Silvia Dominici , Un giornalista tra le due guerre: F.Paoloni dal socialismo « evangelico » al fascismo
4. Paoloni lasciava a Trieste, oltre che una situazione finanziaria personale disastrosa116, il quotidiano « Era nuova» con un bilancio in forte passivo, non coperto neppure dal valore del macchinario. Trattative intraprese per costituire una società di emissione di azioni per tacitare i creditori erano in corso, mentre già era stabilito che le attrezzature sarebbero state rilevate dal « Popolo di Trieste» . 117Era rientrato a Roma, come redattore romano del « Popolo d'Italia» 118 e con l'obiettivo dichiarato di lavorare molto per appianare i debiti contratti e acquisire una posizione finanziariamente tranquilla. Era vicedirettore del quotidiano « Nuovo paese» , collaborava al « Piemonte» , a « Italie Nouvelle» e scriveva articoli per molte altre riviste, tra le quali « Critica fascista» e « Echi e commenti» .119
Con il ritorno a Roma iniziava dunque la faticosa ricerca di uno spazio e di un riconoscimento da parte dei suoi antichi colleghi e da parte dello stesso Mussolini120. L'occasione propizia sembrava profilarsi, come già nel 1917, con la proposta di una edizione romana del « Popolo d'Italia» . In un primo tempo Paoloni non si era mostrato favorevole, ma poi chiedeva all'amico Morgagni di interessarsi per fargli ottenere l'incarico di caporedattore, secondo quanto gli aveva prospettato d'altra parte lo stesso Morgagni. Questa nuova possibilità di lavoro vanificava un tentativo « già molto avanzato» , di fondare e dirigere un giornale nel Mezzogiorno di cui, affermava Paoloni, « sento il bisogno per controbatterne due avversi e dannosi - in sostituzione del "Nuovo Paese"» . Specificava inoltre che aveva parlato con Arnaldo Mussolini per ottenere un incarico che non fosse di importanza inferiore a quello di redattore-capo ricoperto nell'edizione romana del 1918 e ricordava all'amico, perché intercedesse in suo favore, di essere stato già direttore di un quotidiano e vicedirettore e articolista del « Nuovo paese» . 121Le richieste di Paoloni non vennero completamente soddisfatte, al termine infatti dell'edizione romana non gli fu riconosciuto il ruolo di redattore-capo e venne liquidato come semplice redattore122.
L'edizione romana del « Popolo d'Italia» fu un'altra volta dunque un'esperienza breve, che costrinse Paoloni a trovarsi presto nel panorama del giornalismo fascista una diversa collocazione, che egli avrebbe preteso adeguata ai ruoli che aveva fino a quel momento ricoperto; lungo tutto il 1926 le lettere all'amico milanese dimostrano un vivo interesse per i mutamenti delle condizioni del mercato editoriale. Era riuscito comunque a entrare nel mondo delle assicurazioni, dopo aver chiesto insistentemente un incarico per sé e per i figli123.
Nel già citato promemoria del 1926 inviato a Morgagni, Paoloni ripercorreva i momenti salienti della sua carriera giornalistica, passando in rassegna fin nei dettagli tutte le somme perdute o mai ricevute dalle redazioni dei periodici che aveva fondato o per cui aveva collaborato. È impossibile ricostruire nel loro complesso i numerosi articoli di Paoloni apparsi tra il 1924 e il 1927124; si era specializzato tuttavia nei commenti di politica interna, soprattutto durante e dopo la crisi del 1924, come si vedrà in seguito, e in interventi sulle grandi riforme istituzionali.
Insieme all'attività in campo giornalistico, cresceva l'impegno sindacale di Paoloni negli organismi che il regime modificava o creava ex novo 125. Fu tra i componenti del comitato ordinatore del Sindacato nazionale giornalisti fascisti all'assemblea costitutiva del gennaio 1924, e, dopo l'assorbimento della Federazione della stampa nel 1927, divenne il segretario responsabile di Roma e in quella veste membro del direttorio del sindacato126. In seguito al trasferimento a Napoli e alle dimissioni del segretario regionale del sindacato di quella regione, on. L. Lojacono, assunse la carica di commissario straordinario per la Campania127. Fece anche parte del consiglio generale dell'Istituto di previdenza dei giornalisti128.
La partecipazione alle organizzazioni sindacali, pur nella loro funzione di supporto al rafforzamento delle strutture del regime129, offriva a Paoloni una tribuna ufficiale per i suoi interventi in merito alle discussioni sul ruolo dei giornalisti nel nuovo Stato fascista, soprattutto in confronto alla libera stampa dei paesi democratici. Egli affermava che il merito del fascismo era stato quello di aver liberato l'editoria dalla dipendenza da quei gruppi finanziari che in regime liberale costringevano la stampa nei limiti della difesa di interessi di parte e che diffondevano un giornalismo che suscitava nei lettori sentimenti di odio, violenza e divisione130. Inveiva contro « certe forme di giornalismo» che rappresentavano un « avvelenamento del popolo» e richiamava la necessità del controllo della formazione « spirituale e fisica» del popolo da parte dello Stato fascista, in nome di un'aspirazione totalitaria sull'educazione degli italiani volta a divenire moralmente ineccepibile in ogni campo della vita131, secondo la nuova « missione» affidata da Mussolini ai giornalisti132.
Anche in questo caso, Paoloni non stabiliva una cesura netta con la sua militanza socialista e recuperava il concetto di missione nel senso di opera di educazione delle masse; in un articolo di commento al libro di Pini e Bresadola, Libro e moschetto, operava una ricostruzione della nascita del fascismo istituendo una continuità tra l'opera di educazione popolare svolta dal socialismo fino alla prima guerra mondiale e il fascismo stesso, sia pure con la mediazione del sindacalismo rivoluzionario e del nazionalismo:
Sta di fatto che il socialismo in quei primi tempi di apostolato forma la coscienza unitaria del proletariato italiano che rappresenta la grande maggioranza della Nazione; lo redime dalla schiavitú [...], ne promuove l'elezione morale e materiale. L'antisocialismo è in gran parte niente altro che egoismo gretto di una borghesia non piú patriottica ed incosciente dei suoi distinti diritti e doveri. Socialismo e antisocialismo degenerano a loro volta nella piccola politica parlamentare. Dalla degenerazione socialista sorge per reazione il Sindacalismo rivoluzionario; dalla degenerazione borghese il nazionalismo. Con lo scoppio della guerra [...] queste forze reattive si congiungono nel movimento rigeneratore: il Fascismo133
.
Anche il socialismo dunque aveva mutato la sua natura, secondo Paoloni. Dalla stagione dell'apostolato infatti sarebbe passato a « politicantismo parlamentaristico» , e le questioni « materialistiche» avrebbero prevalso su quelle etiche134. Gli esiti dell'antiparlamentarismo di Paoloni possono essere riletti dunque alla luce di quella che è stata definita la « complementarità» fra questione nazionale e questione sociale operata dal fascismo135, là dove negli interventi di Paoloni sembra prevalere, rispetto alla nazione, una maggiore attenzione prestata agli aspetti sociali, tendenza attribuibile certamente alla precedente fede politica.
Gli stessi concetti Paoloni aveva già elaborato negli anni precedenti. In particolare durante i mesi della crisi Matteotti, egli era intervenuto piú volte nella riflessione sulla natura della dottrina fascista, e aveva individuato nel fascismo un superamento dello « Stato di classe della borghesia» e dello « Stato di classe del proletariato» , espressioni rispettivamente del liberalismo e del socialismo, per la creazione dello « Stato nazionale» . Solo una radicale riforma delle istituzioni, come andava scrivendo da anni, ne avrebbe tuttavia garantito il successo e la conservazione, al riparo di ogni revisionismo o estremismo. Questi articoli erano concepiti in un periodo di profonda crisi per il governo di Mussolini e per il fascismo, crisi non misconosciuta neanche da Paoloni, che tuttavia si affrettava dal « Popolo d'Italia» ad addebitarne le cause alle opposizioni, mentre da una tribuna piú pacata e soprattutto ancora pluralista come « Echi e commenti» , insisteva sulla necessità di diffondere uno stesso orientamento in tutto il partito, consentendo la pacificazione voluta da Mussolini, per non spingere l'Italia in un clima simile a quello del '19-21136.
Tuttavia, piú che soffermarsi sui contenuti dei suoi interventi pubblici, caratterizzati come si è accennato in piú occasioni da una certa ripetitività e senza mutamenti sostanziali dopo il primo periodo di formazione, la ricostruzione della carriera di Paoloni consente di verificare l'itinerario di un « impiegato» del regime137. Mentre collaborava ai diversi periodici che si sono indicati, al « Popolo d'Italia» come redattore e lavorava nelle assicurazioni, ancora nel 1927 le richieste agli amici piú potenti per una « sistemazione adeguata» erano molto pressanti138.
La nomina a condirettore del « Mattino» insieme a Sansanelli, avvenuta nel marzo 1928 nel contesto della fascistizzazione e della ristrutturazione finanziaria del giornale, sembrava rappresentare finalmente un riconoscimento da parte del regime della lunga carriera giornalistica di Paoloni139. L'incarico tuttavia ebbe vita breve, poiché venne assunto da Luigi Barzini già alla fine del 1931140: Paoloni non seppe darsi una ragione dell'allontanamento dal quotidiano, nonostante questo avesse registrato un certo incremento delle vendite141. Già dal primo anno del nuovo incarico ebbe tuttavia degli attriti e delle difficoltà con alcuni esponenti di spicco del turbolento ambiente fascista napoletano - di cui ebbe a lamentarsi anche con Mussolini142 -, dove fazioni legate a varie personalità ingaggiavano sorde lotte per il controllo sulla città, e anche, sembra, contro la sua presenza al giornale143.
Nel frattempo però Paoloni era riuscito ad assicurarsi un posto nelle liste dei deputati eleggibili alla Camera. Si stava verificando quella riforma del sistema rappresentativo che andava auspicando dal 1916, come non mancava di far notare a Chiavolini, informandolo di essere stato incluso nella lista della Confederazione professionisti ed artisti e chiedendogli di essere aiutato a raggiungere il traguardo, per non finire come una « comparsa nel listino destinata a sparire» . 144Venne infine inserito nelle liste degli eleggibili alla Camera dei deputati per la XXVIII legislatura (1929-1934); eletto anche per la legislatura seguente, ottenne poi la nomina di consigliere nazionale per la Camera delle corporazioni; avrebbe concluso la sua carriera parlamentare nel 1943 con la nomina a senatore del Regno145.
La perdita della direzione del « Mattino» determinò per Paoloni, nonostante fosse deputato ormai da due anni, l'inizio di una nuova affannosa rincorsa per ottenere un incarico degno della sua età e della sua esperienza, come le corrispondenze, sempre indirizzate all'amico Morgagni o a Chiavolini, nonché i documenti di polizia, testimoniano. Seguiva con attenzione gli avvicendamenti nelle cariche ministeriali, tanto da chiedere a Chiavolini di essere candidato anche al di fuori del giornalismo, alla Confederazione sindacati industria, o in qualche consiglio di amministrazione di aziende o enti statali o parastatali. Anche il duce veniva informato di queste richieste146, e Polverelli, in quel momento capo dell'ufficio stampa del capo del governo, si incaricava di intercedere in favore del suo vecchio collega presso Chiavolini, e questi presso Rossoni147. Paoloni chiedeva di essere nominato rappresentante del partito nella corporazione che comprendeva la pesca oppure in quella che comprendeva la canapa, e descriveva in dettaglio le proprie attività e le competenze acquisite in questi campi. Per la pesca poteva vantare, oltre al discorso programmatico pronunciato alla Camera sul miglioramento dell'economia ittica148, la collaborazione alla rivista « Italia peschereccia» e la pubblicazione di articoli sull'argomento su « L'economia italiana» ; aveva inoltre rapporti continui con i dirigenti del movimento cooperativo peschereccio campano e rappresentava l'amministrazione provinciale di Napoli al Consorzio peschereccio tirrenico, mentre era divenuto membro del comitato esecutivo del Consorzio tutela pesca della stessa regione, oltre a fondare e presiedere l'impresa campana piú grande di piscicoltura razionale, nella laguna di Patria; si interessava anche allo sviluppo della mitilicultura149.
Il giornalista vantava dunque una certa cultura industriale multiforme, coerente con il produttivismo del fascismo della prima ora che lo stesso deputato aveva contribuito a diffondere nella cultura politica del movimento150. Si era impegnato anche in esperimenti con fibre tessili in nome dell'autarchia: un suo appunto a Sebastiani sollecitava la presentazione al duce di una memoria sulle prove industriali di un processo di impiego della canapa e dei cascami su cui già due anni prima aveva fatto giungere una relazione corredata da alcuni campioni151. In nome di queste competenze chiedeva al duce un incarico direttivo alla presidenza del costituendo Ente nazionale cellulosa152.
Nonostante questi impegni, con i quali tentava di compensare la mancanza di un incarico significativo nel partito o nella burocrazia, Paoloni sembrava riservare al giornalismo le sue energie migliori. Oltre alla collaborazione ai periodici di interesse economico e commerciale cui si è accennato, si dedicò con continuità a due pubblicazioni: la rassegna quindicinale « Echi e commenti» e gli « Annali del fascismo» . La prima, fondata e diretta da Achille Loria dal 1920 al 1928, fu poi diretta fino al 1931 dal marchese R. Paolucci di Calboli Barone, e in seguito da Alberto de Marinis. La seconda, con il sottotitolo di « Rassegna universale della stampa» , si proponeva di offrire ai lettori un panorama aggiornato sui commenti agli avvenimenti politici, economici e anche culturali apparsi sulla stampa estera, con una particolare attenzione, accentuatasi negli anni, alla segnalazione delle pubblicazioni e degli articoli pubblicati all'estero sull'Italia.
« Echi e commenti» ricopriva un vasto campo di interessi, e si avvaleva della collaborazione di esperti in varie discipline; si proponeva inoltre come un utile strumento di consultazione per gli organi dell'amministrazione statale e per le sedi diplomatiche all'estero, come attestano gli ordini di abbonamento sollecitati da vari ministeri153, al fine di contribuire alla « difesa della italianità dalle insinuazioni e dai malevoli apprezzamenti della stampa estera» . 154Paoloni scrisse per la rivista dal 1924 fino al giugno del 1943, e curò per un lungo periodo la rubrica « Osservatorio» , una sorta di rassegna stampa internazionale.
Il giornale non godeva di una solida base finanziaria e aveva bisogno di regolari finanziamenti governativi, anche per pagare Paoloni155, il quale, nel 1939, stipendiato dal ministero, esprimeva angosce e perplessità nelle lettere a Morgagni in merito a una paventata chiusura di « Echi e commenti» , interrogando l'amico sui veri motivi della decisione di interrompere la pubblicazione, se si trattasse del risparmio di cellulosa oppure della difficile situazione generale156. Per mantenerlo nell'incarico si erano interessati piú volte Polverelli e anche Ciano157.
Anche l'altra rivista alla quale Paoloni collaborò senza interruzioni e che poi diresse, sopravvisse grazie a finanziamenti statali erogati con regolarità, emessi dal ministero della Cultura popolare con l'assenso dei maggiori organi dello Stato158. « Annali del fascismo» in particolare era un mensile che intendeva rappresentare la memoria storica del fascismo. In questo caso era Paoloni in prima persona a chiedere sovvenzionamenti e abbonamenti agli istituti statali, per sostenere un'opera ritenuta altamente qualificata, considerata una sorte di vetrina del regime. Il giornalista non prendeva compensi per la cura degli « Annali» , in quanto lo riteneva un incarico di prestigio, dedicandosi agli articoli celebrativi del regime con « scrupolosa diligenza» 159, fino al 1943.
5. Anche negli anni della guerra Paoloni sosteneva pienamente la politica del duce e del regime160, e sono assenti nella sua corrispondenza privata critiche, sia pure velate, o osservazioni preoccupate, sull'andamento dell'impegno bellico dell'Italia; la sua fiducia per una risoluzione vittoriosa del conflitto non sembra incrinarsi, nonostante egli avesse modo di accedere a notizie di prima mano attraverso la stampa estera che commentava criticamente nei suoi articoli. Le responsabilità della guerra erano attribuite alle « demoplutocrazie» e al loro imperialismo economico, in linea con la politica ufficiale del regime161. Una lettura della politica estera italiana a partire dal 1914 era illustrata da Paoloni in un volume dedicato alla biografia di Michele Bianchi. Le spiegazioni offerte sui motivi dello schieramento dell'Italia a fianco dell'Intesa nel '15, erano assai diverse da quelle esposte dall'autore trent'anni prima. Si nota infatti un decisivo spostamento verso le posizioni del vecchio nazionalismo: tra i moventi della grande guerra collocava ora la questione adriatica, e, mentre definiva un « grandissimo errore» le campagne contro le spese militari e le guerre coloniali nelle quali si era impegnato nel periodo prebellico, non concedeva neanche un cenno alla violenta politica antitedesca che aveva sostenuto nei suoi scritti, né si trovano cenni all'antigermanesimo che pure al tempo aveva contribuito ad alimentare162.
Paoloni d'altra parte negli anni del secondo conflitto mondiale poteva fruire di fonti costantemente aggiornate e privilegiate sulla reale situazione internazionale: dal maggio del 1942, assunto in qualità di redattore archivista, in seguito a numerosi contatti e incontri con Morgagni, divenuti piú frequenti dalla fine del '39, gli venne affidato anche l'archivio storico dell'Agenzia Stefani163. È da segnalare inoltre che Morgagni aveva affidato a Paoloni la chiave dell'archivio della Stefani che egli conservava insieme a Roberto Suster, archivio nel quale venivano collocate le comunicazioni riservate del ministero della Cultura popolare « riguardanti personalità, giornali ed agenzie, che potranno servire dopo la guerra, specie in rapporto agli atteggiamenti nei riguardi del Tripartito, dell'Italia, dei nemici» .164
Dopo il settembre del '43 la vedova Morgagni donò la Stefani a Mussolini, e neanche il trasferimento dell'Agenzia al seguito dei repubblichini di Salò interruppe la collaborazione di Paoloni, che, secondo quanto si evince dai registri contabili dell'Agenzia, continuò a lavorare per l'ufficio di Roma fino al maggio 1944, e a raccogliere una ingente quantità di materiale sulle vicende del Regno del Sud per conto della stessa, secondo un accordo stipulato con l'on. Mezzasoma165.
Gli stessi temi elaborati da Paoloni negli anni della grande guerra costituirono lo sfondo ai suoi maggiori interventi durante il ventennio; l'instaurazione del regime fascista, che Paoloni aveva condiviso nelle scelte fondamentali, oltre ad aver assicurato un proseguimento piú che dignitoso alla sua carriera professionale, aveva realizzato, come si è visto, le sue aspirazioni in campo politico. Sembra emergere tuttavia in Paoloni un senso chiaro dell'insufficienza e dell'inadeguatezza della nuova classe dirigente per la risoluzione di alcune questioni sul piano della politica interna. Si allude qui ad alcuni interventi sulla eccessiva burocratizzazione della vita pubblica, sulla struttura sindacale viziata da malintesi di fondo, sulla rotazione delle cariche pubbliche, che egli avrebbe auspicato, tutti problemi sollevati da Paoloni piú volte nel corso della sua lunga carriera166. In altri ambiti il fascismo tuttavia corrispose pienamente alle sue aspettative maturate nella crisi politica del primo dopoguerra, e che lui stesso aveva contribuito a diffondere: la riforma istituzionale dello Stato per l'abolizione del sistema parlamentare, il produttivismo e una corrispondente nuova impostazione delle questioni sindacali.
Studi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36
Silvia Dominici , Un giornalista
fra le due guerre: F.Paoloni dal socialismo « evangelico » al
fascismo
116 Ancora nel 1926 non aveva estinto i suoi debiti, e in qualità di « consigliere di amministrazione» , a differenza della redazione, non era stato indennizzato, in Paoloni a Morgagni, in data 8 novembre 1923 e « Pro-memoria» senza data (ma del 1926, come si evince da un telegramma del 16 ottobre 1926), in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39.
117 Telegramma del prefetto al sottosegretario agli Interni del 2 agosto 1923, in ACS, Gabinetto Finzi, cit. Il debito ammontava a 700.000 lire.
118 Cfr. Annuario della stampa italiana, a cura del Sindacato nazionale giornalisti fascisti, 1931-1932 IX-X, Bologna, 1932, p. 619. Per il « Popolo d'Italia» in questo periodo si veda G. Rumi, « Il Popolo d'Italia» (1918-1925), cit.
119 Cfr. « Pro-memoria» , cit. Per « Italie Nouvelle» , cfr. E. Amicucci, La stampa della Rivoluzione e del Regime, Milano, 1938, p. 28. Cfr. per la collaborazione a « Critica fascista» , G. Silvano Spinetti, Difesa di una generazione, Roma, 1948, p. 196, e la scheda in A. Vittoria, Le riviste del duce. Politica e cultura del regime, Milano, 1983; inoltre per il carattere della rivista di Bottai, L. Mangoni, Interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, Roma-Bari, 1974. Per alcune prime notazioni generali sulla rivista « Echi e commenti» , soprattutto per i collaboratori e gli argomenti trattati, A. Di Castelnuovo, Mezzo secolo di attività giornalistica, Roma, 1931, pp. 91-138.
120 Paoloni ebbe a ricordare al suo ex direttore l'amicizia e la collaborazione degli anni della guerra, e a fargli omaggio degli autografi e del materiale accumulato e conservato secondo le indicazioni fornitegli fino a quel momento dal duce; cfr. la lettera di Paoloni a Dino Alfieri sulla descrizione del materiale custodito da offrire per la mostra della rivoluzione fascista, in ACS, Alto Commissariato, tit. XVII, vol. II, in data 28 maggio 1932.
121 Paoloni a Morgagni, lettere del 10 luglio e 10 settembre 1924, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39.
122 La questione del pagamento dell'indennità divenne occasione di proteste e lamentele, tanto che Paoloni, non riuscendo ad ottenere ragione nonostante le assicurazioni di Arnaldo Mussolini, minacciava di ricorrere al collegio dei probiviri e di far valere i suoi interessi di lavoratore contro « gli speculatori del fascismo» , anche per il licenziamento di suo figlio Goliardo dal « Popolo d'Italia» . Nel frattempo era stato nominato grande ufficiale, ma deplorava che da questo riconoscimento non avrebbe ottenuto miglioramenti finanziari (lettere a Morgagni in data 11 febbraio, 1° e 4 novembre 1925, ivi).
123 Lettera a Morgagni del 7 febbraio 1926, ivi. Paoloni si informava a proposito del « Fanfulla» , e del « Mondo» , inoltre chiedeva notizie in merito a cambiamenti concernenti altre testate, in cui erano coinvolti vari personaggi tra cui lo stesso Mussolini (biglietto e lettera del 21 e 25 maggio 1926 a Morgagni, ivi).
124 Scriveva regolarmente per il « Popolo d'Italia» e per « Echi e commenti» , oltre per i periodici già citati; un suo articolo apparve anche nel quotidiano di Curzio Malaparte, « La conquista dello Stato» , dal titolo Evoluzione del sistema rappresentativo, I, 1924, n. 2. Collaborava inoltre alla « Rivista illustrata del Popolo d'Italia» , diretta da Morgagni, per la quale inviava articoli e rassegne su argomenti a volte concordati con l'amico (cfr. lettere a Morgagni del 25 settembre 1925 e 26 marzo 1926, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39).
125 Si veda Ph. V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass-media, Roma-Bari, 1975, pp. 27-36, e piú in generale, per le trasformazioni a livello istituzionale, A. Aquarone, L'organizzazione dello stato totalitario, Torino, 1965.
126 Annuario della stampa italiana 1929-1930, VII-VIII, a cura del Snfg, Milano, 1930, pp. 1061-1073; anche, « Bollettino del Sindacato nazionale fascista dei giornalisti» (d'ora in poi « Bsnfg» ), I, n. 1, 15 ottobre 1927.
127 Annuario 1929-1930, cit., e L'on. Paoloni al Sindacato dei giornalisti di Napoli, in « Bsnfg» , III, n. 10, 31 ottobre 1929.
128 Ivi, V, n. 1, gennaio 1931. Per la nascita dell'ente, presieduto da Arnaldo Mussolini, N. Tranfaglia, P. Murialdi, M. Legnani, La stampa italiana nell'età fascista, Roma-Bari, 1980, pp. 41 sgg.
129 Cfr. Ph. V. Cannistraro, La fabbrica del consenso, cit., p. 36.
130 R. De Zerbi, C. Di Marzio, Verso il giornale di Stato? Note introduttive dell'on. F. Paoloni, Roma, s.d. Per il confronto operato tra la stampa dei paesi a regime democratico e il sistema dell'Italia fascista, D. Alfieri, Stampa e propaganda in Italia (1861-1936), estratto dal volume Dal regno all'Impero, Roma, 1937. Vi furono a tratti delle discussioni piú libere sul tema, ma non si può parlare di una reale opposizione, non potendo essere definiti tali « né i conflitti di interesse tra gerarchi e tra diverse generazioni di fascisti» , né, tantomeno, « le differenze di ruolo dei giornali e le polemiche giornalistiche che costelleranno, con delimitazioni sempre piú marcate, il corso del regime» (P. Murialdi, in La stampa italiana nell'età fascista, cit., p. 36).
131 Normalizzazione, in « Echi e commenti» , n. 20, 15 luglio 1924. Paoloni plaudiva ai compiti dell'Opera nazionale balilla, perché « con questo atto il regime è totalitario, finalmente, anche nella preparazione delle nuove generazioni» ( Fare gli italiani, in « Echi e commenti» , n. 1, 5 gennaio 1928). Si vedano anche i suoi interventi critici sul concetto di « verosimiglianza» , con il quale si giustificavano testi teatrali e letterari provenienti dall'estero che egli giudicava invece profondamente immorali, in Atti parlamentari, Camera dei Deputati(d'ora in poi AP), leg. XXVIII, 1929-1934, 1ª sessione, tornata del 27 marzo 1930, e Il giornalismo in un discorso dell'On. Paoloni alla Camera, in « Bsnfg» , IV, n. 5, 31 maggio 1930. Inoltre, F. Paoloni, Il loro giornalismo e il nostro, discorso pronunciato il 13 maggio 1937, pubblicato in opuscolo a cura della Camera dei deputati, e Id., Inconvenienti del regime di « libertà di stampa», in « Echi e commenti» , n. 3, 25 gennaio 1939.
132 I vari interventi di Mussolini sul tema in E. Amicucci, La stampa della Rivoluzione e del Regime, Milano, 1938, e P. Murialdi, La stampa italiana nell'età fascista, cit., pp. 82-84 e pp. 92-96. Su questi aspetti M. Isnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari, cit., che critica l'esaltazione del presunto sacrificio imposto ai giornalisti dal regime con le limitazioni della libertà d'espressione, in quanto essi erano funzionari del regime al pari di altre categorie (pp. 186-199).
133 Da Libro e moschetto, in « Echi e commenti» , n. 9, 25 marzo 1928.
134 In F. Paoloni, Michele Bianchi nella storia del fascismo, Milano, 1940, pp. 35 e 69-70.
135 E. Gentile, La nazione del fascismo. Alle origini, cit., p. 842.
136 Cfr. editoriale di F. Paoloni, Bisogna precisare, in « Il Popolo d'Italia» , 30 novembre 1924, e Riordinamento del partito fascista, in « Echi e commenti» , n. 10, 4 aprile 1924; La crisi fascista, ivi, n. 18, 25 giugno 1924, La normalizzazione, ivi, cit., e, per lo « Stato nazionale» , Fascismo e dottrina, ivi, n. 11, 15 aprile 1925.
137 Cfr. M. Isnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari, cit., e G. Turi, Le libere professioni nello Stato fascista, in « Passato e presente» , 1994, n. 31, pp. 61-89, nel quale si sofferma ad analizzare il processo di inserimento dei ceti intellettuali, anche da un punto di vista formale, nella saldatura tra società e Stato operata dal fascismo, con una breve rassegna degli studi sul tema. Esclude volutamente dalla ricerca però i giornalisti, in quanto tra i ceti medi furono coloro che per primi dovettero rinunciare alla libertà professionale (ivi, p. 66).
138 Cfr. lettera a Morgagni del 25 novembre 1927, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39.
139 Si vedano i messaggi di saluto a Mussolini e Turati di Sansanelli e Paoloni in « Il Mattino» , 7-8 marzo 1928 e i telegrammi del 6 marzo di Sansanelli-Paoloni e di Forster, che lasciava il giornale, a Mussolini, in ACS, SPD, c.r., b. 9, fasc. « Il Mattino-Scarfoglio» . Inoltre Annuario della stampa, 1931-1932, cit., pp. 195-196 e 619, che retrodata l'assunzione della direzione al 1927. Per le intricate vicende del cambio di proprietà e di gestione del « Mattino» , cfr. F. Barbagallo, Il « Mattino» degli Scarfoglio (1892-1928) , Milano, 1979; V. Castronovo, La stampa italiana dall'unità al fascismo, cit. Inoltre un cenno a Paoloni definito « colonna del giornale» in una scheda sul « Mattino» di questo periodo, in P.G. Zunino, L'ideologia del fascismo, cit., p. 412.
140 Biglietto di Barzini a Mussolini del 31 dicembre 1931 e risposta del duce del 5 gennaio 1932, in ACS, SPD, c.r., b. 9, cit.
141 Lettera del 20 luglio 1932 di Paoloni a Chiavolini, in ACS, SPD, Carteggio ordinario 1922-1943, b. 712, fasc. 210.501. Paoloni aveva esposto anche al duce i risultati positivi della gestione del « Mattino» a sei mesi dal suo insediamento (ivi, 13 settembre 1928).
142 Alcune udienze al duce furono richieste proprio per affrontare i problemi del fascismo napoletano (lettere del 5 marzo 1930 e 2 aprile 1930, ivi).
143 Cfr. lettera di Paoloni inviata a Turati e a Bianchi del 7 febbraio 1929, nella quale il direttore del « Mattino» denunciava di vedere « insidiata» la sua posizione a Napoli, e non da Sansanelli, che considerava un suo amico fidato, ivi. Sul fascismo napoletano, dilaniato dalle lotte tra gli amici di Preziosi e dell'on. Tecchio, alle quali non sarebbe stato estraneo Sansanelli, le note in ACS, Partito nazionale fascista, Situazione politica ed economica delle province, Napoli, b. 9. La nomina di Barzini a direttore del « Mattino» vanificava le attese degli amici di Preziosi che avevano sperato in una valorizzazione del loro capo dopo la « liquidazione» di Paoloni (nota del 18 gennaio 1932, ivi).
144 Lettere del 6 e 14 febbraio 1929 e le « suppliche» a Augusto Turati e Michele Bianchi del 7 febbraio 1929, in ACS, SPD, c.o., b. 712. Dal « Mattino» intanto aveva elogiato la riforma adottata dal regime, secondo lo schema interpretativo già illustrato altrove, cfr. gli articoli citati in P. G. Zunino, L'ideologia del fascismo, cit., pp. 114 e 211.
145 Per la nomina, decreto reale del 6 febbraio 1943, pubblicato sulla « Gazzetta ufficiale» del 9 febbraio 1943, n. 32, p. 506. Anche ACS, Presidenza del Consiglio dei ministri, Gabinetto(d'ora in poi PCM, Gab.), 1940-1943, fasc. 1/5.2.
146 Lettere del 20 e 25 luglio 1932 e del 22 giugno 1934, in ACS, SPD, c.o., b. 712, fasc. 210.501.
147 Polverelli scriveva a Chiavolini che nel campo giornalistico non era possibile impiegare Paoloni, e che soltanto grazie all'interessamento di S. Lojacono era riuscito ad assicurargli una collaborazione fissa all'« Economia italiana» , in data 4 agosto 1932, ivi, e lettera del 13 agosto 1932 di Chiavolini a Rossoni, ivi. Paoloni si dilungava nelle lettere con dettagli e particolari riguardanti la vita della sua famiglia tesi a giustificare l'insistenza delle proprie richieste: al sostentamento della madre anziana e dei due figli studenti provvedeva per un terzo con l'indennità parlamentare; per un altro terzo con la rubrica fissa che curava per la rivista « Echi e commenti» , stipendio rilasciato peraltro, come si vedrà, dall'ufficio stampa del capo del governo, e poi ancora con il residuo (lire 30.000) di indennità professionale e altre entrate che provenivano da vari articoli, che però non riusciva a scrivere in numero superiore a tre o quattro al mese (lettera a Polverelli del 22 giugno 1934, ivi. Anche, ACS, MI, Divisione polizia politica, sc., 76, fasc. « Paoloni Francesco» , 28 aprile 1934).
148 Si veda AP, leg. XXVIII, 1ª sessione, tornata del 23 febbraio 1933.
149 Lettera autografa a Polverelli del 22 giugno 1934, cit.
150 Aveva fatto parte del comitato centrale dei Consigli tecnici nazionali. Presiedeva tra l'altro la Società anonima industrie marittime ed affini, mentre aveva assunto funzioni direttive presso la Società editrice Rispoli; faceva inoltre parte da tre mesi del consiglio d'amministrazione dell'Unione esercizi elettrici di Roma. Era consigliere della federazione dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti « Arnaldo Mussolini» (cfr. F. Paoloni, Sistema rappresentativo del fascismo , cit., pp. 15-17 e 22, e ACS, MI, Divisione polizia politica, sc. 76, fasc. « Paoloni Francesco» ).
151 ACS, SPD, c.o., b. 712, fasc. 210.501, in data 16 gennaio 1935.
152 Ivi, in data 9 maggio 1935 e telegramma di ricevimento dell'Uff. di Sebastiani del 10 maggio 1935.
153 Per esempio note del 15 dicembre e del 10 novembre 1923, in ACS, PCM, Gab., 1928-1930, fasc. 3.2.6.11596. Conobbe inoltre una diffusione nelle colonie, secondo un appunto del sottosegretario per le colonie del 19 settembre 1928, ivi. Cfr. A. Di Castelnuovo, Mezzo secolo di attività giornalistica, cit.
154 Da un dispaccio circolare del ministero degli Esteri inviato a tutte le ambasciate e legazioni del regno d'Italia del 10 febbraio 1923, ACS, PCM, Gab., 1928-1930, fasc. 3.2.6.11596. Queste caratteristiche generali sono valide soprattutto per i primi anni della rivista; con la fascistizzazione progressiva della stampa la rassegna, dopo aver eliminato alcune rubriche piuttosto vivaci come quella dal titolo « I partiti politici italiani» , rinunziava alla pluralità dei diversi contributi, per divenire piuttosto scialba e scarna negli anni Trenta, anche nella veste grafica e nel numero degli interventi.
155 Lettera a Polverelli del 7 gennaio 1933, in ACS, Ministero della Cultura popolare, Gabinetto(d'ora in poi MCP, Gab.), b. 13, fasc. « Echi e commenti» ; inoltre, cfr. lettera di Paoloni del 21 gennaio 1933, e le ricevute degli assegni, ivi. La rivista ottenne in seguito altre sovvenzioni straordinarie dal duce (comunicazioni dell' 11 e 12 gennaio 1939, ivi).
156 Lettera del 20 luglio 1940, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani , b. 39. Si veda inoltre la lettera di Paoloni a Luciano del 25 settembre 1939 e la risposta tranquillizzante di Luciano del 28 settembre in ACS, MCP, Gab., b. 13, fasc. « Echi e commenti» .
157 Lettera di Paoloni a Morgagni del 5 luglio 1940, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39.
158 Si veda la corrispondenza tra Alfieri, il capo della polizia Bocchini, Luciano e Paoloni, in ACS, MCP, Gab., b. 2, fasc. « Annali del fascismo» .
159 In due lettere di Rispoli a Alfieri e Luciano, in data dicembre 1938, ivi, e di Paoloni a Luciano del 25 settembre, cit. Non interruppe la collaborazione se non durante una grave malattia nel 1940, cfr. lo scambio epistolare tra Paoloni a Morgagni del 3 aprile 1940, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39, e Note del bimestre Dicembre 1939-Gennaio 1940, in « Annali del fascismo» , 1940, n. 2.
160 La rivista mensile aveva assunto il sottotitolo di « Rassegna cronistorica degli avvenimenti interni ed internazionali e dei provvedimenti del regime, annotata e illustrata» , e assumeva un carattere da bollettino del regime, con la pubblicazione dei discorsi e dei documenti ufficiali del mese precedente. Per articoli e relazioni sull'argomento propaganda Paoloni si consultava con il suo amico Morgagni, lettera del 14 febbraio 1942, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39. Per il sostegno al duce si veda L. Passerini, Mussolini immaginario, Roma-Bari, 1991, e A. M. Imbriani, Gli italiani e il duce: il mito e l'immaginazione di Mussolini negli ultimi anni del fascismo 1938-1943, Napoli, 1992. Per l'immagine del duce sulla stampa, gli esempi riportati da M. Isnenghi in L'educazione dell'italiano. Il fascismo e l'organizzazione della cultura, Bologna, 1979, pp. 118-135, e l'introduzione.
161 Per esempio, gli articoli Precisazioni opportune sulla guerra, 20 ottobre 1939; Ciò che interessa, 25 agosto 1939; Responsabilità di fronte alla storia, 20 gennaio 1941, fino a O dare alla vittoria o dare al bolscevismo, 20 giugno 1943, in « Echi e commenti» . Anche, « Annali del fascismo» , le note al n. 7 del giugno 1940. Paoloni scriveva a Sebastiani per far giungere al duce parole di solidarietà per la politica internazionale intrapresa, come già ai tempi della guerra europea (autografa del 23 dicembre 1940, in ACS, SPD, c.o., cit.).
162 Cfr. F. Paoloni, Michele Bianchi nella storia del fascismo, cit., pp. 79-80. D'altra parte gli stessi scritti irredentisti del Mussolini socialista, testimonianze del suo antigermanesimo, sarebbero risultati poi introvabili (cfr. G. Dorso, Mussolini alla conquista del potere, cit., pp. 50-59).
163 Si veda la fitta corrispondenza in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39, e il certificato di lavoro rilasciato il 7 maggio 1942 in ACS, Ufficio liquidazione-Agenzia Stefani, b. 86.
164 Autografa di Morgagni, senza data, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39.
165 Si veda il verbale della riunione della commissione transazione ex dipendenti del 30 giugno 1950, in ACS, Ufficio liquidazione-Agenzia Stefani, b. 10, e i prospetti retributivi dell'ufficio di Roma, ivi, b. 8. L'incarico ebbe termine ufficialmente il 30 settembre 1943, come si evince da una dichiarazione di Paoloni, ivi, b. 33. Si vedano gli appunti di Roberto Suster, presidente della Cooperativa di lavoro del personale dell'Agenzia Stefani, del 30 luglio 1949, ivi, b. 16, e la lettera dello stesso al presidente del consiglio d'amministrazione dell'agenzia, ivi, b. 10, fasc. 8; inoltre, ivi, b. 26, fasc. « Dott. Roberto Suster» . Paoloni dopo la guerra divenne membro del Terz'ordine francescano e trascorse gli ultimi anni della sua vita in una casa di riposo a Roma, dove si spense nel 1956, secondo le notizie fornite dalla famiglia.
166 Cfr. per esempio la discussione sostenuta da Paoloni in occasione della costituzione dei consorzi volontari e la sua insistenza sulla necessità di distinguere nettamente il corporativismo da ogni forma di « monopolismo» , tendenza che a suo parere rischiava di imporsi, in AP, leg. XXVIII, 30 aprile 1932, pp. 6754-6759, e la discussione sull'ordinamento corporativo, contro le tendenze liberali che egli ravvisava ancora vive nella formazione di molti economisti, e pure contro le tendenze da parte dei sindacati fascisti a costituire « cartelli» per il controllo dei prezzi, in AP, leg. XXVIII, 15 maggio 1930, pp. 2686-2689; interventi ripresi su « Echi e commenti» ; cfr. A. Di Castelnuovo, Mezzo secolo di attività giornalistica, cit., p. 117. In un'altra occasione, richiedeva in un'interrogazione parlamentare una maggiore efficienza da parte del governo nel controllo del mercato degli affitti degli appartamenti, giudicando i prezzi imposti dai proprietari troppo proibitivi per le classi popolari, e sospettando un accordo tra gli stessi proprietari per evitare un ribasso dei prezzi (ivi, 4 dicembre 1930, pp. 3386-3387 e 3497-3498). Cfr. G. Salvemini, Scritti sul fascismo, vol. III, Milano, 1974, che sottolinea un intervento di Paoloni alla Camera sull'eccessivo peso dei contributi richiesti agli operai per i sindacati e sul numero esagerato di funzionari, che provocava una burocratizzazione spropositata della società, pp. 162-163. Sulle critiche dei fascisti sindacalisti alla burocratizzazione dello Stato, E. Gentile, La nazione del fascismo. Alle origini, cit., p. 879.