next essay previous article indice volumeStudi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36


Irene Castells Olivan, La rivoluzione liberale spagnola nel recente dibattito storiografico


6. Continuità o trasformazione sociale? La nuova classe borghese e le borghesie.
Forse è questo il tema piú ricorrente nel dibattito sulla rivoluzione liberale-borghese spagnola: se, cioè, il cambiamento politico implicò anche una trasformazione sociale o se, invece, il carattere compromissorio che assunse il trionfo del liberalismo oligarchico comportò una sostanziale continuità delle classi dirigenti del vecchio sistema.

Le numerose monografie apparse negli ultimi venti anni sulla crisi dell'antico regime e sulla questione signorile nelle diverse regioni hanno permesso di misurare la diversa incidenza nei vari ambiti locali o regionali della legislazione liberale unitaria di riforma, fornendo ulteriori argomenti agli storici che hanno criticato come inapplicabile al caso spagnolo le tesi della « rivoluzione dall'alto» o della « via prussiana» . 72La questione principale resta comunque quella dei rapporti tra mutamenti istituzionali e mutamenti sociali e tra formazione di una nuova classe dirigente e supremazia di vecchie forze sociali.

Storici di diverso orientamento, tra i quali quelli che respingono come non operativo il concetto di « rivoluzione borghese» per spiegare la vicenda spagnola nel processo di transizione dall'antico al nuovo regime, enfatizzano il permanere di una struttura agraria di classi di antico regimee 73 minimizzano la portata rivoluzionaria della trasformazione politica liberale: questa portò al dominio di un « blocco oligarchico» a base agraria e finanziaria, rispetto al quale frazioni piú moderne della borghesia, come quella industriale catalana, rimasero subalterne. Questo blocco sarebbe responsabile delle persistenze dell'antico regime, del rachitico regime liberale, della miseria contadina e, in definitiva, del ritardo spagnolo sulla via della modernizzazione.

Per quanto riguarda un aspetto centrale in questa discussione, il ruolo cioè delle vecchie nobiltà nell'organizzazione sociale e politica del XIX secolo, si è insistito sul fatto che, per sapere fino a che punto la nobiltà (o le nobiltà) ebbero a perdere dalla rivoluzione, bisognerebbe conoscere meglio le condizioni delle varie amministrazioni nobiliari prima e dopo il cambiamento politico, dal momento che alcuni studi hanno già potuto accertare che la rivoluzione comportò danni notevoli per la vecchia nobiltà74. Nella stessa direzione, una delle migliori sintesi recenti sulla Spagna del XIX secolo sostiene senza mezzi termini che dappertutto la nobiltà perse potere politico ed economico rispetto alla sua precedente situazione nella società di ordini, e che la nobiltà, per la sua partecipazione passiva piú che per la sua azione, facilitò enormemente l'ascesa al potere del blocco liberale75. Ciò non comportò, nel breve periodo, un processo di imborghesimento della vecchia nobiltà ma, anzi, questa trasmise la sua scala di valori all'&eacutelite di origine borghese, con la quale condivise il potere politico, pur restando assente dai settori di punta dell'economia della seconda metà del XIX secolo. Inoltre, lo Stato spagnolo dalla metà del secolo andò creando nuovi titoli di nobiltà, cosa alla quale l'antica nobiltà non fece alcuna opposizione, dal momento che era un mezzo ulteriore di rafforzamento dell'&eacutelite di potere tipica della versione moderata dello Stato liberale.

Sulla base dei vecchi gruppi sociali (nobili e borghesi) si andò cosí formando una nuova classe borghese, certamente composita se la si analizza nelle sue diverse frazioni (agraria, finanziaria, mercantile, industriale, professionale); ma storici come Jordi Maluquerhanno 76 recisamente affermato che, sul piano concettuale, non si può parlare di classi sociali distinte, dal momento che la Spagna a metà Ottocento era una società capitalistica e tutti i settori borghesi avevano interessi comuni di classe. Questo non significa, certo, che il suo dominio debba essere identificato con quello del « blocco oligarchico» : termine, questo, giudicato discutibile da molti autori in quanto, oltre ad esagerare gli elementi di continuità sociale dopo la rivoluzione, nasconde le profonde differenze esistenti tra le borghesie regionali, che si tradussero a loro volta in una diversità di scelte politiche ed economiche che possono contribuire a spiegare la grande instabilità politica della Spagna dell'Ottocento. L'accumularsi di studi monografici sulle borghesie in ambito locale o regionale servirà certamente a chiarire i termini del dibattito tra coloro che parlano di « dualismo» dell'economia e della società spagnole a metà Ottocento77, coloro che discutono se nella nuova società prevalgano tratti tradizionali o modernie 78 coloro, infine, che sostengono che dei cambiamenti sociali realmente vi furono, liberandosi del peso esercitato per anni dalle tesi che attribuivano all'assenza di una borghesia industriale (alla metà del XIX secolo esistente solo in Catalogna) la mancata modernizzazione sociale delle varie regioni79. La prospettiva muta, ovviamente, a seconda dell'ambito geografico dal quale si esamina la questione, e bisogna di nuovo ricordare l'estrema diversità della penisola, che certo non venne meno con gli interventi del liberalismo al potere.

Forse è il caso di ricordare che anche dalla rivoluzione francese non nacque certo nel 1800 una Francia capitalistica, ma borghese sí, dal momento che lo sviluppo delle nuove &eacutelites in quel caso precedette le trasformazioni economiche. E forse la via di sviluppo che trionfò in Spagna attraverso il capitalismo agrario può spiegare i caratteri arcaizzanti che ebbero gli esiti della nostra rivoluzione borghese: potremmo spingerci a dire che, all'inverso che in Francia, la nostra era una società capitalistica ma non pienamente borghese, dati gli squilibri regionali e la lentezza e le intermittenze del processo di consolidamento della nuova organizzazione sociale.


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Irene Castells Olivan, La rivoluzione liberale spagnola nel recente dibattito storiografico


72 Tesi, come si è detto, maggioritaria nella nostra storiografia: rinvio alle opere citate di A. Gil Novales e J. Fontana e agli storici valenciani (P. Ruiz Torres, J. Millán, I. Burdiel, M. C. Romeo, M. Martí), anch'essi piú volte ricordati, che hanno avuto ed hanno un ruolo di punta nella critica alla cosiddetta « via prussiana» . In altri ambiti regionali molto diversi da quello valenciano (come il Paese Basco, l'Andalusia o la Spagna interna) la questione non si pone in maniera altrettanto evidente.

73 Rientrano in questa linea interpretativa gli studi di R. Herr, Ensayo histórico de la Espa&ntildea contemporánea, Madrid, Pegaso, 1977, e La &eacutelite terrateniente espa&ntildeola en el siglo XIX, in « Cuadernos de investigación histórica» , 1978, pp. 591-603.

74 P. Ruiz Torres ha sviluppato questo aspetto in generale, oltre che in altri lavori, in Algunos aspectos de la Revolución burguesa en Espa&ntildea, in El Jacobinisme, cit., pp. 9-39.

75 A. Bahamonde y J. A. Martinez, Historia de Espa&ntildea siglo XIX, Madrid, Cátedra, 1994, p. III, pp. 423-522.

76 J. Maluquer de Motes, El socialismo en Espa&ntildea, Barcelona, Cr&iacutetica, 1977, il cui primo capitolo, La Revolución burguesa y el modelo liberal en Espa&ntildea, pp. 31-96, è un'eccellente sintesi dei risultati raggiunti dalla storiografia marxista attraverso il dibattito degli anni Settanta. Anche se le posizioni che sostiene (la qualificazione della nostra rivoluzione liberale in termini di « via prussiana» , l'individuazione degli effetti del modello di sviluppo fondato sul capitalismo agrario, ecc.) sono attualmente in corso di revisione, questo lavoro rimane certamente un punto di riferimento fondamentale sul tema della « rivoluzione liberale-borghese» in Spagna.

77 N. Sanchez Albornoz, Espa&ntildea hace un siglo: una econom&iacutea dual, Madrid, Alianza, 1977.

78 Per esempio C. Rubio Pobes, La Revolución liberal y la construcción del estado espa&ntildeol. Pa&iacutes Vasco, 1808-1868, tesi di dottorato diretta da J. M.a Ortiz de Orru&ntildeo, Dipartimento di Storia contemporanea dell'Università del Paese Basco, luglio 1994.

79 È il caso dell'eccellente lavoro di A. Pons y J. Serna, La ciudad extensa. La burgues&iacutea comercial-financiera en la Valencia de mediados des siglo XIX, Valencia, Diputació de Valencia, 1992.