AMORE Solo.
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di: Paolo Carta
OTTAVA PARTE
La solitudine è quanto sono riuscito a conquistare. La
massima espressione intellettuale, esposta durante il tragitto
razionale di un percorso eseguito, vissuto.
I lunghi viali sono sempre stati lì, soli, mentre io solo
potevo immaginare quanto la mente percepiva, addizionali e
riflessioni su vite passate, voglie mai esternate, sogni non
realizzati.
Impulsività e spontaneità annientata.
La violenza della ragione, questo mi rimane, mentre
continuo a sorseggiare del the, serenamente, mentre la vita
incide sullo scorrere del tempo. Il ritmo è solo una componente,
sono solo io che lo comando.
Troppe volte sono stato da lui obbligato, al dolore
virtuale voluto, goduto. Non respinto.
Masochismo sfrenato materiale, sadismo irreale sognato. Non
voluto.
Il ricordo attanaglia il ventre, lo stomaco e
lintestino, simulando la peggiore malattia gastrica. Dolore
reale, non finzione del viaggio, ricordi sbiaditi vividi.
Pellicola in bianco e nero, presa di posizione e coscienza
che mi isolano da tutto il resto.
Io sto bene, e merito la solitudine.
Violenza vera scaturisce dalla mia ragione. Mai realizzata,
falsità impregnata dodio e passione, sadica nei confronti
del prossimo, dritta verso il mio corpo.
Installazioni non reali fanno parte del mio, simulazioni
mentali, pensieri e sogni, nessun corpo estraneo entra nel mio
corpo che sente dolore ugualmente, e forse più. Multimedialità
che vivo normalmente, perché sono ormai normale, perché odo,
vedo, sento e parlo, tatto.
Il dolore della solitudine, la non persona che vuota
osserva intorno senza poter smuovere alcuna cosa. Egoismo.
Rivivo quanto successo, riflessione violenta e critica nei
miei confronti, alla ricerca della ragione, dellequilibrio
che non cè. Esiste la vita, intrinseca al corpo, comandato
dalla mente.
Il cielo continua ad essere scuro, non posso certo vedere
colori vivaci, la ragione non assicura continuità serena, ma
solo vita.
E quante persone camminano giù in fondo alla strada,
sorridono, ignari. Ignoranza che permette loro benessere, non
pensare e ragionare vuol anche dire star bene, vivere in pace con
quanto ci circonda. Non conoscerlo, fermarsi allapparenza,
al pregiudizio, non capire, ma vivere.
La perdita della memoria, voluta, ha fatto di me un
vegetale che continua a cercare la ragione, lessenza
dellessere in ogni qualcosa, non fermandosi
allapparenza e scavando tunnel nel profondo
dellanima, fino a perdere coscienza, ricordare principio e
meta, conoscere il motivo del viaggio e ripartire
dallinizio. Follia.
Folletto impavido tra i meandri cerebrali, metto in ordine
cellule e membrane, matrici e protezioni, scardino e percuoto
alla ricerca della pura conoscenza, lesatto sapere.
Raggiunto ciò, poco rimane da vivere, tutto è capito. Non
cè differenza tra lo stare soli in mezzo ad una stazione,
tra treni e vagoni grigiastri, e soli sulla spiaggia
anchessa ibrida.
Il mare ritrovo. Il mare ha un suo ritmo.
Spontaneo, istintivo.
Amore.
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