5. Il rifiuto della monarchia: i cicli delle rivolte e la questione storiografica della nazione >.176
Dai Comuneros alle divisioni dell'epoca della guerra di successione, la storia della monarchia, a dispetto della forza politica del principio dinastico177, è quella di divorzi parziali, temporanei o definitivi178. Per ciò che riguarda la Castiglia, la storiografia delle Cortes ha, in qualche modo, preso il posto della storiografia comunera. Di contro si sono moltiplicati gli studi sulle sommosse aragonesi del 1591-92179, sul ciclo delle rivolte alla fine del ministero del conte-duca180, sulla Restaurazione portoghese181, e in particolare sulla rivoluzione barcellonese182.
Il paradigma delle rivoluzioni del secolo XVII come risposta alla doppia aggressione costituita dalla crisi economica degli anni della guerra dei Trenta anni e l'emergenza dello Stato assolutista comincia a venire meno. Da un lato l'alternativa ubbidienza/rivolta si è arricchita di tutta una nomenclatura di attitudini possibili, in parte già accennate: contrattazione, frode, disubbidienza silenziosa sotto l'apparenza dell'obbedienza, emigrazione. Di colpo, l'eccezionalità della Castiglia nell'insieme della monarchia sembra meno evidente. Infine, lo schema di opposizione centro/periferia (Madrid e la Castiglia di fronte al resto delle corone) riprendeva niente meno che la griglia di lettura propria di Olivares nel suo memoriale sull'Unione delle armi. Eppure il ruolo degli attori delle corone non castigliane della monarchia nei circuiti di comunicazione o di controllo invita ad una revisione. Il modello della Monarquia Hispanica non può essere analizzato in termini di guardiano esausto dei popoli, uno schema che si stenta ad applicare oggi perfino agli imperi vinti nel 1918. Salvo l'uscita del Portogallo dall'unione dinastica, l'insieme tiene duro sotto tutte le latitudini fino alle grosse disillusioni del Settecento.
È evidente che l'istituzione dei viceregni non corrisponde ad una funzione neutrale di trasmissione degli impulsi centrali183. Il decentramento o la moltiplicazione delle fonti di autorità, emerse in piena luce dalla storia di ciascuna corona della monarchia si traducono nella complessità della dinamica politica dell'insieme184. Nel caso del Portogallo degli Absburgo, Joaquim Romero Magalhaês e António Manuel Hespanha hanno segnato una svolta decisiva evocando « l'indipendenza del Portogallo» sotto il regime dell'unione dinastica185. Quindi l'estensione all'antico regime di griglie di lettura nazionalizzanti diventa molto difficile.
La critica dell'uso acronistico del concetto di nazione, fatta cinquanta anni fa da Hans Kohn, e alcuni anni piú tardi da Federico Chabod, non è da meno. La problematica della costruzione storica della memoria è uno strumento efficace per ingaggiare il dibattito186. È molto probabile che le discussioni sulla cristallizzazione di un nazionalismo spagnolo si 187 riaccendano negli anni che ci separano dal centenario del 1898. La ricerca di « identità collettive» sceglie quindi cammini fertili. Come indicato recentemente da Xavier Torres i Sans: « Lluitar per la pátria esdevé a l'época, lluita pel privilegi, per la seva preservacio, per la seva accumulacio»188. Cosí le adesioni patriottiche si cimentano a diversi livelli, con dei criteri distinti189. Patria senza re per gli insorti catalani dell'estate 1640; re senza patria per i nobili portoghesi rimasti a Madrid dopo la Restauraçâo . 190Ma è precisamente la pluralità delle modalità di adesione e di identità che fanno di questo vecchio patriottismo l'opposto e non l'antenato della cittadinanza nazionale. Come scrive ancora Xavier Torres i Sans: « El nacionalisme català contemporani no es pas una prolongacio de la Guerra dels Segadors» .
Insomma, che si adotti o meno l'atteggiamento di Bartolomé Clavero, la distanza antropologica che egli auspicava nella scrittura della storia moderna si è avverata191. Le specifiche unità di osservazione scelte (il lignaggio, la corporazione, la signoria), le coordinate culturali individuate (pensiero letrado, ritualizzazione della regalità, teologia politica) ci proiettano in un mondo nettamente differente dal nostro. Lo scarto Stato/società che i maestri della scienza politica contemporanea prediligono è poco operativo, la frontiera tra le sfere della vita privata e dell'agire pubblico sono scomparse. Le indicazioni bibliografiche che precedono permetteranno spero di misurare l'ampiezza del lavoro di ricerca storica che è stato realizzato in Spagna e in Portogallo in questi ultimi anni. Le distanze tra discipline sono state spesso colmate. E se esiste un dibattito a volte vivace attorno a questioni globali come l'uso dei concetti di Stato o di nazione, o particolari come la « rifeudalizzazione» tardiva o sulle cause delle rivolte, le prese di posizione non sono funzione di etichette corporative (storici/storici del diritto/storici dell'arte), ma di parametri intellettuali e scientifici. Si tratta quindi di una produzione che non richiede solamente l'accumulazione di una massa crescente di informazioni, ma chiama anche a una riflessione sul processo di formazione degli oggetti storici. Sarebbe vano volere contrapporre l'audacia concettuale dei giuristi alla sicurezza delle conoscenze storiche. Il campo storiografico ispano-portoghese non è propriamente attraversato da questo tipo di distribuzione dei ruoli. Il modello di una storia politica fondata sull'uso molteplice delle fonti giuridiche, socio-economiche e simboliche dell'autorità è proprietà di nessuno. Lo studio dell'economia familiare delle case aristocratiche, l'analisi sociale del potere urbano o delle giurisdizioni signorili, la prosopografia dei membri dei consigli e dei tribunali, e la riscoperta della cultura politica al tempo dello ius comune, tutti questi itinerari convergono fortemente. I materiali mobilitati sono straordinariamente diversificati, dai protocolli notarili ai memoriali dei consigli, dalle prediche domenicali alle allegazioni degli avvocati, dalla letteratura alle contabilità dei contratti del re. Sarebbe dunque ingenuo pensare che la storia politica rinnovata si scrive oggi sulle macerie della storia economica e sociale.
Il dibattito sul concetto di Stato moderno non può servire come discriminante assoluto tra gli uni e gli altri. L'autore di queste righe non ha nascosto la propria adesione al tipo di storia della politica dell'epoca moderna della Spagna e del Portogallo che elude questo concetto, decisamente indebolito. Ma l'essenziale è forse altrove. Per chi è cresciuto e si è formato in Francia, bisogna confessare che il viaggio attraverso la storiografia spagnola e portoghese produce un forte spaesamento. L'idea che la validità dei concetti di Stato e di nazione possa essere criticata nel discorso della storia moderna, e che questi monumenti della cultura politica francese siano incrinati è conturbante. La necessità dell'affermazione nazionale portoghese di fronte al suo vicino orientale e l'imperativo dell'unità nazionale spagnola hanno dettato, nel secolo scorso, una storia dello Stato come l'anticamera della nazione politica192. Queste condizioni non sono svanite. Da qui il fatto che lo Stato e la nazione non si sono mai banalizzati tranne che nei breviari del nazionalismo di Salazare 193 di Franco194 e sono rimasti dei problemi. Ecco perché, c'è da temere che lo spirito critico e il gusto per il dibattito su temi essenziali manifestati in Spagna e Portogallo, vengano spiegati nel Nord Europa in riferimento all'eterno ritardo iberico, questo ripetuto fallimento sulla via della perfezione nazionale-statale. Sarebbe invece un grave errore attribuire il fecondo sospetto di cui sono capaci gli storici della penisola iberica sia ad una frustrazione in termini di convergenza europea, sia al teatro d'ombre della corruzione politica.
Studi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36
Jean-Frédéric
Schaub , La penisola iberica nei secoli XVI e XVII: la
questione dello Stato
176 Ho recentemente trattato dell'argomento in J.-F. Schaub, La crise hispanique de 1640. Le modèle des « révolutions périphériques» en question (note critique), in « Annales. Histoire, Sciences Sociales» , 1994, 1, pp. 219-239; mi limiterò quindi a citare le opere piú importanti e a segnalare le nuove pubblicazioni.
177 M. Sánchez, Dinasty, State and Diplomacy in the Spain of Philip III, Baltimore, The John Hopkins University, 1988 (dattiloscritto).
178 Una eccellente miniera di testi sulla struttura imperiale della monarchia ispanica in Governare il mondo. L'impero spagnolo dal XV al XVI secolo, cit.; cfr. anche il volume già citato, A. Iglesia Ferreirós, dir., Centralismo y autonomismo en los siglos XVI-XVII.
179 E. Jarque, J. Antonio Salas, Las alteraciones de Zaragoza en 1591, Zaragoza, Astral, 1991; M. Garcia Rivas, La « invasión» de Aragón en 1591. Una solución militar a las allteración del reino, Zaragoza, Departamento de Cultura y Educación, 1992; G. Colás Latorre, J. A. Salas Ausens, Aragón en el siglo XVI. Alteraciones sociales y conflicto político, Zaragoza, Universidad de Zaragoza, 1982. Per quanto riguarda il processo di abbandono della costituzione del regno d'Aragona, M. Ortega López, La observación del reino de Aragón por el Consejo Supremo de Aragón durante el siglo XVII, in « Manuscrits» , 7, 1988, pp. 51-69; Id., El Consejo Supremo de Aragón y la supervisión de la justicia en el reino aragonés durante el siglo XVII, in « Manuscrits» , 8, 1990, pp. 139-162.
180 J. H. Elliot, R. Villari, A. M. Hespanha et al., 1640: la monarquía hispánica en crisis, Barcelona, Crítica, 1992; numero speciale La crisis hispánica de 1640della rivista « Cuadernos de Historia Moderna» , 9, 1991; tavola rotonda Europa i Catalunya el 1640. 350 anys de la revolucio catalana, in « Manuscrits» , cit.; M. A. Pérez Samper, Catalunya i Portugal el 1640. Dos pobles en una cruïlla, Barcelona, Curial, 1992; W. Thomas, B. de Groof, eds., Rebelión y Resistencia en el mundo Hispánico del siglo XVII, Louvain, Leuven University Press, 1992.
181 A. de Oliveira, O âmbito do poder e da oposiçâo em Portugal ao tempo da uniâo com Espanha (1580-1640), in W. Thomas, B. de Groof, eds., Rebelión, cit., pp. 79-94; F. J. Bouza Alvarez, Primero de diciembre de 1640: ¿ una revolución desprevenida?, in « Manuscrits» , 9, enero 1991, pp. 205-225; Id., 1640 perante o Estatuto de Tomar. Memória e Juízo do Portugal dos Felipes, in « Penélope. Fazer e desfazer a história» , 9-10, 1993, pp. 17-27.
182 R. García Carcel, Pau Claris: la revolta catalana, Barcelona, Ariel, 1985; E. Serra, dir., La revolucio catalana de 1640, Barcelona, Crítica, 1991.
183 E. Salvador Esteban, Poder central y poder territorial. El Virrey y las Cortes en el Reino de Valencia, in « Estudis. Revista de Historia Moderna» , 12, 1985-86, pp. 9-27; M. Rivero Rodríguez, Doctrina y práctica política en la Monarquía hispánica; las instrucciones dadas a los virreyes y gobernadores de Italia en los siglos XVI y XVII, in « Investigaciones Históricas» , 9, 1988, pp. 197-213.
184 Per una visione piú completa dell'inserimento del regno d'Aragona nella monarchia, si veda X. Gil Pujol, De las alteraciones a la estabilidad: corona, fueros y política en el Reino de Aragón, 1585-1649, Barcelona, Universitat de Barcelona, 1989, tesi di dottorato. Per il Regno di Valencia, A. Felipo Orts, El centralismo de nuevo cuño y la política de Olivares en el País Valenciano, 1988; J. Casey, La república de Valencia y la Monarquía Universal, in J. H. Elliot, A. García Sanz, eds., La España del conde-duque de Olivares, Valladolid, Universidad de Valladolid, 1991, pp. 603-617. Sulla Catalogna, J. L. Palos Peñarroya, Catalunya a l'imperi dels Austria: la práctica de govern (segles XVI i XVII), Lérida, Pagès, 1994. Il caso della Navarra, A. Floristán Imízcoz, La monarquía y el gobierno del Reino de Navarra (1512-1808), Pamplona, Gobierno de Navarra, 1989. Le regole del gioco per il Portogallo furono fissate dalle Cortes de Tomar, si veda F. Bouza Alvarez, Portugal en la Monarquía hispánica (158é-1640). Felipe II, las Cortes de Tomar y la génesis del Portugal católico, Madrid, Universidad Complutense, 1987 (dattiloscritto).
185 J. Romero Magalhaês, Filipe II (I de Portugal), in J. Mattoso, ed., História de Portugal, vol. III, cit., 1993, p. 568.
186 A. Isabel Buescu, O Milagre de Ourique e a História de Portugal de Alexandre Herculano. Uma polémica oitocentista, Lisboa, Inic, 1987; F. Bethencourt, D. Ramada Curto, eds., Portugal: mitos revisitados, Lisboa, Ediçoês Salamandra, 1993; Dossier Os nossos heróis sulle grandi figure della memoria portoghese nel n. 8 della rivista « Penélope. Fazer e desfazer a história» , 1992; Dossier coordinato da R. García Carcel sui nazionalismi di Spagna nel n. 12, 1993 della rivista « Manuscrits» . Piú in particolare sui processi di falsificazione, si veda J. Caro Baroja, Las falsificaciones de la Historia (en relación con la de España), Barcelona, Seix Barral, 1992. In questa linea, R. García Carcel, La leyenda negra: historia y opinión, Madrid, Alianza, 1992. Dopo i numerosi e coraggiosi lavori di Julio Caro Baroja, Antonio Elorza, Javier Corcuera ed altri, si veda sul tema della costruzione della differenza etnica basca e la sua proiezione retrospettiva nella storia, J. Aranzadi, J. Juaristi, P. Unzueta, Auto de terminación, Madrid, El País Aguilar, 1994.
187 P. Cirujano, T. Elorriaga, J. S. Pérez Garzón, Historiografía y nacionalismo español, 1834-1868, Madrid, Centros de Estudios Históricos, 1985.
188 X. Torres i Sans, Nacions sense nacionalisme: Pátria i patriotisme a l'Europa de l'Antic Régim, in « Recerques» , 28, 1994, pp. 83-89.
189 F. Bethencourt, Sociogénese do sentimento nacional, in A Memoria da Naçâo, cit., p. 503.
190 F. Bouza Alvarez, Entre dos reinos, una patria. Fidalgos portugueses en la Monarquía Hispánica despues de 1640, in « Estudis. Revista de Historia Moderna» , 20, 1994 (in corso di stampa). Ringrazio l'autore che mi ha permesso di consultare il testo.
191 B. Clavero, Historia y antropología: hallazgo y recobro del Derecho Moderno, in Tantas Personas como Estados, Madrid, Tecnos, 1986, pp. 27-52.
192 B. Clavero, Debates historiográficos en la historia de las instituciones políticas, in Aa.Vv., Problemas actuales de la Historia, Salamanca, Universidad de Salamanca, 1993, pp. 199-209.
193 L. de Reis Torgal, Acerca do significado sociopolitico da « Revoluçâo de 1640» , in « Revista de historia das Ideias» , 6, 1984, pp. 301-319.
194 A. Sopeña Monsalve, El florido pensil. Memoria de la escuela nacionalcatólica, Barcelona, Crítica, 1994.