L'autore di questo testo ha condotto uno degli interventi più divertenti di Ipisa, limitandosi semplicemente ad esporre la propria esperienza di ex-neolaureato!


1998-1997: Dottory e Cow- Boy


di Deodato Salafia


Torna alla Home Page di AMiWoRLD Negli ultimi dieci anni l'informatica ha influenzato la scelta scolastica di molti giovani. Solo ora tuttavia gli studenti prendono in considerazione la disciplina dell'informatica con lo stesso stato d'animo con cui prendono in considerazione matematica, filosofia o legge.
Dieci anni orsono lo stato d'animo del giovane che si iscriveva ad informatica era tutt'altro che sereno. Tipicamente la scelta avveniva o per amore sconfinato o per disperazione profonda.
Così come l'innamorato ed il disperato sono disposti a fare di tutto, anche gli studenti di informatica rappresentavano una categoria alla quale si poteva chiedere di tutto. E di tutto è stato loro chiesto.

Gli innamorati

Gli impallinati avevano tutti avuto tra le mani un Commodore 64, uno Spectrum 48k o un Atari, e lo avevano rivoltato come un calzino più di una volta. Gia' al tempo dell'iscrizione divoravano intere riviste di informatica in inglese in pochi minuti e i tempi dei pomeriggi in cui copiavano lunghi listati di PEEK e POKE non erano molto lontani. I piu' accaniti avevano un Amiga già da qualche anno.
Tutti avevano superato da tempo il momento un pò infantile che gli aveva fatto dire: "adesso sono in grado di scrivere qualunque programma". A tutti era capitato, con gli occhi che facevano male e il petto pieno di orgoglio, di uscire di casa a comprare il pane in un pomeriggio assolato, dopo aver passato tutto il giorno e gran parte della notte precedente a far girare quella maledetta lista circolare doppia o a renderizzare una teiera in 3D.
Cosa si aspettavano dall'università? Le basi teoriche e pratiche per fare della loro vita lavorativa una vita costellata dalle stesse emozioni di cui avevano avuto un assaggio in quegli anni appena trascorsi; una vita costellata di studio, scoperta e creazione.

Informatica

Rivedo i primi giorni di università, ricordo i volti di molti, nell'aula 405 quel sedici ottobre, in quella prima fila: Carlo, Marco, Paolo, Sergio e qualche fila piu' indietro Manuela, Roberta, Simona e tanti ancora.
Nei mesi a venire mi resi conto che tutti quei trecento ragazzi si classificavano in due sole categorie: gli impallinati smanettoni e i liceali, approdati ad informatica in cerca di qualcosa di diverso, magari dopo aver consapevolmente e razionalmente scartato le facoltà più 'classiche'.
Questi ultimi hanno preferito ad una carriera di studi sicura una esperienza in una facoltà giovane e poco conosciuta e, chi più chi meno, avevano tutti un tocco di disperazione che suonava così: "non so cosa fare, faccio informatica".
Due terzi di quei volti non ha mai raggiunto il fatidico "Dott.".
Le decimazioni hanno riguardato per lo più le file degli innamorati di primo pelo, stroncati da una lunga ed interminabile sequenza di esami di matematica, fisica e algebra. Dispersi prima ancora di aver toccato una misera tastiera, intravisto un pur banale pezzo di codice più complesso di un Sort, o, meglio ancora, un pezzo di Prof. al quale poter strappare un sanguigno confronto tecnico tra Amiga e Mac, magari parlando male di DOS e Microsoft.
E le fila dei disperati ? Questi nel corso della carriera universitaria si sono divisi a loro volta in due gruppi: quelli che hanno cercato di capire il mosaico dell'informatica moderna, approfondendone al contempo con dignità alcuni aspetti, e quelli che sono rimasti nel limbo degli informatici che non sanno accendere un computer, che sono piu' di quanti si creda, nell'attesa di essere tirati fuori da un imprecisabile salvatore. Forti delle basi matematiche del liceo molti hanno finito in quattro anni secchi e, ancora confusi, hanno varcato il portone di via Comelico per offrirsi alla grande Milano. Chi ha capito qualcosa guadagna unmilioneottocentocinquantamila più buono pasto, gli altri lo stesso, o poco meno, con qualche umiliazione in più.
Resta da capire che cosa è successo agli innamorati che hanno visto la fine, ed ai disperati dispersi.
La classe elitaria degli innamorati laureati riesce a guadagnare un po' più del milioneottoecinquanta perchè minaccia di cambiare lavoro con più facilità, ed è sempre incazzata. Ce l'hanno con il mondo, con Bill Gates, con l'Università, con i datori di lavoro, con la loro madre, che è contenta, quando invece dovrebbe piangere per la disperazione del figlio.
Gli innamorati dispersi invece hanno lavorato sin prima dell'immatricolazione e oggi guadagnano più di tutti: la stratosferica cifra di duemilioniemezzo senza buono pasto (gli smanettoni non mangiano, al massimo sbriciolano un Crunch sulla tastiera).
Se non altro devono sopportare a vita la loro madre che non ha ancora capito perchè suo figlio, con una stanza che ha più computers dello Shuttle, non si è laureato, mentre la figlia del vicino, che non sa programmare il microonde, è uscita dopo 4 anni e mezzo con un 110 e Lode.
Infine, i disperati dispersi, questi li ho conosciuti: sono a Las Vegas vestiti da Cow Boy.

Giovani laureati e reclutamento

Chi si accinge a fare qualcosa con una forte spinta emotiva, facilmente può rimanere deluso.
Le piccole delusioni a Scienze dell'Informazione (ora Informatica) potevano tuttavia essere superate.
L' università di Milano ha laboratori abbastanza attrezzati e l'occasione per imparare, se cercata con un minimo di volontà, la si può trovare. Tutto sommato anche per i più delusi si trattava di stare un po' in apnea: poi sarebbe arrivato il lavoro, ovvero divertimento e guadagno assicurato.
Cosa accade dunque ad un giovane laureato in Informatica a Milano? Ci sono due modi per arrivare a capirlo. Uno è quello di laurearsi a Milano. L'altro è cercare di capire cosa rappresenta un neolaureato in Informatica per le aziende italiane.
Un neolaureato è per definizione giovane, squattrinato ed abituato a lavorare molto (possibilmente gratis). Un neolaureato è per le aziende quello che era il passante occasionale nei film di Totò: un tipo facilmente raggirabile.
Il fatto è che il neolaureato ha studiato molto ma non conosce tutti i marchi e marchietti del mercato al di fuori di quelli dell'informatica di massa. Per intenderci egli ha una buona idea di come deve essere fatto un protocollo che permetta di aggiornare tre DB distribuiti in modo consistente, ma è facile che non gli sia stato detto che tale protocollo, sul mercato, è chiamato middleware e che Tuxedo è una API che ne da' una delle tante possibili implementazioni. E' chiaro che al nostro giovane basterebbero quarantotto ore per capire anche i più profondi aspetti di Tuxedo.

Il colloquio

Torniamo a Totò e immaginiamoci il nostro giovane ai primi colloqui presso uno qualunque dei più altisonanti nomi dell'informatica. Dopo aver fatto una buona anticamera e aver trascritto a mano il curriculum su un questionario di almeno quattro pagine (comprendente vita morte e miracoli di mamma, papà, cane e gatto) comincia il colloquio.
Il più delle volte l'intervistatore ha già deciso che proverà ad assumere il giovane e pone domande alle quali non è interessato o delle quali conosce già la risposta, tutto ciò che gli preme è di far capire al giovane che l'università non lo ha ben preparato e che deve vergognarsi profondamente di non sapere cosa è Tuxedo. Quindi il nostro neolaureato deve vedere l'azienda come una benefattrice che lo aiuterà a colmare le sue lacune per non vergognarsi più.
In cambio, è chiaro, gli si proporrà uno stipendietto giusto per coprire le spese (il nome dello stipendietto credo sia 'stage'). Oddio, in vero il livello di conoscenze acquisite in università non giustificherebbe un tale esborso di soldi, semmai dovrebbe essere il neolaureato a pagare l'azienda (niente scandali, arrivano anche queste proposte!), ma l'azienda ha un nome: tutto sommato è una grande mamma che vuole bene a tutti (un pò come il Mulino Bianco fine anni '80).
Al primo colloquio il giovane pensa ad un incidente di percorso, ma presto apprende l'amara realtà.
Ad onor del vero qualcuno offre un vero posto di lavoro (quello da unmilioneottocentocinquantamila più buono pasto da novemiladueecinquanta): si tratta di quelle poche società che che vogliono accaparrarsi i giovani senza subire la concorrenza di stages e borse di studio.
Le proposte serie sono varie: se va bene si programmano batch Cobol e interfacce 3270 (da leggersi 32- 70, se non sapete cosa è 3270, vergognatevi), se va male si programmano batch Cobol e interfacce 7032.

L'intervista telefonica

Ci sono categorie di persone delle quali si conosce l'esistenza, probabilmente se ne incontrano ogni giorno, ma delle quali non ci si immagina né il volto né le motivazioni che li spingono: quelli che ti sorpassano da destra in tangenziale a 180 all'ora, quelli che fanno la fila in macchina vicino ai falo' delle lucciole e quelli che vanno dal mago per riconquistare un amore.
Vicino a queste categorie io colloco anche quelli che ti telefonano diciotto mesi dopo esserti laureato (in informatica e possibilmente con 110 e lode) per offrirti uno stage di sei mesi con rimborso spese da cinquecentomila al mese lorde.
I casi sono due: o io in questi diciotto mesi non ho lavorato o io in questi diciotto mesi ho lavorato. Se io non ho lavorato allora mi vendo come pezzo raro ad un museo e divento ricco. Se io ho lavorato allora, per quanto starò guadagnando poco, sto prendendo tre milioni lordi al mese (sempre quel milioneottoecinquanta netti di cui parlavamo).
Di solito la telefonata arriva di sera, la prende tua madre, se ti sei laureato da più di un mese capisci di cosa si tratta già dalla sua voce: diventa subito più compita e professionale, quasi da segretaria appena assunta.
Afferri la cornetta e ti presenti con voce interessata ed incuriosita: l'interlocutore (che deve essere il segretario sfigato di turno costretto a prestarsi fino a tardi) assume la voce da manager: "Noi siamo la Società XY di Torino, ci occupiamo di reti e vogliamo espanderci a Milano, cerchiamo laureati con le palle per fargli dei corsi e poi avviarli alla carriera di installatori di reti NT per la Standa, sa quella di Mike Bongiorno. Lei la conosce l'object oriented oppure Excel? Eventualmente anche il DOS 3.1 o superiore va bene".
A questo punto sono nero, il cuore si è staccato dalla sua sede naturale e circola liberamente per le vene assieme al sangue, e il fumo (lo vedo dallo specchio della mia camera) esce da tutti pori, la base del telefono l'ho mangiata. Rispondo in alfabeto morse (punto-linea sono gli unici suoni che riesco a produrre in quei momenti) che ho tre figli e che sono in trattativa per acquistare la Borland Italia, quindi non sono interessato.

Le aziende che acquistano l'informatica

A meno di non approdare in qualche rarissima e gratificante oasi lavorativa, lo stato dell'arte dell'informatica nelle aziende italiane è decisamente sconfortante.
Purtroppo i grossi clienti dell'informatica come banche, compagnie assicurative e pubblica amministrazione non sono minimamente in grado di valutare ciò che acquistano. A queste figure si vendono a prezzi stratosferici strumenti non funzionanti, tecnologicamente obsoleti o addirittura fuori dal mercato, come banali editor HTML da US$ 15.000, di gran lunga peggiori di quelli reperibili gratuitamente su Internet.
I bidoni non provengono dalle piccole società di servizi. Innanzi tutto i piccoli ottengono piccoli contratti, e inoltre si guardano bene dal commettere errori. A fare i veri bidoni sono proprio le grandi compagnie, quelle americane per intenderci; ormai i grossi clienti dell'informatica si sono abituati ad essere bidonati sistematicamente, e ormai un manager di lato livello non perde il posto anche dopo un flop da ottocento milioni.
Prendiamo in considerazione due importanti prodotti informatici: gli strumenti di sviluppo e il software di base: sistemi operativi e protocolli di comunicazione.

I tools


Mentre le piccole software house sviluppano con linguaggi di terza generazione (C, C++ o Java) o linguaggi di quarta generazione economici (Visual Basic, Power Builder e altri), i grossi clienti dell'informatica si rivolgono prevalentemente a strumenti CASE.
Uno strumento CASE offre un linguaggio 4GL proprietario, la possibilità di fornire specifiche eseguibili per mezzo di strumenti grafici (modellazione della base di dati e dei processi), nonchè la generazione di codice sorgente per svarriate combinazioni di piattaforme e DB.
Questi prodotti hanno obbiettivi interessanti ma di solito non riescono a stare al passo con lo stato dell'arte perché ogni piccola miglioria deve essere supportata su tutte le piattaforme, rallentando di molto i tempi di implementazione.
L'ostacolo più grande all'introduzione di nuove tecnologie è il tipico "cliente conservatore", con risorse umane assolutamente non aggiornate sulle più recenti evoluzioni dell'informatica (ovvero gli ultimi vent'anni), e terrorizzato da tecnologie e metodologie di sviluppo a loro sconosciute.
Per "sconosciute" non intendo fuzzy logic o elaborazione neurale, neppure programmazione multi-thread od object-oriented: per chi proviene dal Cobol su macchine Bull è doloroso convertirsi - ad esempio - anche a tecniche di programmazione event-driven> o architetture client-server.
Uno dei tools più venduti, il Composer della Texas Instruments, precedentemente chiamato IEF, solo da un anno ha introdotto il concetto di evento: spero non sia per questo che otto mesi fa la TI ha venduto la sezione software! Anche se il client-server è al tramonto da almeno un anno, solo oggi una delle principali banche italiane ha cominciato a realizzare manuali interni per sua introduzione nei sistemi informativi...
Un altro caso è quello di una famosa società produttrice di strumenti CASE che, qualche anno fa, ritenuto strategico il paradigma OO, ha pensato di convertire il suo prodotto di punta in uno strumento interamente object oriented. Quando si è resa conto che la nuova versione aveva creato disappunto tra i vecchi clienti e non permetteva di acquisirne di nuovi, ha dovuto modificare il tool in modo che il paradigma di codifica OO fosse solo opzionale, e lo stile di programmazione procedurale non ne fosse intralciato.
In definitiva in questo settore non c'è un reale avanzamento tecnologico: i clienti non lo richiedono, anzi, quando lo riconoscono, lo evitano. La maggior parte di loro sono confusi dalla varietà di linguaggi, protocolli e metodologie esistenti, e sono all'ossessiva ricerca del tool "magico" che risolverà tutti i loro problemi.
Il tool ideale deve svincolare lo sviluppatore da ogni protocollo e piattaforma, deve essere assolutamente semplice e tremendamente potente, deve potersi interfacciare con tutto, produrre codice efficiente e facile da installare (a proposito 'installare' è un termine da universitari, al colloquio si dice 'fare il deployment').
In pratica l'ideale è programmare in Cobol ma contemporaneamente integrarsi con JavaBeans, ActiveX e Corba via Internet, interfacciarsi al registry di NT e contemporaneamente restare svincolati dalla piattaforma (non cercate di far capire che Solaris non ha i registry di NT: è tempo sprecato), riportare interfacce a caratteri pensate per terminali 5250 (cugino del mitico 3270) su Netscape Navigator.
Dato che i clienti cercano disperatamente un tool siffatto, i tool vendor gli assicurano che il loro strumento fa esattamente il caso loro. Ovviamente un tool siffatto non esiste e mai esisterà, ma è anche vero che il cliente non sarà mai in grado di usare tutte le funzioni di cui afferma aver bisogno.
E, dato che il tool vendor le ha già sparate grosse sulle specifiche del suo prodotto, non si sentirà più di tanto in colpa quando nonostante 19 dischetti di patch il tool ha ancora buchi qua e là, possibilmente random con distribuzione uniforme.

Le referenze


Sòla dopo sòla i clienti si sono fatti furbi: prima di comprare un prodotto pretendono sicurezze, vogliono vederci bene, non vogliono più fregature: vogliono le referenze.
Nel mondo del lavoro le referenze sono quella cosa che ti dice che altri nomi altisonanti hanno già preso il bidone prima di te e quindi se lo prendi anche tu non verrai licenziato.
In poche parole funziona così: prima di un grosso investimento tutti aspettano che qualcun altro faccia la prima mossa. Aspettano, aspettano, aspettano finchè l'anno fiscale sta per finire e quel miliardo e mezzo in budget per il software si deve pur spendere.
Il primo fa la mossa: una commessa per un certo strumento software. Tutti gli altri (anch'essi pressati da budget, previsioni e strategie di mercato) si buttano a pesce sullo stesso strumento senza esitare: se va male c'è già il capro espiatorio. Ovviamente il primo può giustificarsi dicendo che anche altri dopo di lui hanno preso la stessa fregatura.

Strategia!


Una parola che va molto di moda tra chi firma i contrattoni miliardari dell'informatica è "strategico".
Il termine proviene dall'arte militare e sta ad indicare la teoria e la pratica della preparazione alla guerra: strategico è ciò che ti proietta nel futuro prossimo in condizione di superiorità rispetto al nemico; se una decisione strategica risulta fallimentare è pressochè impossibile recuperare.
Nel Grande Business dell'Information Technology di solito accade così:
Anno 1: l'azienda dichiara strategico un certo tool e parte la commessa miliardaria.
Anno 2: sono stati iniziati un paio di progetti, e si sospetta che il tool non sia poi così "magico".
Anno 3: ci si inginocchia davanti al tool vendor e lo si prega di negare che si è preso l'ennesimo bidone.
Anno 4: il tool vendor dice che non è vero che il cliente ha preso il bidone nel frattempo gli vende la nuova versione, assemblata con le patch dei bug scoperti dal cliente negli ultimi tre anni.
Anno 5: falliti i progetti dell'anno 2 si dichiara (a bassa voce) che il tool non è più strategico, comunque si piazza un'altra commessa allo stesso vendor: il budget annuale va speso tutti i costi.
Anno 6: anche i portieri sanno che il tool è una "ciofeca", e si cominciano a valutare prodotti concorrenti.
Anno 7: si dichiara strategico un altro tool e si cambia tutto, del resto erano già due anni che non c'era niente di strategico e un'azienda che si rispetti ha sempre qualcosa di strategico per le mani !

Revamping


Niente paura, non è un detersivo concentrato. Purtroppo non è neanche l'ultima tendenza musicale nelle disco.
Nei centri di calcolo di banche e assicurazioni si trovano i mainframe (al colloquio dite 'host'): potenti e soprattutto affidabili, la loro missione principale è non fermarsi mai. Applicazioni e interfacce sono ancora codificate in Cobol e risalgono alla notte dei tempi.
Tipicamente agli host sono collegati dei terminali 'stupidi' che mandano e ricevono sequenze di caratteri su linee dedicate e non hanno la possibilità di processare alcunchè localmente (a differenza dei nuovi Network Computer, che incorporano almeno un interprete Java e un browser).
Ma se oggi sbirciate sulla scrivania dello sportellista non troverete un terminale a caratteri, ma PC con il desktop di Windows 95, NT o OS/2 (se volete sembrare dell'ambiente chiamateli 'workstation').
Le 'workstations' sono collegate ad un 'server di filiale', a sua volta collegato al main: i dati importanti stanno sul main, i dati temporanei o di media importanza sul server di filiale. Tolti 50 Mega tra sistema operativo e emulatore di terminale, sulle 'workstation' rimangono quasi due Giga di disco per i file di log e i giochini.
Con l'evoluzione dell'hardware anche le applicazioni in questo ambiente stanno evolvendo: distinguiamo tra applicazioni già esistenti e applicazioni nuove.
La tipica applicazione che le banche ereditano dai decenni passati e che non intendono costruire ex-novo sono i TP di sportello, cioè l'applicazione utilizzata dagli sportellisti per servire i clienti, tipicamente dotata di un menù con dalle mille alle due mila opzioni, alle quali corrispondono altrettanti programmini Cobol su host e interfacce a caratteri "3270".
Per iniziare, la banca si limita ad installare sul PC dello sportellista un emulatore 3270. Quindi un Pentium 166, 32Mb di RAM e 2 GB di hard disk impiombato da "NT Workstation" viene dedicato all'emulazione di un terminale la cui logica oggi starebbe sulla lancetta del vostro orologio.
Chiaramente la spesa dei PC è giustificata da una toolbar (non possibile in 3270) che ha l'orologio e anche la calcolatrice.
Dato che i servizi offerti al cliente sono bene o male sempre gli stessi e le applicazioni nuove sono in numero limitato, ma i soldi in budget vanno sempre spesi, ad un certo punto il CdA della banca decide che è strategico convertire tutte le vecchie interfacce a caratteri in moderne interfacce grafiche a colori.
Finalmente si potranno spendere tanti bei soldi: studi di fattibilità, "analisi funzionali", "analisi tecniche", consulenze, conversioni, supervisioni, sviluppo di nuovo software, acquisti di hardware più potente, deployment e test di tutta la baracca, addestramento di decine di migliaia di sportellisti...insomma, roba da strateghi.
Il segreto è spendere facendo finta di risparmiare, ed è a questo punto che subentra il tool vendor, che a colloquio con uno dei boss della banca molla la polpetta avvelenata: "Ha mai sentito parlare di riusabilità del software ?".
Il boss comincia a sudare, chiaramente si sente in colpa più o meno come il neolaureato al primo colloquio, in fondo lo sapeva che prima o poi gli sarebbe capitato: che caspita voleva dire "riusabilità del software"? Era forse come passare il maglione al fratello più piccolo ? Usare una vecchia camicia come pezza per pulire? O piuttosto mangiare la pasta e fagoli avanzata dal giorno prima? Comunque, qualsiasi cosa volesse dire, c'entrava con il risparmiare soldi e l'avevano già fatto altri, quindi il posto non era in pericolo.
Dopo averlo cucinato a fuoco lento per qualche mese il tool vendor spiega al boss che riutilizzare il software significa acquistare un programma che costa duecento milioni e permette di convertire 'al volo' le schermate a caratteri dell'emulatore 3270 in schermate grafiche a colori senza modificare il software.
Questo processo si chiama 'revamping'. Il capo è contento.
Và da se che tutta la tecnologia che sta dietro il revamping è un accrocchio mostruoso, oltre i soldi per il software di conversione bisogna spenderne altri in consulenza per risolvere le mille eccezioni che si incontrano e che il tool non può gestire automaticamente.
Poi c'e' il problema della logica di navigazione fra le transazioni: mentre su 3270 le interfacce sono in sequenza, con le GUI il capo si aspetta di vedere più pagine di interfaccia contemporaneamente selezionabili da dei controlli "Tabbed" di Windows, conversione che naturalmente il tool non fa automaticamente, ed ecco altri mesi e mesi di consulenza.
Insomma, poco prima del tracollo del progetto di conversione automatica salta fuori un altro tool che non fa il revamping a runtime, ma permette una conversione statica delle interfacce: le vecchie interfacce 3270 vengono convertite in file di risorse grafiche che un terzo tool aggancia all'emulatore 3270 a runtime.
La programmazione ad hoc dell'interfaccia è la soluzione finale, e il tool vendor sapeva benissimo che si sarebbe arrivati qui, ma non poteva proporla sin dall'inizio o sarebbe stato battuto da un concorrente che proponeva la soluzione "automatica".
Le applicazioni nuove sono sviluppate appositamente per rispondere a nuove esigenze ed opportunità di business, e vengono costruite in tre passi.
Sull'host si crea una 'transazione' Cobol atta ad aggiornare il DB centrale. Siccome i dati di input di questa transazione sono forniti per mezzo di una stringa di caratteri, e una volta tale stringa era fornita da unp terminale 'stupido' 3270, anche l'output della nuova transazione deve essere una stringa 3270.
Sul server di filiale vengono create le tabelle di DB per i dati intermedi: file di interfacciamento con tool di stampa, file utili per effettuare statistiche o file fittizi creati per giustificare l'acquisto dei DB in filiale. Infine una batteria di consulenti esterni e programmatori interni costruisce l'applicazione che gira sulla workstation appoggiandosi all'emulatore 3270 e al DB di filiale.
Ci sarebbe tutta l'architettura per costruire un'applicazione client-server ma sebbene tutti lo chiedano, ancora nessuno ha ben capito che cosa sia il client-server.

Todos caballeros


Dieci anni fa essere un informatico era un privilegio: bastava dire "sono informatico" oppure "programmo i computer" per essere guardato con ammirazione. Oggi non è più così: la segretaria che usa il word processor, per il grande pubblico, non è meno informatica di voi smanettoni o laureati, in fondo il computer o lo capisci o non lo capisci, o bianco o nero.
La cosa diventa poi drammaticamente vera quando si parla di addetti ai lavori: tutti sanno tutto..
Confrontiamoci con i nostri amici ingegneri, che non hanno questo problema: quando un ingegnere si presenta ad un gruppo di lavoro non ha problemi nè vergogna a parlare delle sue specializzazioni e delle sue esperienze di lavoro, facendo ben intendere che cosa sa fare bene, di cosa ha una infarinatura e cosa non sa proprio fare. Gli informatici questo lusso non se lo possono permettere, se dimostrano di non sapere una certa cosa perdono immediatamente credibilità.
L'informatica è diventata una disciplina orizzontale: trovi l'ingegnere, l'architetto o il commercialista esperto di informatica; e questi, badate bene, riescono spesso a vendersi meglio degli informatici puri, che invece sono visti come semplici tecnici, che vanno avanti per approssimazioni .
Di questa convinzione comune dobbiamo ringraziare Microsoft, che ha permesso a tutti di toccare con mano tutto ciò che non -è informatica, che ha messo tutti noi nella condizione di non sapere spiegare al cliente come mai ha perso il contenuto dell'hard disk o come mai ci sono voluti quattro giorni a configurare il programma per le e-mail. E' chiaro poi che perdi definitivamente la faccia quando suo cugino commercialista gli risolve il problema in un attimo, perchè il mese prima, dopo venti giorni di tentativi, aveva scoperto che c'è una opzione del control panel che disabilita le PCMCIA mentre non sono in uso (e il polling sulla PCMCIA, abilitato da tale opzione, andava in conflitto con il dialer del modem).
Come spiegare al cliente che suo cugino commercialista non è un informatico, mentre voi si? Mettetevi nei suoi panni: è impossibile.
Sembra che si stia parlando di creare l'albo degli informatici.
L'albo permetterebbe di alleviare il problema della credibilità, ma già c'è chi si lamenta del fatto che se uno è iscritto ad un altro albo (ingegneri, architetti, commercialisti...) non può chiedere l'iscrizione a quello degli informatici ! Questa è la dimostrazione che l'informatica è ormai vista come il bricolage: alla portata di tutti.
Gli informatici (veri) che oggi non sono delusi in genere non hanno a che fare con il grande pubblico e in un modo o nell'altro sono responsabili in prima persona del lavoro che svolgono..
Tra questi rientrano i ricercatori, i capi progetto dei sistemi che 'devono' funzionare (come centrali telefoniche o sistemi embedded) o chi si è conquistato la posizione di guru in una rete aziendale, civica o universitaria.
Molti fra i non delusi hanno la fortuna di lavorare in modo indipendente hanno anche il tempo di confrontarsi tra loro via Internet, e di partecipare in rete alla creazione di importanti progetti come il sistema operativo Linux, i programmi GNU ecc.

Informatici e manager


Alcuni informatici quindi, per quanto nella stragrande maggioranza dei casi non abbiano una giusta contropartita economica, sono soddisfatti del lavoro che svolgono quotidianamente, ricco di sperimentazione e scoperta. Spesso il loro prezioso e disinteressato lavoro è rivenduto dagli ingegneri a dagli architetti dieci, cento volte tanto! Come può accadere? A mio avviso il problema è che attualmente in Italia gli informatici non ricoprono posizioni decisionali nè manageriali. Questo è dovuto dal fatto che oggi non conta che una certa cosa sia ben fatta: conta che il software sia 'performante', ovvero sia vicino alle esigenze dell'utente.
E questo vale a tutti i livelli. Nel mondo dei sistemi operativi prevale Microsoft; i suoi sistemi hanno una interfaccia eccezionale, un pò complessa, ma in generale vicina alle esigenze dell'utente mediamente esperto, ma sotto l'interfaccia...niente! O meglio un groviglio inestricabile che disgusta tutti gli informatici che si possono definire tali. Per i tools di sviluppo è la stessa cosa: sono venduti per fare tutto, ma non funzionano. Idem per le applicazioni: l'importante non è farle bene ma farle prima degli altri.
Se questo è lo stato delle cose gli informatici non possono essere dirigenti ne managers.
Se lo fossero si rifiuterebbero di rilasciare come definitiva una versione che non è degna di essere chiamata beta, perderebbero così il business e perderebbero il treno per essere classificati 'strategici' da qualche futuro malcapitato cliente (a proposito un 'possibile cliente', nel mondo che conta ed al colloquio di lavoro, si chiama 'prospect').
Un dirigente informatico probabilmente non spenderebbe tutto il budget per acquistare centinaia di licenze di Windows NT per i PC da sportello di una banca, ma installerebbe il più affidabile Linux, con la differenza che se si pianta NT non sarebbe licenziato (ricordate: NT ha le referenze), se una sola volta si pianta Linux sarebbe licenziato in tronco per aver comprato un accrocchio gratuito scaricabile addirittura dalla rete.
Un dirigente informatico forse non acquisterebbe centinaia di computers a sette milioni l'uno più la manutenzione senza assumere neanche un tecnico: forse preferirebbe assumere qualche tecnico, fargli assemblare i computer spendendo un milione e ottocentomila e mandare al diavolo contratti miliardari di manutenzione proposti dalla multinazionale informatica di turno.

Avviso ai naviganti: ultima boa


Tra le file degli informatici italiani noto molta sfiducia e poca stima per se stessi: fanno fatica solo a credere che una qualsiasi idea possa funzionare, e questo va solo a vantaggio dei nostri colleghi architetti e ingegneri, più sicuri, intraprendenti e determinati.
E' ora che gli informatici comincino a credere un po' di più nelle proprie idee, capacità e competenze, e che si propongano anche come ideatori di business e non solo come passivi esecutori di business altrui.
E' ora che si dia del cretino a chi è cretino, sia esso un collega, un partner, un cliente o un "prospect", la gente si è stufata di ricevere minuetti, riverenze e sistemi informatici che non funzionano.
E' ora di dire quello che pensiamo realmente, ne avremo solo da guadagnarci.

Deodato Salafia

dsalafia@natsys.it

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Copyright 1997