RECENSIONI E NOTIZIE SCAVI
“L’organizzazione dello spazio rurale nelle province del Nord Africa
e nella Sardegna “ è stato il tema del XII Convegno Internazionale
di Studi dell’Africa romana, svoltosi recentemente ad Olbia (SS).Il simposio,
organizzato dall’Università di Sassari d’intesa con l’Association
Internationale d’Epigraphie Grecque et Latine e ll’Institut National du
Patrimoine (Tunis), ha offerto l’occasione ad un folto numero di studiosi
italiani e stranieri di illustrare, nel corso di tre intensissime giornate,
i più recenti esiti delle loro ricerche.
Per quanto concerne i contributi relativi ad eta successiva a quella classica,
gli interventi hanno riguardato le testimonianze relative a differenti
momenti storici e a diversi ambiti regionali del bacino mediterraneo.
Per il Nord Africa le novità più rilevanti sono quelle legate
ai rinvenimenti effettuati ad Uchi Maius,nell’Africa Proconsolare da S.Gelichi
(Pisa) e M.Milanese (Genova e Sassari). Il loro contributo, intitolato
“Problemi della transazione verso il medioevo nell’Ifriqya: primi dati
dallo scavo di Uchi Maius”,ha illustrato i risultati conseguiti nel corso
delle indagini svolte a Uchi Maius, , nell’ambito di un progetto nato dalla
collaborazione tra l’Università di Siena e l’Insitut International
du Patrimoine de Tunis.E’ stato innanzitutto ribadito il concetto che il
passaggio all’età altomedievale non deve essere visto contrappuntato
dalla crisi, bensì, secondo un’ottica più aperta, sotto l’insegna
del mutamento. Infatti la crisi del mondo maghrebino si fa avvertire più
tardi, cioè nel XIII sec. Ad Uchi Maius oggetto delle indagini sono
state la cittadella bizantina e la zona dove si pensa fosse ubicato il
foro.Nel primo caso è stato evidenziato un insediamento islamico,
per alcune strutture del quale furono impiegati materiali di spoglio. L’Unico
degli ambienti scavati ha restituito fasi di XI - XII sec.: tra i resti
ceramici spiccano frammenti di invetriata a poisson.
Lo scavo eseguito nella zona del foro ha mostrato che questo subì
delle ristrutturazioni in età tarda. Sono documentati livelli di
occupazione posteriori al V sec.d.C., con edifici realizzati con materiale
di spoglio, quando era stata ormai sancita da tempo la caduta in disuso
della sua funzione pubblica.
Documentati,peraltro,in una zona periferica rispetto al foro attività
produttive risalenti ad età bizantina, consistenti in due fornaci
per la fabbricazione della calce. Il Nord Africa è stato anche al
centro dell’intervento di P.Spanu (Cagliari) e R.Zucca (Roma) intitolato
“Le diocesi rurali della Proconsularis e della Byzacena: aspetti storici
ed archeologici”, fondato precipuamente su un’analisi delle fonti, da cui
si evince che il cristianesimo non fu preminente nelle aree rurali come
in quelle urbane. Tuttavia in un documento del tempo di Cipriano risulta
che già prima di Costantino esistevano aree rurali cristianizzate.
Nella Proconsolare i centri urbani sono più numerosi della Byzacena.
Infatti quest’ultima vanta la presenza di vescovi ordinati nei saltus e
nelle villae e non nelle città, come invece si è visto per
la Proconsolare. Alcune diocesi rurali sono individuabili nei toponimi
con suffisso -iana: la Proconsularis ne è priva, mentre la Byzacena
ne annovera un numero consistente (Dionisianus e Victorianensis ne sono
un esempio).
Le ricerche archeologiche in ambito rurale hanno dato le risposte attese:
presso Sufetula un complesso episcopale a cui è annessa anche un’area
funeraria offre un eloquente esempio.
Sulla stessa area geografica e culturale è stato incentrato il contributo
“La cristianizzazione degli spazi rurali in Proconsolare e Byzacena: proposte
per una strategia di studio” di D:Artizzu (Roma). Le evidenze archeologiche
cristiane si sono rivelate più numerose grazie alle nuove prospezioni.
Come area campione è stata scelta la Byzacena che è stata
distinta in tre parti: la zona di Capo Bon, cioè quella verso il
mare, la zona interna fino a sud a Mactar, quindi la zona occidentale.
Le diocesi più numerose sono risultate quelle rurali. Tra le zone
sopraindicate è quella esterna, cioè occidentale, a vantare
il novero più alto, mentre il minimo si è registrato nella
zona di Capo Bon. Le ricerche hanno dimostrato che il donatismo fosse diffuso
nelle campagne, sedi fiorenti dal punto di vista agricolo. Si è
inoltre stabilito che la cristianizzazione sia avvenuta più lentamente
in zone meno allettanti dal punto di vista economico.
Interessanti considerazioni circa il rapporto tra Spagna e Nord Africa
sono scaturite dall’intervento di Marc Mayer Olivié (Barcelona)
“Los contactos entre el norte de Africa y la costa del Conventus Tarraconensis”
.Nei secoli IV-VI l’influenza africana è molto forte. Dopo il VI
inizia progressivamente a diminuire. L’esempio di Barquino è piuttosto
eloquente: il clima culturale tra il IV e VI sec. è quello africano,
come i materiali ceramici e i mosaici sepolcrali mostrano chiaramente.
Altro caso non meno significativo è rappresentato dalla città
di Tarraco -siamo nella prima metà del V sec.- donde proviene un
sarcofago realizzato presumibilmente in un’officina di Cartagine dove è
stato rinvenuto un esemplare analogo.
Per quanto riguarda la Sardegna, sono stati evidenziati, nell’ambito di
due contributi, iteressanti fenomeni di persistenza di insediamenti, alcuni
dei quali già documentati in età preistorica.
Dati interessanti sono emersi dal contributo “Città e campagna in
età repubblicana: il caso di Tres Bias (Tinnura -Nuoro)”,nel corso
del quale l’autore M.Madau (SS) non ha mancato di illustrare anche le fasi
più tarde riferibili al riutilizzo del nuraghe - ubicato tra la
cittadina di Bosa e l’entroterra-che parrebbero ascriversi ad età
altomedievale in base all’evidenze ceramiche costituite da frammenti di
ceramica stampigliata e impressa a pettine.
In un’area non lontana da quella sopraindicata si è svolta la campagna
di ricognizione di M.Biagini (Genova) i cui risultati sono stati esposti
nella comunicazione intitolata “Archeologia del territorio nell’ager
Bosanus:ricognizioni di superficie nel comune di Magomadas(Nuoro).La
zona oggetto dell’indagine si è rivelata particolarmente interessante
dal punto di vista toponomastico. Interessante fenomeno di continuità
insediativa dal V a.C. al VI d.C. è rappresentato dal nuraghe di
S.Nicola, nelle cui vicinanze è ubicata la chiesetta medievale intitolata
a S.Nicola.
Altro caso di persistenza è stato riscontrato anche nella zona di
S.Maltine nei pressi di una villa rustica, zona frequentata da età
romana al VI sec.d.C. Inoltre alla base di detta struttura sono stati individuati
i resti di un villaggio medievale. Le ricerche hanno stabilito che le zone
preferite dagli insediamenti evidenziati erano quelle fertili e ricche
d’acqua. Delle zone d’altura, naturalmente poco ospitali, venivano sfruttate
solo quelle precedentemente interessate da insediamenti nuragici.
Elisabetta Garau