
Come ci é stato confermato dal nostro perito balistico,
due di questi sono stati freddati con un fucile da una distanza
compresa tra i quaranta ed i settanta metri: una distanza a portata
di mano solo ad un tiratore scelto. Il nostro uomo, non ancora
pago di una rabbia che, se motivata da quanto io e lei ben conosciamo,
non mi sento ancor in grado di condannare così apertamente,
ha continuato nel suo crescendo, arrivando dove noi stessi
della polizia, per mancanza di prove, non avevamo mai potuto avventurarci:
Bernard Cordes... le dice nulla?
- Ho letto l'articolo sul giornale.- rispose
impassibile Bonet.
- E' stato ammazzato nel peggiore dei modi.-
continuò Clossard - La sua morte comunque non mi fà
assolutamente pena. Persone come quelle non meritano nulla di
meglio... non lo crede anche lei?
- Prendo atto di quanto afferma.
L'ispettore lo osservò per un momento
sorpreso; quindi, dopo una scrollata di capo ed aver deglutito
un lungo sorso di birra, continuò: - La polizia generalmente
è informata sui genere di certi traffici che si svolgono
in città ma purtroppo, dovendo attenersi alle leggi, spesso
si trova con le mani legate ed impossibilitata a ramazzare una
volta per tutte questa sporca specie di persone. Sappiamo come
Cordes, pur essendo uno dei capi del clan dei Dell'Angelo, non
avesse molta voce in capitolo...
- Posso sapere perché mi racconta tutto
questo? - l'interruppe Bonet.
- Gliel'ho già detto. - rispose Clossard
con un sospiro rassegnato - Anche se in via puramente personale,
sono convinto che lei sia l'artefice di questo caos.
- Lo dica sottovoce,- commentò Bonet
- con questo caldo non si ha più voglia nemmeno di ridere.
Riuscirebbe ad immaginarmi nei panni di tiratore scelto, esperto
in arti marziali e, come se non bastasse, di torturatore incallito?
- Negli NSR lo insegnano molto bene...
Clossard s'accorse di aver colpito nel segno.
- Come l'ha saputo? - chiese Bonet mentre la
sua imperscrutabilità prendeva a scemare.
- Lo so e basta! - rispose Clossard - Mi é
stato riferito in via strettamente confidenziale da una persona
che, per mia sfortuna, non ripeterebbe a nessuno quanto mi ha
detto. Infatti non riuscirei mai dimostrarlo...- quindi tacque
rimanendo ad osservarlo con aria interrogativa.
- Continui! - insistette Bonet.
- Continuare? - chiese perplesso Clossard -
Penso che a questo punto sia giunto il momento di passarle la
mano, non crede?
- Con le poche carte che ha da giocare, ho
l'impressione che lei stia cercando solo di appagare la propria
curiosità.
- Fino a quando non avrò delle prove
sufficientemente concrete, mi accontenterei di sapere come ha
fatto una persona come lei ad arrivare a certi estremi e fino
a che punto ha intenzione di continuare.
- Anche se rispondendole le offro su un piatto
d'argento la possibilità d'incastrarmi, voglio accontentarla.
- Allora avevo visto giusto! - esclamò
Clossard senza però eccessivo entusiasmo.
- Non mi resta che complimentarmi per il suo
intuito. Posso sapere come c'è arrivato?
- Ho tirato ad indovinare...
- Non le credo!
- Effettivamente é stato lei stesso
a crearmi questo sospetto.
- Io?
- Si,- rispose continuando a parlare con un
tono di voce estremamente tranquillo - Ricordo ancora la reazione
che ha avuto nell'apprendere della morte di Vivianne. Non una
lacrima od un accenno di reazione incontrollato... in un primo
momento mi era venuto da pensare che tra lei e sua figlia i rapporti
non fossero dei più idilliaci. Ma dopo averla osservata
al funerale ho cambiato presto opinione ed ho preso a ponderare
la possibilità che lei non fosse la persona che dava a
vedere. Ricorda la seconda volta che sono venuto a trovarla? -
Bonet annuì - Ebbene, é stato allora che mi sono
convinto che non stavo sbagliandomi.
- Su che?
- Sul suo paravento.- rispose l'ispettore -
Ricordo infatti come, mentre in quell'occasione accennavo alle
strane incongruenze legate alla morte di sua figlia, dai suoi
occhi fosse scaturito un lampo che, volendo essere sincero, ha
avuto il potere di intimorirmi...
- Effettivamente, fino a quel momento, avevo
solo cercato, anche se inutilmente, di comprendere la ragione
per la quale Vivianne aveva accettato di farsi travolgere dal
flagello della droga ma, dopo quanto lei mi ha rivelato, ho capito
che stavo incolpando me e mia figlia di errori mai commessi, così
ho deciso di scoprire chi fosse stato ad ucciderla ed il perché...
- E' stata Celine a permetterle di arrivare
a Jean?
- No. E' stata mia figlia!
- Come? - chiese incredulo Clossard.
- Ho trovato il suo diario e, dopo averlo letto,
ho capito tutto.
- Immagino che non sarà molto propenso
a mostrarmelo...
- Pensa giusto. L'ho infatti distrutto assieme
ad ogni cosa che avrebbe potuto lasciare una traccia e pertanto
diventare una prova contro di me.
- Avrei dovuto evitarmi la domanda.- borbottò
Clossard che, grattandosi pensieroso la fronte, chiese - Ma perché
non si é accontentato di uccidere Jean?
- Non si può condannare una pistola.
E' colui che ne ha premuto il grilletto che va' eliminato...
- In altre parole?
- Jean era solo un fantoccio. Uno strumento
usato da qualcuno che ha voluto sopprimere Vivianne in quanto
aveva visto in lei un pericolo.
- Ma cosa centrava Marielle? Una ragazza di
diciotto anni...
- Non mi consideri il mostro che non sono!
- l'interruppe Bonet secco - E' liberissimo di non credermi ma
é stato uno dei tre del Clan di Dell'Angelo...
- Quelli rinvenuti nel cassonetto?
- Esattamente! Volevo parlare con la ragazza
per sapere se quanto aveva confessato Jean corrispondesse al vero
ma, i tre precedendomi, l'hanno rapita davanti all'uscita dell'Istituto
e portata a Charenton-le-Pont dove ho assistito impotente all'assassinio...
-... e dove lei gliel'ha fatta pagare.
- Era il minimo che meritassero.
- E siamo a quattro! - commentò con
un sospiro Clossard.
- Poi é stata la volta di colui che
ha ordinato l'esecuzione di Vivianne.
- Bernard Cordes?
- Esattamente.
- Gli ha rifilato un'overdose bestiale...
- E' troppo comodo uccidere la gente senza
sapere cosa provano quei poveretti quando vengono eliminati in
quel modo.- quindi lasciandosi sfuggire un sorriso impastato di
sadica soddisfazione, aggiunse - Ora lo sà.
- Una morte atroce.- gli fece eco Clossard
- Ma perché odia così tanto quella gente?
- Non mi dica che lei li trova simpatici...
- Ci mancherebbe altro! Comunque, prima di
arrivare a certi eccessi, il passo é ancora lungo.
- Quando ho lasciato le SRL, qualcuno al quale
avevo dato molti dispiaceri, si é vendicato privandomi
di colei per la quale avevo abbandonato quel tipo di vita.
- Sua moglie?
- L'ha detto.- rispose Bonet mentre sugli occhi
gli si poteva leggere tutto il tormento che doveva provare nel
rivangare quei ricordi - Vivianne, quando Louise venne uccisa
in quello che era parso trattarsi di un fortuito incidente stradale,
aveva solo un anno. Per evitare ritorsioni su di lei, abbandonai
ogni velleità di vendetta.
- Come venne a conoscenza che si era trattato
di un omicidio e non di un incidente? Alla polizia, scartabellando
sul suo passato, dai documenti ho visto che questa ipotesi non
é mai stata paventata.
- Quei bastardi, una grossa banda di trafficanti
di droga cambogiani, mi hanno mandato il videotape dell'incidente
che hanno volontariamente provocato...
- Cosa?
- L'hanno ripreso con una videocamera.- aggiunse
sottovoce Bonet.
- Ma perché non ha informato la polizia?
- E cosa avreste fatto? - chiese deridente
- Non penso che, nonostante tutta la vostra buona volontà,
siate in grado di arrestare un esercito di cinquecento persone
asserragliate nella giungla cambogiana.
- Forse ha ragione.- mormorò Clossard
- Ed ora?
- Ora cosa?
- Ora che le hanno ucciso la figlia. tornerà
ad essere quello di prima, cioè... aspetti che cerco di
ricordare come l'ha definito quel tipo...
- Non inveisca più del necessario.-
l'apostrofò Bonet - Anche se so centrare una moneta a cinquanta
metri di distanza ed uccidere due persone in due secondi, nella
mia vita non ho mai fatto del male ad un'innocente.
- Dimentica che ci siamo anche noi della polizia.
- Non sareste mai arrivati a colpire così
in alto.- rispose ironicamente - Avete le mani troppo legate e,
molti di voi, sono corrotti fino al midollo...
- Questo lo so meglio di lei, ma ciò
non toglie che leggi vadano ugualmente rispettate. Se ognuno andasse
in giro a farsi giustizia come sta facendo lei, rischieremmo di
trovarci con mucchi di cadaveri alti come palazzi.- quindi, dopo
qualche istante di silenzio, continuò - Purtroppo non posso
cernere un delitto da un'altro, e quello che ha fatto...
- Ne ha le prove? - chiese insospettito dall'insolita
sicurezza di Clossard.
- Forse. Lei, secondo me, ha fatto un solo
errore.- rispose l'ispettore con un sorriso incomprensibile.
- Vuole dirmelo o preferisce usarlo come prova
per arrestarmi.
- Se fossi intenzionato a farlo, non sarei
certamente venuto a trovarla da solo.
- Non capisco...
- Sono indeciso M.Bonet.- continuò Clossard
- Dannatamente indeciso. Vede, quanto ha fatto...
- L'ho fatto solo per Vivianne.- l'interruppe
pronunciando il nome della figlia quasi con adorazione - Dopo
la morte di Louise non mi era rimasta che lei. Ero riuscito a
farla crescere nel miglior dei modi cercando di donarle anche
quell'amore che la drammatica scomparsa della madre le aveva sottratto.
Per quindici anni... non uno o due mesi, e nemmeno un anno, ma
quindici anni trascorsi ad aiutarla a crescere come un'indifesa
pianticella in questa città a volte ancora più infida
e pericolosa della giungla asiatica. Come reagirebbe lei scoprendo
che colei nella quale aveva riposto la sua unica ragione di vita,
é stata assassinata senza alcuna pietà e per una
così infame ragione? - Clossard non rispose - Vivianne
era la mia luce, la mia aria, la fonte di ogni mio pensiero. La
mia vita cominciava quando, il venerdì sera, andavo a prelevarla
all'uscita dell'Istituto e continuava fino alla domenica sera
quando ve la riaccompagnavo. Gli altri giorni della settimana,
durante i quali aspettavo solo di rivederla, erano privi di ogni
valore... come quelli che stò vivendo ora.
- Ed ora? - chiese Clossard.
- Dopo quanto le hanno fatto, il mio passato
é tornato ad essere il mio presente...
- Un presente dal quale non uscirà più?
- Non si preoccupi.- lo rassicurò con
un sorriso - Dopo aver assaporato per vent'anni di pace, é
difficile riprendere ad amare la guerra...
- Volendo essere sincero, questa non é
proprio l'impressione che ho avuto ultimamente.
- Lo scopo che mi ero preposto, cioè
di farla pagare agli assassini di Vivianne, é quasi esaurito.
- Come "quasi".- osservò Clossard
preoccupato - Non mi dirà che ha ancora dei nomi nella
sua lista nera!
- Uno solo ispettore.- rispose Bonet che, mentre
gli versava dell'altra birra, continuò - Jean ha agito
su ordine di Cordes, ed é stato solo l'assassino "materiale"
di Vivianne. I tre guardaspalle sono stati solo un incontro involontario
ma, dopo quello che li ho visti fare a quella povera ragazza,
non meritavano miglior sorte...
- Ed anche se ha dato una bella sfoltita, cinque
non le bastano ancora vero? Ora manca solo il nome di colui che
lei ha rinvenuto nella cassaforte di Cordes. Un nome che probabilmente
farebbe molto comodo anche alla polizia.
- Le renderò tutto. Lo allegherete al
fascicolo quando archivierete il mio caso. A proposito non mi
ha ancora detto di quel mio errore...
- "Errore"... è solo un modo
di dire.- commento Clossard - Lo considererò tale solo
quando avrò trovato la maniera di farlo apparire in questo
modo.
- E sarebbe?
- Indagando sulla morte di Cordes, ci siamo
informati con gli impiegati della Concessionaria, sulle ultime
visite ricevute dalla vittima. Tra queste ce n'è stata
una che mi ha incuriosito alquanto; quella di un tecnico della
Compagnia dei Telefoni che, stranamente, si é presentato
giusto quando la Concessionaria stava chiudendo. Sono più
che convinto che, anche se debitamente camuffato, quella persona
fosse lei. Ho inoltre scoperto che il servizio guasti non ha mai
ricevuto alcuna richiesta d'intervento per riparazioni da effettuare
sul telefono di Cordes...
- Era l'unico modo che avevo per incontrarlo.-
rispose Bonet - Sapevo di rischiare, ma il gioco valeva la candela.
Giorni fa, nella mia ditta, con una banale scusa mi sono procurato
delle apparecchiature speciali. Così, dopo aver messo sotto
controllo il telefono di Cordes, non mi é stato difficile
scoprire come nella sua cassaforte esistessero le prove per poter
raggiungere ed incastrare finalmente il "burattinaio".
- Il "burattinaio"? - chiese Clossard
osservandolo incuriosito.
- E come lo chiamerebbe uno che muove a suo
piacimento decine di persone come delle marionette?
- Intende dire il cervello dell'organizzazione?
- Esattamente!
- E chi sarebbe?
- La sua curiosità verrà appagata
solo a tempo debito.- rispose Bonet che, reprimendo a fatica la
propria rabbia, aggiunse - Quel bastardo pagherà per Vivianne
e Marielle.
- Non ce la farà! - replicò nervosamente
l'ispettore - Potrei farla arrestare...
- E con quale imputazione? - chiese tranquillo
- Comunque, anche se le riuscisse di farlo, quell'uomo non si
salverà ugualmente. Ha i minuti contati.
- Minuti? - ripeté Clossard alzandosi
di scatto - Allora si tratta di una bomba...- quindi, osservandolo
attonito, mormorò - Cristo, ma allora lei é veramente
impazzito!
- Non molto più di quanto dia a vedere
quella gente.- rispose, per nulla preoccupato, Bonet - Sa, ad
esempio, perché sono stati uccisi i due poliziotti in Rue
Churchill?
- E' stata una rapina...
- Una rapina si, ma simulata.- lo corresse
- Quei due erano al soldo di qualcuno che li aveva incaricati
di effettuare uno spostamento di denaro sporco. In quel caso,
la loro divisa é servita solo ad evitare "interferenze"
indesiderate da parte dei colleghi della polizia... logicamente,
quelli onesti.
- Come l'ha saputo?
- Indovini...
- Ha giusto! - borbottò Clossard - Dimenticavo
la sua dimestichezza con quei gingilli per le intercettazioni.
- I due poliziotti hanno fatto l'errore di
sottrarre un po' di denaro - continuò Bonet - e, quando
si sono recati in Rue Churchill per ricevere quanto era stato
pattuito, sono stati ripagati in un modo alquanto diverso.
- Caspita! - commentò Clossard - Non
é certamente una buona notizia.
- E questo é nulla.- continuò
Bonet - Ho la lista completa dei poliziotti e dei politici al
soldo dei Dell'Angelo.
- L'ha trovata nella cassaforte?
- Una parte. Il resto l'ho registrato a viva
voce da Cordes.
- Non mi mette certamente in una situazione
invidiabile.- commentò l'ispettore asciugandosi il copioso
sudore che gli scendeva dalla fronte - Ha intenzione di servirsene?
- Ed a quale scopo? - chiese Bonet con espressione
quasi annoiata; quindi con voce rassicurante, continuò
- I panni sporchi vanno lavati in casa. Le assicuro che, quanto
prima, avrà lista e registrazioni.
- Cosa vuole in cambio?
- Non ho chiesto di fare dei baratti...
- Mi considera uno stupido? - chiese nervosamente
Clossard - Crede forse che non mi sia accorto con quale sicurezza
mi parla? Decisamente, quello di cui é in possesso, per
lei deve valere quanto un'assicurazione sulla vita. Ora però
sputi il rospo e faccia le sue richieste...
- Mi basterà una telefonata.- rispose
Bonet accennando ad alzarsi - Solo una telefonata, dopo di che
lei sarà libero di fare ciò che vorrà.
- Una telefonata, ma a chi?
- All'ultimo della lista.- rispose dopo aver
alzato il ricevitore e prendendo a comporre un numero.
Clossard rimase ad osservarlo attonito. Come
poteva Bonet colpire il proprio obiettivo con una semplice telefonata?
- Buongiorno.- disse tranquillamente Bonet
al suo sconosciuto interlocutore - Vorrei parlare con Charles
Dell'Angelo... lo disturbi pure. Sono sicuro che, se gli dirà
che c'è al telefono colui che ha sottratto quello che c'era
nella cassaforte di Cordes, verrà sicuramente a rispondere.
Clossard, mentre Bonet, silenzioso attendeva
che l'interessato venisse al telefono, prese velocemente ad elaborare
quale potesse essere lo scopo di quella telefonata. Solo quando
lo vide estrarre di tasca un piccolo Telecomando per segreterie
telefoniche, ebbe cognizione della trappola mortale preparata
da Bonet per la sua vittima designata. Il telecomando poteva mettere
in funzione solo qualcosa sensibile agli impulsi che esso avrebbe
emesso ed, in questo caso, questo "qualcosa" non poteva
essere altro che il detonatore di una bomba che Bonet, probabilmente
avvalendosi della collaudata strategia del guasto telefonico,
dopo essersi intrufolato nell'appartamento, doveva aver piazzato
vicino o nello stesso telefono di Dell'Angelo.
- Charles Dell'Angelo? - chiese Bonet mentre
Clossard si alzava precipitosamente dalla poltrona -...questo
é per Vivianne!
Fu questione di un attimo. Quando Clossard
riuscì ad afferrargli il polso ed a strappargli il mortale
oggetto di mano, la comunicazione si era già interrotta
ed un suono stagnante e carico di morte, persisteva in sottofondo.
- Dannazione Bonet! - gridò Clossard
obbligandolo a sedersi; quindi, prendendo a camminare nervosamente
per la stanza, continuò - Ma si rende conto che razza di
casino ha combinato? Ora i componenti di quella marmaglia cominceranno
a scannarsi tra di loro e...- si bloccò; quindi, dopo essere
rimasto per qualche istante ad osservarlo silenzioso, mormorò
- Cristo! Come ho fatto a non arrivarci prima? Ma certamente!
Ecco il vero scopo del suo piano! Altro che cinque, sei o dieci;
Vivianne verrà vendicata da decine di morti e Dio solo
sa per quanto tempo continuerà questa carneficina.
- Nemmeno la morte di mille delinquenti riuscirebbe
a ripagare quella di un unico innocente.- commentò sottovoce
Bonet - Quella gente é pronta a morire per un pugno di
denaro e, per raggiungere il loro scopo, schiacciano senza pietà
la vita di quella onesta che soffre e rinuncia a molto per mantenere
un'esistenza la più pulita possibile.
Clossard rimase ad osservarlo a lungo silenzioso.
In un paio di occasioni accennò ad aprire la bocca come
a voler dire qualcosa, rinunciando però in ambedue i casi
al proposito. Infine, dopo un motto di stizza, si avviò
deciso verso la porta.
- Devo seguirla? - chiese Bonet alzandosi.
- E che ne sò? - chiese a sua volta
Clossard girandosi verso di lui - Intanto rimanga qui; vedrà
che, prima o poi, mi rifarò vivo.
- Quando?
- Il più tardi possibile...- rispose
aprendo la porta.
- Dopodomani dovrei riprendere il lavoro...
- Allora, accetti un buon consiglio: lo faccia!
Forse l'aiuterà a dimenticare qualche altro brutto proposito.-
quindi, mentre usciva, lasciandosi sfuggire uno strano sorriso,
aggiunse - Mi prepari quei documenti che ha trovato nella cassaforte
di Cordes... - il suo cercapersone prese ad emettere un fastidioso
cicalio - Permette? - chiese tornando verso il telefono e, dopo
aver composto un numero, disse - Clossard... dove? Avenue Morillon?...
ma non é dove c'è la villa dei Dell'Angelo? - quindi,
girandosi verso Bonet ,ma rivolto sempre al suo interlocutore,
borbottò - Sarà scoppiata la bombola del gas.
- Allora a presto.- disse più tardi
Bonet mentre l'ispettore si avviava verso la porta d'uscita.
- Tenga della birra in fresca.- disse Clossard
riprendendo a sudare copiosamente.
- Ne ho quanta ne vuole...
- Penso che, appena concluso questo caso, la
inviterò a cena.- continuò stringendo la mano che
Bonet gli porgeva.
- Perché? - chiese meravigliato quest'ultimo.
- Se la cerchi lei la risposta.- ribatté
l'ispettore prima di scomparire inghiottito dalla sottostante
rampa di scale.
Ora M.Bonet é tornato ad essere quello
di prima, cioè un tranquillo impiegato di un'azienda statale.
Per sua fortuna ha trovato un'altra donna con
la quale ha ricostruito quella famiglia che, dopo la morte di
Vivianne, pareva irrimediabilmente distrutta. Ultimamente, la
loro unione é stata aliettata dalla nascita di un figlio,
un bel bambino che é stato battezzato l'altro ieri.
La cerimonia, a conoscenza di solo pochi intimi
amici di Bonet, si é svolta in un'atmosfera tranquilla
e riservata. Questa però ha avuto un unico momento di suspense
quando il prete, versando l'acqua sul capo del piccino, ha pronunciato
le classiche parole di rito: "-... e che il Signore ti
preservi da ogni pericolo.", Clossard, non ancora dimentico
della catena di morti dell'estate di due anni prima, e che per
l'occasione ha accettato di fare da padrino, gli ha fatto eco
con un perentorio "- A quello ci penserà il padre.
Il Signore farà molto meglio a preoccuparsi per quelli
che cercheranno di fargliene..."
© Claudio Chiaramida - © 1998 ARPANet. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
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