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IL RIPOSO DELLO SCORPIONE
di: Claudio Chiaramida


- Buongiorno M.Bonet.- lo salutò la portinaia spostandosi dal gradino che stava in quel momento stava lavando
- Buongiorno Marie.- rispose M.Bonet con un sorriso - Mi scusi se sono sempre il primo a sporcarle le scale.
- Questo succede solo perché lei é sempre il primo ad andare a lavorare.- commentò la donna che, mentre lui si allontanava, borbottò - Magari in questo condominio tutti gli altri scansafatiche facessero così...
L'autobus s'arrestò rumorosamente alla fermata di Rue Morbeilles. Non trovò da sedere e rimase in piedi accanto all'uscita. Era solo questione di qualche minuto. Dal Trocadero, avrebbe proseguito fino alla Defence in métro che, quella mattina era praticamente deserto, com'erano quasi deserte le stazioni intermedie nelle quali, di tanto in tanto, esso si fermava. Ma forse sarebbe stato pretendere troppo che, in pieno Agosto, alle sette e mezza del mattino e con quasi tutti gli uffici della città chiusi, ci fosse più gente in circolazione.
Una copia di colore sedeva nella parte opposta del compartimento. Le loro mandibole erano occupate in un continuo addentare e masticare di croissant che gli fecero venire l'acquolina in bocca.
Scese alla Defence con una fame feroce. Forse quel mattino il suo stomaco che, con sommessi brontolii, cominciava già a protestare, non ce l'avrebbe fatta ad aspettare fino al Papillon.
Dal solito edicolante, comperò il solito giornale che, come al solito e senza leggerlo, ripose nella cartella.
La sua era una vita dove la parola più frequente era "solito". "Solito" si poteva definire tutto quanto egli faceva durante tutti i giorni della settimana, per tutte le settimane del mese e per tutti i mesi dell'anno. Tutto pareva far parte di un copione scritto da tempo; un copione al quale però lui si era abituato e che, per nulla al mondo, si sarebbe mai sognato di variare.
Immagino già come abbiate inquadrato M.Bonet che, probabilmente, considerate come il "solito" impiegato modello tutto casa ed ufficio. Insomma il classico tipo che si alza ogni mattino di buon'ora per arrivare al lavoro con quei dieci minuti d'anticipo che gli permettano di mettersi tutto in ordine in maniera di poter tranquillamente cominciare il proprio efficiente lavoro allo scoccare dell'ora.
Forse l'immaginate anche mentre alla sera rientra a casa camminando a piccoli passi come un cinese con le scarpe troppo strette, oppure lo vedete, lanciando di tanto in tanto qualche espressione timida all'indirizzo delle persone che incrocia, nascondersi in un capotto troppo grande per lui e che lo fa assomigliare ad un fantasma sviluppato in negativo...
No. Niente di tutto questo!
Spegnete subito la vostra fantasia perché M.Bonet ha cercato di essere la persona che avete immaginato solo per un certo tempo, ma ora si comporta in un modo che vi istigherà a cambiare velocemente l'opinione che erroneamente vi eravate fatti in un primo momento su di lui. Perché? Se continuerete a leggere questa storia, ogni vostra curiosità verrà appagata!
Nel momento che questa storia ha inizio, egli ha quarantacinque anni ed, anche se per poco, é stato felicemente sposato. Dopo la prematura morte della moglie, ha un unico fine: la felicità di Vivianne, la figlia diciassettenne per la quale letteralmente stravede.
Ebbene, almeno fino a quel venerdì d'inizio Agosto, le sue giornate erano girate attorno ad un circolo, che definire "vizioso" sarebbe inopportuno, in quanto il nostro M.Bonet di vizi proprio non ne aveva. E che tipo di vizi sarebbero potuti essere incolpati ad uno che, alle sette e mezza del mattino, usciva di casa per recarsi al lavoro in una fabbrica che costruiva parti elettroniche per apparecchi telefonici, rimanendovi fino alle cinque del pomeriggio, dopodiché, una volta tornato a casa e cucinatosi qualcosa alla svelta, si dedicava ai suoi pochi passatempi preferiti fino alle nove di sera e, dulcis in fundo, alle dieci era a letto? Nessuno... questo almeno fino a quel fatidico venerdì di metà agosto.
Vivianne viveva in uno dei migliori istituti parigini dove studiava, mangiava e dormiva per cinque giorni alla settimana. Il venerdì sera M.Bonet andava a prenderla, trascorreva con lei il sabato, e la domenica sera la riaccompagnava all'Istituto, dopo di che la sua vita riprendeva il suo solito ritmo.
Quel venerdì sera, puntualmente alle sei e mezza, M.Bonet si presentò all'Istituto. Vivianne sarebbe uscita a momenti. Sedutosi sulla "solita" sedia situata nell'androne d'entrata, prese a leggere il "solito" giornale. Generalmente non faceva in tempo ad arrivare alla pagina delle notizie sportive, che la figlia arrivava di corsa gettandosi tra le sue braccia. Come d'abitudine, quelle ultime pagine non lette sarebbero diventate il suo sonnifero avanti di coricarsi.
"... Il Marsiglia vince il campionato."
Prima rilesse il titolo dell'articolo, quindi controllò il numero della pagina ed infine, dopo aver scrutato l'orologio a muro dell'androne, prese ad osservarsi attorno.
Alcune ragazze uscivano confabulando tra di loro; ogni tanto qualcuna di esse, che oramai conosceva perché appartenente alla cerchia delle amiche di Vivianne, gli lanciava un veloce saluto al quale rispondeva sempre con un sorriso.
Quando l'androne fu quasi vuoto, si alzò.
- Mademoiselle Merot, ha per caso visto Vivianne? - chiese cortesemente alla donna che stava al ricevimento.
- Ha, é lei M.Bonet? - disse la donna sollevando il capo dal libro che aveva davanti - Pensavo che lo sapesse...
- Cosa dovevo sapere? - chiese sorpreso.
- Sua figlia, oggi, é uscita in anticipo.- continuò la donna - Non ne so la precisa ragione, ma ero convinta che la cosa fosse stata richiesta da lei.
- Posso sapere che tipo di giustificazione ha presentato? - chiese mentre, dopo aver raccolto il giornale, si avviava verso l'uscita.
- Non saprei. Ha parlato con la mia collega...
Dopo essere uscito in strada, si diresse tranquillamente verso casa. Non si prese molta pena per l'imprevisto; era già successo che Vivianne, o per incontrare qualche amica o per andare a far delle compere, avesse lasciato l'Istituto con un certo anticipo. Sicuramente, al massimo entro un'ora, sarebbe tornata a casa e, magari, com'era solita fare, anche con qualcosa per lui...
Ma quella sera l'ora passò senza che essa si facesse viva.
- Forse é andata al cinema con Celine...- borbottò tra se prima di tornare a leggere il giornale.
Un paio d'ore dopo mentre, nervosamente, passeggiava per la stanza, il carillon della porta suonò.
- Eccola! - pensò mentre andava ad aprire - Forse é rimasta senza soldi per il métro ed é dovuta tornare a casa a piedi. Una bella scarpinata da Montparnasse...
Quando aprì, si trovò davanti due uomini.
- M.Bonet? - chiese il più anziano dei due, un tipo sui cinquanta con pochi capelli in testa ed un fastidioso accento marsigliese.
- Si? - rispose osservando sorpreso i due.
- Siamo della polizia.- disse il secondo mostrandogli il tesserino di riconoscimento, quindi indicando il più anziano, continuò - Questo é il commissario Poudrer ed io sono l'ispettore Clossard. Possiamo entrare?
- Certamente.- rispose per nulla intimorito di trovarsi davanti a due poliziotti.
Il condominio era abitato per la maggiornaza da persone provenienti dai più disparati angoli del mondo, e non era raro veder presentarsi, anche nelle ore più impensate, quelli dell'Ufficio Stranieri alla ricerca di immigrati clandestini.
Entrarono.
Il più anziano, dopo essersi osservato un momento attorno, raccolse dal mobiletto dell'entrata una foto incorniciata di Vivianne.
- E' mia figlia.- disse con orgoglio Bonet - Arriverà a momenti. Posso sapere la ragione della vostra visita?
- Siamo quì proprio per sua figlia.- rispose Poudrer che, dopo qualche secondo di pausa e con voce sommessa, aggiunse - Questa sera non tornerà a casa.
- Come sarebbe a dire? - chiese arrossendo vistosamente e chiedendosi, nel contempo, cosa potesse aver combinato Vivianne di così grave.
- Dovrebbe seguirci...- insistette Clossars.
- Ma come mai é alla polizia? - insistette raccogliendo la giacca.
- Purtroppo sua figlia non é alla polizia M.Bonet, - s'intromise Poudrer - ma alla Morgue...
- Come? - chiese bloccandosi e rimanendo ad osservarli impietrito.
- Lo so che é una tremenda notizia...- continuò Poudret prendendolo per un braccio - ma purtroppo sua figlia é morta e dovrebbe venire con noi per il riconoscimento.
- L'hanno trovata sull'argine all'altezza di Pont Neuf! - disse Poudrer mentre, dopo il riconoscimento, uscivano dal mesto edificio - Al momento é difficile definire la precisa causa del decesso...
- Quando è stata ritrovata? - chiese Bonet che stranamente, da quando aveva visto il cadavere della figlia, pareva non lasciar più trasparire alcuna emozione, cosa che lasciò non poco perplesso Clossard.
- Verso le otto e mezza. Ma non doveva essere morta da molto.
- Siete almeno riusciti a capire com'è successo?
- Solo in via di massima.- s'intromise Clossard.
- E sarebbe? - chiese fermandosi accanto all'auto.
- Quanti anni aveva sua figlia? - chiese Poudrer lasciandosi sfuggire una strana smorfia.
- Diciassette...- rispose con un'incomprensibile sorriso; quindi, dopo essersi morso nervosamente le labbra, aggiunse - Ne avrebbe compiuti diciotto ad Ottobre.
- Sapeva che si drogava?
- Si drogava? - ripeté incredulo - Intendete forse dire che Vivianne...
- Si M.Bonet.- continuò Clossard - Purtroppo, dai primi accertamenti, sembrerebbe proprio che sua figlia sia morta per overdose.
Alla centrale della Polizia cercarono di stilare un rapporto, il più preciso possibile, sul quale, da lì a qualche giorno, l'autopsia avrebbe cercato di chiarire i pochi punti ancora oscuri.
Quattro giorni dopo ci furono i funerali ai quali intervennero molte persone che Bonet, persistendo in quel suo freddo e distaccato comportamento, quasi ignorò.
Un corriere, il giorno dopo, gli portò tutte le cose di Vivianne rimaste all'Istituto. Lui impaccò quanto gli era stato recapitato in tre valigie che ripose in cantina. I libri ed i quaderni preferì metterli in bell'ordine su uno scaffale vuoto della biblioteca.
La sua vita riprese la solita routine con un'unica differenza: Vivianne non c'era più ed ora lui stava vivendo per nulla... o almeno così pensava fino a quando, una settimana dopo, non ricevette la visita di Clossard.
- Come sta M.Bonet? - chiese quest'ultimo rimanendo impalato sulla porta - Passavo di qua, così ho pensato di farle una visita.
- Si accomodi.- lo invitò cortesemente - In cosa posso esserle utile?
- Non pensavo nemmeno di trovarla in casa.- continuò l'ispettore entrando.
- Sono da un paio di giorni in ferie...- rispose; quindi, dopo un'alzata di spalle, aggiunse - Un mese intero.
- Forse le converrebbe andare da qualche parte. Parigi, in Agosto, é molto opprimente.
- Avevo già programmato di farlo. Ma ora, senza Vivianne, che senso avrebbe?
- La capisco.- rispose Clossard sedendo sul lungo seggiolo del pianoforte - Purtroppo sono esperienze tremende...
- Posso sapere la ragione della sua visita? - chiese sedendo accanto a lui.
- Veramente ero io che volevo sapere se aveva qualche novità.
- In che senso? - chiese sorpreso.
- Non saprei...- rispose l'ispettore facendosi meditabondo - Forse ricordando qualcosa di insolito successo negli ultimi giorni di sua figlia o...
- Un momento! - l'interruppe - A quanto mi era stato detto, il caso stava già per essere archiviato...
- In via di massima, si.
- In via di massima.- ripeté - Cosa intende dire?
- Che indagini non sono ancora del tutto concluse...
-... questo vuol dire che qualcosa non vi é ancora completamente chiara! - aggiunse osservandolo sospettosamente - Potrei sapere esattamente cosa?
- Sono solo supposizioni.- commentò Clossard estraendo un taccuino da una tasca della giacca - Supposizioni che, alla fine, potrebbero anche mostrarsi infondate.
- Sia più chiaro.
- Ci sono due coincidenze che ci hanno lasciati alquanto perplessi e che, per questa ragione, pensiamo debbano andar chiarite. La prima, che sua figlia aveva sulle braccia un unico foro d'iniezione. Questo ci propende a pensare che fosse la prima volta che si drogava ma, se così fosse effettivamente stato, consideriamo esagerato il quantitativo di droga che le hanno iniettato...
- Cosa intende con "le hanno"?
- Alla prima volta, nessuno é in grado di farsi un'iniezione da solo. Pertanto, riteniamo opportuno credere che, in quel momento, ci fosse qualcuno con lei e che quest'ultimo le abbia erroneamente iniettato un quantitativo esagerato.
- E' tutto?
- Lo sa che lei mi sorprende? - chiese Clossard osservandolo insistentemente.
- Perché?
- Non saprei. Nonostante tutto quanto le é successo, continua ad ostentare una freddezza invidiabile...
- Cerco di controllarmi come meglio posso.- rispose Bonet forzando un sorriso. Si alzò. Andò ad estrarre dal frigorifero una bottiglia di birra. Quindi, mentre ne versava un po', osservando la schiuma che si formava nel bicchiere, aggiunse un - Sono per natura sono fatalista. - al quale finse di credere pure lui.
- Beato lei.- commentò Clossard dopo aver girato una pagina del taccuino - Ora, potrebbe dirmi se sua figlia, negli ultimi giorni, mentre era in sua compagnia, ha avuto qualche incidente, tipo una fortuita caduta o che altro?
- No, ma forse all'Istituto...
- Mi sono già informato ma senza miglior successo.- aggiunse Clossard - La mia domanda é motivata dal fatto che sul cuoio capelluto di Vivianne é stato riscontrato un'ematoma che potrebbe risalire allo stesso giorno della sua morte. La contusione, anche se non eccessivamente grave, sarebbe stata sufficiente a procurarle una momentanea perdita dei sensi. Siamo comunque propensi a credere che se la sia procurata cadendo sul lastricato dell'argine al momento che le é stata iniettata la droga...
- Lo crede veramente? - chiese Bonet porgendogli un bicchiere di birra - A quanto ho potuto vedere, quelli che si drogano lo fanno sempre seduti o stesi...
- Lei potrebbe anche aver ragione. Ma, almeno fino al chiarimento di quanto é veramente successo, non abbiamo ragione di cambiare il nostro rapporto.
- Intendete chiudere il caso in questo modo?
- No M.Bonet.- rispose Clossard dopo aver bevuto un sorso di birra - Fino a quando non troveremo la persona che stava con Vivianne al momento della sua morte e sulla quale continua a pendere una denuncia per omicidio colposo, non possiamo archiviare nulla.
- Contate di prenderla? - chiese con un filo di speranza.
- Sinceramente non lo so. A Parigi ci sono più spacciatori che cani e tra quella gente vige un'omertà degna dei migliori mafiosi.
- Capisco...- mormorò Bonet - Capisco...- ripeté più tardi, nuovamente solo, osservando la foto della figlia posta sul tavolino in entrata.
Quella notte, come d'altronde aveva fatto nelle notti successive alla morte di Vivianne, non dormì.
Il mattino successivo scese a riprendere le tre valigie che aveva riposte in cantina. Ne controllò minuziosamente il contenuto alla ricerca di una qualsiasi traccia che l'aiutasse a comprendere come Vivianne avesse potuto arrivare a quel gesto per lei fatale. Frugò senza però sapere esattamente cosa cercasse anche tra i vestiti... Nulla! Erano puliti e piegati con cura come essa usava sempre fare.
In tutto quanto gli passava per le mani, non esisteva alcun segno di noncuranza o disinteresse. Più che convincersi, provò ad illudersi che Vivianne, fino al suo ultimo istante di vita, fosse rimasta sempre la stessa e che pertanto anche la sua tragica morte fosse stata solo una maledetta casualità. Insomma un qualcosa che, pur sfiorandola, era rimasto al di fuori dalla sua volontà.
Ad un certo punto, resosi conto dell'inutilità di quella sua ricerca, richiuse le valigie e le riportò nuovamente in cantina.
Mentre più tardi risaliva lentamente le scale, incontrò Marie.
- Come sta M.Bonet? - chiese la donna con un tono di voce mesto. Lui, non sapendo che rispondere, scosse solo la testa - Non credo che M.lle Vivianne abbia fatto quanto si dice.- continuò la donna seguendolo a tre gradini di distanza - Era una troppo brava ragazza.
- Purtroppo é successo.- rispose Bonet con tono rassegnato.
- Ma "come" esattamente non si sa.- seguitò borbottando Marie - I giornali scrivono quello che vogliono. A volte si lasciano andare a commenti talmente particolareggiati che ti viene quasi da pensare che abbiano copiato dal diario dell'interessato e...
- Come ha detto? - chiese Bonet bloccandosi improvvisamente.
- Mi scusi.- mormorò la donna arrossendo vistosamente - Ho forse detto qualcosa che non le fatto piacere?
- Assolutamente! - rispose Bonet prendendo a salire di corsa le scale ed imprecando, nel contempo, ad alta voce contro la propria stupidità.
Una volta nell'appartamento, prese tutti i quaderni di Vivianne dallo scaffale e, dopo averli appoggiati sul tavolo, prese a sfogliarli concitatamente. Ora avrebbe finalmente saputo se essa era veramente arrivata da sola a quel baratro, cosa nella quale però continuava a non voler credere, o se qualcuno ve l'aveva spinta con la forza o l'inganno.
Finalmente trovò quello che cercava: un grosso quaderno con la copertina a quadri colorati... il diario di Vivianne.
Notò subito come, l'ultima volta che vi era stato scritto qualcosa, era stato proprio il giorno antecedente la morte di Vivianne.

Giovedì, 8 Agosto.
Marielle insiste a dire che quello che ha fatto non é nulla di grave, ma io non le credo... Domani sera, probabilmente, andrò al cinema con Celine. Vuole confidarsi con me...

Saltò ad una settimana addietro.

Giovedì, 1 Agosto.
Fortunatamente oggi era festa. Ho passato la giornata con mio padre.

Seguivano altre considerazioni su di lui che, lentamente, lo fecero sempre più convinto come tutti quei pensieri carichi d'amore non potessero assolutamente provenire dalla mente di una persona invischiata nel mondo della droga. Un mondo nel quale, una volta fattovi ingresso, il resto dei valori della vita, prima si ridimensionano negativamente ed infine cessano inevitabilmente di esistere.
Il diario riprendeva il lunedì successivo.

Lunedì 5 Agosto.
Questa sera, involontariamente, ho scoperto Celine e Marielle nelle toilettes che fumavano. In un primo momento ho pensato che fumassero normali sigarette ma poi, dall'odore, ho capito che si trattava di "erba".
Celine, piangendo, mi ha detto che era la prima volta che lo faceva e di non raccontare quanto avevo visto a M.me Joffo.

Martedì, 6 Agosto.
... Celine é la mia migliore amica e mi dispiacerebbe recarle del male, ma questa sera nelle toilettes ho percepito lo stesso odore di ieri sera. Celine non centra in quanto é stata tutta la sera con me..."

Seguivano altre considerazioni sulle oramai prossime ferie che essa avrebbe trascorso con lui.

Mercoledì 7 Agosto.
Marielle é una... si, insomma una di "quelle". Questa sera, quando l'ho scoperta nuovamente nelle toilettes intenta a fumare quella porcheria, ha avuto la sfacciataggine di chiedermi di fumarne un po' con lei! Celine, stranamente, mi ha dato l'impressione, anche se passivamente, di appoggiarla.
Appena lunedì prossimo M.lle Joffo tornerà da Lyon, l'avviserò di quanto sta accadendo...
Dopodomani, comunque, me parlerò con mio padre. Egli saprà sicuramente consigliarmi per il meglio."

Infine c'erano le ultime righe del 8 Agosto.
Richiuso il diario, lo ripose ordinatamente, assieme agli altri quaderni, nello scaffale.
A questo punto, cerchiamo di prendere in considerazione il comportamento di altre persone venutesi a trovare al posto di Bonet.
Probabilmente la maggior parte di queste, messasi in tasca il diario di Vivianne, si sarebbe precipitata alla polizia. Altre, invece, avrebbero cercato di contattare Celine o Marielle forse sperando, in quel modo, di venire a capo di quella verità alla quale probabilmente voi state inevitabilmente arrivando. Altre ancora avrebbero fatto nascere un pandemonio all'Istituto...
Reazioni, per quanto logiche, inevitabilmente, singolarmente contrastanti tra di loro.
M.Bonet, continuando ad esteriorare quel guscio di impiegato in ferie senza molte idee per la testa, prese a ponderare la situazione in un modo strettamente personale e, nel giro di qualche ora, arrivò ad una decisione che, per "logica", non rientrava assolutamente tra quelle, fino ad ora, ponderate.
Si dice generalmente che meno si parla e più si pensa. Ebbene, il nostro interprete era un tipo di poche, anzi, pochissime parole... ma dalle cento idee. Idee che, il più delle volte, per una ragione che più tardi comprenderete, aveva dovuto sempre soffocare sotto una "solita" esistenza ma che, da quel momento, lui lasciò scaturire a ruota libera e senza alcun timore di mettere in pratica.
La sera successiva, per ironia della sorte, un venerdì, si mise in tranquilla attesa nell'androne dell'Istituto.
- Le serviva qualcosa? - gli chiese M.lle Joffo, con aria preoccupata, appena lo vide arrivare.
- Non si preoccupi.- rispose con un forzato sorriso - Sto solo aspettando M.lle Celine...
- Per quale ragione? - chiese incuriosita la direttrice.
- Vivianne aveva qualcosa da restituirle...
Evitato con una bugia l'ostacolo "Joffo", si preparò a quello ben più difficile con Celine. Quest'ultima arrivò poco dopo.
- Buonasera Celine.- la salutò piazzandosi davanti a lei.
- Buonasera M.Bonet.- rispose la ragazza arrossendo vistosamente.
- Posso parlarti un momento? - chiese facendole segno di seguirlo verso l'uscita.
- Veramente dovrei andare a casa.- balbettò Celine incapace di nascondere il nervosismo che l'aveva assalita - I miei genitori mi stanno aspettando e...
- Solo un paio di minuti.- insistette.
- Mi dispiace veramente, ma...
- Penso che a M.lle Joffo non farebbe molto piacere sapere quanto Vivianne aveva scoperto su te e Marielle.- le sussurrò interrompendola - O forse preferisci che ne discuta con i tuoi genitori?
- La prego M.Bonet, non lo faccia! - balbettò la ragazza sbiancando in viso e, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, aggiunse - I miei mi cambierebbero immediatamente d'Istituto...
- Questo questo dipende solo da te.
- Dove devo seguirla...? - gli chiese abbassando arrendevolmente il capo.
- Allora raccontami cos'è successo la sera che Vivianne é stata trovata morta.- chiese dopo che si furono seduti ad un tavolo della pasticceria antistante l'Istituto - A quanto essa mi aveva raccontato avreste dovuto andare assieme al cinema...
Preferì non dirle del diario. Avrebbe rischiato di compromettere quell'evidente vantaggio di cui riteneva essere in possesso.
- Ci... ci siamo state.- rispose Celine nascondendogli malamente l'evidente bugia.
- Vivianne mi aveva accennato ad un film in programmazione all'Odeon.- continuò Bonet perseverando in quella commedia della quale percepiva già i primi frutti - Penso che si trattasse di "Cenerentola". Un cartoon credo...
- Siamo andate a vedere proprio quello.- gli fece eco Celine come rincuorata dall'inaspettato aiuto.
- Vi era piaciuto?
- Vivianne ne era rimasta entusiasta.- rispose la ragazza sorridendo confusa.
Bonet rimase per qualche momento silenzioso; quindi osservandola con insistenza, le appoggiò il giornale davanti.
- Forse lo fanno ancora.- disse fingendo di cercarsi qualcosa in tasca - Penso di aver dimenticato a casa gli occhiali. Ti dispiacerebbe controllare per me alla pagina degli spettacoli?
La ragazza, dopo una leggera titubanza, aprì il giornale e prese a cercare la pagina degli spettacoli cinematografici.
- Ho trovato! - disse prendendo a leggere - Vediamo. Neptune... no, più avanti. Nu... Od... ecco l'Odeon! Dunque oggi danno...- si bloccò confusa; quindi, dopo aver alzato lo sguardo su di lui, quasi boccheggiante, mormorò - E' chiuso tutto il mese per ferie... non lo sapevo.
- Non avresti mai potuto saperlo in quanto tu e Vivianne non ci siete mai state - rispose inconsuetamente tranquillo; quindi, assumendo un'espressione severa, aggiunse - Ora le cose sono due. O mi racconti cos'è veramente successo il venerdì sera nel quale Vivianne é morta o ti troverai a passare dei guai molto seri.
- Ma M.Bonet...- cercò di replicare la ragazza.
- Ascolta Celine! - l'interruppe severo - Fumare dell'erba non é un delitto. Sei giovane e certe esperienze, anche se sconsigliabili, rientrano purtroppo nelle impreviste deviazioni della routine dei giovani della tua età... Ma essere coinvolti in un omicidio é una cosa molto più brutta.
- Omicidio? - chiese Celine boccheggiante.
- So che Vivianne non si é mai drogata e mai l'avrebbe fatto. Pertanto ti sarò grato se eviterai di nasconderti dietro ad altre bugie che potrebbero rivolgersi solo contro di te e la tua famiglia.
- Io l'ho solo accompagnata fino al Pont Neuf.- confessò finalmente - Lì Marielle e Jean, il suo amico, hanno cercato inutilmente di convincerla...
- Convincerla a cosa?
- A non riferire quanto aveva visto a M.lle Joffo.
- Perché?
- Se questo fosse successo, Jean avrebbe potuto rimettendoci molti soldi...
- Siete in molte a fumare quella porcheria?
- Abbastanza.- rispose arrossendo; quindi, con una scrollata di spalle, quasi a minimizzare il tutto, continuò - Ma non ci droghiamo veramente. Fumiamo solo...
- Cos'è successo al Pont Neuf? - chiese interrompendola.
- Jean... - mormorò prima di bloccarsi con gli occhi pieni di lacrime.
- Jean... - ripeté forzandola a rispondere.
- Pensavo che le minacce di Jean rivolgeva a Vivianne servissero solo ad impaurirla - mormorò piangente la ragazza - ma, ad un certo punto e senza una valida ragione, lui l'ha colpita con un pugno...
- Poi cos'è successo? - chiese Bonet senza lasciar trasparire alcuna reazione.
- Non lo so M.Bonet.- rispose asciugandosi le lacrime - Ma, dopo aver visto che Vivianne era stata colpita, ho preso paura e sono fuggita.
- Capisco.- commentò dopo un profondo sospiro.
- Mi denuncerà? - chiese Celine osservandolo terrorizzata.
- Dipenderà da te.- le rispose pensieroso - Voglio che mi racconti tutto quanto sai su Marielle ed il suo amico e che mi giuri che non farai parola di questo con nessuno... nemmeno con la polizia.
Il mattino successivo, appena alzatosi, Bonet chiamò in ditta e nel pomeriggio vi si recò per prelevare del materiale sul quale, spiegò al collega che l'accompagnava, desiderava fare delle modifiche durante il periodo di ferie. Giustificò l'insolita richiesta con il desiderio di coprire dietro ad un po' di lavoro, il dolore che provava per la morte di Vivianne.
Oramai abituati all'attaccamento che Bonet aveva sempre dimostrato per il proprio lavoro, nessuno trovò qualcosa da ridire e ne tanto meno qualcuno si accorse dell'evidente trasformazione che, nel frattempo, era avvenuta in quell'uomo fino a qualche giorno tranquillo e riservato.
E come d'altronde sarebbe stato possibile comprendere le complesse trame che, come una macchia d'olio, si espandevano sempre più nella sua mente, quando queste venivano gelosamente occultate da un'irreprensibile comportamento degno di un automa programmato alla perfezione?
Ma tutto questo aveva una, anche se sconosciuta ai più, chiara spiegazione che stava nascosta nelle pieghe del suo passato. Un passato che l'aveva visto, da prima volontario in Marina e, successivamente, addetto alle comunicazioni nelle NSR, un speciale corpo anti-guerriglia nel quale aveva appreso, oltre che ad usare con una certa dimestichezza armi ed esplosivi, anche diversi tipi di arti marziali delle quali però preferiva dar sfoggio solo durante le settimanali sedute d'allenamento con gli ex-commilitoni nella palestra di Rue des Pois.
Bonet, grazie alle informazioni ottenute da Celine, scoprì facilmente chi fosse quel "Jean" che lui oramai considerava come l'assassino materiale di Vivianne.
Attese pazientemente per diverse sere, fino a quando non giunse quella in cui quest'ultimo, considerando gli echi della morte della ragazza sufficientemente sopiti, tornò a ripresentarsi all'uscita dell'Istituto.
Erano da poco passate le sette ed il quieto traffico di Rue Wagner scorreva indolente accanto a qualche apatico passante.
Jean, appena arrivato, cercando di non dare eccessivamente dell'occhio, andò a sedersi su una panchina antistante l'ingresso principale dell'Istituto.
Bonet, ostentando un'aria disinteressata, dopo esserglisi seduto accanto, finse di mettersi a leggere il giornale controllando, però, con la coda dell'occhio ogni suo movimento. Non gli sfuggì il motto di disappunto che Jean s'era lasciato sfuggire al momento che egli gli si era seduto accanto, e l'occhiata che prontamente aveva rivolto attorno a se alla probabile ricerca di un altro posto lontano da occhi indiscreti dove poter svolgere i propri sporchi traffici.
- Che tranquilla che é Parigi in Agosto...- mormorò Bonet continuando a sbirciare il giornale.
- Come? - chiese Jean volgendosi verso di lui.
- Parlavo del traffico...
- Ha.- fu l'unico commento del ragazzo che, dopo il laconico monosillabo, tornò ad osservare l'Istituto.
- Rende bene quella porcheria che vendi?
- Ma cosa...- Jean non ebbe il tempo di aggiungere altro. Il velocissimo colpo che lo colpì con violenza alla mandibola, lo spedì istantaneamente nel mondo dei sogni.
Nessuno dei pochi passanti, grazie anche alla schermatura del giornale, parve accorgersi di quanto era successo; solo una donna anziana, notando come Jean si stesse afflosciando come un sacco vuoto, si accostò incuriosita.
- Stà male? - chiese osservandolo.
- Il mio amico ha un brutto vizio.- la rassicurò Bonet; quindi, dopo aver sollevato il giovane, mentre lo trasportava verso la propria auto, aggiunse - Alcool e caldo sono un pessimo cocktail...

Quando Jean riaprì gli occhi, il panorama che gli stava attorno era completamente cambiato e la grande arcata di Pont Neuf chiudeva il cielo in un nero sipario.
La guancia gli doleva da morire. Probabilmente aveva la mascella rotta. Ma fu solo quando cercò di muoversi che si accorse dei fini lacci di cuoio che gli stringevano dolorosamente sia i polsi che le caviglie.
Provò a dire qualcosa, ma il grosso cerotto che gli era stato posto sulla bocca, gli permise di emettere solo un soffocato brontolio.
- Ben risvegliato Monsieur Trezzi...- lo salutò la voce di Bonet.
Jean volse la testa verso il suo sconosciuto interlocutore chiedendosi, nel contempo, dove avesse già avuto occasione di vederlo. Quest'ultimo, sedutogli accanto, giocherellava abilmente con due lucenti pugnali. Cercò di mormorare qualcosa, ma tutte le sue parole si persero in un mugugnare di rabbia.
- Forse preferisce che la chiami per nome? - continuò imperterrito Bonet - Jean... un bel nome. Chissà come spiccherà bene sulla sua lapide... logicamente che qualcuno riesca a riconoscerla da quel poco che troveranno di lei. - quindi, mentre il ragazzo prendeva a divincolarsi disperatamente, continuò - Non si muova troppo! Posso assicurarla che quei lacci, una volta che cominceranno ad asciugarsi, le faranno ancora più male... Ora però veniamo alla ragione per la quale ho deciso di ucciderla. Circa tre settimane fa', lei ha fatto l'errore più grande della sua vita. Come...? - chiese percependo dallo sguardo terrorizzato di Jean quanto quest'ultimo avrebbe voluto dirgli; quindi, puntandogli contro uno dei pugnale, continuò - Non finga di non sapere nulla! So che lei ha ucciso mia figlia e posso assicurarla che non avrebbe potuto incorrere in peggiore errore.- e, dopo aver controllato la tensione dei lacci che stringevano i polsi del giovane, continuò - Sono stato sei anni in Indocina dove ho combattuto una guerra della quale non troverà cenno in alcun annale di storia. In quel posto dimenticato da Dio ho imparato certi metodi di tortura molto raffinati... Non mi consideri un sadico o, tanto meno, un assassino. E' stato lei a rimettere in moto certe mia attitudini che, per lungo tempo, ho voluto lasciar sopite sotto una più normale esistenza... Comunque non voglio rubarle i suoi ultimi istanti d'esistenza obbligandola ad ascoltare la storia della mia vita in quanto, colui che in questo momento deve parlare, é lei.- quindi accingendosi a togliergli il cerotto dalla bocca, con un'espressione che non prometteva nulla di buono, gli sussurrò - L'unica cosa che posso prometterle e che, più risposte mi darà, e meno avrà da soffrire...
Il mattino successivo due barboni fecero la macabra scoperta del corpo di Jean steso sull'argine di Pont Neuf.
In un primo momento la polizia pensò che il giovane, già conosciuto alla Narcotici, fosse morto per overdose, ma solo dopo l'autopsia si scoprirono tutte le servizie alle quali era stato sottoposto e di quanto doveva essere stata dolorosa la sua morte.
Mentre quelli della polizia, per la verità non eccessivamente interessati a scoprire chi si fosse preso la briga di liberarli da quell'incomodo individuo, si facevano le più disparate domande, Bonet, non ancora pago della sua vendetta, continuò in quello che oramai considerava un regolamento di conti privato tra lui e coloro che avevano condannato a morte Vivianne.
Jean, confessandogli molto di più di quanto potesse immaginare, gli aveva confermato come la sera di quel fatidico Venerdì, dopo aver colpito Vivianne in un momento di incontrollata rabbia, avesse contattato colui che gli procurava la merce, ricevendo da quest'ultimo il perentorio ordine di sopprimere la ragazza che, secondo lui, poteva sapere troppo. Jean, nonostante non fosse uno stinco di santo, aveva cercato di rifiutarsi ma, dopo le minacce del suo "datore di lavoro", con l'aiuto di Marielle, eletta al momento aiuto-carnefice, aveva compiuto quell'azione che in seguito gli era costata la vita.
Marielle venne ritrovata, qualche giorno dopo, annegata nella Senna. In un primo momento, venne da pensare ad un suicidio ma, l'illogicità di un tale gesto ed alcune ecchimosi riscontratele sul corpo, mitigarono di molto la prima convinzione.
Quindi fu la volta di un guardaspalle e di due noti collaboratori di un ben conosciuto trafficante di droga che vennero ritrovati uccisi, con colpi di arma da fuoco, in un cassonetto delle immondizie in Rue Montresor.
La mano di Bonet pareva colpire sempre più in alto con azioni che parevano sfiorare la perfezione... dico "sfiorare" perché, a questo mondo, nulla é perfetto. Ma questo lo sapeva pure lui che cercava però di nascondere le possibili microscopiche imperfezioni dietro un'ormai usuale inoppugnabile comportamento.
Vi sarò grato però se cercherete di non prendere a considerare il nostro interprete come il classico "vendicatore" che forse avete visto e letto a ripetizione. No! Egli non era stato assolutamente accecato dalla pazzia e sapeva bene ciò che stava facendo e quello che, a prima vista, poteva venir considerato come un inumano comportamento, mirava solo al raggiungimento di quanto si era interiormente prefisso: vendicare Vivianne eliminando più persone possibili appartenenti a quella categoria che lui definiva "mercenari di morte". Ma è solo conoscendo qualcosa in più del suo passato, che la ragione diventa finalmente comprensibile.
Circa vent'anni prima infatti Bonet aveva avuto occasione di combattere personalmente i narco-trafficanti vietnamiti e cambogiani per i quali, dopo tutto quel tempo, provava ancora una feroce repulsione.
Quando, ad un certo punto della sua vita, aveva conosciuto Louise, aveva abbandonato quella pericolosa competizione dedicandosi interamente a lei e, successivamente, alla figlia nata dal loro matrimonio.
Lentamente l'odio ed i ricordi erano stati sopiti dall'amore per la moglie e, dopo la sua drammatica scomparsa, da quello per la figlia. E solo per quest'ultima aveva accettato di vivere celato dietro le parvenze di un semplice e tranquillo impiegato senza eccessive ambizioni. Vivianne era stata come il classico tappo del "vaso di Pandora", nel quale però avevano continuato a vivere i fantasmi del suo passato. Un vaso che ora però si era improvvisamente riaperto con effetti devastanti. Era come se, quella battaglia, a suo tempo sospesa nelle foreste asiatiche, fosse ora ripresa in quella giungla d'asfalto e cemento che era Parigi.
Marielle era stato il secondo incentivo che l'aveva spinto a ributtarsi ad interpretare quella parte a lungo soppressa.
Contrariamente a quanto qualcuno avrebbe adito a pensare, la ragazza non era stata uccisa da Bonet, anche perché forse, vedendo in lei una coetanea di Vivianne, non ne sarebbe mai stato capace, ma da uno dei tre scagnozzi ritrovati cadaveri nel cassonetto di Rue Montresor. Questi ultimi avevano prelevato Marielle all'uscita dell'Istituto obbligandola con la forza a salire in auto con loro.
Bonet, a sua volta presente perché intenzionato ad incontrarla per capire l'effettivo ruolo che essa aveva avuto nella morte di Vivianne, non aveva potuto far altro che attenersi al ruolo di spettatore. Così non gli era rimasta altra alternativa che seguire l'auto con i quattro a bordo fino in periferia dove, impotente, aveva assistito all'omicidio. Uno dei tre, infatti, dopo aver colpito violentemente Marielle con un pugno, l'aveva gettata nel fiume che scorreva sotto il ponte sul quale la loro auto si era arrestata. A questo punto Bonet, assalito da un'incontrollabile furia, aveva posteggiato l'auto ad una cinquantina di metri dai tre uomini e da lì, senza dal loro tempo di avvedersi della sua presenza, con il fucile munito di silenziatore che da giorni portava appresso, ne aveva freddati due. Il terzo lo aveva solo ferito, non perché avesse sbagliato il colpo, ma solo perché necessitava di conoscere il perché di quello che avevano fatto.
Qualche giorno dopo fu la volta di un ben conosciuto rivenditore d'auto d'epoca che venne ritrovato morto sui sedili posteriori della sua bellissima Bugatti, con in corpo sufficiente droga da uccidere un elefante. Nella cassaforte dell'ufficio trovata aperta, lo sconosciuto assassino si era limitato a rovistare tra i documenti, senza prelevare nemmeno uno delle migliaia di franchi in essa contenuti.
L'ispettore Clossard, incaricato di indagare sulla lunga serie di omicidi, andò far visita a Bonet due giorni prima che le ferie di quest'ultimo terminassero.
- A che devo la sua visita? - chiese Bonet invitandolo ad entrare.
- Non sembra eccessivamente sorpreso di vedermi.- disse Clossard seguendolo all'interno.
- E perché dovrei esserlo?
- E perché no?
- Non capisco...- disse confuso Bonet.
- Posso farle qualche domanda? - continuò l'ispettore evitando di appagare la sua curiosità.
- Certamente.
- Per natura sono un tipo curioso e diffidente.- prese a dire Clossard ostentando una mal controllata inquietudine - Dopo la morte di sua figlia sono successi diversi omicidi che, contrariamente alle apparenze, sembrano dimostrare un unico filo conduttore: la vendetta!
- Non capisco dove voglia arrivare.- commentò Bonet senza scomporsi.
Clossard tacque seguitando però ad osservarlo con fastidiosa insistenza. La sicurezza ed impenetrabilità di Bonet, anziché deluderlo, parevano convincerlo sempre più che non si stava sbagliando sui propri convincimenti - Posso dire come la penso? - chiese finalmente riponendo il taccuino.
- E' una confidenza personale o...
- Lo é.- l'interruppe; quindi, protendendosi verso di lui, continuò - Allora, tutto questo casino secondo me ha per piedistallo un solo e fatale avvenimento: la morte di sua figlia. Al momento non ci é stato ancora possibile capire se questa sia stata accidentale o voluta...- s'interruppe aspettando un commento del suo interlocutore, ma quando si rese conto che esso non sarebbe mai giunto, continuò - Jean Trezzi era un piccolo spacciatore. Uno di quei pesci piccoli che, una volta diventati scomodi, vengono eliminati. Ed é stato proprio questo che abbiamo pensato trovandolo morto sotto il Pont Neuf. Ma una cosa mi ha lasciato perplesso; cioè che il suo assassino, prima di ucciderlo, per obbligarlo a parlare, avesse usato tecniche di tortura degne di un vero professionista. E posso spiegarle anche la ragione per la quale sono giunto a questa conclusione. L'autopsia ha potuto appurare come, prima del colpo mortale che gli ha spezzato l'osso del collo, la sua agonia sia stata lunga e dolorosa. Che altra ragione avrebbe avuto il nostro uomo di mettere repentinamente fine alle sofferenze della sua vittima se non quella di aver raggiunto lo scopo che si era preposto? Ficcando il naso nella vita privata di Jean, abbiamo scoperto sia che egli frequentava assiduamente il parco antistante lo stesso Istituto dove studiava Vivianne, come egli fosse pure l'amico di Marielle Campi, quella stessa ragazza trovata morta nella Senna. In un primo momento tutto pareva solo il frutto di una fortuita casualità e, volendo essere sincero, avevo preso a pensarlo anch'io. Ma la morte dei tre tipi trovati nel cassonetto delle immondizie di Rue Montresor, mi ha fatto improvvisamente accantonare quest'idea. Uno dei tre infatti, oltre che ad una ferita di arma da fuoco alla gamba, presentava stranamente dei segni di tortura molto simili a quelli riscontrati sul corpo di Jean ed il colpo al collo che l'aveva finito recava l'inconfondibile firma della stessa mano.- Clossard, dopo aver bevuto un lungo sorso di birra, chiese - Riesce a seguirmi?
- Perfettamente.- rispose Bonet senza lasciar trasparire alcun segno d'emozione - Solo che le sue supposizione sembrano lasciare il tempo che trovano. Se apre un qualsiasi giornale, nella pagina della cronaca cittadina troverà tanti di quegli omicidi che si assomigliano che...
- Lo so.- l'interruppe Clossard - Ma generalmente gli omicidi si assomigliano come libri allineati su uno scaffale. E' solo aprendoli che si scoprono se esistono differenze o attinenze.
- Vuole arrivare al nocciolo?
- E come faccio? Al momento le prove sono praticamente inesistenti.
- Quali prove?
- Che lei sia l'artefice di tutto questo casino! - rispose Clossard pronto ad afferrare ogni reazione di Bonet.
- Magari! - commentò tranquillamente quest'ultimo smorzando di colpo le attese del suo interlocutore - Purtroppo non ho alcuna conoscenza di questo genere di cose ed, oltre a quello che mi ha riportato...
- Ho parlato con M.lle Mombaerts.- continuò Clossard.
- Chi?
- Celine Mombaerts. Era amica di sua figlia.
- Ora capisco. Mi scusi, ma la conoscevo solo per nome...
- M.lle Mombaerts ha detto che, dopo la morte di Vivianne, lei ha cercato di contattarla.
- Ed allora?
- Posso sapere cosa desiderava sapere?
- Nulla di particolare...
- Effettivamente, questo é quanto ha affermato pure lei.- disse Clossard tentennando il capo - Ma qualcosa in quella ragazza non mi ha convinto.
- Non so come poterla aiutare.- commentò Bonet; quindi osservando con scetticismo Clossard che, nel frattempo, aveva ripreso a spulciare il suo taccuino, chiese - Posso sapere perché mi ha voluto inserire nella sua lista dei cattivi?
- Perché, secondo me, lei é l'unico risultato che si ottiene sommando tutti questi avvenimenti.
- Ho impressione che lei stia peccando di troppa sicurezza.
- Vediamo se riesco a convincerla,- riprese Clossard prendendo a leggere incomprensibili appunti - M.lle Mombaerts potrebbe aver detto all'artefice di questa serie di omicidi cos'è successo effettivamente quel fatidico venerdì...
- Quando menziona "l'artefice" si riferisce sempre a me, vero? - sortì Bonet ostentando un'espressione divertita.
- Sta a lei rispondersi.- disse l'ispettore con una scrollata di spalle - Comunque le sarò grato se mi lascerà continuare nella mia pseudo-requisitoria. Come le dicevo, accettando che la prima traccia sia partita dalla ragazza, é logico pensare che il nostro uomo abbia scovato facilmente Jean, probabilmente colpevole di aver iniettato, casualmente o meno, la dose mortale a Vivianne...
- É stato veramente lui?
- Probabilmente sto solo dicendo quanto lei conosce molto meglio di me,- commentò Clossard con sarcasmo - vuol dire che fingerò di dettare, quanto stò dicendo, al mio dattilografo...- quindi, mettendosi il più comodo possibile sulla poltrona, continuò - Jean era un piccolo spacciatore ma aveva un vizio che non gli si perdonava: parlava troppo! Pensi che tra la gente del suo giro era conosciuto come il "canarino". Se, come temo sia successo, é stato costretto a parlare con la forza, deve aver spifferato delle cose che hanno aiutato il nostro improvvisato vendicatore ad innescare la sua carneficina. La ragazza di Jean, Marielle Campi, deve aver visto qualcosa e, per questa ragione, é stata a sua volta eliminata. Poi é stata la volta dei tre trovati nel cassonetto. Come ci é stato confermato dal nostro perito balistico, due di questi sono stati freddati con un fucile da una distanza compresa tra i quaranta ed i settanta metri: una distanza a portata di mano solo ad un tiratore scelto. Il nostro uomo, non ancora pago di una rabbia che, se motivata da quanto io e lei ben conosciamo, non mi sento ancor in grado di condannare così apertamente, ha continuato nel suo crescendo, arrivando dove noi stessi della polizia, per mancanza di prove, non avevamo mai potuto avventurarci: Bernard Cordes... le dice nulla?
- Ho letto l'articolo sul giornale.- rispose impassibile Bonet.
- E' stato ammazzato nel peggiore dei modi.- continuò Clossard - La sua morte comunque non mi fà assolutamente pena. Persone come quelle non meritano nulla di meglio... non lo crede anche lei?
- Prendo atto di quanto afferma.
L'ispettore lo osservò per un momento sorpreso; quindi, dopo una scrollata di capo ed aver deglutito un lungo sorso di birra, continuò: - La polizia generalmente è informata sui genere di certi traffici che si svolgono in città ma purtroppo, dovendo attenersi alle leggi, spesso si trova con le mani legate ed impossibilitata a ramazzare una volta per tutte questa sporca specie di persone. Sappiamo come Cordes, pur essendo uno dei capi del clan dei Dell'Angelo, non avesse molta voce in capitolo...
- Posso sapere perché mi racconta tutto questo? - l'interruppe Bonet.
- Gliel'ho già detto. - rispose Clossard con un sospiro rassegnato - Anche se in via puramente personale, sono convinto che lei sia l'artefice di questo caos.
- Lo dica sottovoce,- commentò Bonet - con questo caldo non si ha più voglia nemmeno di ridere. Riuscirebbe ad immaginarmi nei panni di tiratore scelto, esperto in arti marziali e, come se non bastasse, di torturatore incallito?
- Negli NSR lo insegnano molto bene...
Clossard s'accorse di aver colpito nel segno.
- Come l'ha saputo? - chiese Bonet mentre la sua imperscrutabilità prendeva a scemare.
- Lo so e basta! - rispose Clossard - Mi é stato riferito in via strettamente confidenziale da una persona che, per mia sfortuna, non ripeterebbe a nessuno quanto mi ha detto. Infatti non riuscirei mai dimostrarlo...- quindi tacque rimanendo ad osservarlo con aria interrogativa.
- Continui! - insistette Bonet.
- Continuare? - chiese perplesso Clossard - Penso che a questo punto sia giunto il momento di passarle la mano, non crede?
- Con le poche carte che ha da giocare, ho l'impressione che lei stia cercando solo di appagare la propria curiosità.
- Fino a quando non avrò delle prove sufficientemente concrete, mi accontenterei di sapere come ha fatto una persona come lei ad arrivare a certi estremi e fino a che punto ha intenzione di continuare.
- Anche se rispondendole le offro su un piatto d'argento la possibilità d'incastrarmi, voglio accontentarla.
- Allora avevo visto giusto! - esclamò Clossard senza però eccessivo entusiasmo.
- Non mi resta che complimentarmi per il suo intuito. Posso sapere come c'è arrivato?
- Ho tirato ad indovinare...
- Non le credo!
- Effettivamente é stato lei stesso a crearmi questo sospetto.
- Io?
- Si,- rispose continuando a parlare con un tono di voce estremamente tranquillo - Ricordo ancora la reazione che ha avuto nell'apprendere della morte di Vivianne. Non una lacrima od un accenno di reazione incontrollato... in un primo momento mi era venuto da pensare che tra lei e sua figlia i rapporti non fossero dei più idilliaci. Ma dopo averla osservata al funerale ho cambiato presto opinione ed ho preso a ponderare la possibilità che lei non fosse la persona che dava a vedere. Ricorda la seconda volta che sono venuto a trovarla? - Bonet annuì - Ebbene, é stato allora che mi sono convinto che non stavo sbagliandomi.
- Su che?
- Sul suo paravento.- rispose l'ispettore - Ricordo infatti come, mentre in quell'occasione accennavo alle strane incongruenze legate alla morte di sua figlia, dai suoi occhi fosse scaturito un lampo che, volendo essere sincero, ha avuto il potere di intimorirmi...
- Effettivamente, fino a quel momento, avevo solo cercato, anche se inutilmente, di comprendere la ragione per la quale Vivianne aveva accettato di farsi travolgere dal flagello della droga ma, dopo quanto lei mi ha rivelato, ho capito che stavo incolpando me e mia figlia di errori mai commessi, così ho deciso di scoprire chi fosse stato ad ucciderla ed il perché...
- E' stata Celine a permetterle di arrivare a Jean?
- No. E' stata mia figlia!
- Come? - chiese incredulo Clossard.
- Ho trovato il suo diario e, dopo averlo letto, ho capito tutto.
- Immagino che non sarà molto propenso a mostrarmelo...
- Pensa giusto. L'ho infatti distrutto assieme ad ogni cosa che avrebbe potuto lasciare una traccia e pertanto diventare una prova contro di me.
- Avrei dovuto evitarmi la domanda.- borbottò Clossard che, grattandosi pensieroso la fronte, chiese - Ma perché non si é accontentato di uccidere Jean?
- Non si può condannare una pistola. E' colui che ne ha premuto il grilletto che va' eliminato...
- In altre parole?
- Jean era solo un fantoccio. Uno strumento usato da qualcuno che ha voluto sopprimere Vivianne in quanto aveva visto in lei un pericolo.
- Ma cosa centrava Marielle? Una ragazza di diciotto anni...
- Non mi consideri il mostro che non sono! - l'interruppe Bonet secco - E' liberissimo di non credermi ma é stato uno dei tre del Clan di Dell'Angelo...
- Quelli rinvenuti nel cassonetto?
- Esattamente! Volevo parlare con la ragazza per sapere se quanto aveva confessato Jean corrispondesse al vero ma, i tre precedendomi, l'hanno rapita davanti all'uscita dell'Istituto e portata a Charenton-le-Pont dove ho assistito impotente all'assassinio...
-... e dove lei gliel'ha fatta pagare.
- Era il minimo che meritassero.
- E siamo a quattro! - commentò con un sospiro Clossard.
- Poi é stata la volta di colui che ha ordinato l'esecuzione di Vivianne.
- Bernard Cordes?
- Esattamente.
- Gli ha rifilato un'overdose bestiale...
- E' troppo comodo uccidere la gente senza sapere cosa provano quei poveretti quando vengono eliminati in quel modo.- quindi lasciandosi sfuggire un sorriso impastato di sadica soddisfazione, aggiunse - Ora lo sà.
- Una morte atroce.- gli fece eco Clossard - Ma perché odia così tanto quella gente?
- Non mi dica che lei li trova simpatici...
- Ci mancherebbe altro! Comunque, prima di arrivare a certi eccessi, il passo é ancora lungo.
- Quando ho lasciato le SRL, qualcuno al quale avevo dato molti dispiaceri, si é vendicato privandomi di colei per la quale avevo abbandonato quel tipo di vita.
- Sua moglie?
- L'ha detto.- rispose Bonet mentre sugli occhi gli si poteva leggere tutto il tormento che doveva provare nel rivangare quei ricordi - Vivianne, quando Louise venne uccisa in quello che era parso trattarsi di un fortuito incidente stradale, aveva solo un anno. Per evitare ritorsioni su di lei, abbandonai ogni velleità di vendetta.
- Come venne a conoscenza che si era trattato di un omicidio e non di un incidente? Alla polizia, scartabellando sul suo passato, dai documenti ho visto che questa ipotesi non é mai stata paventata.
- Quei bastardi, una grossa banda di trafficanti di droga cambogiani, mi hanno mandato il videotape dell'incidente che hanno volontariamente provocato...
- Cosa?
- L'hanno ripreso con una videocamera.- aggiunse sottovoce Bonet.
- Ma perché non ha informato la polizia?
- E cosa avreste fatto? - chiese deridente - Non penso che, nonostante tutta la vostra buona volontà, siate in grado di arrestare un esercito di cinquecento persone asserragliate nella giungla cambogiana.
- Forse ha ragione.- mormorò Clossard - Ed ora?
- Ora cosa?
- Ora che le hanno ucciso la figlia. tornerà ad essere quello di prima, cioè... aspetti che cerco di ricordare come l'ha definito quel tipo...
- Non inveisca più del necessario.- l'apostrofò Bonet - Anche se so centrare una moneta a cinquanta metri di distanza ed uccidere due persone in due secondi, nella mia vita non ho mai fatto del male ad un'innocente.
- Dimentica che ci siamo anche noi della polizia.
- Non sareste mai arrivati a colpire così in alto.- rispose ironicamente - Avete le mani troppo legate e, molti di voi, sono corrotti fino al midollo...
- Questo lo so meglio di lei, ma ciò non toglie che leggi vadano ugualmente rispettate. Se ognuno andasse in giro a farsi giustizia come sta facendo lei, rischieremmo di trovarci con mucchi di cadaveri alti come palazzi.- quindi, dopo qualche istante di silenzio, continuò - Purtroppo non posso cernere un delitto da un'altro, e quello che ha fatto...
- Ne ha le prove? - chiese insospettito dall'insolita sicurezza di Clossard.
- Forse. Lei, secondo me, ha fatto un solo errore.- rispose l'ispettore con un sorriso incomprensibile.
- Vuole dirmelo o preferisce usarlo come prova per arrestarmi.
- Se fossi intenzionato a farlo, non sarei certamente venuto a trovarla da solo.
- Non capisco...
- Sono indeciso M.Bonet.- continuò Clossard - Dannatamente indeciso. Vede, quanto ha fatto...
- L'ho fatto solo per Vivianne.- l'interruppe pronunciando il nome della figlia quasi con adorazione - Dopo la morte di Louise non mi era rimasta che lei. Ero riuscito a farla crescere nel miglior dei modi cercando di donarle anche quell'amore che la drammatica scomparsa della madre le aveva sottratto. Per quindici anni... non uno o due mesi, e nemmeno un anno, ma quindici anni trascorsi ad aiutarla a crescere come un'indifesa pianticella in questa città a volte ancora più infida e pericolosa della giungla asiatica. Come reagirebbe lei scoprendo che colei nella quale aveva riposto la sua unica ragione di vita, é stata assassinata senza alcuna pietà e per una così infame ragione? - Clossard non rispose - Vivianne era la mia luce, la mia aria, la fonte di ogni mio pensiero. La mia vita cominciava quando, il venerdì sera, andavo a prelevarla all'uscita dell'Istituto e continuava fino alla domenica sera quando ve la riaccompagnavo. Gli altri giorni della settimana, durante i quali aspettavo solo di rivederla, erano privi di ogni valore... come quelli che stò vivendo ora.
- Ed ora? - chiese Clossard.
- Dopo quanto le hanno fatto, il mio passato é tornato ad essere il mio presente...
- Un presente dal quale non uscirà più?
- Non si preoccupi.- lo rassicurò con un sorriso - Dopo aver assaporato per vent'anni di pace, é difficile riprendere ad amare la guerra...
- Volendo essere sincero, questa non é proprio l'impressione che ho avuto ultimamente.
- Lo scopo che mi ero preposto, cioè di farla pagare agli assassini di Vivianne, é quasi esaurito.
- Come "quasi".- osservò Clossard preoccupato - Non mi dirà che ha ancora dei nomi nella sua lista nera!
- Uno solo ispettore.- rispose Bonet che, mentre gli versava dell'altra birra, continuò - Jean ha agito su ordine di Cordes, ed é stato solo l'assassino "materiale" di Vivianne. I tre guardaspalle sono stati solo un incontro involontario ma, dopo quello che li ho visti fare a quella povera ragazza, non meritavano miglior sorte...
- Ed anche se ha dato una bella sfoltita, cinque non le bastano ancora vero? Ora manca solo il nome di colui che lei ha rinvenuto nella cassaforte di Cordes. Un nome che probabilmente farebbe molto comodo anche alla polizia.
- Le renderò tutto. Lo allegherete al fascicolo quando archivierete il mio caso. A proposito non mi ha ancora detto di quel mio errore...
- "Errore"... è solo un modo di dire.- commento Clossard - Lo considererò tale solo quando avrò trovato la maniera di farlo apparire in questo modo.
- E sarebbe?
- Indagando sulla morte di Cordes, ci siamo informati con gli impiegati della Concessionaria, sulle ultime visite ricevute dalla vittima. Tra queste ce n'è stata una che mi ha incuriosito alquanto; quella di un tecnico della Compagnia dei Telefoni che, stranamente, si é presentato giusto quando la Concessionaria stava chiudendo. Sono più che convinto che, anche se debitamente camuffato, quella persona fosse lei. Ho inoltre scoperto che il servizio guasti non ha mai ricevuto alcuna richiesta d'intervento per riparazioni da effettuare sul telefono di Cordes...
- Era l'unico modo che avevo per incontrarlo.- rispose Bonet - Sapevo di rischiare, ma il gioco valeva la candela. Giorni fa, nella mia ditta, con una banale scusa mi sono procurato delle apparecchiature speciali. Così, dopo aver messo sotto controllo il telefono di Cordes, non mi é stato difficile scoprire come nella sua cassaforte esistessero le prove per poter raggiungere ed incastrare finalmente il "burattinaio".
- Il "burattinaio"? - chiese Clossard osservandolo incuriosito.
- E come lo chiamerebbe uno che muove a suo piacimento decine di persone come delle marionette?
- Intende dire il cervello dell'organizzazione?
- Esattamente!
- E chi sarebbe?
- La sua curiosità verrà appagata solo a tempo debito.- rispose Bonet che, reprimendo a fatica la propria rabbia, aggiunse - Quel bastardo pagherà per Vivianne e Marielle.
- Non ce la farà! - replicò nervosamente l'ispettore - Potrei farla arrestare...
- E con quale imputazione? - chiese tranquillo - Comunque, anche se le riuscisse di farlo, quell'uomo non si salverà ugualmente. Ha i minuti contati.
- Minuti? - ripeté Clossard alzandosi di scatto - Allora si tratta di una bomba...- quindi, osservandolo attonito, mormorò - Cristo, ma allora lei é veramente impazzito!
- Non molto più di quanto dia a vedere quella gente.- rispose, per nulla preoccupato, Bonet - Sa, ad esempio, perché sono stati uccisi i due poliziotti in Rue Churchill?
- E' stata una rapina...
- Una rapina si, ma simulata.- lo corresse - Quei due erano al soldo di qualcuno che li aveva incaricati di effettuare uno spostamento di denaro sporco. In quel caso, la loro divisa é servita solo ad evitare "interferenze" indesiderate da parte dei colleghi della polizia... logicamente, quelli onesti.
- Come l'ha saputo?
- Indovini...
- Ha giusto! - borbottò Clossard - Dimenticavo la sua dimestichezza con quei gingilli per le intercettazioni.
- I due poliziotti hanno fatto l'errore di sottrarre un po' di denaro - continuò Bonet - e, quando si sono recati in Rue Churchill per ricevere quanto era stato pattuito, sono stati ripagati in un modo alquanto diverso.
- Caspita! - commentò Clossard - Non é certamente una buona notizia.
- E questo é nulla.- continuò Bonet - Ho la lista completa dei poliziotti e dei politici al soldo dei Dell'Angelo.
- L'ha trovata nella cassaforte?
- Una parte. Il resto l'ho registrato a viva voce da Cordes.
- Non mi mette certamente in una situazione invidiabile.- commentò l'ispettore asciugandosi il copioso sudore che gli scendeva dalla fronte - Ha intenzione di servirsene?
- Ed a quale scopo? - chiese Bonet con espressione quasi annoiata; quindi con voce rassicurante, continuò - I panni sporchi vanno lavati in casa. Le assicuro che, quanto prima, avrà lista e registrazioni.
- Cosa vuole in cambio?
- Non ho chiesto di fare dei baratti...
- Mi considera uno stupido? - chiese nervosamente Clossard - Crede forse che non mi sia accorto con quale sicurezza mi parla? Decisamente, quello di cui é in possesso, per lei deve valere quanto un'assicurazione sulla vita. Ora però sputi il rospo e faccia le sue richieste...
- Mi basterà una telefonata.- rispose Bonet accennando ad alzarsi - Solo una telefonata, dopo di che lei sarà libero di fare ciò che vorrà.
- Una telefonata, ma a chi?
- All'ultimo della lista.- rispose dopo aver alzato il ricevitore e prendendo a comporre un numero.
Clossard rimase ad osservarlo attonito. Come poteva Bonet colpire il proprio obiettivo con una semplice telefonata?
- Buongiorno.- disse tranquillamente Bonet al suo sconosciuto interlocutore - Vorrei parlare con Charles Dell'Angelo... lo disturbi pure. Sono sicuro che, se gli dirà che c'è al telefono colui che ha sottratto quello che c'era nella cassaforte di Cordes, verrà sicuramente a rispondere.
Clossard, mentre Bonet, silenzioso attendeva che l'interessato venisse al telefono, prese velocemente ad elaborare quale potesse essere lo scopo di quella telefonata. Solo quando lo vide estrarre di tasca un piccolo Telecomando per segreterie telefoniche, ebbe cognizione della trappola mortale preparata da Bonet per la sua vittima designata. Il telecomando poteva mettere in funzione solo qualcosa sensibile agli impulsi che esso avrebbe emesso ed, in questo caso, questo "qualcosa" non poteva essere altro che il detonatore di una bomba che Bonet, probabilmente avvalendosi della collaudata strategia del guasto telefonico, dopo essersi intrufolato nell'appartamento, doveva aver piazzato vicino o nello stesso telefono di Dell'Angelo.
- Charles Dell'Angelo? - chiese Bonet mentre Clossard si alzava precipitosamente dalla poltrona -...questo é per Vivianne!
Fu questione di un attimo. Quando Clossard riuscì ad afferrargli il polso ed a strappargli il mortale oggetto di mano, la comunicazione si era già interrotta ed un suono stagnante e carico di morte, persisteva in sottofondo.
- Dannazione Bonet! - gridò Clossard obbligandolo a sedersi; quindi, prendendo a camminare nervosamente per la stanza, continuò - Ma si rende conto che razza di casino ha combinato? Ora i componenti di quella marmaglia cominceranno a scannarsi tra di loro e...- si bloccò; quindi, dopo essere rimasto per qualche istante ad osservarlo silenzioso, mormorò - Cristo! Come ho fatto a non arrivarci prima? Ma certamente! Ecco il vero scopo del suo piano! Altro che cinque, sei o dieci; Vivianne verrà vendicata da decine di morti e Dio solo sa per quanto tempo continuerà questa carneficina.
- Nemmeno la morte di mille delinquenti riuscirebbe a ripagare quella di un unico innocente.- commentò sottovoce Bonet - Quella gente é pronta a morire per un pugno di denaro e, per raggiungere il loro scopo, schiacciano senza pietà la vita di quella onesta che soffre e rinuncia a molto per mantenere un'esistenza la più pulita possibile.
Clossard rimase ad osservarlo a lungo silenzioso. In un paio di occasioni accennò ad aprire la bocca come a voler dire qualcosa, rinunciando però in ambedue i casi al proposito. Infine, dopo un motto di stizza, si avviò deciso verso la porta.
- Devo seguirla? - chiese Bonet alzandosi.
- E che ne sò? - chiese a sua volta Clossard girandosi verso di lui - Intanto rimanga qui; vedrà che, prima o poi, mi rifarò vivo.
- Quando?
- Il più tardi possibile...- rispose aprendo la porta.
- Dopodomani dovrei riprendere il lavoro...
- Allora, accetti un buon consiglio: lo faccia! Forse l'aiuterà a dimenticare qualche altro brutto proposito.- quindi, mentre usciva, lasciandosi sfuggire uno strano sorriso, aggiunse - Mi prepari quei documenti che ha trovato nella cassaforte di Cordes... - il suo cercapersone prese ad emettere un fastidioso cicalio - Permette? - chiese tornando verso il telefono e, dopo aver composto un numero, disse - Clossard... dove? Avenue Morillon?... ma non é dove c'è la villa dei Dell'Angelo? - quindi, girandosi verso Bonet ,ma rivolto sempre al suo interlocutore, borbottò - Sarà scoppiata la bombola del gas.
- Allora a presto.- disse più tardi Bonet mentre l'ispettore si avviava verso la porta d'uscita.
- Tenga della birra in fresca.- disse Clossard riprendendo a sudare copiosamente.
- Ne ho quanta ne vuole...
- Penso che, appena concluso questo caso, la inviterò a cena.- continuò stringendo la mano che Bonet gli porgeva.
- Perché? - chiese meravigliato quest'ultimo.
- Se la cerchi lei la risposta.- ribatté l'ispettore prima di scomparire inghiottito dalla sottostante rampa di scale.


Ora M.Bonet é tornato ad essere quello di prima, cioè un tranquillo impiegato di un'azienda statale.
Per sua fortuna ha trovato un'altra donna con la quale ha ricostruito quella famiglia che, dopo la morte di Vivianne, pareva irrimediabilmente distrutta. Ultimamente, la loro unione é stata aliettata dalla nascita di un figlio, un bel bambino che é stato battezzato l'altro ieri.
La cerimonia, a conoscenza di solo pochi intimi amici di Bonet, si é svolta in un'atmosfera tranquilla e riservata. Questa però ha avuto un unico momento di suspense quando il prete, versando l'acqua sul capo del piccino, ha pronunciato le classiche parole di rito: "-... e che il Signore ti preservi da ogni pericolo.", Clossard, non ancora dimentico della catena di morti dell'estate di due anni prima, e che per l'occasione ha accettato di fare da padrino, gli ha fatto eco con un perentorio "- A quello ci penserà il padre. Il Signore farà molto meglio a preoccuparsi per quelli che cercheranno di fargliene..."

Claudio Chiaramida

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