2. c. Impero e la riproduzione delle strutture sociali. Quella società mostrerebbe in ogni caso una notevole capacità al momento di risolvere tali problemi. Durante gli anni successivi al citato ciclo di conflitti, si va determinando un equilibrio tra la corona, le città, la nobiltà e la Chiesa che sarà la chiave per la riproduzione delle strutture sociali. Un fatto capitale dovrebbe essere lo stesso ricordo di questi conflitti e la coscienza delle oligarchie urbane, dell'alta aristocrazia e della stessa gerarchia ecclesiastica, delle loro funzioni nel mantenimento del controllo e della legittimazione sociale, cosí come del pericolo di sovversione inerente a qualsiasi rottura tra esse o di ognuna di esse con la monarchia, un'istituzione la cui necessità era stata chiarita durante il conflitto. In tale processo ha una grande importanza la formazione dell'impero asburgico e, in particolare, il protagonismo acquisito al suo interno dalla Castiglia, un fenomeno che di certo si studia solo dalla prospettiva del costo che avrebbe inflitto all'economia castigliana, ma che è ancora piú importante dal punto di vista del suo contributo alla riproduzione di una società che avrebbe visto subito interrotto il proprio dinamismo.
Ovviamente le esigenze economiche dell'impero avrebbero alimentato la tensione tra le città castigliane e la monarchia. Al tempo stesso le une e l'altra stabilirono un piano di relazione fondamentale, che ha permesso di parlare anche di un patto scritto in materia fiscale65. L' encabiezamento general produsse una riduzione progressiva delle entrate regie che obbligò ad un aumento nell'emissione del debito pubblico sotto forma di juros e di vendite di giurisdizioni66. Senza dubbio, ciò permise alla monarchia di stabilire un triangolo finanziario-fiscale tra i suoi tesori americani, gli asentistas e le entrate regolari, che non la dispensava da difficili accordi con i secondi, ma che garantiva un sistema di consolidamento del debito e che le serví anche alla lunga per giustificare davanti alle Cortes qualcosa di vitale per il funzionamento dell'impero, rompendo tuttavia una regola quasi sacra nelle monarchie medievali secondo la quale il denaro dei sudditi doveva essere speso solo in loro favore67. D'altro canto, l' encabezamiento general rafforzò la funzione dei patrizi delle città nel sistema finanziario pubblico, concedendo loro ampie facoltà nella riscossione delle imposte. Ciò costituiva in un certo modo il profilo fiscale di un fatto fondamentale: la monarchia non cercò di cambiare la costituzione interna, né di erodere direttamente la relativa autonomia giurisdizionale di queste piccole repubbliche, ma solo di utilizzare a suo vantaggio il funzionamento delle clientele locali e di estendervi i suoi confini di patronato, avvalendosi naturalmente anche delle loro lotte reciproche68. Per realizzare questa politica di patronato nel senso piú ampio del termine basata sulla promozione di membri del patriziato per attrarli a sé, il re disponeva anche di mezzi molto importanti come la sua eccezionale capacità di influire sulle nomine episcopali, non solo nella penisola e ancor piú in America, oppure di concedere commende degli ordini militari, delle quali beneficiarono in grande misura i membri di questo patriziato in ascesa, spesso legati ai piú importanti casati da vincoli clientelari69. Questi gruppi beneficiarono altresí di un processo di ascesa sociale nel quale le università castigliane, teatro di una « rivoluzione educativa» come quella che si verificava in altri paesi, furono la fonte per la formazione di una burocrazia poco matura nella stessa penisola, ma che si dovette sviluppare con una relativa dipendenza iniziale dal re in America e, sempre piú, in altre aree dell'impero70. Tutto ciò, mentre si vendevano titoli, onori e giurisdizioni e i juros(titoli del debito pubblico) si convertivano in una delle loro fonti di entrata piú importanti, rafforzando l'interesse dei loro possessori, nella maggior parte appartenenti a questo patriziato, nel funzionamento dell'apparato finanziario e fiscale71. Questi meccanismi sono specifici della Castiglia, ma si realizzano anche, seppure con differenze rilevanti, in città quali Barcellona, Saragozza o Valencia. Lí e il caso della prima è ben conosciuto si creò una piú complessa nonché piú solida connessione tra oligarchia urbana e potere regio, che contribuí alla caratterizzazione della prima come « classe dirigente» .<72P> Tale processo di intreccio di poteri tra il patriziato urbano e la monarchia non sarebbe stato di grande potenzialità per la riproduzione dell'ordine sociale, se l'altro estremo quello superiore delle clientele locali, cioè l'alta nobiltà, non avesse sperimentato qualcosa di simile. La soluzione consisté nei meccanismi di credito volti a districare le loro difficoltà finanziarie73. Fino al 1530 il modo con cui l'aristocrazia risolveva i suoi incipienti problemi di liquidità era consistito nella capacità di ottenere rapidamente anticipi da amministratori o da banchieri; il che determinava prestiti di interesse molto elevato e di difficile restituzione, soprattutto se si considera che i maggiorascati non si potevano alienare e, pertanto, erano difficilmente utilizzabili come base di crediti ipotecari. Ciò che si mette in pratica dopo la rivoluzione delle Comunidades è un sistema per mezzo del quale, previo permesso del re, i nobili potevano istituire crediti ipotecari sotto forma di censi consegnativi, generalmente redimibili (il cui interesse era fissato dal re al 7,1% nella maggior parte dei casi), 74collocandoli sulle rendite generate dalle proprietà vincolate, dalle cui entrate si sarebbero pagati i redditi annuali senza perdere la condizione di inalienabilità75. Ciò determinò un notevole vantaggio per l'aristocrazia, che non solo sostituí parte del suo debito con tipi di interessi piú bassi e agevoli, ma poté anche attendere alle sue necessità espansive grazie al denaro ottenuto da questo sistema, che le serví per ottenere piú terre e rendite o per fondare Stati per nuovi rami familiari. Questo meccanismo ebbe tuttavia nel contempo importanti conseguenze per il funzionamento dell'impero e le relazioni tra la corona e l'aristocrazia, principalmente castigliana. Ciò si verificò perché, subito, si iniziarono a nominare membri della nobiltà per imprese di ogni tipo, dalle ambasciate o viceregni a cariche militari, che sarebbero stati finanziati da quelli attraverso il denaro ottenuto a credito sui maggiorascati76. A partire da allora, il credito fu, come già indicò Ch. Jago, una via di patronato e di controllo dell'aristocrazia77, ma allo stesso tempo ne rese possibile e ne accelerò la partecipazione agli affari di Stato e all'impero quale organizzazione sovranazionale.
Allo stesso modo di quanto stava succedendo con le città, l'intreccio tra il potere monarchico e la nobiltà non fu che un aspetto di una relazione sempre piú stretta e non perciò priva di conflitto, ma al contrario caratterizzata da continui scontri su scala locale e istituzionale tra signorie e corona nel seno di uno Stato che, lungi dal rappresentare la figura ferrea dell'assolutismo, era lo scenario di complesse relazioni di potere su un fondo caratterizzato dalla pluralità di giurisdizioni. Conseguentemente, le signorie non solo rimasero intatte fino al punto di trascurare anche gli ordini del 1504, secondo i quali i signori dovevano restituire alla corona le rendite usurpate durante il conflittuale secolo XV ma alle loro funzioni di controllo sociale e di esercizio del potere unirono la condizione di formare parte dell'apparato di mobilitazione dei mezzi dello Stato e alimentarono una fonte di « entrate» per la monarchia, che non passava per la fiscalità ufficiale e che presentava il vantaggio di potere non essere controllata dalle Cortes.
L'unione e l'accordo istituzionale tra patriziato, nobiltà e monarchia, furono accompagnati da una relazione anche piú intensa con la Chiesa. Se in Spagna ci furono momenti di massima tensione soprattutto nel regno di Filippo II, tuttavia, nei rapporti tra la corona e la Chiesa, non si sarebbero mai vissute, non già situazioni come quelle dell'Inghilterra, ma neppure congiunture violente come quelle che si ebbero in Francia, dove i sovrani arrivarono ad appropriarsi con la forza di parte dei beni ecclesiastici. Dalla contesa di Granada si stabilisce una relazione, conflittuale come tutte quelle precedenti, che consentí alla monarchia di conseguire imposte quali la cruzada e la décima nonché il controllo degli ordini militari, entrambe importanti fonti di patronato di pronta utilizzabilità, che si reitereranno con la concessione e il rinnovo del subsidio, cosí come con la concessione da parte di Roma dell' excusado nel 1567. Tutto ciò accompagnato da un crescente quantunque sempre teso controllo delle nomine episcopali e, naturalmente, in cambio di un crescente protagonismo non solo nella vita del regno (con il conseguente ampliamento dei patrimoni ecclesiatici grazie ad un flusso di donazioni, che aumentò durante tutto il XVI secolo), ma anche in America; vale a dire in un continente che fu nel medesimo tempo sfida e panacea per un'organizzazione i cui membri avevano possibilità di promozione all'interno della gerarchia e dove l'istituzione, come tale, progettò anche i suoi interessi economici.
La situazione che si è andata determinando tra XV e XVI secolo non costituisce, beninteso, parte di un piano programmato della monarchia né elimina la sovrapposizione continua degli interessi. Essa è piuttosto il frutto di un confronto continuo, che determina soluzioni sempre parziali per problemi concreti, man mano che questi sorgono. Tuttavia, la prima conseguenza fu una tesa ma chiara stabilità politica, che si prolungherà fino al 1640 e che risulta particolarmente significativa, se la si compara alla violenza generalizzata di una Francia devastata dalle guerre di religione o ad un'Inghilterra che conoscerà nel XVII secolo il movimento rivoluzionario piú decisivo del periodo78. L'impero esigeva sacrifici ed era sostenuto da strutture arcaiche che non rinunciavano alla loro personalità, però offriva possibilità di promozione alla nobiltà intermedia e al patriziato, i cui figli (inclusi i cadetti che non avevano diritto al maggiorascato), insieme a quelli dei mercanti e dei banchieri, studiavano nelle università o prendevano i voti con doti cospicue. All'epoca, la vendita di rendite reali e di giurisdizioni facilitava loro l'ascesa senza la necessità di rovesciare un ordine sociale nelle cui strutture non era difficile integrarsi. Tradimento della borghesia o semplice applicazione di una logica che era nell'essenza stessa del gruppo? Rispetto all'aristocrazia indebitata, tale logica consentiva a questi gruppi di accedere ad alcune ingenti entrate straordinarie nel momento in cui incrementavano senza freno i loro introiti e, preservando i loro maggiorascati, convertivano la cosiddetta « crisi dell'aristocrazia» in una semplice questione di liquidità, che poteva dare luogo anche al sequestro delle sue signorie ma che in assoluto portava alla dissoluzione delle sue fortune o ai cambiamenti interni che conducevano a una caduta di prestigio o a una scomposizione interna del gruppo come quella che nello stesso periodo si operava in Inghilterra79. Cosí, non solo era realizzata la sua necessità strutturale evidente già durante l'epoca medievale di ampliare la rendita, ma questo si faceva mitigando il conflitto con le Cortes, sempre attente alle usurpazioni di renditee 80 anche, grazie al credito facile e all'ampliamento delle sue signorie ai rami collaterali delle famiglie, attenuando le tensioni insite nelle stesse strutture familiari81.
Cosa implica tutto questo per la nostra visione del periodo? Contro quella che è una convinzione implicita della vecchia storia politica e della storia economica ancora predominante, che concepisce il quadro istituzionale e pertanto le regole del gioco economico come qualcosa di statico per natura, tutto ciò dimostra che l'« alleanza» tra i gruppi dominanti castigliani e la corona, con la sua affinità alla politica imperiale, non solo non era incondizionata ma neanche era automatica o fondata su una semplice coincidenza di interessi. L'impero fu una risorsa importante, per superare le contraddizioni implicite nello stesso sviluppo economico e sociale e per attendere alla necessità di espansione della rendita e di riproduzione dei diversi gruppi sociali. Alla base di tutto c'era un fatto fondamentale: gli Asburgo, a differenza del re d'Inghilterra, avevano saputo perfezionare un apparato fiscale che coinvolgeva il regno e offriva loro entrate stabili, garantendo una situazione di compromesso con i gruppi piú potenti e generando una rendita feudale centralizzata di cui beneficiavano questi stessi. In questo, pur con le ovvie differenze formali, la situazione era abbastanza simile alla Francia. Nello stesso tempo, il re di Castiglia aveva però ai suoi piedi tutto un impero, il che gli consentiva diverse possibilità di patronato e di alimentare una promozione sociale senza confronto in Europa82.
Tutto ciò comportò importanti ripercussioni sul piano economico e sociale. Il processo descritto prolungò il protagonismo delle città, rafforzando la loro personalità giurisdizionale e fiscale, delle signorie e, naturalmente della Chiesa, come anelli della catena di controllo sociale. Cosí, durante il XVI secolo, assistiamo ad una piú chiara definizione delle finanze urbane e dell'assunzione di responsabilità da parte delle città rispetto all'approvvigionamento, alla repressione e al controllo dei poveri, che vi affluivano in quantità sempre maggiori e che non a caso hanno dato luogo ad archetipi letterari come il picaro >. 83Non è strano che figure come L. Vives predicassero la necessità di superare le carenze della carità privata mediante una maggiore istituzionalizzazione delle funzioni da parte delle città84. Cosí come non lo è il fatto che nel XVI secolo prolifereranno le corporazioni e le confraternite, istituzioni sempre piú importanti come nuclei di relazioni sociali, come mezzi per rafforzare i legami di solidarietà di una società insicura. Non dovrebbe inoltre sorprendere che le autorità di città come Cordova si pongano sempre dalla parte degli artigiani riuniti nelle corporazioni che tanta parte hanno nelle contribuzioni fiscali e contro i mercanti ogni volta che costoro tentano di realizzare un processo di concentrazione capitalista dell'industria che, senza dubbio, altererebbe le basi del sistema di encabiezamento >. 85Con differenti metodi, anche i signori e le classi agiate in generale rafforzeranno le loro pratiche di controllo e legittimazione sociale. Non si trattava di costruire fortezze, un bene duraturo del quale erano ben riforniti dal XV secolo, ma splendidi palazzi che attraessero l'ammirazione e convincessero del loro potere. Si trattava di patronati ecclesiastici, ospedali, opere pie e fondazioni di carità per consolare i poveri ed eliminare i malcontenti con l'alimento di una religione sempre piú intrisa di spirito controriformistico86. Tutto ciò non eviterà certamente che sotto tale profilo si ricorra di continuo alle responsabilità dello Stato, cosí come faranno agli inizi del XVII secolo trattatisti come Herrera87.
Dal punto di vista piú strettamente economico tutto questo dovrebbe risultare altrettanto decisivo. Con l'equilibrio politico e istituzionale, con la riproduzione dei privilegi e le forme di dominio sociale, si riproducevano anche tutti quei meccanismi che regolavano l'assegnazione dei mezzi di produzione e la distribuzione del prodotto sociale. Tale situazione fu molto benefica per la continuazione, tra il 1530 e il 1560, del ciclo espansivo al quale abbiamo fatto riferimento. L' encabezamiento de alcabalas e la sua svalutazione in termini reali provocò un certo rilassamento nella pressione fiscale sulle attività industriali. Le facilitazioni di accesso al credito ipotecario dei nobili consentirono di moderare la sua pressione sui vassalli. Ciò è tanto piú importante, in questo momento, poiché la rendita della terra era già molto elevata in alcune aree del centro della Castiglia, dove abbondavano gli arrendamenti flessili. Inoltre, in questo contesto, i tesori americani dovettero avere un effetto spesso dimenticato dagli storici. Incrementando la liquidità del sistema, aiutarono a monetizzare la rendita e la ricchezza e, di conseguenza, lo sviluppo del prestito che confluiva nei censos e nei juros. Allo stesso tempo, pur riconoscendo che questi non erano la causa principale dell'inflazione, come qualche tempo fa sottolineava Nadal, neanche bisogna considerarli come un fattore ininfluente per l'economia spagnola. Al contrario, in linea con ciò che hanno stabilito autori come Y. Brenner o, piú recentemente, J. Goldstone secondo i quali l'aumento dei prezzi fu in parte la conseguenza di una maggiore velocità nella circolazione monetaria provocata dalla crescente divisione tecnica del lavoro (rilevabile peraltro nelle cifre dell'urbanizzazione), è evidente che tale divisione sarebbe stata di intensità molto minore senza un aumento della massa monetaria88. Tutto ciò era tanto piú importante in quanto è lo sviluppo mercantile e urbano, con i suoi effetti positivi sulle economie agrarie in molte aree, che spiega come ancora tra il 1530 e il 1560 si mantenga una certa tendenza alla crescita nonostante l'alta rendita delle terre e le elevate densità demografiche e che, anche a partire dal 1560, la congiuntura, sebbene titubante, non cambi di segno fino al 1580. Nel contempo, tale espansione si era fondata sull'abbondanza di terre comuni, facilmente accessibili in molte aree, dove queste venivano continuamente dissodate, spesso da piccoli coltivatori e con la connivenza delle comunità89. Ma naturalmente, questo modello di sviluppo istituzionale ed economico aveva anche un limite che cominciava a palesarsi dal 1580.
Studi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36
Bartolomé Yun Casalilla,
Trasformazioni e continuità in Castiglia nel secolo d'oro.
Riflessioni per una storia sociale dell'economia
65 J. E. Gelabert, Urbanisation, cit., p. 192.
66 Si veda soprattutto R. Carande, Carlos V y sus banqueros, vol. II, La hacienda real de Castilla, Barcelona, 1987, pp. 230 sgg.
67 Ho spiegato piú dettagliatamente tali questioni in La economía castellana en el sistema político imperial en el siglo XVI, in A. Musi, a cura di, Nel sistema imperiale: l'Italia spagnola, Napoli, 1994, pp. 197-223.
68 Si veda il caso di Murcia in J. B. Owens, Rebelión, Monarquía y oligarquía en la época de Carlos V, Murcia, 1980.
69 Ch. Hermann, L'Eglise d'Espagne sous le patronage Royal (1476-1834), Madrid, 1988. Su questo aspetto si veda L. P. Wright, Las Ordenes militares en la sociedad española de los siglos XVI y XVII. La encarnación institucional de una tradición histórica, in J. H. Elliott, ed., Poder, cit., pp. 15-56, in particolare pp. 19-21. Con un'impostazione generale cfr. E. Postigo, Honor y privilegio en la Corona de Castilla. El Consejo de Ordenes y los Caballeros de Hábito en el siglo XVII, Soria, 1988.
70 Sulle università e la formazione dei letrados si rinvia all'opera classica di R. Kagan, Students and society in Early Modern Spain, Baltimore, 1974 (specialmente il cap. 6). L'importanza della burocrazia uscita dalle università castigliane rispetto all'amministrazione americana è stata ricordata da J. H. Elliott, España y su Imperio en los siglos XVI y XVII, in España y su mundo, 1500-1700, Madrid, 1990, pp. 36-40.
71 Fino a non molto tempo fa è stato sottolineato il ruolo che, sul piano politico e in ciò che concerne la creazione di interessi circa il debito pubblico, poterono avere i juros. L'espansione del debito pubblico castigliano si può cogliere in P. Toboso, La deuda pública castellana durante el Antiguo Régimen (juros), Madrid, 1987. Per quanto riguarda la sociologia dei possessori di juros verso gli anni Sessanta, sembra chiaro il predominio dei nobili e dei letrados(cfr. B. Bennassar, Valladolid, cit., p. 240 nella ed. spagnola del 1983). Per l'interesse di questi settori, e in particolare delle Cortes, alla soddisfazione regolare dei redditi di juros, cfr. P. Fernández Albaladejo, Monarquía y reino, in Fragmentos, cit., pp. 262-263.
72 Nella Corona d'Aragona il meccanismo, già verificatosi nel Medioevo, era consistito nell'emissione di « tributi» a carico delle finanze municipali. Per ciò che è stato detto sulla Catalogna cfr. J. Amelang, La formación, cit., pp. 45 sgg.
73 Riassumo idee esposte in precedenti lavori, in particolar modo in Carlos V y la aristocracia, cit.
74 Conviene ricordare che il sistema, già esistente, concretizza il suo regolamento in questo momento e dà origine ad una figura creditizia che rappresenterà l'abituale fondo di rendita nella Castiglia moderna. I censi castigliani corrispondono, con alcune differenze e particolarità, ai censals(censi consegnativi) della Corona d'Aragona, utilizzati anche essi come meccanismi di credito, in questo caso senza la necessità del permesso del re, dalla aristocrazia di questo ambito. Si veda in proposito A. Abadía, La enajenación de rentas señoriales en Aragón en el siglo XVI, in « Revista de historia Jerónimo Zurita» , 1988, n. 58, pp. 61-99; per Valencia, J. Casey, El reino, cit., cap. IV.
75 Il tema fu studiato dettagliatamente per la prima volta da Ch. Jago, per il quale già era chiaro che tale sistema di credito avrebbe garantito importanti relazioni di dipendenza tra la nobiltà e la corona (si veda The influence, cit.).
76 L'ascesa dell'aristocrazia nello Stato è stata già da tempo evidenziata da A. Domínguez Ortíz, Las clases privilegiadas, cit., e da J. A. Maravall, Poder, honor y élites en el siglo XVII, Madrid, 1984. Da parte mia, ho sottolineato l'importanza dei meccanismi finanziari in tale processo in The castilian aristocracy in the seventeenth century: crisis, refeudalisation, or political offensive?, in I. A. A. Thompson and B. Yun Casalilla, eds., The Castilian Crisis, cit., pp. 279, 285 sgg.
77 Ch. Jago, The influence of debt, cit.
78 Mi interessa evidenziare al riguardo che alcune letture attuali vedono nelle guerre di religione francesi non solo il frutto di problemi religiosi e politici, ma anche la conseguenza delle difficoltà di relazione tra la corona e i gruppi aristocratici, a loro volta invischiati in lotte intestine; tutto ciò in virtú della difficile situazione in cui versava la nobiltà sin dalla metà del XVI secolo (cfr. A. Jouanna, Le devoir de revolte. La noblesse française et la gestation de l'Etat moderne, 1559-1661, Paris, 1989).
79 Una descrizione dei meccanismi utilizzati per il sequestro cautelativo temporaneo di signorie in I. Atienza, La « quiebra» de la nobleza castellana en el siglo XVII. Autoridad real y poder señorial: El secuestro de los bienes de la Casa de Osuna, in « Hispania» , 1984, n. 156, pp. 218-236. In ogni caso, non conviene drammatizzare per eccesso queste misure da parte della monarchia, posto che si trattasse in realtà di sequestri provvisori finalizzati al risarcimento dei maggiorascati, che venivano immediatamente restituiti ai loro titolari e che si combinavano con la fissazione di alcune quantità annuali, spesso generose, percepite durante tutta la durata del provvedimento. Si vedano le differenze in L. Stone, The crisis of the aristocracy, 1558-1641, Oxford, 1965.
80 È importante sottolineare che di fronte alle usurpazioni o alle concessioni graziose di fonti di rendita, praticate prima dell'insurrezione delle Comunidades, ciò che si farà dopo sarà procedere quasi sempre attraverso patti di « retrovendendo» alla loro vendita, giustificata oltretutto con l'argomentazione dell'estrema necessità da parte del re (cfr. B. Yun Casalilla, Carlos V, cit.).
81 Naturalmente tutto ciò non evitò le lotte tra clientele a corte e i contrasti all'interno dei casati, che al contrario erano alimentate anche dalla necessità di accesso a un potere politico sempre piú indispensabile al conseguimento dei loro fini. Un ramo familiare che amplia notevolmente il suo patrimonio è quello dei marchesi di Mondéjar, legati ai duchi dell'Infantado (cfr. H. Narder, Noble income in sixteenth century Castile: the case of the Marquis of Mondéjar, 1480-1580, in « The Economic History Review» , second series, vol. XXX, 1977, n. 3, pp. 411-428). Non mancano inoltre prove dell'importanza del denaro previamente preso a credito tanto per queste operazioni, in particolare per il pagamento di tasse e di giurisdizioni, quanto per il pagamento di doti sempre piú elevate (cfr. B. Yun Casalilla, Carlos V, cit.). Sull'evoluzione delle doti, sebbene si tratti di un tema che aspetta uno studio piú sistematico e piú ampiamente documentato, si può vedere I. Atienza y M. Simón, « Aunque fuese con una negra, si S. M. así lo desea» : sobre la autoridad real, el amor y los hábitos matrimoniales de la nobleza hispana, in « Gestae: taller de historia» , 1989, pp. 32-52.
82 Ho affrontato tali questioni, incluse le comparazioni con altri paesi, in Aristocracia y oligarquías, cit.
83 Si veda, ad esempio, il caso sivigliano studiato da J. I. Martínez Ruíz, Finanzas municipales y crédito público en la España Moderna. La hacienda de la ciudad de Sevilla, 1528-1768, Sevilla, 1992. Parimenti rivelatrice è l'originale opera dell'illuminista J. Ruíz de Celada, Estado de la bolsa de Valladolid, Valladolid, 1990 (ed. originale Valladolid, 1777), nella cui introduzione ho spiegato alcune di queste idee. Circa i poveri, B. Bennassar ( Valladolid, cit., cap. III, lib. III) ha calcolato che i censiti arrivavano al 10% nelle città castigliane, con una distribuzione molto regolare al loro interno. Proporzioni analoghe si registravano a Toledo (L. Martz, Poverty and welfare in Habsburg Spain: the example of Toledo, Cambridge, 1983, p. 114). Secondo Geremek, la Castiglia era una delle zone maggiormente toccate dall'inoperosità, che minacciava in modo piú chiaro che altrove l'ordine sociale ( La piedad y la horca, Madrid, 1989, p. 169).
84 B. Geremek, La piedad, cit., pp. 204 sgg.
85 Purtroppo la ricerca sulle funzioni sociali di questa istituzione e sulle sue ripercussioni sull'organizzazione produttiva si è praticamente paralizzata. Sebbene con una diversa impostazione si può vedere M. Flynn, Sacred charity. Confraternities and social welfare in Spain, 1400-1700, Hong-Kong, 1989. L'unica visione d'insieme resta A. Rumeu de Armas, Historia de la previsión social en España, Madrid, 1944. Il caso di Cordova e la presa di posizione dell'oligarchia contro i mercanti in J. I. Fortea, Córdoba, cit., pp. 378-388.
86 L'esempio piú chiaro, quantunque non l'unico naturalmente, è quello dell'ospedale fondato a Toledo dal cardinale Tavera. Per avere un'idea dell'entità di questa istituzione, basti considerare le 12.000 fanegas di grano distribuite in 10.000 razioni nel corso di 180 giorni nel 1557 (cfr. L. Martz, Poverty, cit., pp. 130-133).
87 B. Geremek, La piedad, cit., p. 220.
88 J. Nadal, La revolución de los precios españoles en el siglo XVI: estado actual de la cuestión, in « Hispania» , 1959, n. 19, pp. 511-514; Y. S. Brenner, The inflation of prices in sixteenth century England, in « The Economic History Review» , second series, vol. XIV, 1961, n. 2, pp. 225-239; J. Goldstone, Monetary versus velocity interpretations of the « price revolution» : a Comment, in « Journal of Economic History» , 1991, n. 51, pp. 176-181.
89 Senza dubbio, i migliori studi di carattere generale su questo fenomeno sono quelli di D. Vassberg, che in La venta de tierras baldías: el dominio público y la Corona en Castilla durante el siglo XVI, Madrid, 1983, si è occupato delle vendite alle quali faremo presto riferimento; si veda anche Tierra, cit., cap. 1, 2 e 3.