Lluís Roura Aulinas, Riformismo contro rivoluzione?
3. La questione finanziaria.
Gli studi attualmente concordano nel diagnosticare « una situazione finanziaria relativamente buona» alla fine del regno di Carlo III e agli inizi di quello di Carlo IV55. Che cosa significa questo rispetto all'insieme del periodo di Carlo III? Implica che si debbano respingere le valutazioni di studi recenti e rigorosi come quelli di Barbier e Klein, secondo i quali Carlo III arrivò « molto vicino all'orlo del disastro» cui arrivò Carlo IV, grazie a uscite di bilancio smisurate?56
Il citato lavoro di P. Tedde rivede la visione piú critica della storiografia del regno di Carlo III, rivendicando per il periodo una valutazione notevolmente positiva per quanto riguarda la politica economica e finanziaria. Ma certamente, a parte le sue obiezioni a Barbier e Klein, a Fontana o ad Artola, le cifre di J. Patricio Merino sulle quali si fondanon 57 nascondono né la tendenza deficitaria, né il fatto che il bilancio non derivava tanto da una certa politica quanto da una serie di fattori « esterni» (limitatezza dei conflitti internazionali, importanza delle entrate coloniali, dirette come i metalli e il commercio delle Indie, e indirette come le « rentas generales» ) e congiunturali.
D'altra parte, il recente rigoroso studio di R. Pieper58, pur senza entrare direttamente nella polemica, non conferma certo l'« ottimismo» storiografico sul bilancio economico e finanziario del riformismo di Carlo III. Come appare dalla sua completissima ricostruzione delle entrate e delle uscite nei regni di Fernando VI e Carlo III, quest'ultimo si dispiega tra una situazione di attivo, ereditata dal regno precedente, ed una relativa riduzione del deficit, percepibile solo a partire dal 1783, con una tendenza deficitaria accumulata dal 1766 fino a quell'anno. Non solo, ma al di là dei dati quantitativi, si può osservare, tra le altre cose, che il sistema fiscale venne appena modificato nel secolo XVIII; che la sua eccessiva rigidità lasciava poche alternative al ricorso al credito; che gli intenti di riduzione delle spese vennero facilmente vanificati dall'evoluzione dell'inflazione; che il bilancio era dominato per i due terzi dalle voci dell'esercito e della marina; e che gli squilibri non risultavano soltanto nella sua articolazione interna e dunque nella sua incidenza sull'economia, ma anche nella sua distribuzione territoriale.
Riguardo ai progetti di riforma fiscale, il piú serio risaliva a prima di Carlo IIIe 59 le resistenze che scatenò risultarono insormontabili. Il tentativo di riprendere quel progetto, fatto da Carlo III all'inizio del suo regno e con minor forza del suo predecessore, non lasciava presagire migliori risultati. Sicché non fu altro che un inevitabile riflesso di ciò che fu la sua politica di riforme nel suo insieme: dapprima, un deciso intervento (1760); poi, di fronte alle immediate reazioni contrarie, revisione che sbocca in un decreto di riforma piú moderato (1770); infine, incapacità, per debolezza e spirito di rinuncia, di realizzare anche quest'ultimo e abbandono finale del progetto.
4. La questione ecclesiastica.
Il confronto con il potere ecclesiastico da parte della monarchia nel XVIII secolo appare uno dei requisiti dell'assolutismo, indipendentemente dal peso o dall'influsso del razionalismo illuministico di fronte al dogmatismo.
Già nel regno di Ferdinando VI il regalismo si era manifestato con chiarezzae 60 aveva raggiunto come principale risultato la firma del Concordato del 1753 con la Santa Sede, nel quale si riconosceva il « patronato regio» (che comportava il diritto regio di presentare i candidati ai posti chiave della gerarchia ecclesiastica). 61Ma l'orientamento di Carlo III faceva sperare un maggiore radicalismo, viste la sua politica italiana e la forte e costante influenza esercitata su di lui dal Tanucci. Quel che è certo è che, al di là dell'impatto di una misura decisiva come quella dell'espulsione dei gesuiti, che sembrerebbe confermare quelle aspettative, il carattere della politica ecclesiastica di Carlo III va valutato piuttosto sulla base di questioni meno eccezionali, come i propositi e le decisioni relativi alle Università e ai Collegi, all'Inquisizione, o al diritto di ammortizzazione.
In tutti questi ambiti, la Chiesa riuscí ad impedire che il regalismo superasse limiti ben precisi. La stessa radicalità dell'espulsione dei gesuiti, appoggiata dai settori piú influenti dell'episcopato, rese piú facile a questi ultimi ostacolare le misure di riforma che alla Chiesa apparivano piú lesive e difficili da « isolare» . 62Sicché, per esempio, il potere economico della Chiesa spagnola, la cui importanza ci è sempre meglio nota sia a livello di patrimonio che di rendite, restò praticamente intatto, anche nel periodo piú attivo del regalismo settecentesco, quello di Campomanes e del suo Tratado de la regalía de amortización 63. Per quanto riguarda il potere socio-culturale della Chiesa, è stato dimostrato come la riforma dell'Università e quella dei Colegios Mayores, intraprese sotto Carlo III, sfociassero in un totale fallimento. Quella dell'Università si arenò di fronte alla capacità di opposizione delle forze reazionarie, a causa di progetti che risultavano difficilmente realizzabili, e per la scarsa preparazione dei riformatori; quella dei Collegi fallí non solo per la tenacia delle resistenze del « partito collegiale» ma anche perché, come già segnalò Desdevises du Dezert, l'unica soluzione per queste istituzioni non era la riforma ma la loro soppressione64. E va inoltre tenuta presente l'impressione, segnalata da T. Egido in relazione all'Università, che ciò che realmente il potere pretendeva non era tanto « la riforma scientifica, quanto la sottomissione ideologica incondizionata» : 65una volta ottenuta questa, poco importava che la prima fallisse.
L'atteggiamento nei confronti dell'Inquisizione costituisce indubbiamente un parametro fondamentale di giudizio del riformismo illuminato spagnolo. Il rifiuto di Carlo III di sopprimerla, come invece fece il figlio in Sicilia, limitandosi a « sottometterla» con i suoi interventi nelle nomine degli inquisitori e a proporre ritocchi nelle sue competenze ai quali fu costretto a rinunciare66 avalla il giudizio del conte di Toreno che nelle Cortes di Cadice negò che « i Lumi del secolo avessero influito sull'Inquisizione rendendola piú illuminata e meno persecutrice» , dal momento che l'Inquisizione « non può modificarsi» . 67Il processo di Olavide nel 1776 venne a ratificare tanto la debolezza della monarchia di fronte al peso della reazione ecclesiastica, quanto i limiti dell'azione sociale dell'Illuminismo in Spagna68, avvertendoci al tempo stesso della precoce « involuzione» del riformismo di Carlo III, molto prima della data del 1789 indicata dal Floridablanca69.
Studi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36
Lluís Roura Aulinas,
Riformismo contro rivoluzione?
55 P. Tedde, Política financiera y política comercial, cit., p. 139; cfr. anche R. Pieper, La Real Hacienda bajo Fernando VI y Carlos III (1753-1788). Repercusiones económicas y sociales, Madrid, Ministerio Economía y Hacienda, 1992, p. 180.
56 J. A. Barbier y H. S. Klein, Las prioridades de un monarca ilustrado: el gasto público bajo el reinado de Carlos III, in « Revista de Historia Económica» , III, 1985, pp. 473-491.
5 7 Las cuentas de la Administración central española, 1750-1820, Madrid, Inst. Est. Fiscales, 1987.
59 Sulla riforma fiscale nel secolo XVIII si può vedere la sintesi generale di M. Artola, La Hacienda del Antiguo Régimen, Madrid, Alianza, 1982. Sulla riforma del marchese de la Ensenada, in particolare, cfr. A. Matilla Tascón, La única contribución y el Catastro de Ensenada, Madrid, 1947.
60 Sulla questione, cfr. l'eccellente bilancio di T. Egido, El Regalismo, in E. La Parra y J. Pradells, eds., Iglesia, sociedad y estado en España, Francia e Italia (ss. XVIII-XX), Alicante, Instituto de Cultura Juan Gil-Albert, 1991, pp. 193-217.
61 In realtà, già nel 1717 e 1737 erano stati firmati dei concordati. Sui poteri della Chiesa spagnola nel XVIII secolo, cfr. R. Olaechea, Relaciones entre Iglesia y Estado en el siglo de las Luces, in La Ilustración Española. Actas del Coloquio Internacional celebrado en Alicante, cit., pp. 271-297.
62 Anche se l'espulsione dei gesuiti è stato fondamentalmente tema preferito di ecclesiastici e teologi piuttosto che di storici, la storiografia recente consente una migliore comprensione del tema. La migliore sintesi, soprattutto per l'inquadramento nel panorama europeo, la offre F. Venturi nel secondo volume del suo Settecento riformatore, Torino, Einaudi, 1976. Un documentato richiamo contro i rischi di schematizzazione fornisce la suggestiva sintesi di padre M. Battlori, La expulsión de los jesuitas y el jurisdiccionalismo antirromano: raíces napolitanas y austriacistas, nel catalogo della mostra Carlos III y la Ilustración, cit., t. I, Estudios, pp. 235-245.
63 Cfr. A. M. Bernal e A. L. López Martínez, Las rentas de la Iglesia española en el Antiguo Régimen, e M. Barrio González, El poder económico de los obispos castellanos al final del Antiguo Régimen (1750-1833), Mito o realidad?, entrambi in Iglesia, sociedad y estado, cit., pp. 15-40 e 91-105. Si veda anche W. J. Callahan, Iglesia, poder y sociedad en España, cit., pp. 45-53.
64 G. Desdevises du Dézert, Les « Colegios Mayores» et leur reforme en 1771, in « Revue hispanique» , VII, 1900, pp. 9-27, cit. da A. Alvarez de Morales, La Ilustración y la reforma de la Universidad en la España del siglo XVIII, Madrid, Pegaso, 1985.
65 T. Egido, El Regalismo, cit., p. 214.
66 Cfr. W. J. Callahan, Iglesia, poder y sociedad, cit., pp. 38-43, e Ll. Roura, El crepuscle inquisitorial, in « L'Avenç» , 47, 1982, pp. 36-39.
67 Diario de Sesiones, edizione del 1870, t. IV, p. 4302 (sessione dell'11 gennaio 1812).
68 A. Gil Novales, Ilustración, reformismo y revolución de las ideas, in La ciudad ilustrada: reforma e independencia (1750-1850), tomo III-1 della Historia urbana de Iberoamerica, dir. por F. de Solano, Madrid, ed. Testimonio, 1992, pp. 29-30.
69 Cfr. R. Herr, El siglo de la revolución, Madrid, Aguilar, 1964. Sulla continuità tra i regni di Carlo III e Carlo IV, rinvio al mio Del pánico de Floridablanca a la guerra de la Independencia, in Historia de España, dir. por A. Domínguez Ortíz, vol. 9, Barcelona, Planeta, 1988, pp. 92-126. Sull'importante figura di Olavide come ilustrado, cfr. M. Defourneaux, Pablo de Olavide ou l'Afrancesado, cit., e lo studio introduttivo di G. Dufour all'edizione delle Cartas de Mariano a Antonio di P. de Olavide, Aix-en-Provence, Pup, 1988.