E-zine , di Ninni Radicini
, sulla vita del Principe Antonio de Curtis e sulle opere artistiche di Totò
- Totò e Orson Welles: dal film "L' Uomo, la Bestia e la Virtù"
- Totò Bene Pubblico
- Interpretazione : da "La Mandragola"
- Valutazione di una scena : da " Signori si Nasce" (scena del "progetto")
- Un episodio di 40 anni fa
- Ricordo di un programma di Renzo Arbore dedicato a Totò.
- Una frase di Gino Bartali su Totò
- La luce. Da "Totò, Fabrizi e i giovani d ' oggi"
- Particolarità linguistiche
- Il principe e la storia (prima parte)
- Alcune notazioni su "Miseria e Nobiltà"
- Un libro
- Una poesia
Totò e Orson Welles: L' Uomo, la Bestia e la Virtù
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Nella Storia, qualche volta capita che grandi personaggi vengano in
contatto. Magari per un breve periodo.
Totò e Orson Welles sono due personaggi così differenti che cercare
punti in comune , può rappresentare un lavoro molto difficile.
Erano antitetici praticamente da qualunque punto di vista.
Orson Welles mostrava la sua genialità e voracità culturale senza alcuna
remora. Anzi la sua carriera artistica è stata contraddistinta dalla sua volontà di fare quello che
voleva senza tanti moralismi.
Se per realizzare un suo progetto aveva bisogno di denaro , non esitava a partecipare a film molto al di sotto dei suoi livelli.
Totò aveva una genialità italica fondata sulla parola e sulla mimica.
Questo film avrà una storia molto singolare.
Uscito nel 1953, si poté rivedere in televisione solo il 24 Dicembre
1993.
Il motivo stava nei dei diritti d'autore, di proprietà dei parenti di Luigi Pirandello, i quali credendo che il film distorcesse il racconto omonimo del grande scrittore siciliano, non permisero altre distribuzioni del film, fino allo scadere del periodo di 40 anni, in cui, per la legge italiana, è possibile mantenere i diritti d'autore.
[Nel 1994 la legge è stata modificata]
La trama sta, per grandi linee, in questi termini.
Totò ha una relazione con una donna, ed è anche l'insegnante del figlio. Il marito, Orson Welles, lavorando come marinaio sta molto tempo fuori casa. Ma succede l' imprevisto e la donna si ritrova in attesa di un bambino.
Lei e Totò devono decidere cosa fare.
L ' unica soluzione sarebbe quella di fare in modo che quel bambino venga considerato come figlio del
marinaio. Ma il marinaio e la moglie da molto tempo non hanno ......rapporti.
Il marinaio in realtà ha una seconda famiglia. Totò , pensando che l'assenza di rapporti tra la sua amante e il marito dipenda da una "mancanza" di quest ' ultimo, decide di creare le condizioni.
Una suo amico medico, interpretato da Mario Castellani, gli propone di mettere uno stimolante nei dolci, che lui ospite in qualità di insegnante del figlio porterà a casa dei due coniugi.
I dolci però vengono mangiati dal farmacista, fratello del medico, che vi doveva mettere lo stimolante.
In sostituzione, questi, porta una torta, che è in due parti: cioccolato (dove è stato messo lo stimolante) e crema. E' inteso che il marinaio dovrà mangiare la parte al cioccolato.
Ed è quello che dopo una serie di vicende succederà.
Totò e la sua amante hanno stabilito che se "tutto va bene" lei la mattina successiva metterà un vaso di fiori alla finestra.
Di vasi alla finestra ne saranno messi 5, e senza bisogno dello stimolante, che in realtà non era stato nemmeno messo. Il farmacista infatti si era sbagliato, e aveva messo farina lattea!
Totò in modo desolato lascia quella donna.
Ma appena fuori sulla spiaggia incontra un altra ragazza, interpretata da Franca Faldini, alla quale propone di andare a vivere con lui.
Lei è d' accordo, e anzi dice che vuole arredare la casa: metterà delle tende nuove....e tanti vasi di fiori !
Sommario
In uno dei vari spazi televisivi dedicati a Totò, a trenta anni dalla morte, nel Maurizio Costanzo Show, il
presentatore, durante un dialogo con Franca Faldini, ha detto che il Principe, per le sue opere artistiche,
dovrebbe essere considerato un Bene Pubblico, fonte di prestigio per l'Italia.
Sommario
Interpretazione: da "La Mandragola"
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Nel 1965, Alberto Lattuada , dirige un film dal titolo "La Mandragola", portando sulla scena il testo
celebre di Niccolò Machiavelli.
La mandragola è il nome di un erba creduta afrodisiaca che si pensava, crescesse nei luoghi dove si
esegivano le impiccaggioni.
Totò interpreta la parte di Fra' Timoteo.
Fra' Timoteo è un uomo di chiesa, di cui Machiavelli mette in luce tutte le debolezze.
Una specie di Don Abbondio del 500, che non ha la forza di far valere i suoi principi.
Ma mentre Don Abbondio cede al potere, Machiavelli descrive, Fra' Timoteo, come uno che si "adegua" alla volontà altrui, senza che questi siano come i Bravi descritti da Manzoni.
Totò è perfetto, sia dal punto di vista recitativo, sia per la presenza scenica.
C' è una scena che dura poco più di un minuto che vale l' intero film.
Ecco quanto dice Fra Timoteo, appena entrato nella stanza, una specie di catacomba , in cui vi sono gli
scheletri di altri frati, ai quali si rivolge, cercando di giustificare il suo assenso all' imbroglio:
Fra ' Timoteo (Totò): Salute a tutti ... Una candela per te Frate Andrea ...e una anche per te Frate Nicola ...e una anche per te Frate Giovanni ...Fratelli perdonatemi!
...Si lo so ho sbagliato ...però questa notte non ho potuto dormire ...vi chiedo perdono ...umiltà ...umilmente.
Fratelli cari! Si! una candela per te Ferdinando ...una candela per ognuno ...candele per tutti ...per tutti i fratelli ...candele per tutti ...
Da oggi per voi comincerà una nuova vita ...luce! luce perpetua! ...candele senza economia ...per le
vostre anime ...per la vostra gloria ...per omnia secula seculorum ...Amen! ..Amen ...
( esce dalla stanza )
.... A presto........
La Mandragola di Machiavelli è celebre quasi come il testo simbolo dello scrittore fiorentino: "Il Principe".
Machiavelli, guardava in modo realistico ogni aspetto della vita. Lui, come componente della Repubblica di Firenze e come laico, di certo non faceva il tifo per la Chiesa, alla quale peraltro proprio in quel periodo, arrivavano le critiche di molti movimenti religiosi in tutta Europa, i quali criticavano anche
atteggiamenti poco dottrinali (come quelli di Fra' Timoteo).
E' sempre difficile portare su un palco teatrale o sullo schermo cinematografico, un opera letteraria
non semplice come "La Mandragola", data la difficoltà di trovare interpreti che sappiano ricreare
i personaggi del libro.
Molte volte capita di "non ritrovare" nel libro lo stesso personaggio che è stato visto interpretato
nel film tratto da quel libro. Certe volte si ha l' impressione di stare leggendo un altra storia rispetto a quella vista nel film.
Non è il caso della interpretazione di Fra Timoteo da parte di Totò, il quale "ricrea" lo stesso Fra' Timoteo pensato da Machiavelli.
Sommario
Valutazione sociologica di una scena: da "Signori si Nasce" (scena
del "progetto")
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In questo film, Totò interpreta un nobile, di inizio secolo: il Barone Ottone degli Ulivi, detto Zazà.
Gli piace vivere in modo disinvolto. Non ha un soldo e va avanti a forza di espedienti, non rinunciando nemmeno a un cameriere personale, interpretato dal bravissimo Carlo Croccolo.
Totò ha un fratello, Pio degli Ulivi, Peppino De Filippo, di tutt'altra specie.
Peppino è un sarto, confeziona abiti ecclesiastici, è sposato, non ha vizi, ogni pomeriggio dice il rosario, va a letto "con le galline" e si risveglia con il canto del gallo.
Mai due fratelli avrebbero potuto essere cosi' differenti.
Totò sempre in cerca di denaro, ad un certo punto fa credere a Peppino di avere una figlia ( Delia Scala ), nata da una relazione illecita. Ma in realtà è una ballerina di una compagnia teatrale.
Peppino de Filippo decide di aiutare il fratello, soprattutto per non lasciare in disgrazia, quella che crede sua nipote. Ma Peppino, che non transige sui principi morali, vorrebbe che Totò "riparasse" la faccenda, sposando la madre di, quella che crede, sua figlia.
I guai a questo punto si moltiplicano.
Per continuare ad imbrogliare Peppino, Totò deve trovare un idea.
Decide allora di far pubblicare su un giornale la notizia della morte di quella fantomatica donna che avrebbe dovuto sposare.
In lacrime, e "Tutto bardato a lutto" come dice Peppino, si presenta da questi, mostrando la notizia.
Peppino crede a tutta quella messa in scena. Ma Totò non si accontenta mai.
Dopo avere dovuto difendersi decide di attaccare.
Tamponato un guaio decide che si può cominciare un altra truffa.
E infatti ha un idea: costruire un tomba di famiglia. Totò è entusiasta, Peppino no.
Ma Totò vuole assolutamente mostrargli il progetto (il "pvogetto").
Peppino de Filippo è travolto dall' irruenza del fratello, e non ha nemmeno un dubbio sul fatto che Totò
abbia un progetto basato su una idea avuta pochi secondi prima!
Totò fa sempre le cose in grande, soprattutto quando devono servire per raggirare l 'ingenuo Peppino.
Il progetto è ambizioso. E quello che ha in mente non è solo una tomba di famiglia, ma una costruzione
polifunzionale. Per arrivare alla tomba, Totò ha pensato di costruire una scalinata con 70 gradini.
Peppino fa notare che può essere faticoso salire 70 scalini (per i parenti dei defunti che in quella occasione sarebbero in condizioni psicofisiche non ottimali).
Ma Totò dice che, proprio per lui Peppino, questo non è problema: "E che importanza ha." dice
Totò a Peppino "Tu salirai da morto !".
In quel luogo ci sarà anche un Arco di Trionfo, Peppino è poco convinto, ma Totò dice che rappresenta
il Trionfo della morte. (cita un dipinto celebre).
Tutto intorno ci saranno statue di puttini (raffigurazioni angeliche di bambini) e colonne, che Totò descrive come : "Un puttino e una colonna.......una colonna e un puttino".
Questo alternarsi riprende un situazione scolastica.
Già all ' asilo il primo esercizio di scrittura per i bambini, e' quello di tracciare nel quaderno
due simboli facili da realizzare: l' asta e il puntino.
Ma si può anche pensare che questo episodio, sia stato vent'anni dopo ripreso da Carlo Verdone
nel tormentone di :"'N omo na donna... 'n omo na donna... na donna 'n omo..."
Non solo ma Totò ha deciso anche di costruire un "Muro del pianto" (!).
Peppino de Filippo considera eccessivo questo proposito.
Ma in fondo a Peppino l' idea di una tomba di famiglia non dispiace, però chiede al fratello un preventivo.
Totò è deciso; penserà lui a coordinare tutto il lavoro.
Sa già il prezzo, 657 lire (siamo all' inizio del 900), delle quali 600 lire è la parte di Peppino e 57 quella di Totò.
Peppino non ci sta, ma Totò dice che lui verserà solo 57 lire perché è piccolo dal punto di vista fisico.
Oppure se proprio vogliono risparmiare, Totò dice che lui si farà cremare, e starà "in un vasetto di crema" (!).
Peppino è inorridito e dice a Totò, che lui non può farsi cremare dato che è cattolico.
Totò non si scompone.
Non lo aveva fatto in precedenza nel film, e non lo farà in seguito, tentando in tutti i modi di togliersi dai guai.
Riuscendoci.
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Un Episodio di 40 anni fa
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Il 4 maggio 1947, Totò andava scena, a Palermo, al teatro Politeama Garibaldi, con la sua compagnia
di rivista "A Prescindere".
Totò poco tempo prima aveva avuto una influenza molto forte. La tournée della compagnia era già
iniziata, a Roma. Ma Totò, durante la tappa successiva a Milano, si era dovuto fermare per curarsi il malanno.
Totò poteva permettersi di fermarsi, ma gli altri attori della sua compagnia no.
Se infatti, ci fossero stati troppi giorni di inattività, gli altri attori avrebbero potuto anche perdere la
propria paga.
Il principe, in uno dei suoi tanti atti di generosità sincera, nonostante fosse debilitato dagli antibiotici, decise di riprendere lo spettacolo.
Arrivarono a Palermo da Napoli. Il teatro del capoluogo siciliano era pieno di gente pronta ad applaudire il grande attore.
Lo spettacolo iniziò, ma ad un certo sul palco tra una battuta e l'altra il Principe non vide più nulla.
La prima persona a rendersi conto di ciò che stava succedendo fu la sua compagna Franca Faldini, che stava in quel momento recitando accanto a lui, in sostituzione della soubrette precedente.
Il virus influenzale, data la cura approssimata, si era localizzato nell' occhio sinistro, provocandogli una
carioretinite emorragica.
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Ricordo di un programma di Renzo Arbore dedicato
a Totò |
Nel Dicembre del 1992, Renzo Arbore, ha presentato un programma dedicato a Totò, "Caro Totò, ti voglio presentare.......".
La seconda puntata fu dedicata all' anti razzismo e all' unità proprio in un periodo in cui nelle elezioni
amministrative in molti enti locali nel settentrione vedevano primeggiare la Lega Nord di Bossi.
Durante quel programma, vi fu, ad esempio, Enzo Jannacci, milanese, che cantò "Malafemmena".
Renzo Arbore ebbe a dire: "Il sorriso di Totò, è il prodotto di una cultura soprattutto del sud. In tutti i sud del mondo, tra innumerevoli svantaggi e problemi, c' è tuttavia una inclinazione al sorriso maggiore.
In altri luoghi maturano altri sorrisi, a Milano c' è per esempio quello ironico di Paolo Rossi."
Nanni Loy ha ripreso la questione dei dialetti, facendo notare il loro utilizzo da parte di Totò, che aveva
dato dello "gnurant" a Corrado (il presentatore televisivo) definendolo anche "scognomato", dato che utilizza
solo il nome.
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Una frase di Gino Bartali su Totò
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Gino Bartali , che insieme a Fausto Coppi, partecipò al film "Totò al Giro d' Italia" a proposito del
principe, ha detto: "andava in bici meglio di me: all' incontrario! ".
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La luce. Un episodio da "Totò Fabrizi e i giovani d' oggi"
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Nel film "Totò Fabrizi e giovani d' oggi" è possibile da un episodio capire come Totò, continuò a girare film per 10 anni, dal 1957, dopo essere stato colpito dalla cecità.
Verso la fine del film, c'è una scena in cui Totò e Aldo Fabrizi, che prima dell' inizio del matrimonio dei loro figli, devono cambiarsi gli abiti da cerimonia, scambiati per errore alla consegna.
Data la differente corporatura dei due, Totò "nuota" all' interno dell' abito di Aldo Fabrizi, e quest' ultimo, era riuscito a indossare il suo solo provocando strappi alle cuciture.
Quando si incontrano entrano dentro un taxi, nel sedile posteriore.
Ad un certo punto, mentre si stanno scambiando gli abiti, Aldo Fabrizi rimprovera l' autista, dicendogli
di voltarsi.
L ' autista sta sulla destra rispetto ad Aldo Fabrizi, e davanti rispetto a Totò, il quale interviene e rimprovera anche lui, l' autista. Però non guarda davanti a lui dove stava l'autista, ma alla sua sinistra, in direzione del sedile libero davanti, dove stava la cinepresa.
Questo perchè Totò quando recitava, per orientarsi veniva posto in direzione della cinepresa, dove vi erano la luce
dei riflettori, che essendo molto intensa era l' unica cosa che Totò riusciva a distinguere.
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Particolarità linguistiche |
La manipolazione delle parole è stata essenziale per la comicità di Totò.
Il pubblico ricorda soprattutto frasi come "Parli come Badi", "Ogni
limite ha una pazienza" ecc.
Ma vi sono state delle scene di film in cui vi era un utilizzo di parole che rendevano la frase non esplicita
come, le due che ho citato prima.
Ricordiamo, tra la miriade di possibilità, un momento del film "Totò contro il pirata Nero".
Totò, Mario Petri (il pirata nero), e Carlo Giuffre' ("Burrasca" il braccio destro del pirata nero), stanno attorno ad un tavolo per stabilire come conquistare un castello spagnolo.
Il pirata nero dice subito "Questa è una mappa del castello" mostrando un foglio, come quello di un quaderno.
Totò, non è d' accordo e dice "Questa non è una mappa. E' troppo
piccola. Questa è una mappina (!?)"
Questa battuta di Totò, fa leva sui dialetti o lingue locali.
Quella battuta, può far sorridere perché "mappina" viene vista come in diminutivo di mappa, rispetto alle
dimensioni fisiche.
Ma "mappina", soprattutto al sud , è il modo con cui si indica il tovagliolo usato durante il pranzo o la cena.
Quindi il motivo del sorriso dello spettatore avrà probabilmente delle motivazioni differenti, in funzione
del luogo geografico.
La bravura di Totò sta proprio nel rendere ogni sua battuta "comprensibile" a tutti, strutturandola
in modo da mantenerne "l'origine", ma senza escludere coloro che hanno una "cultura" differente.
Molti comici invece, riescono tutt'al più a far sorridere "a senso unico", o chiudendosi nel provincialismo,
usando un linguaggio capito solo da una minima parte degli ascoltatori, oppure dimenticandosi delle proprie origini e cercando, inutilmente di creare una comicità "per tutti".
Ma la comicità non si insegna nelle accedemie.
E' una fonte culturale, che non tutti possono costruire.
Totò "possedeva" il dono della comicità perchè durante la sua vita aveva ne potuto mescolare i
componenti: Miseria e Aristocrazia e Generosità.
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Il Principe e la storia (prima parte)
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Il principe Antonio de Curtis aveva un nome molto più esteso, dovuto a tutti i titoli nobiliari, molti dei quali
risalenti addirittura all' inizio del primo millennio.
Scorrendo i nomi delle casate, che fanno parte dell' intero nome del Principe, si nota come vi siano
praticamente tutte quelle che espressero la maggior parte degli imperatori bizantini, insieme ad altri titoli
su altri territori europei.
Vediamo se è possibile ritrovare nella loro storia, qualche caratteristica di Antonio de Curtis.
Inizio adesso, una breve descrizione storica delle casate: parleremo dei Comneni.
I Comneni furono una nobile famiglia Bizantina.
Il primo imperatore che espressero fu Isacco I, nominato imperatore dopo una battaglia contro il precedente regnate, Michele Stratiotico. Combattè valorosamente contro i Turchi e i Bulgari.
Dal 1081, salirono al trono Alessio I e suo padre Giovanni II, Manuele I, Alessio II nipote di Manuele I, e
Andronico I che fece imprigionare e accecare Alessio II.
Da ricordare anche Anna Comnena, principessa bizantina, figlia di Alessio I.
Dopo un tentativo fallito di ottenere il trono ai danni del fratello, si ritirò in un convento, dove scrisse
l ' "Alessiade", un opera storica in 15 libri che narra le gesta del padre dall' inizio del regno fino alla morte.
I Comneni si distinsero nell' arte della diplomazia, ma non riuscirono ad impedire il feudalesimo e l'avanzata dei Turchi. Dovettero lottare contro i Latini, ed ebbero dei contrasti al loro stesso interno. Andronico e altri appartenenti ai Comneni vennero uccisi in una rivolta e dopo questo episodio, Alessio e David, furono esiliati a Thamar in Georgia, e nel 1024 costituirono il Regno di Trebisonda. Su quel trono, i Comneni rimasero fino al 1461.
A partire da Teodora, figlia di Alessio, nacque la dinastia degli Angeli (anche questa casata è presente nel nome completo
di Antonio de Curtis).
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Alcune notazioni su "Miseria e Nobiltà"
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Nel film "Miseria e Nobiltà" la scena celebre dell ' "assalto" agli spaghetti fu improvvisata.
Un giornalista cinematografico del quotidiano di Napoli "Il Mattino", in un suo articolo del 9 Aprile 1957, criticò quella scena, perché, secondo il suo parere, forniva una immagine negativa dei Napoletani.
Del film "Miseria e Nobiltà" esiste una versione precedente, girata da Corrado D'Errico, all'inizio degli anni '40.
"Un Turco napoletano" e "Miseria e Nobiltà" furono i primi due film con Totò, riscoperti dopo la sua
scomparsa, già all'inizio degli anni '70. La rivalutazione di Totò è iniziata nei cinema d'essai frequentati in gran
parte da studenti universitari.
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Giancarlo Governi, giornalista e scrittore, ha realizzato vari programmi televisivi e libri sul cinema di Totò e sulla vita
di Antonio de Curtis. Tra i libri, da notare "Vita di Totò".
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'E pezziente
All ' angolo 'e via Chiaia
se mette 'nu pezzente
'e puosto tutt' 'e juorne,
e nun accocchie niente.
Pulito, dignitoso,
nu' stenne, maie 'na mana;
ll' uocchie 'nchiuvate nterra
pe' 'na jurnata sana.
'A gente nun 'o guarda
e nun 'o ffanno apposta:
pe' ffa' chillu mestiere
nce vo' 'a faccia tosta !
Io ne cunosco a uno:
Peppino " 'a Fiurella ! "
S' 'a fa' a Santa Teresa,
vicino 'a Parrucchiella.
Si 'o daje 'na cinche lire
'o sango lle va stuorto,
t' 'a jetta nnanze 'e piere
e arreto te fa 'e muorte.
Da' 'e sorde c''o ' nteresse,
'a sera va 'a cantina;
tene pure 'a "seicento",
tre cammere e cucina.
Invece chillo 'e chiaia,
misero e vergognoso,
stanotte è muorto ' e famme,
povero e dignitoso.
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Questa pagina è stata aggiornata il 19 Dicembre 1997.