Unità che misura l’intensità di una corrente elettrica. Corrisponde al passaggio in un secondo di 6,28 miliardi di miliardi di elettroni (6,28 x10 elevato alla diciottesima). Poiché l’elettrone ha una carica elettrica molto piccola, l’Ampere non rappresenta una quantità smisurata di corrente come potrebbe sembrare in un primo momento, tuttavia corrisponde a una corrente moderatamente sostenuta. Ad esempio, una normale lampadina casalinga da 100 Watt, alimentata a 220 Volt, assorbe circa la metà di un Ampere. Una radiolina a transistor, alimentata a 9 volt, ne assorbe circa un quarto. Esiste una relazione diretta tra la tensione elettrica impiegata e la quantità di carica elettrica che passa nell’apparecchiatura. Infatti il prodotto di corrente per tensione (Volt * Ampere) ci dà la potenza elettrica (Watt). Ne consegue che, minore sarà la tensione, maggiore deve essere l’amperaggio per mantenere lo stesso livello di potenza.
Per far circolare grandi quantità di carica di elettrica occorrono fili di grandi dimensioni (come nella batteria di un’automobile che deve poter fornire decine di ampere all’istante), per questo motivo le società elettriche usano l’alta tensione: ci vuole una corrente molto minore e di conseguenza fili molto più sottili ed economici per far arrivare in ciascun appartamento miglia di Watt.
L’unità di misura deriva dal nome di André-Marie Ampere (1775-1836), un fisico e matematico francese conosciuto per le sue ricerche nel campo del moto delle cariche elettriche all’interno di un conduttore e delle azioni di repulsione o attrazione che queste esercitano tra loro. Ampere studio anche alcuni fenomeni di elettromagnetismo, cioè la combinazione di elettricità e magnetismo che si produce all’interno di un conduttore percorso da corrente elettrica.
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