RECENSIONI E NOTIZIE SCAVI
Alcuni mesi or sono le due località di Oristano e Cabras hanno
ospitato il Convegno “La ceramica racconta la storia”, organizzato dall’associazione
culturale oristanese “Ossidiana” e incentrato sul tema “La ceramica nel
Sinis”. L’iniziativa, giunta al suo secondo appuntamento - il primo risale
al 1994 -, si è confermata come importante punto di incontro tra
quanti, nel panorama isolano, sono costantemente impegnati nello studio
della ceramica e delle problematiche ad essa connesse.
Al periodo post-classico è stata riservata la sessione conclusiva
“Le ceramiche medievali e moderne”: attraverso una puntuale analisi dei
reperti ceramici, tre contributi hanno focalizzato l’attenzione su momenti
particolarmente significativi delle più tarde fasi culturali dell’isola.
“Ceramiche d’uso e prodotti dell’industria artistica minore del Sinis”
è il titolo della relazione di P.B.Serra (Cagliari)il quale ha illustrato
una serie dettagliata di materiali rinvenuti sia nella città punico-romana
di Tharros sia in zone a questa prossime. Una fitta rete commerciale con
l’Africa , segnatamente in età vandalica, è rappresentata
dalla sig.ch.D e dalle lucerne. La compresenza di lucerne cristiane-le
più numerose- e giudaiche parrebbe configurare Tharros come sede
di diverse comunità religiose. Sono inoltre presenti lucerne a navicella
risalenti al VI sec. Al VI-VII sec. risalgono alcuni esemplari di oreficeria,
quali gli orecchini a globo mammellato -tipologia largamente nota agli
specialisti del settore- provenienti da una tomba di S.Giorgio di Cabras,
presso Oristano. e gli orecchini a filo ritorto tradizionalmente attribuiti
ad età punica.
La comunicazione dal titolo “Ceramiche da un contesto cabrarese” di D.Salvi
(Soprint.CA e OR) ha invece illustrato i reperti ceramici individuati sul
fondo di un pozzo - verosimilmente per il filtraggio dell’acqua, situazione
già nota sia nell’Isola sia in un contesto peninsulare di estremo
interesse quale è Luni. I frammenti appaiono tutti ingobbiati sotto
vetrina ed esternamente nudi. Laproduzione locale di questi è evincibile
dagli impasti e da certi motivi decorativi tipicamente isolani, quali i
fiori e le onde. Le forme parrebbero rimandare a ceramica da mensa: figurano
infatti un fr. di ciotola con decorazione a fiorellini - per cui si può
individuare una matrice nella decorazione spagnola a prezzemolo - e un
fr.di piatto con decorazione a foglie appuntite che richiama quella spagnola
a foglia di cardo. Detti reperti sono inquadrabili nel XVI sec.
Nonostante il numero esiguo, i suddetti reperti sono tuttavia utili in
vista di una carta di distribuzione, come ha sottolineato la responsabile
dell’intervento, gettando così luce sulle prospettive che si aprono
allo studio delle ceramiche di produzione locale. M.Dadea ha infine presentato
con le “Ceramiche giudicali dalla domestìa di Santu Jaccu in agro
nurachese” i risultati, seppur ancora non definitivi, del suo studio su
alcune ceramiche rinvenute nel corso di una ricognizione. I materiali oggetto
di detto contributo parrebbero rimontare tutti al terzo quarto del XIII
sec. La pur non consistente cramica di importazione, quali graffita arcaica,
maiolica arcaica pisana, spiral ware, conferma il ruolo di crocevia assunto
dalla Sardegna nell’ambito del commercio mediterraneo nel Medioevo. Quanto
alla produzione ceramica locale, questa è rappresentata precipuamente
dalle anforette acrome depurate e decorate a pettine.
Nel corso del dibattito conclusivo è stata sottolineata con forza
l’importanza di intensificare gli studi della ceramica d’età post-classica
- sotto l’insegna della quale va obbligatoriamente compresa anche la ceramica
postmedievale -, che in Sardegna,rispetto a quella di età precedenti,non
gode a tutt’oggi dell’attenzione dovuta.
Elisabetta Garau