PRODUZIONE E SCAMBI
L' etimologia del termine campana è tradizionalmente collegato
alla regione Campania (Italia meridionale), nota, in età romana,
per la lavorazione del bronzo. L'introduzione della campana nel rituale
occidentale è attestata già alla metà del IX secolo,
ma in ambito monastico potrebbe essere ancora precedente. Per l' Oriente
l' uso si diffonde soprattutto intorno all' XI secolo, in seguito all'
occupazione latina.
Altro periodo importante è quello tra VII ed VIII secolo, quando
si passa dal ferro al bronzo, lega nella quale il rame era presente per
5/4 e lo stagno per 1/4 (come consiglia il monaco Teofilo nel "De
Diversis Artibus"). In Italia, nel XIV secolo, è attestata
anche l' aggiunta dell' antimonio, per rendere più forte il suono
della campana.
A partire dall' XI secolo, diventa comune la presenza di iscrizioni; le
più antiche vengono modellate a mano, ma, già con il XIII
secolo, cominciano ad essere impresse mediante stampi con caratteri mobili.
I dati che comunemente compaiono nelle iscrizioni sono i nomi dei fonditori,
dei donatori e dei santi, la data di realizzazione e frasi tratte dalle
Sacre Scritture.
L' uso che si faceva delle campane andava dalla segnalazione dei diversi
uffici divini alle solennità religiose sino a dare l' allarme in
caso di necessità. Accanto a funzioni prettamente comunicative e
religiose, le campane assunsero nell' immaginario popolare funzioni magiche
(come allontanare fenomeni atmosferici pericolosi per il raccolto), acquisite
al momento della benidizione delle stesse.
Nell' ambito della mia tesi di laurea 1,
ho cercato di ricostruire alcuni aspetti del panorama economico dell' alto
Lazio tardomedievale, utilizzando dati relativi a varie attività
produttive. La scelta delle produzioni prese in esame è stata dettata
dal differente ruolo economico rivestito e dalla diversa provenienza geografica
dei lavoratori in esse impiegati. La produzione delle campane rendeva necessaria
sul territorio la presenza di maestranze che, nel Medioevo fino al XVIII
secolo, erano necessariamente itineranti a causa della tipologia dei prodotti
che non avevano un vasto mercato nello stesso luogo.
A conclusione della ricerca, mi è parso che la realizzazione di
campane nel Viterbese sia stata gestita prevalentemente da lavoratori stranieri
e che, come già visto per altre attività produttive, la presenza
di alcune maestranze particolarmente specializzate sia da collegare al
ruolo egemonico della vicina Roma. Infatti, per tutto il XIII secolo sino
alla metà del secolo successivo, sono stati attivi nel Lazio i ben
noti Bartolomeo "Pisanus" ed i suoi figli: Lotteringio, Andreotto,
Guidotto ed il figlio di quest' ultimo, Andrea 2.
Lavorarono soprattutto in una zona comprendente l' intera Italia centrale
e parte di quella meridionale e la loro fama fu tale che, nella seconda
metà del XIII secolo, furono chiamati a Roma per eseguire diverse
campane.
Per la zona che ci interessa, Guidotto realizzò due campane destinate
alle chiese tarquiniensi di S. Michele "de puteis" o "della
Pinca" (1281) e per S. Egidio (1291) e Lotteringio ne eseguì
una per S. Maria in Valverde, sita sempre a Tarquinia 3.
I figli di Bartolomeo non furono i soli pisani ad operare nella zona perché,
sempre nel medesimo periodo, è attestata le presenza di un Bencivenne
"pisano" che lavorò per la chiesa viterbese di S. Sisto.
Per le campane di produzione altolaziale, bisogna attendere il XIV secolo
: nel 1301, un certo "Matteus de Viterbio" realizza una campana
a Montefiascone 4 e su di una campana del 1452 per
la chiesa della Verità di Viterbo, si legge l' iscrizione: "hoc
opus fecit Sanctes de Viterbio" 5. Sembrerebbe,
pertanto, che la produzione di campane nell' alto Lazio abbia avuto un'
accelerazione tra la fine del XIII ed il XIV secolo e che in essa l' attività
di maestranze straniere, come quelle pisane, tra le più valenti
del tempo, abbia avuto un ruolo importante.
Le ipotesi sopra accennate sembrano essere avvalorate dal fatto che soltanto
nel XVIII secolo, con la famiglia Belli, si abbia una consolidata tradizione
viterbese per la produzione delle campane. I Belli, originari di Bagnoregio,
operarono a Viterbo fino al secolo scorso, tramandandosi i segreti del
mestiere di padre in figlio 6.
Più complessa risulta la datazione e la provenienza della campana
rinvenuta a Canino (presso il lago di Bolsena) alla fine del XIX secolo.
Nella parte inferiore del manufatto è presente un' iscrizione che
il De Rossi ha integrato in: (in honorem) Dni. N (ri. Iesu) Cristi et
Sci. (Mihael)is. Arhangeli (offert ?) Viventiu(s...) 7(.
Lo stesso autore, in base ai caratteri paleografici dell' iscrizione ed
a elementi decorativi, attribuisce la campana all' VIII/IX secolo, se non,
addirittura al VII; mentre ritengo che ve ne siano altri per dubitare fortemente
di questa datazione così antica e per ipotizzare un' attribuzione
al XII secolo e forse un' origine toscana che abbiamo visto attestata nell'
alto Lazio per i secoli successivi 8.
Maestranze
La difficoltà nel trasportare il prodotto finito costringeva
gli addetti a realizzare le campane in situ. Numerosi sono infatti i casi,
in Italia ed all' estero, di rinvenimenti di fosse di fusione presso le
chiese alle quali erano destinati i manufatti 9.
Campana rinvenuta a Canino
Le dimensioni sono di 0, 39 m di lunghezza e di 0, 37 m di altezza,
ad eccezione del sistema di sospensione, fortemente danneggiato, costituito
da tre maniglioni. Il diametro è di circa 50 cm.
La campana presenta un' iscrizione esterna, nella parte inferiore, ed in
quella superiore, due croci (una per lato) sormontate da due fori triangolari
per migliorare il suono del manufatto. Le lettere dell' iscrizione hanno
un' altezza di 7/8 mm 10.
XII secolo
Per la datazione della campana gli elementi da prendere in esame sono:
1) La comparsa del nome Vivenzio. Ritengo che la menzione di un Vivenzio
come committente non debba per forza indicare una datazione altomedievale
della campana poiché il culto di S. Vivenzio, vescovo di Blera alla
metà del V secolo, fu importante nell' alto Lazio per lungo tempo.
2) Le due croci terminanti con volute arricciate presenti sulla campana.
E' stato recentemente dimostrato che tale tipo di croce, già ritenuto
"longobardo", sia stato ripreso in pieno XI secolo in alcune
chiese abruzzesi come S. Benedetto "in Perillis" 11.
Il tipo di croce preso in esame non può essere quindi un dato certo
di datazione.
3) Caratteri paleografici. La forte somiglianza tra l' epigrafe della campana
e due epigrafi lucchesi della prima metà del XII secolo 12,
soprattutto per l' alternanza di lettere onciali (e, h) e di lettere capitali
(u/v), mi ha suggerito di approfondire le ricerche in ambito toscano. Ho
potuto quindi constatare che la medesima alternanza di lettere di stili
diversi è riscontrabile in epigrafi di area pisana, in particolare
segnalo quella situata tra la porta maggiore e quella laterale sinistra
del Duomo di Pisa, riguardante la fondazione della stessa chiesa tra il
1063 ed il 1064 13.
Gli elementi ritenuti datanti fino a qualche anno fa, possono essere quindi
letti in chiave diametralmente opposta e potrebbero contribuire ad avvalorare
la suggestiva tesi di una presenza di maestranze "pisane" nel
Viterbese un secolo prima di quanto attestato con Bartolomeo ed i suoi
figli. Resta da approfondire il discorso con ulteriori confronti e con
un esame diretto del manufatto per individuare eventuali tracce di lavorazione.
1 Tesi discussa nel dicembre 1994, presso
l' Università "La Sapienza" di Roma.
2 G. Lera, "Le antiche campane di Lucca e del suo circondario e i
maestri fonditori dei secolo XIII e XVI", in Actum Luce, I
(1972), pp. 42-47.
3 L. Cimarra, "Quidam Guidoctus Pisanus me fecit... (in margine al
libro "Corneto com' era")", in Bollettino della Società
tarquiniense di Arte e Storia, 16 (1986), pp. 189-191.
4 L. Cimarra, "Materiali per una ricerca epigrafica: le campane di
Canepina", in Studi e Documenti I, Canepina 1990, p. 65.
5 A. Scriattoli, Viterbo nei suoi monumenti, Roma 1915-1920, pp.
93, 94.
6 N. Angeli, "I Belli, una dinastia di "campanari" viterbesi",
in Biblioteca e Società 3-4 (1982), p. 37.
7 G. B. De Rossi, "Campana con epigrafe dedicatoria del secolo in
circa ottavo o nono trovata presso Canino", in Bollettino di Archeologia
Cristiana (1887), pp. 82-87.
8 F. Zagari, "La campana rinvenuta a Canino: un' ipotesi di diversa
datazione", in Archivio Romano di Storia Patria 1994, pp. 113-117.
9 P. Donati, Il campanato, Bellinzona 1981, pp. 27, 29.
10P. Rugo, "Le iscrizioni dei secoli VI-VII-VIII esistenti in Italia.
III", Cittadella, 1976, n. 86, p. 67.
11 L. Ermini Pani, "Decorazione architettonica e suppellettile liturgica
in Abruzzo nell' altomedioevo", in Atti del XIX Congresso di Storia
dell' Architettura, L' Aquila 1975, 1978, pp. 67-76.
12 A. Silvagni, Monumenta epigraphica Christiana saeculo XIII antiquiora
quae in Italiae finibus adhuc extant, III, Città del Vaticano
1940, tav. I, nn. 4/5.
13 G. Scalia, "Ancora intorno all' epigrafe sulla fondazione del Duomo
pisano", in Studi Medievali, 10/2 (1969), pp. 483-513 (o a
Giuseppe Ermini, II, Spoleto 1970).
Francesca Zagari