AMORE Disordine.
Risveglio.
Circondato, martellamento ossessivo, colpisce i miei sensi.
Trafiggo il corpo con scorie metalliche e bimbe anoressiche,
stupri e carne. Risate, risate abbondanti, false e impregnate di
marketing, di studi e sondaggi, violenza visiva, orale, passiva.
© Paolo Carta - © 1998 ARPA Publishing. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
di: Paolo Carta
QUARTA PARTE
Da tempo continuavo a dire che nella vita, alle volte, un
minimo dordine serve. Necessita più che altro.
Continuavo a sbattermi da un luogo allaltro, senza
tregua alcuna, senza tempo per curare la barba incolta del mio
viso, capelli non lunghi, ma selvaggi al vento. La filosofia
stradale del giorno dopo giorno continuava a portarmi nel
nomadismo cerebrale. Pensiero fuggente di libertà.
Con lo stesso pensiero mi accingevo nelle banalità
lavorative di tutte i giorni, sfuggendo con la mente a ordini
precisi, concentrazione, proficuità. Il viaggio era qualcosa che
non si poteva razionalizzare, tenera a bada, imbrigliato come un
purosangue; doveva correre, libero, verso la conoscenza,
comunicazione rapida formale, approfondita, nuda e cruda, vera.
Non potevo sottrarmi al gioco telematico, lavoro sistematico,
quotidiano; perlomeno viaggiavo, su lunghi percorsi tracciati da
frasi scritte, urlate da vecchi esseri nomadi, drogati liberi,
pseudo filosofi del viaggio, del confronto, anche semplice, non
specifico, ma profondo.
Viaggiavo con le cellule del sangue che percuotevano pelli
conciate, ritmo veloce.
Perchè fermarsi.
La fermata arrivava, la stanchezza fisica del mio corpo,
non mentale, e riflessione. Ragione di vita nel cercare
lordine esatto, o quasi, degli atomi che girano intorno.
Capire lorbita, saperla interpretare, fermarla, plasmarla a
piacimento. Riflessione calma, serena ma vogliosa di comprensione
rapida, proseguire nellapprendimento teorico, riportabile
in azioni. Risoluzione.
Viaggiavo ogni qualvolta aprivo spazi cartacei di tempo
immortale, fotografie di luoghi lontani dal corpo, immateriali
agli occhi, vicini nel sentimento.
Lo sguardo sulle lande perdute di un deserto, riflesso di
luce al chiaro di luna, oceano giallo ocra e scarpe pesanti.
Vestiti bagnati e sapore salmastro, vuoti daria e luci
sopra la metropoli. Fotografie e testi, stralci di vita, sogni,
illusioni e magia, lo spazio infinito. Articoli e pagine di vita,
drammaticità e violenza di fianco alla vita.
E urla di gioia, pianto e terrore, il futuro spaventa chi
dorme.
Ho un prolungamento nella mano che mi permette di osservare
più canali alla volta, installazione elettronica, pulsanti
digitali.
Installazioni cerebrali maniacali, troppo rapido per
rispondere allordine, ragione, riflessività.
Sono uninstallazione parlante, umana solo perchè ho
ancora sangue nelle vene, mangio cibi commestibili, urino e amo
altre persone. Installazioni hardware sul mio corpo, la violenza
passiva, un arto metallico che aiuta la corsa. Palpebre LCD,
piedi anfibi antincendio, amianto, steroidi, muscolatura
possente.
Sono uninstallazione, posso appendermi a qualsiasi
lembo reggendomi tramite ganci da frizione piantati nei gomiti;
nessuna sofferenza corporale.
Pazzia.
Vivo nella pazzia altrui, folle pensiero che altri non
riescono a vedere, conoscere, comprendere ma che hanno ben
presente, inconsciamente, presente.
Vivo attorniato da media. Sono lultimo multimedia
contemporaneo, materiale, nonostante attrezzature ed elettrodi
diano spazio alla mia percezione.
Vivo la vita reale, non virtuale, interazione globale e
totale con qualsiasi mezzo attivo, nella passività intrinseca
dello stesso.
Vivo attorniato da macchine, media che sparano senza pietà
contro la mia mente milioni di informazioni inutili, fandonie e
banalità.
Divido la carne, applico materia, saldando a caldo senza
violenza, ripugnante. Mostro limmagine che fa parte del
mondo intero, della vita che gira, residui inorganici senza
respiro, colori, suoni, laser.
Accumulo e scarico, per chi non riesce a vedere, conoscere,
comprendere.
Lessere multimediale.
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