Il lavoro contribuisce alla sistemazione della complessa tradizione
testuale dell'opera di Sennuccio del Bene, cui sono attribuiti con certezza
14 componimenti (8 sonetti, 3 canzoni, 2 ballate e una lauda).
Alla ricostruzione delle relazioni di Sennuccio del Bene con gli intellettuali
e i poeti del suo tempo è dedicato il primo capitolo, nel quale
sono passate in rassegna le testimonanze certe di una corrispondenza amicale
e poetica con Petrarca e i più labili indizi di contatti che egli
ebbe con Dante e Boccaccio.
Il del Bene appare quindi singolare personaggio, che visse con Dante l'età
degli esilii e delle speranze politiche ma condivise il tempo di Petrarca
e vide gli inizi della vocazione poetica di Boccaccio.
Il secondo capitolo è dedicato alla presentazione e alla descrizione
dei testimoni: si tratta di oltre 40 manoscritti dei secc. XIV- XVII, quasi
tutti codici- zibaldone della lirica italiana, nei quali si leggono, insieme
a Dante, i poeti toscani del Duecento e del Trecento.
L'analisi dei caratteri esterni ed interni dei manoscritti, l' esame del
contenuto dei codici e della sua disposizione in sequenze, lo studio delle
didascalie, delle attribuzioni e delle scritture marginali hanno consentito,
fin da questa fase, di avanzare una prima classificazione dei testimoni.
Questo lavoro complessivo di osservazione esterna ed interna è stato
compiuto per la prima volta; le precedenti edizioni infatti sono tutte
insoddisfacenti da questo punto di vista. Nelle ricostruzioni critiche
di Szombathely, Cuomo e Silvestro (M. Szombathely, Le rime di Sennuccio
del Bene, Bologna - Trieste 1925; A.M. Cuomo, Le rime di Sennuccio
del Bene, Salerno 1927; A.L. Silvestro, Sennuccio del Bene,
Catania 1931 ) non vengono indicati i criteri ecdotici né le fonti
utilizzate. L' edizione Altamura ( A. Altamura, Il canzoniere di Sennuccio
del Bene, Napoli 1949 ) utilizza solo 36 testimoni e il lavoro classificatorio
è molto carente sia per la esiguità dei manoscritti utilizzati,
tra i quali non figurano molti codici di grande importanza, sia per l'approssimazione
dell'analisi testuale.
Alcune delle conclusioni cui l'autore perviene nell'analisi dei rapporti
tra i manoscritti sono poco convincenti e basate su scarsi riscontri testuali
mentre la scelta dei codici e delle varianti appare a volte determinata
da una propensione del gusto più che dall'evidenza testuale.
L'edizione Corsi ( Rimatori del Trecento, a cura di G. Corsi, Torino
1969 ) ha il merito di ampliare il numero dei testimoni, citandoli di fatto
tutti. Il lavoro, limitato a 11 componimenti, consiste nel raffronto tra
il testo Altamura e i codici da lui non utilizzati, con un risultato di
pregio, grazie al quale il testo acquista una leggibilità sconosciuta
all'edizione precedente.
Il terzo capitolo è dedicato all'analisi dei testi, il cui esame
conferma e rafforza la classificazione dei testimoni già proposta
sulla base dell'analisi dei codici e ne precisa meglio la natura.
L'edizione delle rime è condotta singolarmente e con metodi diversi
in ragione della diversa tradizione testuale 2: dei
tre sonetti in tradizione unitestimoniale è stato stampato il testo
dell'unico manoscritto, emendato dai gravi guasti e liberato dalla veste
linguistica settentrionale.
Per le rime IV, V, VI, VII, IX, X e XI è stato utilizzato sostanzialmente
il metodo di Lachmann, essendo possibile risalire a stemmata attendibili
sulla base dei rilievi testuali, o almeno alla ricostruzione di una chiara
configurazione dei testimoni.
Nel caso della canzone VIII lo stemma è stato ricostruito
solo per i rami bassi e il testo pubblicato è quello di uno dei
rami della tradizione, giudicato il migliore.
Per il sonetto in risposta al petrarchesco Sì come il padre del
folle Fetonte, proprio quest'ultimo si è rivelato preziosa fonte
indiretta, e per il sonetto XIV è stata seguito l'autografo petrarchesco
di Vat. lat. 3196.
Per la canzone XII sono stati individuati due stadii redazionali, dei quali
non sembra possibile precisare la natura ( varianti d'autore, interpolazioni,
doppio originale ).
La veste linguistica segue di norma il manoscritto Laurenziano XL 46 del
secolo XIV che riproduce sistematicamente i tratti del fiorentino del Trecento.
L'apparato critico, posto dopo il testo, è negativo.
1 La tavola che segue riproduce la sequenza in cui sono state ordinate le rime nella tesi di laurea in oggetto:
I L' alta bellezza tua è tanto nova
II O salute d'ogni occhio che ti mira
III Non si potria compiutamente dire
IV Mirando fiso nella chiara luce
V Era nell'ora che la dolce stella
VI Amor così leggiadra giovinetta
VII Sì giovin bella sottil furatrice
VIII Da poi ch'i' ho perduta ogni speranza
IX Punsemi il fianco amor con nuovi sproni
X Amor tu sai ch'i' son col capo cano
XI La Madre vergin dolorosa piange
XII Quand'uom si vede andare in ver la notte
XIII La bella Aurora nel mio orizzonte
XIV Oltra l'usato modo si rigira
Stefania Di Nuzzo