next essayprevious article indice volumeStudi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36


Bartolomé Yun Casalilla, Trasformazioni e continuità in Castiglia nel secolo d'oro. Riflessioni per una storia sociale dell'economia


Alcune considerazioni finali. È il momento di tornare sulla domanda che ci ponevamo prima: sono validi gli schemi e le spiegazioni vigenti per comprendere le tensioni di mutamento e continuità in tutte le loro dimensioni?

Mi sembra evidente di no; non solo perché esse, come si diceva, costituiscono spiegazioni univoche, nemmeno adeguate ai criteri di storia totale in cui le si vuole classificare, ma anche perché ciascuno a suo modo, dimostra insufficienze evidenti. Le visioni maltusiane si restringono a un solo tipo di tensioni e semplificano l'interazione tra economia e società. Schemi come quello di G. Bois hanno, oltre ai problemi segnalati da altri autori, l'inconveniente che non considerano nelle sue proprie dimensioni il carattere politico e sociale della rendita signorile e la natura ineludibile della spesa signorile come pilastro della riproduzione dello status quo. Brenner ha trascurato di sottolineare l'importanza dei livelli del rapporto tra i gruppi sociali che vanno piú in là della lotta per il prodotto o per la proprietà della terra, che ci rimandano alle forme nelle quali si genera il consenso e si legittimano alcune relazioni di dominio e che sembrano essere stati essenziali in una società come quella spagnola, dove si poneva innanzitutto — anche prima del profitto economico come lo intendiamo oggi — la riproduzione delle strutture sociali e politiche, con l'ingente peso economico che questo presupponeva per la nobiltà, per le città o per la Chiesa.

Quanto è stato detto finora dimostra, fra l'altro, le insufficienze di una visione del cambiamento storico della società di antico regime che ha guardato soltanto ai germi del capitalismo e al suo fallimento a causa del « tradimento della borghesia» di cui parlava Braudel. Una società come quella del 1550 non era né piú né meno capitalista di quella del XVII secolo, per il fatto che il mercato funzionava in modo piú agile ed efficace, nel senso di produrre piú ricchezza.Esse erano però distinte in molti elementi.Non c'è dubbio che questo tradimento, inteso come caduta degli affari, sebbene fosse connaturato al sistema economico, si venne accentuando dalla seconda metà del XVI secolo; cosí come è indubbio che esso fu parallelo a un rallentamento della crescita economica e commerciale. Sicuramente, essendo un altro elemento di un processo generale nel quale erano coinvolte molte altre questioni, la prospettiva corretta di studio è quella dell'analisi di quella società in se stessa, con le sue componenti di mutamento e continuità. Il problema centrale del secolo d'oro spagnolo — oseri dire europeo — non era quello di un gruppo « protoborghese» , « protocapitalista» , che è predestinato a demolire la sua società. Il tema da analizzare è come si riproduce o fallisce questa società e con essa le sue forme economiche o, che è lo stesso, le regole che conducono il gioco dei fattori produttivi e l'assegnazione delle risorse.

La questione — esaminata con attenzione negli ultimi decenni — degli sfasamenti tra crescita agraria e aumento della popolazione, essendo importante di per sé, è un problema minore dal punto di vista del cambiamento storico e dell'evoluzione delle società, che deve essere il fine ultimo della storia economica. In tale direzione, questa recupera e rafforza il suo peso nella storia e le leggi dei sistemi economici si presentano dotate di un carattere probabilistico piú che nomotetico, essendo esse soggette a reazioni diverse e dipendendo da accordi e conflitti che possono spezzare questa evoluzione. Ciò non vuol dire che dobbiamo dimenticare il bagaglio strumentale che l'applicazione dell'economia all'analisi storica ci ha offerto negli ultimi anni, ma, al contrario, che le circostanze dipendenti dal corso concreto degli avvenimenti nonché dal caso e dal contingente, oppure dalla componente non razionale delle azioni dell'uomo, avranno un nuovo rilievo nel nostro studio.

In questo contesto mi piacerebbe suggerire la tesi secondo cui la traiettoria economica della Castiglia e della Spagna in generale — sebbene qui sia stato obbligato a concentrarmi sulla prima — non si deve analizzare solo alla luce del nesso di causalità economia-società. All'inverso, la necessità di riproduzione delle strutture sociali, del loro ordine, delle loro forme di dominio e del consenso, condizionò — e naturalmente lo dovette fare anche in altri paesi — lo sviluppo economico. Il campo d'analisi della storia economica non si può dunque circoscrivere allo studio della produzione, della popolazione o della rendita della terra e della distribuzione della ricchezza. Bisogna includere quello della circolazione di questa ricchezza, dei meccanismi a cui risponde la spesa (nel caso della nobiltà o delle istituzioni ecclesiastiche legate al loro protagonismo sul piano della legittimità e del controllo sociale), quello della razionalità specifica alla quale è soggetta questa spesa e quello del versante politico nella lotta per la rendita tra i gruppi dominanti. Da questa prospettiva si può ottenere una visione piú ampia dell'impero spagnolo, che spesso gli storici hanno considerato solo dal punto di vista dei carichi fiscali ai quali obbligava. Cosí la sua funzione di fronte alla riproduzione di una società è piú chiara, senza che ciò presupponga la negazione dell'esistenza di tensioni. E ancora, aspetti concreti come la pressione fiscale o il debito pubblico, dei quali sempre si attribuisce la responsabilità alla monarchia degli Asburgo, possono essere meglio integrati in un processo generale. Entrambi erano il frutto di un confronto per la rendita e di alcune necessità politiche che avevano come risultato un peso crescente sui sudditi. La stessa forma che adottano è la conseguenza dello specifico rapporto tra di loro. Piú concretamente il debito pubblico — non solo quello della corona, ma anche quello delle città e della nobiltà — è la conseguenza delle esigenze di riproduzione di questo sistema. Tutto ciò aiuta a capire l'efficacia delle istituzioni di fronte allo sviluppo economico, in una società in cui quest'ultimo arriverà ad essere un obiettivo solo nella misura in cui si renda imprescindibile per l'ampliamento della rendita. Alcuni aspetti tralasciati dalla storiografia, come l'impatto della rivoluzione dei prezzi sull'economia e l'apparato produttivo, forse si possono capire meglio secondo questa prospettiva.

Tale impostazione non implica un ritorno a quelle vecchie spiegazioni di radici idiosincratiche o che, ponendo l'accento su questioni come honor, honra, facevano del codice di valori imperante l'elemento esplicativo dell'evoluzione economica e sociale spagnola. È solo il riconoscimento che questi valori sono elementi decisivi della riproduzione dell'ordine istituzionale e sociale e, in quanto tali, anche per l'evoluzione economica. In tal senso, la spiegazione di questa è solo una parte di una storia generale nella quale componenti come la religiosità o il mondo delle idee rivestono un'importanza primordiale. Il caso dell'Inghilterra, dove i conflitti del XVII secolo furono caratterizzati dal fattore religioso e finirono per essere determinanti per lo sviluppo economico del paese, forse costituisce il migliore termine di confronto rispetto a quello opposto della Spagna. Ciò non nel senso che la religiosità implichi una serie di valori e attitudini di fronte all'economia — posizione weberiana che qui preferisco evitare — ma anche e soprattutto nella misura in cui è uno fra gli elementi di continuità e cambiamento di una società e, pertanto, un aspetto della vita molto influente nell'economia. Questo è uno degli aspetti che, volutamente, ho tralasciato nella mia argomentazione per realizzare quella che era l'intenzione iniziale di questo lavoro: dare conto con un certo senso critico dei progressi raggiunti nel campo della storia economica. Tuttavia è evidente che questo è il piano sul quale la storia sociale — come studio specifico della composizione dei gruppi sociali, delle forme di socializzazione collettiva e di convivenza — e la storia religiosa possono contribuire alla comprensione delle tensioni del cambiamento e della continuità.


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