next essay previous article indice volumeStudi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36


Irene Castells Olivan, La rivoluzione liberale spagnola nel recente dibattito storiografico


7. La questione agraria e lo sviluppo del capitalismo.
Dai dibattiti presi in esame si può dedurre che nella diversa valutazione della rivoluzione liberale-borghese spagnola la questione agraria occupa un posto centrale, sia per definire il carattere radicale oppure no del processo, sia per capire l'influenza esercitata dal cambiamento politico nel « ritardo» , « fallimento» o « decollo» della modernizzazione in Spagna.

Gli storici generalmente concordano sulla denominazione di « riforma agraria liberale» coniata da Josep Fontana per designare i mutamenti politici e giuridici prodotti dalla rivoluzione liberale nella proprietà terriera. Ma l'accordo si ferma qui, e molto diverse sono le valutazioni sul ruolo di questi mutamenti nel decollo di un'economia capitalistica. Alla storiografia dominante si rimprovera il fatto che, essendosi evidentemente privilegiata la via del capitalismo agrario80, si faccia un'analisi dello sviluppo di questo capitalismo in termini di ristagno economico o si insista sul peso esercitato dalle « sopravvivenze feudali» .81

Questa corrente critica sostiene che leggendo la realtà spagnola del XIX secolo unicamente in termini di « ritardo» se ne offre una visione deformata, in cui emergono soltanto gli aspetti negativi (prevalere della rendita, inefficienza delle strutture produttive agricole...) direttamente collegabili con il fallimento industriale. Nuovi studimettono 82 invece in rilievo che la rivoluzione liberale fu una svolta decisiva per l'espansione dell'agricoltura spagnola nel XIX secolo83, anche se in maniera ineguale e squilibrata.

Il progetto liberale centrò la sua strategia economica sul capitalismo agrario come asse dello sviluppo economico e della ricchezza del paese, e l'obiettivo venne raggiunto. Ciò non toglie che si continui a discutere del problema della « modernizzazione» della Spagna, che non può limitarsi a un solo settore economico e ad un modello di sviluppo dai costi umani, sociali ed ecologici innegabili. Grazie alla riforma agraria liberale, si ebbero una evidente espansione agricola ed una produzione specializzata per l'esportazione, grazie alla quale l'agricoltura spagnola trovò un suo posto sui mercati europei. Malgrado ciò, la Spagna alla metà dell'Ottocento era comunque un paese agrario con uno scarso livello di urbanizzazione e un limitato sviluppo industriale. Da questo punto di vista, rispetto ad altri paesi dell'Occidente europeo la Spagna mostrava segni evidenti di ritardo economico. Ma si è anche, recentemente, sottolineato che « ritardo» è un termine comparativo, non assoluto84, che non va quindi confuso con « immobilismo» . Nell'agricoltura spagnola del XIX secolo vi fu « ritardo» ma anche e soprattutto « crescita» . È quanto hanno messo in rilievo R. Robledo e R. Garrabou85, salutando con entusiasmo i nuovi lavoriche 86 hanno potuto verificare queste affermazioni, abbandonando la rigida comparazione con il modello inglese per analizzare invece l'agricoltura spagnola nel contesto delle condizioni naturali, storiche e sociali nelle quali doveva essere praticata nel nostro paese.

La tesi che proprio la debolezza dello sviluppo agricolo sarebbe stata la ragione principale di blocco dell'industrializzazione ha a sua volta riacceso la polemica sul fallimento industriale, che continua a fare riferimento al peso esercitato dal fatto di avere avuto come punto di partenza un modello di sviluppo alieno dall'industria.

La valutazione delle trasformazioni agricole avvenute nella Spagna del secolo XIX è di primaria importanza per capire il dibattito degli anni Settanta al quale si accennava all'inizio di questa rassegna. Possiamo dunque concludere, tornando su questo punto, che l'immagine manichea dell'« oligarchia ispanica» ha condizionato tanto la strategia politica della sinistra spagnola quanto il dibattito storiografico. L'analisi che contrapponeva, da un lato, le « forze tradizionali» o l'« aristocrazia terriera» e, dall'altro, la borghesia periferica, fu ben presente durante l'opposizione politica al franchismo, poiché consentiva di attribuire il fallimento della seconda Repubblica alla debolezza di una borghesia incapace di imporre la sua egemonia contro gli interessi di queste « forze tradizionali» . 87Di qui la proposta di una rivoluzione democratica-borghese, elaborata e sostenuta in risposta ad alcune analisi, anch'esse provenienti dall'opposizione politica al franchismo, secondo le quali invece il franchismo aveva realizzato i compiti fondamentali della rivoluzione borghese88, completando il consolidamento del capitalismo e dell'industrializzazione.

Si comprendono quindi l'importanza e le implicazioni del dibattito storiografico di quegli anni. Era urgente distinguere il problema politico che poneva la questione agraria dalle tesi che facevano del campo spagnolo un ridotto del potere finanziario della nobiltà assenteista, dietro la cui facciata capitalistica o borghese, si diceva, si nascondevano poderosi elementi anticapitalistici, ovverossia, « feudali» .

Economisti come J. Martinez Alier o J. M. Naredo contestarono 89 queste tesi dimostrando il carattere inequivocabilmente capitalistico del latifondo, che non aveva impedito lo sviluppo dell'industrializzazione ma era stato, questo sí — come ha confermato recentemente A. M. Bernal90 — fattore strutturante delle relazioni sociali e politiche in Andalusia almeno fino agli anni Sessanta del nostro secolo.

Valga quest'ultimo esempio a dare la misura dell'importanza e della portata di un dibattito storiografico che è strettamente intrecciato alle varie vicende che hanno contrassegnato gli ultimi due secoli della nostra storia.


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Irene Castells Olivan, La rivoluzione liberale spagnola nel recente dibattito storiografico


80 R. Robledo, nell'interessante lavoro Economistas y Reformadores espa&ntildeoles. La cuestión agraria (1760-1935), Madrid, Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentación, 1993, ha messo in evidenza il peso esercitato sullo sviluppo economico spagnolo dal fatto che, fin dal tempo dei riformatori illuminati del regno di Carlo III, venne sempre privilegiato un modello di crescita alieno dallo sviluppo industriale.

81 Come segnala lo stesso R. Robledo nel lavoro citato (p. 118 nota 327), rinviando ai saggi di J. Martinez Alier e J. M. Naredo in « Agricultura y Sociedad» , n. 7, 1978, il tema delle « sopravvivenze feudali» è stato oggetto da tempo di dure critiche.

82 Oltre agli autori già citati come esponenti della corrente che propone una revisione costruttiva dell'interpretazione storiografica della nostra rivoluzione liberale, mi riferisco a studiosi di storia economica come A. Carreras e G. Tortella. Il primo, allievo di J. Nadal, come lo stesso Nadal in studi successivi, ha sfumato le tesi che quest'ultimo aveva sostenuto in El fracaso de la Revolución Industrial en Espa&ntildea, 1814-1913, Barcelona, Ariel, 1975, sui rapporti negativi tra leggi di ammortizzazione e industrializzazione (cfr. J. Nadal, A. Carreras y C. Sudria, comp., La econom&iacutea espa&ntildeola en el siglo XX: Una perspectiva histórica, Barcelona, Ariel, 1991). G. Tortella, dal canto suo, in una eccellente sintesi appena pubblicata, El desarrollo de la Espa&ntildea contemporánea. Historia económica de los siglos XIX y XX, Madrid, Alianza, 1994, in permanente polemica con J. Nadal mostra una visione piú ottimistica dello sviluppo economico spagnolo. Per un bilancio del dibattito sul fallimento della rivoluzione industriale in Spagna, si veda la sintesi di A. Bahamonde y J. A. Martinez, Historia de Espa&ntildea, cit., cap. XVIII, La evolución del mercado nacionale. Entre una econom&iacutea cerrada y la apertura al exterior, pp. 357-420.

83 Fondamentale al riguardo A. Y. Kondo, La agricoltura espa&ntildeola del siglo XIX, Madrid, Nerea, 1990.

84 L. Prados de la Escosura, De imperio a nación, cit.

8 5 Algunos temas de historia agraria de la Espa&ntildea contemporánea, in « Bollettino bibliografico del Centro studi per la storia comparata delle società rurali in età contemporanea dell'Università degli studi di Napoli» , 1989-90, pp. 49-73.

86 Quelli soprattutto degli storici legati all'importante Grupo de estudios de historia rural, che pubblica regolarmente un « Noticiario de Historia Agraria» di grande utilità per l'aggiornamento delle informazioni e la qualità dei suoi articoli.

87 Per una critica di queste posizioni si veda l'interessante saggio di A. Orti, Oligarqu&iacutea y pueblo en la interpretación populista de la historia. La cr&iacutetica mitológica del latifundismo en el liberalismo social, in Estudios sobre Historia de Espa&ntildea. Obra Homenaje a Manuel Tu&ntildeon de Lara, Madrid, Universidad Internacional Men&eacutendez y Pelayo, 1981, vol. I, pp. 315-349.

88 Una esposizione molto chiara di questa tesi si trova in M. Vi&ntildeas, Franquismo y Revolución burgues, in « Horizonte Espa&ntildeol» , 1972, t. III.

89 J. Martinez Alier, La estabilidad del latifundismo. Análisis de la interdependencia entre relaciones de producción y conciencia social en la agricultura latifundista en la Campi&ntildea de Córdoba, Paris, Ediciones Ruedo Ib&eacuterico, 1968, e J. M. Naredo, La evolución de la agricoltura en Espa&ntildea. Desarrollo capitalista y crisis de las formas de producción tradicionales, Barcelona, Estela, 1971.

90 A. M. Bernal, Econom&iacutea e historia de los latifundios, Madrid, Espasa Calpe, 1988.