JOHN PAUL THREE
- Capitolo 1 Lultra wide 16:9 LCD continuava ad
esplodere immagini live della piazza ricolma di atomi, mentre
venni distratto dal traffico, quasi silenzioso, del tardo
pomeriggio di fine estate. La stagione calda andava verso il
capolinea in compagnia del vento fresco, spezzato da veloci
autovetture e autobus di linea. Strade spazzate da lingue gialle
autunnali. La lunga prospettiva che osservavo dal balcone del mio
appartamento, presagiva il lungo inverno, freddo e noioso, le
veloci e stratiformi nuvole alte, parevano un pianeta straniero
di passaggio sopra la terra, ombreggiata a sprazzi. Lurlo gioioso delle persone della piazza
mi riportò allo schermo, ultrasottile ritrovato in ambito di
telecomunicazioni digitali a larga banda. Comunicazioni. Nella mia pur breve vita, non
avevo superato i quaranta, mi ero occupato parecchio di
comunicazioni, sociali e digitali, ultra tecnologiche e virtuali.
Impegno e studio nellapprendimento di formule e protocolli,
sintassi e simulacri tra ritrovati in carbonio e pagine riempite
da assurde limitazioni mentali. Stendendomi sul letto a due
piazze che riempiva la camera da letto, nonostante fossi solo,
sentii lo state off del deck impiantato alla base della nuca
qualche giorno prima. Ripensai alla comunicazione, dubbio e
sperimentazione. Parigi è una gran bella città, enorme come la
sua stazione, assolutamente gigante in confronto al contorno
panoramico della periferia, ancora fertile e rabbiosa. Povertà. Il professor Risk mi aspettava. Conoscevo Risk
da tempo, avevamo studiato insieme nuove forme di comunicazione
cerebrale, trasposizione di dati, trasmissione degli stessi
tramite energia, traslazione biologica naturale. Innocua. Molto tempo ho passato nella capitale francese,
in compagnia di Risk, anche se la terra madre, per un umano, è
un cordone ombelicale mai reciso. Risk aveva troncato di netto il cordone con la
sua terra da tre c e un p, madre lasciata per disperazione e
morte. Povertà e digiuno, instabilità, non coscienza, nessuna
concentrazione, armamenti. Fuga per trovare, ormai da più di
ventanni, una nuova madre terra, con cordone legato a
doppio nodo. Paris, mon amour, ripeteva, ogni tanto, durante sane
e serene bevute notturne. Quando decisi di abbandonare gli studi
intrapresi in Francia, per proseguire, in campi diversi, per
conto mio a Milano, Risk non fece grosse pressioni per
trattenermi. A me aveva stancato lo studio incessante di forme
mutanti, utopie impossibili da realizzare. Sperimentazioni
cerebrali. Troppi cervelli umani distrutti e riportati in vita
tramite connettori bio meccanici, innesti tra chip in silicio e
cellule nervose, neuroni e simm. Pazzia. Risultato sperimentale
delle installazioni. Limitazione cerebrale, scambio non adeguato
di energia e rifornimento inadeguato di input per funzionamento
errato. Morte. Troppe morti e troppi fallimenti in quegli anni
provarono la mia forza culturale per continuare in qualcosa in
cui credevo fin da ragazzo, tempi scolastici, scienza della
comunicazione. Confronto. © Paolo Carta - © 1998 ARPA Publishing. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata.
di: Paolo Carta
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