Giovanni Boccaccio
Ma il giovane Boccaccio preferiva i contatti col mondo cortese e cavalleresco della corte Angioina e col mondo della cultura: l'Università di Napoli aveva una ricca biblioteca e vi insegnava Cino da Pistoia, poeta stilnovistico e amico di Dante e Petrarca.
In quegli anni Giovanni studiò i classici latini, e la letteratura cortese francese e italiana, e scrisse le sue prime opere: Filocolo (1336-38), Filostrato (1335), Teseida (1339-41), Caccia di Diana (1334/38 ) e le Rime (la cui composizione rimanda ad anni diversi). Ebbe anche presumibilmente relazioni amorose, che più tardi esprime, secondo un costume stilnovistico, nella figura di Fiammetta, identificata un tempo con una Maria figlia naturale (anche lei!) di re Roberto d'Angiò e maritata nella casa dei conti d'Aquino: la consistenza storica di questa donna è però oggi largamente messa in dubbio dagli studiosi.
Nel
1341 dovette tornare a Firenze dal padre il quale aveva
difficoltà economiche a causa del fallimento della banca di
Bardi. Comporrà nuove opere poetiche e narrative: Ninfale
d'Ameto o Commedia delle Ninfe fiorentine (1341-42), Elegia di
madonna Fiammetta (1343-44), Ninfale fiesolano (1344-46).
Boccaccio frequenta le corti della Romagna (Ravenna, Forlì) in
cerca di un impiego. Nel 1348 è di nuovo a Firenze, dove assiste
alla peste e dopo la morte del padre (1350?) vi rimase per
amministrare lo scarso patrimonio. Cominciò a partecipare in
vario modo alla vita pubblica e culturale della sua città, e gli
furono affidati uffici e ambascerie. Nel frattempo andava
componendo quella che noi consideriamo la sua opera maggiore, il
Decameron, terminato nel 1351.
Negli ultimi anni si stringe il rapporto di amicizia con Francesco Petrarca, il "glorioso maestro" che lo aveva persuaso a dirigere la mente verso le cose eterne lasciando da parte il diletto di quelle temporali. Il Petrarca lo aiutò a superare una crisi religiosa, indirizzando l'attività del Boccaccio verso la cultura letteraria di tipo "umanistico": le opere tarde del Boccaccio saranno in latino, e fra queste va citata la "Genealogia deorum gentilium", un grande trattato di mitologia greco-romana, che per due o tre secoli rimase il libro più consultato su questo argomento. Negli stessi anni si dedica allo studio dell'opera di Dante, per cui ebbe un vero e proprio culto: di questa attività resta il "Trattatello in laude di Dante", e le lezioni con cui commentava pubblicamente la "Divina" Commedia (è stato il Boccaccio ad usare e ad imporre nell'uso questo aggettivo). Morì il 21 dicembre 1375.
Note biografiche a cura di Mirko
Locatelli (kaneda@computech.it) e
Roberto Gagliardi (jaufre@mbox.vol.it)
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