L'uscita del secondo volume del corpus dei monumenti paleocristiani
della Francia è certamente un evento importante e come tale merita
di essere segnalato. La partecipazione dei migliori nomi dell'archeologia
francese, quali Adam, Fevrier, Duval, Guyon, Picard, Luce Pietri, Sauget
e tanti altri ancora garantisce la validità di un progetto che si
evidenzia per il rigore, la capacità di sintesi ed insieme per la
volontà di fornire una visione globale che concili lo studio del
singolo monumento con la storia e la topografia del territorio nel quale
è inserito.
Il lavoro è un inventario archeologico dei luoghi di culto cristiani
dagli inizi fino all'età carolingia. Le regioni indagate sono le
attuali Aquitania, Auvergne, Centre, Limousin, Midi-Pyrénnées,
Pays de la Loire, Poitou-Charente. Leggiamo nell'introduzione di Louis
Marin che i monumenti pubblicati, ca. 50, sono certamente pochi rispetto
alla vastità del territorio in esame: da qui la considerazione di
come, a fronte di ricerche spesso di avanguardia e prodighe di risultati
quali quelle storiche, che si basano su una ricchezza di dati documentari,
l'archeologia cristiana in Francia (sia lo scavo che l'indagine architettonica
come quella epigrafica) segni ancora il passo. Marin giustamente si lamenta
di assenze importanti nel volume, come ad esempio Bourges, ma con lui riconosciamo
la validità dell'opera anche solo come bilancio delle conoscenze
attuali.
Il piano di lavoro è, sulla scia de La Topographie Chretienne des
Cités de la Gaule, un esempio ed un modello di come all'interno
della gabbia schematica di un "corpus" si possano indicare i
dati essenziali che servono a conoscere il monumento ed insieme evidenziare
le eventuali problematiche ancora aperte; il "corpus" diviene
così non un semplice elenco di oggetti ma un indispensabile strumento
di base per qualsiasi tipo di ricerca. Dapprima una cartina con l'indicazione
dei siti, poi un'introduzione storica e topografica, poi la scheda del
singolo monumento, in cui sono compilate le voci riguardanti la localizzazione,
le fonti, la storia degli studi, la descrizione del monumento, gli arredi
e l'impianto decorativo, l'interpretazione e, voce interessante e nuova
che dà un tocco di attualità alla ricerca, il suo stato di
conservazione. Foto, rilievi e piantine impeccabili corredano le singole
schede.
La lettura di questa interessante opera illustra lo stato di conoscenza
attuale degli ipogei, chiese, santuari, monasteri, battisteri delle regioni
francesi in esame.
E' l'occasione di vedere in una sintesi pressoché definitiva monumenti
da tempo indagati, come la Basilica cimiteriale di St. Bertrand-de-Comminges
(scheda di Guyon e Paillet), che si insedia all'interno di una villa urbana
e che scavi recenti permettono di datare a non prima del 430-40.
Oppure è l'opportunità di conoscere nuove interpretazioni,
come quella che nella sua scheda postuma Fevrier propone per il Battistero
di S. Giovanni Battista a Poitiers. Questo è un edificio complesso,
unico nella sua forma, un'aula rettangolare con abside poligonale e nartece,
che si viene ad insediare all'interno di un quartiere abitativo con impianti
produttivi in vita almeno fino alla metà del IV secolo, e che in
passato si è voluto vedere come resto di una domus ecclesiae o di
uno xenodochium.Il compianto studioso rilegge il monumento e, sulla base
di varie considerazioni, ne abbassa la datazione al VII secolo.
Ancora la lettura del volume fornisce inoltre lo spunto per affrontare
edifici che presentano problematiche interessanti e ancora non risolte.
E' il caso per esempio della Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio a Civaux
(scheda di J.C. Papinot), che presenta la prima sicura attestazione solo
nell'862, come chiesa e cimitero merovingio, e che si viene a porre, secondo
uno schema interessante e particolare, a lato della cella di un tempio
romano distrutto ma non occupato dal nuovo culto, e con un battistero che
viene ad essere costruito sull'altro lato della cella. Che cosa impediva
l'utilizzo della struttura romana?
Da ultimo è finalmente l'opportunità di dare valore storico
e monumentale a luoghi minori, come ad esempio l'Eremo di St. Til a Brageac
(scheda di G. Fournier), messo in luce nel 1984 dopo una segnalazione di
scavi clandestini. Si tratta di un piccolo edificio rettangolare costruito
poveramente in pietre scistose alloggiate in argilla, con un pavimento
in terra battuta. Presentava una scala d'accesso. Lo spazio interno era
organizzato in modo estremamente semplice, con una sorta di sedile-banco
su un lato, e con una struttura interpretabile come altare sull'altro;
a lato di essa un pozzo.
Le parole spietate e fataliste che concludono la scheda di Fournier sotto
la voce "stato di conservazione" danno infine l'ultima concreta
valenza a questo imponente lavoro dell'archeologia cristiana francese.
I ruderi dell'eremo non sono stati ricoperti dopo lo scavo e "la dégradation
est rapide": la tutela dei resti del passato che giungono fino a noi
passa attraverso la corretta indagine archeologica ma ha bisogno infine
della sua edizione e valorizzazione, anche come singola scheda all'interno
di un voluminoso corpus.
Gianfranco De Rossi