Mentre queste cose andavano in questa guisa, Osbech, allora re de'turchi, il quale in continua guerra stava collo imperadore, in questo tempo venne per caso alle Smirre; e quivi udendo come Constanzio in lasciva vita con una sua donna, la quale rubata avea, senza alcun provedimento si stava in Chios, con alcuni legnetti armati là andatone una notte e tacitamente colla sua gente nella terra entrato, molti sopra le letta ne prese prima che s'accorgessero li nemici esser sopravenuti; e ultimamente alquanti, che, risentiti, erano all'arme corsi, n'uccisero; e arsa tutta la terra, e la preda e'prigioni sopra le navi posti, verso le Smirre si ritornarono.
Quivi pervenuti, trovando Osbech, che giovane uomo era, nel riveder della preda, la bella donna, e conoscendo questa esser quella che con Constanzio era stata sopra il letto dormendo presa, fu sommamente contento veggendola; e senza niuno indugio sua moglie la fece e celebrò le nozze e con lei si giacque più mesi lieto.
Lo 'mperadore, il quale, avanti che queste cose avvenissero, aveva tenuto trattato con Basano re di Capadocia, acciò che sopra Osbech dall'una parte con le sue forze discendesse, ed egli colle sue l'assalirebbe dall'altra, né ancora pienamente l'aveva potuto fornire, per ciò che alcune cose le quali Basano addomandava, sì come meno convenevoli, non aveva voluto fare, sentendo ciò che al figliuolo era avvenuto, dolente fuor di misura, senza alcuno indugio ciò che il re di Capadocia domandava fece, e lui quanto più potè allo scendere sopra Osbech sollecitò, apparecchiandosi egli d'altra parte d'andargli addosso.
Osbech, sentendo questo, il suo essercito ragunato, prima che da due potentissimi signori fosse stretto in mezzo, andò contro al re di Capadocia, lasciata nelle Smirre a guardia d'un suo fedel famigliare e amico la sua bella donna, e col re di Capadocia dopo alquanto tempo affrontatosi combatté, e fu nella battaglia morto e il suo essercito sconfitto e disperso. Per che Basano vittorioso cominciò liberamente a venirsene verso le Smirre, e vegnendo, ogni gente a lui, sì come a vincitore, ubbidiva.
Il famigliare d'Osbech, il cui nome era Antioco, a cui la bella donna era a guardia rimasa, ancora che attempato fosse, veggendola così bella, senza servare al suo amico e signor fede, di lei s'innamorò; e sappiendo la lingua di lei (il che molto a grado l'era, sì come a colei alla quale parecchi anni a guisa quasi di sorda e di mutola era convenuta vivere, per lo non aver persona inteso, né essa essere stata intesa da persona), da amore incitato, cominciò seco tanta famigliarità a pigliare in pochi dì, che non dopo molto, non avendo riguardo al signor loro che in arme e in guerra era, fecero la dimestichezza non solamente amichevole, ma amorosa divenire, l'uno dell'altro pigliando sotto le lenzuola maraviglioso piacere.
Ma sentendo costoro Osbech essere vinto e morto, e Basano ogni cosa venir pigliando, insieme per partito presero di quivi non aspettarlo; ma, presa grandissima parte delle più care cose che quivi eran d'Osbech, insieme nascosamente se n'andarono a Rodi; e quivi non guari di tempo dimorarono, che Antioco infermò a morte. Col quale tornando per ventura un mercatante cipriano, da lui molto amato e sommamente suo amico, sentendosi egli verso la fine venire, pensò di volere e le sue cose e la sua cara donna lasciare a lui. E già alla morte vicino, amenduni gli chiamò, così dicendo:
- Io mi veggio senza alcun fallo venir meno; il che mi duole, per ciò che di vivere mai non mi giovò come or faceva. E' il vero che d'una cosa contentissimo muoio, per ciò che, pur dovendo morire, mi veggio morire nelle braccia di quelle due persone le quali io più amo che alcune altre che al mondo ne sieno, cioè nelle tue, carissimo amico, e in quelle di questa donna, la quale io più che me medesimo ho amata poscia che io la conobbi. E' il vero che grave m'è, lei sentendo qui forestiera e senza aiuto e senza consiglio, morendomi io, rimanere; e più sarebbe grave ancora, se io qui non sentissi te, il quale io credo che quella cura di lei avrai per amor di me, che di me medesimo avresti; e per ciò quanto più posso ti priego, che s'egli avviene che io muoia, che le mie cose ed ella ti sieno raccomandate, e quello dell'une e dell'altra facci, che credi che sia consolazione dell'anima mia. E te, carissima donna, priego che dopo la mia morte me non dimentichi, acciò che io di là vantar mi possa, che io di qua amato sia dalla più bella donna che mai formata fosse dalla natura. Se di queste due cose voi mi darete intera speranza, senza niun dubbio n'andrò consolato.
L'amico mercatante e la donna similmente, queste parole udendo, piagnevano; e avendo egli detto, il confortarono e promisongli sopra la lor fede di quel fare che egli pregava, se avvenisse che el morisse. Il quale non stette guari che trapassò e da loro fu onorevolmente fatto sepellire.
Poi, pochi dì appresso, avendo il mercatante cipriano ogni suo fatto in Rodi spacciato e in Cipri volendosene tornare sopra una cocca di catalani che v'era, domandò la bella donna quello che far volesse, con ciò fosse cosa che a lui convenisse in Cipri tornare. La donna rispose che con lui, se gli piacesse, volentieri se n'andrebbe, sperando che per amor d'Antioco da lui come sorella sarebbe trattata e riguardata. Il mercatante rispose che d'ogni suo piacere era contento; e acciò che da ogni ingiuria che sopravenire le potesse avanti che in Cipri fosser la difendesse, disse che era sua moglie. E sopra la nave montati, data loro una cameretta nella poppa, acciò che i fatti non paressero alle parole contrari, con lei in uno lettuccio assai piccolo si dormiva. Per la qual cosa avvenne quello che né dell'un né dell'altro nel partir da Rodi era stato intendimento, cioè che incitandogli il buio e l'agio e '1 caldo del letto, le cui forze non son piccole, dimenticata l'amistà e l'amor d'Antioco morto, quasi da iguale appetito tirati, cominciatisi a stuzzicare insieme, prima che a Baffa giugnessero, là onde era il cipriano, insieme fecero parentado; e a Baffa pervenuti, più tempo insieme col mercatante si stette.
Avvenne per ventura che a Baffa venne per alcuna sua bisogna un gentile uomo, il cui nome era Antigono, la cui età era grande, ma il senno maggiore, e la ricchezza piccola; per ciò che in assai cose intramettendosi egli ne'servigi del re di Cipri, gli era la fortuna stata contraria. Il quale, passando un giorno davanti la casa dove la bella donna dimorava, essendo il cipriano mercatante andato con sua mercatantia in Erminia, gli venne per ventura ad una finestra della casa di lei questa donna veduta, la quale, per ciò che bellissima era, fiso cominciò a riguardare, e cominciò seco stesso a ricordarsi di doverla avere altra volta veduta, ma il dove in niuna maniera ricordar si poteva.
La bella donna, la quale lungamente trastullo della fortuna era stata, appressandosi il termine nel quale i suoi mali dovevano aver fine, come ella Antigono vide, così si ricordò di lui in Alessandria ne'servigi del padre in non piccolo stato aver veduto; per la qual cosa subita speranza prendendo di dover potere ancora nello stato real ritornare per lo colui consiglio, non sentendovi il mercatante suo, come più tosto potè, si fece chiamare Antigono. Il quale a lei venuto, ella vergognosamente domandò se egli Antigono di Famagosta fosse, sì come ella credeva. Antigono rispose del sì, e oltre a ciò disse:
- Madonna, a me par voi riconoscere, ma per niuna cosa mi posso ricordar dove, per che io vi priego, se grave non v'è, che a memoria mi riduciate chi voi siete.
La donna, udendo che desso era, piagnendo forte gli si gittò colle braccia al collo, e dopo alquanto, lui che forte si maravigliava domandò se mai in Alessandria veduta l'avesse. La qual domanda udendo Antigono, incontanente riconobbe costei essere Alatiel figliuola del soldano, la quale morta in mare si credeva che fosse, e vollele fare la debita reverenza; ma ella nol sostenne e pregollo che seco alquanto si sedesse. La qual cosa da Antigono fatta, egli reverentemente la domandò come e quando e donde quivi venuta fosse, con ciò fosse cosa che per tutta terra d'Egitto s'avesse per certo lei in mare, già eran più anni passati, essere annegata.
A cui la donna disse:
- Io vorrei bene che così fosse stato più tosto che avere avuta la vita la quale avuta ho, e credo che mio padre vorrebbe il simigliante, se giammai il saprà -; e così detto ricominciò maravigliosamente a piagnere.
Per che Antigono le disse:
- Madonna, non vi sconfortate prima che vi bisogni; se vi piace, narratemi i vostri accidenti e che vita sia stata la vostra; per avventura l'opera potrà essere andata in modo che noi ci troveremo collo aiuto di Dio buon compenso.
- Antigono,- disse la bella donna - a me parve, come io ti vidi, vedere il padre mio, e da quello amore e da quella tenerezza, che io a lui tenuta son di portare, mossa, potendomiti celare, mi ti feci palese, e di poche persone sarebbe potuto addivenire d'aver vedute, delle quali io tanto contenta fossi, quanto sono d'aver te innanzi ad alcuno altro veduto e riconosciuto; e per ciò quello che nella mia malvagia fortuna ho sempre tenuto nascoso, a te, sì come a padre, paleserò. Se vedi, poi che udito l'avrai, di potermi in alcuno modo nel mio pristino stato tornare, priegoti l'adoperi; se nol vedi, ti priego che mai ad alcuna persona dichi d'avermi veduta o di me avere alcuna cosa sentita.
E questo detto, sempre piagnendo, ciò che avvenuto l'era dal dì che in Maiolica ruppe infino a quel punto, gli raccontò. Di che Antigono pietosamente a piagnere cominciò; e poi che alquanto ebbe pensato, disse:
- Madonna, poi che occulto è stato ne'vostri infortuni chi voi siete, senza fallo più cara che mai vi renderò al vostro padre, e appresso per moglie al re del Garbo.
E, domandato da lei del come, ordinatamente ciò che da far fosse le dimostrò; e acciò che altro per indugio intervenir non potesse, di presente si tornò Antigono in Famagosta, e fu al re, al qual disse:
- Signor mio, se a voi aggrada, voi potete ad una ora a voi far grandissimo onore, e a me, che povero sono per voi, grande utile senza gran vostro costo.
Il re domandò come. Antigono allora disse:
- A Baffa è pervenuta la bella giovane figliuola del soldano, di cui è stata così lunga fama che annegata era, e per servare la sua onestà grandissimo disagio ha sofferto lungamente, e al presente è in povero stato e disidera di tornarsi al padre. Se a voi piacesse di mandargliele sotto la mia guardia questo sarebbe grande onor di voi, e di me gran bene; né credo che mai tal servigio di mente al soldano uscisse.
Il re, da una reale onestà mosso, subitamente rispose che gli piacea; e onoratamente per lei mandando, a Famagosta la fece venire, dove da lui e dalla reina con festa inestimabile e con onor magnifico fu ricevuta. La qual poi dal re e dalla reina de'suoi casi addomandata, secondo l'ammaestramento datole da Antigono rispose e contò tutto.
E pochi dì appresso, addomandandolo ella, il re, con bella e onorevole compagnia d'uomini e di donne, sotto il governo d'Antigono la rimandò al soldano; dal quale se con festa fu ricevuta niun ne dimandi, e Antigono similmente con tutta la sua compagnia. La quale poi che alquanto fu riposata, volle il soldano sapere come fosse che viva fosse, e dove tanto tempo dimorata, senza mai avergli fatto di suo stato alcuna cosa sentire.
La donna, la quale ottimamente gli ammaestramenti d'Antigono aveva tenuti a mente, appresso al padre così cominciò a parlare:
- Padre mio, forse il ventesimo giorno dopo la mia partita da voi, per fiera tempesta la nostra nave, sdrucita, percosse a certe piaggie là in ponente, vicine d'un luogo chiamato Aguamorta una notte; e che che degli uomini, che sopra la nostra nave erano, s'avvenisse, io nol so né seppi giammai; di tanto mi ricorda che, venuto il giorno, e io quasi di morte a vita risurgendo, essendo già la stracciata nave da'paesani veduta ed essi a rubar quella di tutta la contrada corsi, io con due delle mie femine prima sopra il lito poste fummo, e incontanente da'giovani prese, chi qua con una e chi là con un'altra cominciarono a fuggire. Che di loro si fosse io nol seppi mai; ma, avendo me contrastante due giovani presa e per le trecce tirandomi, piagnendo io sempre forte, avvenne che, passando costoro che mi tiravano una strada per entrare in un grandissimo bosco, quattro uomini in quella ora di quindi passavano a cavallo, li quali come quegli che mi tiravano vidono, così lasciatami prestamente presero a fuggire.
Li quattro uomini, li quali nel sembiante assai autorevoli mi parevano, veduto ciò, corsero dove io era e molto mi domandarono, e io dissi molto, ma né da loro fui intesa né io loro intesi. Essi, dopo lungo consiglio, postami sopra uno de'lor cavalli, mi menarono ad uno monastero di donne secondo la lor legge religiose, e quivi, che che essi dicessero, io fui da tutte benignamente ricevuta e onorata sempre, e con gran divozione con loro insieme ho poi servito a san Cresci in Val Cava, a cui le femine di quel paese voglion molto bene. Ma, poi che per alquanto tempo con loro dimorata fui, e già alquanto avendo della loro lingua apparata, domandandomi esse chi io fossi e donde, e io conoscendo là dove io era e temendo, se il vero dicessi, non fossi da lor cacciata sì come nemica della lor legge, risposi che io era figliuola d'un gran gentile uomo di Cipri, il quale mandandomene a marito in Creti, per fortuna quivi eravam corsi e rotti.
E assai volte in assai cose, per tema di peggio, servai i lor costumi; e domandata dalla maggiore di quelle donne, la quale elle appellan badessa, se in Cipri tornare me ne volessi, risposi che niuna cosa tanto desiderava; ma essa, tenera del mio onore, mai ad alcuna persona fidar non mi volle che verso Cipri venisse, se non, forse due mesi sono, venuti quivi certi buoni uomini di Francia colle loro donne, de'quali alcun parente v'era della badessa, e sentendo essa che in Jerusalem andavano a visitare il Sepolcro, dove colui cui tengon per Iddio fu sepellito poi che da'giudei fu ucciso, a loro mi raccomandò, e pregogli che in Cipri a mio padre mi dovessero presentare.
Quanto questi gentili uomini m'onorassono e lietamente mi ricevessero insieme colle lor donne, lunga istoria sarebbe a raccontare. Saliti adunque sopra una nave, dopo più giorni pervenimmo a Baffa; e quivi veggendomi pervenire, né persona conoscendomi né sappiendo che dovermi dire a'gentili uomini che a mio padre mi volean presentare, secondo che loro era stato imposto dalla veneranda donna, m'apparecchiò Iddio, al qual forse di me incresceva, sopra il lito Antigono in quella ora che noi a Baffa smontavamo; il quale io prestamente chiamai, e in nostra lingua, per non essere da'gentili uomini né dalle lor donne intesa, gli dissi che come figliuola mi ricevesse. Egli prestamente m'intese; e fattami la festa grande, quegli gentili uomini e quelle donne secondo la sua povera possibilità onorò, e me ne menò al re di Cipri, il quale con quello onor mi ricevette e qui a voi m'ha rimandata, che mai per me raccontare non si potrebbe. Se altro a dir ci resta, Antigono, che molte volte da me ha questa mia fortuna udita, il racconti.
Antigono allora al soldano rivolto disse:
- Signor mio, ordinatissimamente sì come ella m'ha più volte detto e come quegli gentili uomini colli quali venne mi dissero, v'ha raccontato. Solamente una parte v'ha lasciata a dire, la quale io estimo che, per ciò che bene non sta a lei di dirlo, l'abbia fatto; e questo è, quanto quegli gentili uomini e donne, colli quali venne, dicessero della onesta vita la quale con le religiose donne aveva tenuta e della sua virtù e de'suoi laudevoli costumi, e delle lagrime e del pianto che fecero e le donne e gli uomini quando, a me restituitola, si partiron da lei. Delle quali cose se io volessi a pien dire ciò che essi mi dissero, non che il presente giorno, ma la seguente notte non ci basterebbe; tanto solamente averne detto voglio che basti, che (secondo che le loro parole mostravano e quello ancora che io n'ho potuto vedere) voi vi potete vantare d'avere la più bella figliuola e la più onesta e la più valorosa che altro signore che oggi corona porti.
Di queste cose fece il soldano maravigliosissima festa e più volte pregò Iddio che grazia gli concedesse di poter degni meriti rendere a chiunque avea la figliuola onorata, e massimamente al re di Cipri, per cui onoratamente gli era stata rimandata; e appresso alquanti dì, fatti grandissimi doni apparecchiare ad Antigono, al tornarsi in Cipri il licenziò, al re per lettere e per speziali ambasciadori grandissime grazie rendendo di ciò che fatto aveva alla figliuola.
Appresso questo, volendo che quello che cominciato era avesse effetto, cioè che ella moglie fosse del re del Garbo, a lui ogni cosa significò pienamente, scrivendoli oltre a ciò che, se gli piacesse d'averla, per lei si mandasse. Di ciò fece il re del Garbo gran festa, e mandato onorevolmente per lei, lietamente la ricevette. Ed essa che con otto uomini forse diecemilia volte giaciuta era, allato a lui si coricò per pulcella, e fecegliele credere che così fosse; e reina con lui lietamente poi più tempo visse. E perciò si disse: - Bocca baciata non perde ventura, anzi rinnuova come fa la luna.