METODOLOGIA E NUOVI INDIRIZZI
Dopo aver trascorso in età romana una tranquilla e prestigiosa
esistenza, legata alla vicinanza delle stazioni termali della zona, ai
due più importanti porti del Tirreno, militare (Miseno) e commerciale
(Puteoli), alla bellezza del luogo ed alle numerose e ricche ville dei
potenti dell'Urbe, al turismo devozionale richiamato dalla fama della Sibilla
Cumana e del suo Antro, Cuma compie alle soglie del VI secolo una decisiva
trasformazione, divenendo un importante fortezza, baluardo della difesa
della costa campana intorno a Napoli. La distruzione del suo castello ad
opera dei Napoletani nel 1207 segna il completo abbandono della città
e del territorio; Cuma verrà poi riscoperta e ampiamente valorizzata
a partire dal Seicento dagli antiquari e dai viaggiatori del Grand Tour.
Se Cuma greca e romana è sito di primaria importanza per la storia
antica e per l'archeologia, la storia tardoantica e medievale della città
flegrea è ancora poco nota e ricca di punti interrogativi.
Gli scavi distruttivi e le spoliazioni che sono intervenute nell'area fin
dalla sua riscoperta hanno comportato la perdita di molte informazioni
archeologiche e della quasi totalità del corredo epigrafica paleocristiano
e medievale. Le poche, notevoli attestazioni sono in gran parte sporadiche,
come la Charta Venditionis di Sisinnio e Leopardo, o scomparse,
come l'epigrafe funeraria del vescovo Celio Miseno, morto l'11 gennaio
del 511.
L'epigrafe oggetto della presente nota fu rinvenuta "circa l'anno
1930" nello scavo della chiesa medievale, dedicata a San Massimo,
posta sulla terrazza superiore dell'ex acropoli di Cuma e costruita all'interno
di un tempio pagano. Il ritrovamento fu comunicato da Maiuri, mentre la
sua edizione fu affidata a Pietro Fedele, che però morì nel
1943 senza aver potuto attendere a questo compito. Ricordata da Mallardo,
fu poi dimenticata fino alla sua riscoperta da parte di Raffaele Calvino,
che la fotografò il 7/12/1959 e la pubblicò in forma di notizia
nella rivista "Asprenas" del 1960 (Un'inedita iscrizione cristiana
rinvenuta a Cuma, pp. 235-6). Dopo se ne perse di nuovo ogni traccia.
La foto e la descrizione di Calvino sono a tutt'oggi tutto ciò che
ci rimane dell'epigrafe: una mia recente infruttuosa ricerca presso la
Soprintendenza Archeologica di Napoli ha confermato il timore che essa
sia andata perduta.
Pur se incompleta, l'epigrafe di Cuma è d'importanza fondamentale
per la storia medievale della città, tanto più che risulta
essere l'unica testimonianza scritta di tipo monumentale rinvenuta in contesto
di scavo e sicuramente attribuibile ad un edificio medievale, la chiesa
dedicata a San Massimo che fu cattedrale (già probabilmente in età
paleocristiana, sicuramente poi nel XII secolo).
La lacunosa e carente edizione di Calvino impone un nuovo studio dell'epigrafe,
possibile miniera di nuove acquisizioni sulla storia medievale cumana;
in più, la difficoltà di lettura della foto, che rimane l'unico
reperto, ha permesso un'interessante applicazione di metodologie scientifiche.
In attesa della nuova edizione del testo, in preparazione, anticipiamo
in questa sede alcuni dei risultati della ricerca.
La paleografia dell'epigrafe cumana ben si inserisce nella produzione campana
(beneventana, capuana e napoletana) degli inizi e della metà del
IX secolo. In particolare somiglianze si notano con il Calendario Marmoreo
di Napoli (a. 842 ca.) e parzialmente con la produzione di area longobarda.
Essa appartiene al filone epigrafico degli epitaffi funerari sotto forma
di carmen poetico, che furono prodotti in area napoletana tra la
fine del VII secolo a tutto il IX secolo, e che sono presenti a Napoli
e nel suo circondario, a Miseno e fino a Capua. Reminescenze di termini
classici e suggestioni da altre epigrafi, come quella del consul et
dux napoletano Bono, permettono di ipotizzare lo scrittore del testo
un personaggio colto e nel destinatario un membro della nobiltà
napoletana trasferitosi a Cuma. La menzione presente nell'epigrafe riguardo
al martire Massimo risulta essere al momento l'unica rinvenuta a Cuma e
sicuramente riferibile al patrono della città flegrea. Allo stesso
modo i riferimenti alle devastazioni delle continue guerre con i Longobardi,
ed al pericolo delle scorrerie dei Saraceni, fotografano in modo singolare
e prezioso vicende storiche note solo nei documenti storici, e prima d'ora
raramente rinvenute in testimonianze archeologiche nell'area flegrea.
Gianfranco De Rossi (Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana)
L'elaborazione digitale delle immagini si sviluppò rapidamente
a partire dagli anni '60, grazie alla diffusione degli elaboratori elettronici.
Le prime applicazioni riguardarono l'elaborazione delle immagini aeree
e da satellite per poi estendersi praticamente ad ogni settore della scienza
e della tecnica ed a numerose attività commerciali quali l'editoria
multimediale e la pubblicità.
Attualmente l'elaborazione digitale delle immagini è una disciplina
assai ampia e complessa, con ramificazioni e collegamenti con molti settori
affini, come l'ottica e la matematica applicate.
Negli ultimi anni c'è stato un notevole interesse per l'applicazione
delle tecniche di elaborazione digitale delle immagini ai beni culturali
in generale ed all'archeologia in particolare.
Il graduale abbassamento dei costi, le crescenti potenzialità di
calcolo e lo sviluppo di software dedicato hanno incoraggiato la ricerca
di nuove applicazioni: dalla ricostruzione virtuale di siti alla catalogazione,
dall'interpretazione di immagini aeree all'automazione delle tecniche di
rilievo e classificazione dei reperti .
In questa nota si presenta un caso particolare: l'applicazione delle tecniche
di elaborazione digitale delle immagini ad una iscrizione andata perduta,
l'epigrafe di S. Massimo di Cuma. L'unica testimonianza fotografica pervenutaci
risulta di difficile lettura, essendo l'epigrafe illuminata in maniera
non uniforme e presentando delle zone parzialmente sfocate.
Per poter elaborare l'immagine, la fotografia di Calvino è stata
catturata utilizzando uno scanner e memorizzata in 256 livelli di grigio.
Lo scopo principale del nostro lavoro è stato quello di rendere
più leggibili le diverse parti dell'epigrafe. Per fare ciò
si è proceduto ad uniformare il livello di grigio dello sfondo per
poi esaltare i caratteri delle singole lettere.
In corrispondenza di un contorno o bordo di ogni lettera, il livello di
grigio è generalmente diverso. Ciò può essere utilizzato
per evidenziare i bordi stessi. Infatti, se si applica un filtro di tipo
gradiente o laplaciano seguito da una operazione di sogliatura dei livelli
di grigio (tresholding) si ottiene sia un miglioramento del contrasto che
una esaltazione dei bordi.
Il miglioramento ottenuto è notevole. Le prime due righe della fotografia
originale di Calvino pubblicata su "Asprenas" nel 1960 appaiono
notevolmente migliorate dopo le operazioni di estrazione dei contorni ed
aggiustamento del contrasto.
I risultati finali, con l'edizione completa dell'epigrafe di S. Massimo
di Cuma, verranno presentati in un successivo lavoro.
Dario Ambrosini, Giuseppe Schirripa Spagnolo (Dipartimento di Energetica, Università dell'Aquila)