Il libro mastro del mercante aquilano Pasquale di Santuccio,
redatto nel 1471-1473 con il sistema contabile della partita doppia, presumibilmente
dallo stesso Pasquale di Santuccio, e conservato nell’Archivio di Stato
dell’Aquila, è documento di grande interesse, non solo linguistico,
tale da meritare la considerazione anche degli studiosi di storia economica
medievale. Il Marini ha in preparazione l’edizione del testo completa di
glossario per una delle collane patrocinate dalla Deputazione abruzzese
di storia patria.
La “medianità” linguistica del testo si lascia facilmente riconoscere
nonostante alcune deroghe, come l'assenza quasi totale di -u finale
(che compare quasi solamente nell’articolo lu ed è invece
attestato a quest’altezza cronologica da altri documenti aquilani), mentre
meno lampante si rivela l’appartenenza all’area linguistica aquilana (sono
assenti infatti alcuni tratti tipici, come il tipo au, fau,
stau, ecc.). Tuttavia non mi dilungherò nel riassumere l’analisi
fonetica e morfologica che costituisce l’oggetto dello studio del Marini
e che si rivela anche a una prima indagine minuziosa e condotta con mano
sicura (tra l’altro lo studioso ha fruttuosamente utilizzato una bibliografia
critica amplissima e aggiornata, e ha attinto ad un ricco serbatoio di
spogli personali). Mi limiterò a mettere in evidenza quello che
- oltre ad alcuni interessanti tratti demotici (il tipo faczo, la
palatalizzazione di sibilante davanti a i vocalica, la palatalizzazione
di laterale di fronte a o) - mi è parso uno dei dati salienti
emersi dallo studio del libro mastro: l’alternanza di forme metafonetiche
e di forme non metafonetiche nei nomi propri, a seconda della provenienza
geografica e dalla posizione sociale della persona designata. Se cioè
la persona nominata proveniva da zone dove non era attiva la metafonesi,
o se la sua qualifica professionale era prestigiosa, la forma non metafonetica
era prevalente o comunque presente (e viceversa). Insomma: notaro Domenicho
de Pizulo, ma Jacomo Francisco vitturale. Tra i nomi comuni
invece, presentano più frequentemente forme metafonetiche quelli
legati alla realtà economico-pastorale: ritj ‘reti’ (da pecora),
pollitrj ‘puledri’, tonneturj ‘tosatori’ e altri (e così
i numerali dudicj, sidicj, tridicj, in cui potrebbero aver agito
anche fenomeni di armonizzazione vocalica e la compattezza della serie
“dodici”, “tredici”, ecc.). Spiegazione similmente persuasiva dà
il Marini per la distribuzione sistematica del tipo Pietro (per
designare persone provenienti da Milano, Venezia, Perugia, Firenze, ecc.)
di contro a Petrj (usato per persone provenienti dall’Aquila o dal
contado contermine).
Leonardo Rossi